Il racconto del nonno mi è piaciuto come idea...ma sinceramente mi ha infastidito il fatto che mi inceppassi per l'uso dei termini che non conoscevo.
Capisco le motivazioni, e sono più che legittimte dall'ambientazione, ma a pelle non mi ha coinvolto molto (forse perchè ero troppo concentrata a capire il linguaggio che non avevo mai sentito veramente!).
Ad ogni modo, complimenti, nonno...se non altro per la pazienza a trovare i termini sul web! XD
Io ho elaborato, e ho buttato giù la traccia. Voglio aspettare un pò, però, perchè essendo un racconto molto personale, non vorrei che la carica emotiva mi facesse trascurare la forma... " />
" />
Tyrion il tuo racconto è SPLENDIDO!!!
A meno di veri e proprio capolavori, il voto della Dama è tuo!
In quanto all'uso dei termini stranieri/antichi (dopo l'esame di ittitologia e di lingua ebraica, se ci fossero cose da commentare, la Dama ti farà sapere, ma al momento non ha la competenza per dir nulla " /> ), molti si capivano dal contesto, quelli che non erano di immediata lettura si interpretavano facilmente come nomi/titoli (e dunque non necessitavano per forza di spiegazione) e stavano più che bene nella narrazione, sia per dar l'idea del tempo, del linguaggio e quant'altro, sia per fare "atmosfera"...
Bello, bello, bello! Bravissimo! " />
Ecco il mio testo.
A prescindere dal fatto di piacere o meno ai partecipanti del contest, è stato un esercizio di scavo interiore.
Quindi è servito cmaq anche se me lo sommergerete di critice...hihihi " />
Bambola di vetro
Non ricordo quando lo diventai ma, prima che potessi accorgermene, il mio scellerato, piccolo mondo mi aveva trasformata in un bambola; una bambola di vetro.
Un ninnolo da esporre sulla mensola, dai bagliori tenui e delicati.
Una bottiglietta sottile di profumo, dalle graziose sfaccettature preziose.
Un pedone di cristallo sulla scacchiera di perversi giochi d’odio e d’orgoglio, con l’obbligo di brillare, indipendentemente dalle parti, al momento dello scacco matto.
Un giocattolo senz’anima, una bambola incantevole da deporre su cuscini di velluto, e lucidare con l’acool.
Non ricordo quando lo diventò ma, improvvisamente, il vetro si era sostituito alla mia pelle, le iridi iniziavano a vedere il mondo dietro spesse lenti, le membra a raffreddarsi.
Ma era l’unico modo, un percorso quasi naturale.
Osservare la propria vita e quella degli altri passarti davanti, e assistervi senza emozioni, come guardare l’esistenza di estranei alla finestra.
Nessuna gioia certo, ma neanche più dolore.
Un quieto scorrere del tempo, al di sopra dei turbamenti.
Solo, qualche volta, sentire la bambina che dentro provava a rinascere, che scalciava ribelle nel cuore, e cercava d’incrinare il simulacro scintillante.
Nessun altro sintomo.
Fuori, una bambola di vetro adagiata sui cuscini di velluto, e lucidata con l’alcool.
Ricordo con nitidezza quando, una sera d’inverno, il ninnolo, la boccetta, la pedina si frantumò a terra.
Una folata di vento dentro la stanza d’oro, i cuscini messi malamente sul tavolo.
Lo schianto sul pavimento.
Uno strillo.
Il fiotto caldo del sangue nelle vene.
I capelli incollati al corpo viscido.
Pezzi di vetro smerigliati tutt’attorno: la bambola era morta.
E l’esistenza mi aveva presa con sé.
L'idea di fondo è sta proprio quella: alla fine, quando il smulacro si rompe, ci sono immagini tipiche del bambino che nasce...insomma, ideologicamente dopo c'è la storia di una vita intera " />
Che bella questa immagine:
il vetro si era sostituito alla mia pelle, le iridi iniziavano a vedere il mondo dietro spesse lenti, le membra a raffreddarsi.
il 'solito' vetro come barriera che prima o poi doveva uscir fuori in questo contest, ma in modo davvero nuovo **. Sembra di sentirlo...
Grazie " /> come ho detto, ho sentito molto questo brano...le immagini sono venute da sè. " />
Compare Tyrion: molto bello il pezzo, però anch'io nella prima parte son rimasto un po' "stonata" da tutte quelle parole incomprensibili. Sono un tantino troppe. Però come idea e scrittura è proprio bello " />
Metal duchess:: il senso si capisce e ci son tante belle immagini, però per i miei gusti manca un po' di "trama".
Stavolta voglio seguite il contest con precisione dall'inizio alla fine, niente arretrati " />
Non avevo intenzione di scrivere qualcosa per questo contest però ieri sera m'è venutal'ispirazione " />
Brano fuori concorso: Mondo di vetro.
- Vieni su, è pronto!
- Eccomi!
Si fiondò in cucina. Guai a fare anche solo trenta secondi di ritardo. Potevano scatenare una tempesta che avrebbe imperversato ore, per poi scomparire senza lasciare alcuna traccia, veloce come era esplosa. Appena un’ora prima gli aveva rivolto i peggiori insulti, per via di un’agenda sparita e che non si capiva chi avesse potuto prendere. Lui non l’aveva mica presa, ma ormai sapeva che ribattere era inutile. Si prendeva gli insulti in silenzio, limitando a un “Mamma, per favore, ‘ste parole” quando esagerava un po’ troppo col linguaggio. Avanti così per mezz’ora poi di colpo dopo l’ennesimo str***o tutta sorridente e tranquilla gli chiedeva cosa volesse per pranzo.
Qualcuno dei suoi amici aveva azzardato l’ipotesi che sua madre fumasse qualcosa di tagliato parecchio male. Lui pensava che semplicemente il mondo le stesse diventando trasparente. Parlava con lui, ma non lo sentiva veramente; lo vedeva giocare in camera sua, ma se qualcuno glielo chiedeva poi non sapeva dire dove fosse, nemmeno se stesse in casa.
Probabilmente quell’agenda l’aveva spostata lei, ma come tutto il resto aveva subito provveduto a rimuoverlo.
- Com’è andata oggi?
- Le prime due ore sono di inglese, il venerdì. Una noia. Poi avevamo un’ora di matematica e due di italiano, ma come sempre la Campa è arrivata tardi.
- Sempre ritardo fa questa Campa?
- Son tre anni che c’è l’ho, mai arrivata in orario.
- E cos’è che t’insegna?
- Italiano.
- E arriva tardi?
- Sì.
- Come si chiama questa?
- Campa.
- Ma ce l’hai da quest’anno?
- No, finora sempre lei.
- E oltre a italiano, che materie avevi oggi?
- Inglese e matematica.
- Giornata noiosa?
- Un po’. Con le prime due ore di fila di inglese c’è da spararsi.
- Vi hanno messo due ore di fila di inglese? Che brutto orario.
- Già.
- E che altro avete fatto oggi?
- Niente.
- Stai scocciato?
- No. Tutto a posto.
- Vuoi un po’ di pomodori?
- Eh? No, no.
- Come no?
- Mamma, io non li ho mai mangiati i pomodori.
- Davvero?
- L’insalata di pomodori è una delle cose che non riesco proprio a mangiare. Da quando avevo 5 anni.
- Non me n’ero accorta.
- Me l’hai chiesto anche ieri se ne volevo. E l’altro ieri.
- Meh, dai, raccontami qualcosa. Che avete fatto oggi?
- Il solito. La Campa ha fatto tardi.
- Che ti fa questa Campa?
- Italiano.
- Solo italiano avevi oggi?
- No, anche inglese e matematica.
- Di matematica ahi ancora quella tizia isterica?
- No, quella se ne è andata da due anni. Adesso c’è un professore maschio.
- Ah, sì?
- Lo hai visto ogni volta all’incontro scuola – famiglia.
- E qual era?
- L’unico maschio.
- Non me lo ricordo.
- Vabbè.
- Ed è bravo?
- Sì.
- Com’ è che si chiama?
- Gilberti.
- Ed è bravo?
- Sì…
- E ti fa matematica, hai detto?
- Mh.
- Com’è che si chiama?
- Oddio. Me l’hai già chiesto.
- Davvero?
- Sì. Ogni volta me lo chiedi.
- E’ che io mi dimentico… Dai, quindi che avete fatto oggi?
- Niente.
- Che vuol dire niente?
- Non è successo nulla di che. Il solito.
- Ma stai scocciato?
- Sto benissimo.
- Stasera esci?
- Eh, beh, sì. C’è la festa di compleanno, te ne sei scordata? Non ti mettere a dormire, che mi devi accompagnare.
- Tu svegliami un’oretta prima. Di chi è il compleanno?
- Mamma, è la mia festa!
- Ah. Oggi era?
- Tu e papà siete pure andati a prenotare il locale! Mi hai ordinato la torta!
- Scusa. Sai che sono distratta.
- Parecchio.
- Come te la prendi. Sono quindici, giusto?
- No, quattordici…
Posò lo sguardo su sua madre. Stava prendendo dei pomodori dal frigo. Sembrava ancora calma. Magari era una di quelle giornate in cui si riusciva ad arrivare a sparecchiare senza nessun’altra sfuriata. Non era poi così raro. Prese piatti e posate e comincio ad apparecchiare.
Io non urlerò mai. Non sarò mai nervoso.
Forchetta a sinistra, coltello a destra.
Non mi sfogherò mai su nessuno.
Tovagliolo piegato in due sotto il coltello.
Non devo mai trattare qualcuno come fosse una bottiglia fatta di vetro.
Bicchiere sulla destra.
Anche se sto male.
- Per me non li fare. Non li mangio.
- Sicuro?
- Mai mangiati.
Lei gli lancia uno sguardo interrogativo. Da quando, si starà chiedendo. Scrolla le spalle. Vabbè.
- Oggi ho fatto solo il primo.- dice mettendo a tavola il riso.
- Va benissimo. Anzi, lo sai che preferisco così.
- Davvero?
- Davvero davvero. – le sorride e inizia a mangiare.
- Che avete fatto di bello oggi?
Un bel sospiro.
Si comincia.
– Niente…
Andrà modificato, nella sua versione definitiva. Ormai è chiaro...Compare Tyrion: molto bello il pezzo, però anch'io nella prima parte son rimasto un po' "stonata" da tutte quelle parole incomprensibili. Sono un tantino troppe. Però come idea e scrittura è proprio bello " />
Seetharamaaaaaaaaaaaaannnnnnnnnnnn!!! Il tuo pezzo è fantasticooooooo!!! Mi ricorda mia madreeeeeeeeeaaaaaaeeeeaeeeaeee (e mio padre, messi insieme).
(E a mio figlio ricorderebbe me).
il brano è ironico e volutamente esagerato, vero?
perchè più che la mamma sembra la bisnonna afflitta da demenza senile in stadio abbastanza avanzato...
Dai, i genitori sono tutti così, è scientifico.il brano è ironico e volutamente esagerato, vero?
perchè più che la mamma sembra la bisnonna afflitta da demenza senile in stadio abbastanza avanzato...
i miei assolutamente no. " />
Hanno sempre odiato il "parlare" superficiale. Ed è una cosa che detesto anch'io, il conversare tanto per far conversazione.
E' spossante e snervante. Sulle labbra sale quasi naturale il "ma perchè non la smetti di sparare caxxate?".
Già capita spesso sostenere conversazioni "di circostanza", se poi me le avessero imposte pure a cena, a casa mia, con tutte le cose interessanti di cui si può parlare, li avrei odiati.
Poi cioè, veramente se mia mamma comincia a farmi le stesse identiche domande ogni 4 secondi in quel modo la porto all'ospedale di filata.
Seetharaman : secondo me invece c'è molta più trama che in molti miei altri bran.
C'è tutto un percorso nascita-vita che si riduce a esistenza fisica(non più psicologica)-presa di coscienza-rinascita psichica...
Magari non ci saranno grandi azioni (tipo salvare il mondo o prendere parte a una sparatoria), ma credo che a livello ideologico la trama sia molto "progressiva". " />
Comunque carino il brano. Mi ha lasciato un pò di tristezza però, perchè mi ricorda gli ultimi giorni di vita di mio nonno , quando non ci stava più con la testa.... " />
ok, stavolta sono riuscito a trovare un po' di tempo dal lavoro e, avendo una idea in mente, ho cercato di svilupparla al meglio....sob, il limite dei caratteri mi sega le gambe... " />
cmq, ecco a voi il mio elaborato. poca trama, molta riflessione. credo che sarà sempre il tema conduttore dei miei lavori, visto il limite di cui sopra.
RIFLESSI
Sono sempre stato attratto dal vetro, dalla sua trasparenza, dalla sua fragile eleganza, dai colori che spande. Ma, del vetro, quello che sempre mi ha affascinato di più sono i riflessi.
Non i semplici, realistici, noiosi riflessi dello specchio, banali nella loro matematica precisione, no. Io amo i riflessi del vetro, i riflessi che trovi alle finestre, sul bus, in metropolitana. Quei riflessi sono qualcosa di diverso e ulteriore, qualcosa che non parla di ciò che appare alla luce prosaica del giorno, ma di ciò che è, in anfratti sconosciuti persino a me stesso. Le rughe dell'età e dell'espressione enfatizzate, le sottili occhiaie di stanchezza, così come il leggero cipiglio, tutto sembra dire al me stesso in carne ed ossa che io sono la copia, mentre il me stesso sbiadito e sfocato, nella sua nitidezza, è la versione reale. A volte trovo difficile dare torto al me stesso riflesso.
Dal vetro intuisco tutto quello che sono di dentro, la mia parte peggiore, la parte cattiva, cinica, meschina talvolta, la parte che detesto di me, riflessa in tutta la sua cruda, reale, ingiusta fantasmagoria di elementi discordanti, resi ancor più taglienti dall'alone di polvere che ricopre il tutto. Sembra quasi che il fantasma del mio lato peggiore sia lì pronto a ricordarmi chi sono in realtà.
Mi fa male, vedermi così, da morire. Detesto leggermi dentro con tutta questa chiarezza, è come un rasoio sul polso, ogni singola fottuta volta. Ma, ogni singola, fottua volta, torno a riflettermi lì, ad odiarmi per questo, nel contempo odiandomi ancora di più per la bella figura che faccio ogni volta, rimanendo in piedi dove c'è un posto libero, in modo che la signora di turno possa sedersi. Ironico. Ipocrita. Maledettamente disgustoso.
Eppure... Eppure c'è qualcosa che mi fa bene, in tutto questo. C'è qualcosa che, nel profondo, mi smuove, mentre mi taglia col rasoio affilato del vetro, lasciando dentro torpide schegge di amarezza. C'è qualcosa che, da laggiù, in un posto che non riesco ancora ad individuare, mi dice che il riflesso del vetro può mostrarmi un volto diverso e migliore, più somigliante a quello che appare alla luce bugiarda del giorno, artefatta ed ipocrita come tutte le luci chiare, ed i riflessi matematici e perfetti.
C'è una donna, la vedo dal vetro. Occhi verdi, malinconici ed eleganti, sotto una cascata di riccioli rossi. È molto attraente, specialmente perchè la sua espressione mi ricorda la mia di un attimo fa. Si vede anche lei riflessa nel vetro, ragionando sul suo vero Io, come me? O è solo stanca? No, non è solo stanca, nessuna persona stanca assume quel broncio. Lo sento, siamo uguali, io e lei, nella nostra meschina recita per la platea di attori che ci guarda. Chissà come si chiama, che lavoro fa. Mi trovo, come uno scemo, a fare il giochino dei bambini e tiro ad indovinare. Sembra una donna in carriera, magari un avvocato, no. Un notaio. Ecco, un notaio. E credo che il suo riflesso non le piacca più di quanto mi piace il mio, ma ho la sensazione che, come me, anche lei si sottoponga ogni giorno a questo tiro perverso e catartico, non trovando maggiore consolazione di quanta ne trovi io, nella mia miseria vestita a festa. Magari, anche lei vede la possibilità di scoprire, un giorno, un volto migliore riflesso nel vetro.
Siamo uguali, io e lei, lo sento. E, forse, lo sente anche lei. Forse sente addosso il mio sguardo, perchè incrocia i miei occhi, legge anche lei quello che io ho letto nei suoi? Credo di sì, lo spero, almeno, non so perchè ma lo spero. Mi sorride, ha un bel sorriso, una chiostra di denti bianchi e regolari, ed un modo di guardare acuto e penetrante. È la classica persona che ti guarda dentro, capendo di te molte più cose di quante tu stesso conosci? Le sorrido, un po' imbarazzato, con quell'imbarazzo che prende quando riconosci un tuo simile. È come condividere un segreto leggero, l'unione di impalpabili somiglianze, che però sono così sostanziali da lasciarti col fiato corto e la mente in confusione.
È un momento perfetto, vorrei incastonarlo in questo vetro sporco e malandato, così crudele e sincero, perchè so che, non appena uno di noi si muoverà di un centimetro, romperemo il riflesso. Lo sente anche lei, lo so, glielo leggo negli occhi verde smeraldo che, chissà come mai, anche in mezzo alla polvere sono luminosi.
Il suo treno riparte lentamente, dopo la sosta in galleria. La seguo con gli occhi fin dove posso, mentre riparte anche il mio treno, mentre la solita, irritante vocina dice, con tono di chi si guarda soltanto allo specchio:"Prossima fermata, Termini".
Beeeeeelloooooooo!Magari qualche volta un po pesante nella forma, ma l'idea mi piace e in linea di massima non ci sono grossi difetti( a parte, come ho detto, la struttura troppo massiccia e la scorrevolezza a discapito delle troppe parole).
Nel complesso, comunque, mi è piaciuto (anche perchè hai messo una rossa con gli occhi verdi...hihihihih) " />