Discorso lungo sull'afghanistan
L’Afghanistan in mano ai taliban non è novità degli ultimi giorni. La fuga da Kabul è goffa e umiliante. Ma inevitabile conseguenza della decisione degli Stati Uniti di un anno e mezzo fa di abbandonare il paese e consegnarlo scientificamente agli studenti pashtun. Evento di impatto emotivo e simbolico, privo però di reali conseguenze strategiche. Dopo il quale conta soltanto osservare se e quanto attirerà russi, cinesi, pakistani, iraniani, turchi e indiani nel caos.
L’Afghanistan non è caduto in dieci giorni, ma in 18 mesi. Da quando nel febbraio 2020 a Doha gli americani si sono accordati con i taliban per ritirarsi praticamente senza condizioni. Cui sono seguiti gli informali patti stretti con pakistani, turchi, cinesi, russi: tutti concordi nell’affidare il paese a chi lo governò fino al 2001.
Da allora, gli studenti hanno stipulato accordi con milizie, reparti dell’esercito regolare, capi tribali e autorità locali in ogni parte del paese. Prima a livello di distretto, quindi provinciale. Hanno preparato meticolosamente la quasi incruenta assunzione del potere di queste ore. Si sono curati di non suscitare indignazione fra gli stranieri, senza lasciarsi andare alle barbare celebrazioni della precedente conquista, avvenuta nel 1996. Hanno promesso soldi, cariche o incolumità, contando sul senso di abbandono diffuso tra le sgangherate Forze armate. Hanno dimostrato di tenere alla legittimazione internazionale e di essere in grado di generare consenso. Azione sofisticata che, unita all’investitura ricevuta dall’estero, ha indotto il cosiddetto esercito afghano a dileguarsi.
Dal loro punto di vista, i taliban hanno tutto sommato rispettato gli impegni presi con gli Stati Uniti. I quali a loro volta, come spiegato dal segretario di Stato Antony Blinken, hanno deciso di “non togliersi i guanti” di fronte all’offensiva del nemico, permettendogli di prendere il controllo del paese. Ciò che Washington non si aspettava è stata la velocità di esecuzione, che l’ha esposta a considerevole imbarazzo. I taliban avevano “promesso” all’intelligence d’Oltreoceano di agire con maggiore lentezza. Evidentemente troppo ghiotto s’è rivelato l’impulso di mettere in imbarazzo il nemico, pure se nel frattempo assurto a interlocutore.
Il danno di reputazione è tangibile, ma il buon nome non basta a fare o a disfare una potenza. L’abbandono dell’Afghanistan scandalizza gli alleati dell’America, ma non incide sulle loro scelte strategiche. Giapponesi o taiwanesi sono sicuramente sensibili alla facilità con cui gli Stati Uniti hanno lasciato Kabul al proprio destino, ma non per questo si consegneranno alla Cina, anzi duplicheranno gli sforzi per ottenere garanzie difensive.
Discorso simile per gli europei: imbestialiti dalla compartecipazione alla figuraccia, non hanno la possibilità materiale di creare un sistema d’alleanze indipendente da Washington, anche se potrebbero opporre maggiori resistenze a farsi coinvolgere in altre operazioni pensate dalla superpotenza, in particolare quelle per arginare Pechino.
L’America ritiene di potersi permettere di evacuare l’Afghanistan, per molteplici ragioni.
Innanzitutto, quest’ultimo non è un paese strategico e ha perso anche la relativa importanza tattica di cui ha goduto per un certo tempo. La competizione tra Stati Uniti e Cina si decide in mare, non sulle alture dell’Hindu Kush. Tantomeno ha rilievo ciò che capita in un paese privo di infrastrutture, dominato da clan e tribù. Al netto delle drammatiche violenze che i taliban potranno perpetrare sulla popolazione locale, l’Afghanistan conta quasi nulla.
Inoltre, Biden ha confermato il ritiro ufficializzato sotto Trump perché nel frattempo è intervenuto l’attacco al Congresso del giorno d’Epifania. L’Afghanistan ha alimentato negli anni il malcontento che agita una parte della popolazione statunitense contro le istituzioni. Gli assalitori del Campidoglio rimproverano al governo federale fra le altre cose le inutili guerre in Medio Oriente al terrorismo, infinite perché infinibili, dunque destinate a terminare in tragedia. Un’intera generazione di guerrieri americani si è formata, ferita, uccisa in conflitti astrategici, non esistenziali. Le sconfitte si ripercuotono sempre nella pancia di un impero.
La tempesta interna preoccupa più del previsto i governanti e li ha consigliati a staccare la spina senza indugio. Tuttavia l’umiliazione della fuga da Kabul deprimerà ulteriormente le truppe e pure le burocrazie federali, sgomente di fronte a tanto fallimento, blandendo la già sbiadita fede nella loro missione civilizzatrice, alimento di ogni impero.
Infine, Washington desidera da tempo trascinare nel pantano afghano tutte le potenze dell’area. Vero obiettivo della dipartita, sebbene complesso da centrare.
L’America vorrebbe in particolare indurre la Repubblica Popolare a impegnarsi. In alternativa, spera che il caos afghano traligni in Pakistan, lungo il corridoio delle nuove vie della seta che dal Xinjiang conduce al porto di Gwadar (Guadar). Evento che costringerebbe Islamabad a gestire direttamente il vicino e Pechino a rivalutare il progetto. Ma appare alquanto improbabile che i taliban non riescano a controllare il territorio, specie considerato il sostegno internazionale di cui beneficiano.
Gli Stati Uniti pretendono che a occuparsi del paese sia parzialmente la Turchia, tra i principali mediatori tra americani e taliban nei colloqui in Qatar, con l’obiettivo di sfiancare le velleità neo-ottomane. Ankara è fortemente interessata all’Asia Centrale, parzialmente anche all’Afghanistan, paese iranico dotato di minoranze turcofone, trampolino verso gli uiguri di Cina. Ma Erdoğan ha paura della sua ombra, evita puntualmente passi avventati, difficile si abbandoni al narcisismo nel cimitero degli imperi.
Gli americani apprezzerebbero anche un notevole sforzo della Russia, tra quelle potenze che nei secoli si sono suicidate in Afghanistan. Magari per ribadire il proprio rilevante ruolo in Asia Centrale. Ma – pure fosse incredibilmente immemore degli eventi passati – Mosca non possiede i mezzi per lanciarsi tanto in profondità, inconsistenza che la pone al riparo da azioni sconsiderate.
Evidenze che presumibilmente abbandoneranno l’Afghanistan al proprio oblio strategico, forse consegnandolo alle cronache soltanto come drammatica origine di nuovi flussi migratori che riguarderanno soprattutto il Vecchio Continente. Senza affondare i principali antagonisti degli Stati Uniti.
Eppure abbastanza per convincere Washington d’aver compiuto la scelta giusta. Stufa di attardarsi in un contesto pressoché irrilevante e dispendioso – e poco conta se a erogare materialmente i miliardi spesi sia stata la Cina attraverso il debito pubblico d’Oltreoceano, secondo la massima napoleonica del “mai disturbare un nemico che sbaglia”.
Gli Stati Uniti intendono concentrarsi soltanto sulle questioni strategiche, assai meno su quelle scenografiche. Il rischio di guastare la propria narrazione è concreto, specie in Europa, unico continente che bada realmente a democrazia e diritti umani. Ma l’alternativa sarebbe sprecare ulteriore tempo e impegno. Non si poteva agire altrimenti.
Cita
ma se gli intolleranti vanno espunti, e se i talebani (o simili più grossi e pericolosi) sono intolleranti, non è forse necessario attivarsi, pianificare e impiegare le risorse necessarie per conseguire la loro definitiva rimozione?
Che è esattamente quanto abbiamo fatto in Afghanistan. Si è visto come è andata a finire.
Che poi è lo stesso che facemmo in Iraq, portando alla nascita dell'Isis, al Bataclàn a Nizza e a Bruxelles.
Albert Einstein definì la follia come il fare la stessa cosa aspettandosi risultati diversi. In base a questa definizione l'Occidente (ammesso che questa definizione voglia dire qualcosa e non sia soltanto una ridicola etichetta) è matto come una campana, altro che "guida del mondo".
Quindi cosa proporresti? Lasciare le cose come stanno? Coinvolgere tali personalità in negoziati di pace?
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
A man might befriend a wolf, even break a wolf, but no man could truly tame a wolf.
When the snows fall and the white winds blow,
the lone wolf dies, but the pack survives
Stark è grigio e Greyjoy è nero
Ma sembra che il vento sia in entrambi
4 ore fa, joramun ha scritto:Che è esattamente quanto abbiamo fatto in Afghanistan. Si è visto come è andata a finire.
Che poi è lo stesso che facemmo in Iraq, portando alla nascita dell'Isis, al Bataclàn a Nizza e a Bruxelles.
Albert Einstein definì la follia come il fare la stessa cosa aspettandosi risultati diversi. In base a questa definizione l'Occidente (ammesso che questa definizione voglia dire qualcosa e non sia soltanto una ridicola etichetta) è matto come una campana, altro che "guida del mondo".
quindi resta fermo il principio per cui gli ordinamenti dei vari talebani, iraniani, vari emirati, sultanati, califfati arabi, nordcoreani, cinesi russi ecc. vanno smantellati quanto prima e (ri)condotti nell'alveo della democrazia liberale, come massima priorità della politica estera occidentale.
A quel punto il discorso diventa un questione di efficacia dei metodi utilizzati nel perseguire tale scopo.
L'intervento militare si è rilevato inefficace. Una soluzione, dunque, potrebbe essere un intervento militare drammaticamente più incisivo e su vasta scala.
In alternativa, usare varie declinazioni di soft power, influenza economica e culturale.
Ma è un processo lunghissimo. E nel frattempo, gli intolleranti, sotto l'egida cinese, aumentano a loro volta influenza, potere, ricchezza. Cosa che potrebbe mettere a rischio l'occidente.
Occidente = comunità internazionale che si riconosce nei valori di democrazia liberale di matrice occidentale (quindi ci piazziamo dentro anche Sudafrica, Giappone, India, Brasile ecc.)
https://www.limesonline.com/afghanistan-riassunto-settimana-scontri-aeroporto-kabul-taliban-evacuazione-conseguenze/124707 io consiglio sopratutto il penultimo articolo.
Comunque notare che i nostri TG sono concentrati quasi solo sull'aspetto umanitario mentre gli aspetti strategici andrebbero decisamente considerati per trovare una qualche soluzione altrimenti, quando l'opinione pubblica non sarà più presa, ci si limiterà a provare a chiudere le porte a quegli fghami non ancora entrati
28 minuti fa, Ser Balon Swann ha scritto:quindi resta fermo il principio per cui gli ordinamenti dei vari talebani, iraniani, vari emirati, sultanati, califfati arabi, nordcoreani, cinesi russi ecc. vanno smantellati quanto prima e (ri)condotti nell'alveo della democrazia liberale, come massima priorità della politica estera occidentale.
No, no affatto. Il motivo per cui non avevo risposto per esteso al post precedente è proprio perchè trovo questo assunto assurdamente smentito dalla storia recente, etnocentrico ed estremista. Siamo a tanto così dal "spero che a Trump parta il dito sul bottone" di cui qualcuno aveva parlato qui sul forum prima di essere bannato.
4 ore fa, Lyra Stark ha scritto:Quindi cosa proporresti? Lasciare le cose come stanno? Coinvolgere tali personalità in negoziati di pace?
A parte che queste "tali personalità" sono già state coinvolte in accordi e negoziati... Innanzitutto proporrei di smetterla di trattare ogni giorno come se fosse il "giorno uno" della storia umana. Troppo comodo fare ragionamenti del tipo "eh vabbè adesso siamo qui, la situazione è questa, la storia è andata così, signora mia, cosa ci vuol fare. Spiaze per i ragazzi (cit.)" .
Ah...un fun fact a proposito di queste "tali personalità": sai dov'è che è in vigore ininterrottamente la Sharia dalla fine degli anni sessanta? In Arabia Saudita.
58 minuti fa, Ser Balon Swann ha scritto:In alternativa, usare varie declinazioni di soft power, influenza economica e culturale
E' una cosa simile a ciò che si cercò di fare con la Cina vent'anni fa, quando entrò nella WTO. Tra le implicazioni politiche a lungo termine c'era l'auspicio che l'integrazione della Cina nel sistema finanziario ed economico occidentale avrebbe gradualmente portato il popolo cinese ad infatuarsi dei vantaggi della democrazia liberale, con la conseguente speranza che ciò desse forza alla destra cinese (ossia, ai riformatori) e portasse ad un cambiamento politico radicale. Ma non mi pare che le cose siano andate così. E quella fu una grande occasione, unica nel suo genere.
Per quanto possa sembrare una banalità, una frase fatta, penso che sia arrivato il momento di accettare (o almeno di iniziare seriamente a pensarci su) che certe cose non si possano cambiare. O che almeno non spetti all'Occidente brigare per cambiarle.
4 ore fa, joramun ha scritto:A parte che queste "tali personalità" sono già state coinvolte in accordi e negoziati... Innanzitutto proporrei di smetterla di trattare ogni giorno come se fosse il "giorno uno" della storia umana. Troppo comodo fare ragionamenti del tipo "eh vabbè adesso siamo qui, la situazione è questa, la storia è andata così, signora mia, cosa ci vuol fare. Spiaze per i ragazzi (cit.)" .
Ah...un fun fact a proposito di queste "tali personalità": sai dov'è che è in vigore ininterrottamente la Sharia dalla fine degli anni sessanta? In Arabia Saudita.
Non ho letto alcuna proposta fattiva però, ed era la cosa che mi interessava di più.
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
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3 ore fa, Menevyn ha scritto:Per quanto possa sembrare una banalità, una frase fatta, penso che sia arrivato il momento di accettare (o almeno di iniziare seriamente a pensarci su) che certe cose non si possano cambiare. O che almeno non spetti all'Occidente brigare per cambiarle.
Su questo sono d'accordo, forse i cambiamenti destinati a durare devono venire da quegli stessi popoli che li necessitano. Però a volte rimango perplessa perché non vedo molto interesse. Eppure al giorno d'oggi persone istruite e con i mezzi ci sono dappertutto.
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
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La storia non è ancora finita, l'evacuazione si preannuncia molto difficile, mentre nel frattempo i talebani, smentendo (come era ovvio) le loro parole concilianti, si vendicano di chi ha collaborato con gli occidentali: https://www.ilpost.it/2021/08/21/kabul-evacuazioni-afghanistan/
Lo posto qui perché nella discussione sugli USA credo fosse OT.
Figuriamoci, credo non si sorprenda nessuno. Certo mi chiedo cosa pensavano succedesse quelli che sono rimasti e adesso danno tutta la colpa agli USA.
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
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19 ore fa, joramun ha scritto:Troppo comodo fare ragionamenti del tipo "eh vabbè adesso siamo qui, la situazione è questa, la storia è andata così, signora mia, cosa ci vuol fare. Spiaze per i ragazzi (cit.)
Troppo comodo anche limitarsi a dire sempre è tutta colpa dei bianchi ricchi privilegiati, possibilmente di destra. E criticare ma non proporre nessuna soluzione fattibile.
Tra l'altro non capisco perché dovrebbe interessarmi la bordata su Renzi, così fun che me ne sono resa conto adesso ^^"
Ci sono tanti che mostrano incoerenza nelle proprie amicizie e atteggiamenti, anche più di lui.
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Ma sembra che il vento sia in entrambi
Il 21/8/2021 at 12:38, Lyra Stark ha scritto:Troppo comodo anche limitarsi a dire sempre è tutta colpa dei bianchi ricchi privilegiati, possibilmente di destra.
Non è comodo, si chiama analisi storica. Contestualizzata, che ricostruisce i rapporti di causa ed effetto e non inizia come se oggi fosse il Giorno 1. Se fosse comoda l'attuerebbero in molti, cosa che non mi pare proprio succeda.
Peccato che non hai quotato anche il resto del post:
Il 21/8/2021 at 12:38, Lyra Stark ha scritto:E criticare ma non proporre nessuna soluzione fattibile.
Questo è comodo.
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
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9 minuti fa, Lyra Stark ha scritto:Questo è comodo.
Ti sconvolgerà, ma difficilmente questioni dalla complessissime implicazioni storiche, sociali e geopolitiche saltano fuori su forum dedicati a saghe fantasy.
Quello che è certo è che qualsiasi soluzione voglia essere migliore del disastro perpetrato per tutti questi lunghissimi ed inutilissimi 20 anni, debba tenere maggiormente in conto i trascorsi politici e sociali di quelle zone, il passato coloniale, gli errori fatti in oltre 70 anni in cui abbiamo pensato di poter/dover occidentalizzare il mondo, continuando con sempre maggiore insistenza ogni volta che la storia ci mostrava che idea sconclusionata fosse.