l'essere sacrificati volontariamente non rientrebbe nella categoria "diritti assoluti"
Non ho detto "l'essere sacrificati", ma "il non essere sacrificati": se il criterio è (semplificando) "Non fare agli altri quello che non vorrebbe fosse fatto a te", allora, se nel passato qualcuno era fieri di essere sacrificato, e magari lo erano pure i suoi genitori, il non essere sacrificato esce dai diritti universali.
hai proprio toccato il termine esatto, nazioni. Quando un atto contrario a principi universali della natura umana è concepito ed attuato da un governo, sia esso un singolo monarca o un gruppo dirigente, il discorso è ben diverso da un comportamento integrato nel substrato culturale di una popolazione
Il fenomeno della schiavitú nell'America del Sud, ma anche della schiavitú in generale, non mi pare sia stato "concepito ed attuato da un governo", erano gli stessi proprietari terrieri a farlo, e la popolazione che io sappia non era esattamente contraria all'idea dello schiavismo; il punto è che tu parli di "principi universali della natura umana", ma universali dove, se la Storia stessa dimostra che sono stati negati, sia dai governi, sia dai singoli? Per essere universale deve essere, banalmente, universale, e se una cultura, un popolo, una nazione (a stretto livello teorico, un singolo) non ha condivisi, allora non sono universali. Quali sarebbero questi "principi universali della natura umana", a questo punto? Perché tu hai citato la contrarietà alla schiavitú, e ti è stato fatto vedere come nella Storia ci sia stato tutto meno che una simile contrarietà universale; poi sei passato alla schiavitú violenta, e su questo non posso che citare dal mio messaggio subito precedente a questo: «Una schiavitú che comprendeva quante nazioni? Tra fornitori e utilizzatori, America, Inghilterra, Spagna, Portogallo... durata quanto? Quattro, cinque secoli (periodo di coinvolgimento dell'America)? Inizia a sembrarmi un po' troppo per parlare di caso straordinario, di eccezione; e l'etica cristiana di cui parli non mi pare indicare particolare straordinarietà, se non altro visto che nemmeno la cattolicissima Spagna si è fatta tanti problemi.
Comunque, anche fosse stato un caso straordinario, questo non toglierebbe una cosa: c'è stato, e quindi viene meno la presunta assolutezza. Nel valutare l'estensione di una cosa non si devono considerare solo le culture piú antiche, anche quelle piú recenti e quelle odierne pesano». Quali sarebbero questi principi, allora, e dove sarebbe universali?
In base alle obiezioni che mi stai muovendo si potrebbe dire che dal tuo punto di vista tutto il popolo tedesco negli anni 30-40 aveva nel proprio dna culturale l'antisemitismo, l'odio razziale e la tendenza al genocidio
Ma anche no, non ho mai sostenuto una cosa simile, non ho mai parlato di idee condivise da tutto il popolo, né sono conclusioni ottenibili dal mio discorso; ho semplicemente fatto notare come e perché le cose che tu hai portato come esempi di principi universali non sono tali, in quanto nel passato piú o meno prossimo, o ancora oggi, non sono stati rispettati, e quindi un'ipotetica universalità viene meno. Un principio universale che non è valido universalmente? Intrinsecamente contraddittorio.
Del resto, se per dare contro all'universalità di un principio si dovesse avere tutto il popolo contrario a esso (cosa che non ho mai detto), ancora piú lo si dovrebbe avere tutto favorevole per sostenere tale universalità, in quanto è il concetto stesso di "universalità" (mentre per negare quel concetto basta un'eccezione); cosa che non è mai capitata, perché nessuna idea è mai stata condivisa da tutti.
Io non ho mai detto né implicato che tutto un popolo fosse favorevole a una qualunque cosa, il mio discorso è stato tutt'altro.
Non ho detto "l'essere sacrificati", ma "il non essere sacrificati": se il criterio è (semplificando) "Non fare agli altri quello che non vorrebbe fosse fatto a te", allora, se nel passato qualcuno era fieri di essere sacrificato, e magari lo erano pure i suoi genitori, il non essere sacrificato esce dai diritti universali.
il diritto all'integrità fisica (tra cui rientra il sacrificio) esce dai diritti universali quando i danni siano cagionati dal soggetto stesso o con l'autorizzazione del soggetto stesso
Un diritto rimane universale anche se una ristretta minoranza può non essere d'accordo...e qui ci si ricollega al discorso di Balon: i nazisti o gli schiavisti spagnoli ritenevano proficuo fregarsene dei diritti di pochi per i loro scopi ma allo stesso momento riconoscevano tali diritti alla restante parte del mondo nel quale vivevano e, soprattutto, a loro stessi.
il diritto all'integrità fisica (tra cui rientra il sacrificio) esce dai diritti universali quando i danni siano cagionati dal soggetto stesso o con l'autorizzazione del soggetto stesso
Ma questo estende la definizione, in quanto senza questa estensione l'esempio da me detto varrebbe :huh: Proprio per questo parlo di una sorta di "universalità media", in quanto le casistiche particolari (masochisti, ecc.) non inficerebbero (o comunque sarebbe piú improbabile che avvenga) la definizione generale.
Però quest'estensione ha un che di assurdo: la tua definizione è «I diritti umani assoluti e intangibili forse andrebbero definiti come "tutela contro quei comportamenti che sono considerati universalmente, da ogni uomo, in qualsiasi tempo e luogo, come lesivi della sua persona e inaccettabili"», però qualora questo comprenda, in quanto qualcuno lo considera non lesivo e accettabile, un comportamento a tuo dire inaccettabile, allora dici che, visto che è l'individuo stesso ad accettarlo, ne esce; ma a questo punto si torna alla tua soggettività, e inoltre qualunque cosa potrebbe uscire da tali diritti, in quanto se un comportamento non è considerato inaccettabile, allora è considerato accettabile.
Un diritto rimane universale anche se una ristretta minoranza può non essere d'accordo
Non dico di no, ma intanto cade il discorso sui diritti rispettati da ogni cultura, e inoltre non puoi essere certo che sia universale: se per ipotesi si potesse controllare che è stato rispettato da ogni ogni cultura di ogni tempo, allora lo si potrebbe dire universale; venendo meno questo, anzi avendo la certezza, dalla Storia, che tale rispetto non c'è stato, si può ipotizzare che alcuni diritti siano universali, ma (1) non c'è modo per esserne certi (al di là delle convinzioni personali), e (2) non c'è modo di sapere quali sarebbero: secondo qualcuno la libertà di scelta potrebbe rientrare in tali diritti (eutanasia), secondo altri invece la vita (no eutanasia). In breve: potrebbero esserci diritti universali, assoluti, ma se effettivamente esistano, e, nel caso, quali siano, è tutto un altro discorso.
Però quest'estensione ha un che di assurdo: la tua definizione è «I diritti umani assoluti e intangibili forse andrebbero definiti come "tutela contro quei comportamenti che sono considerati universalmente, da ogni uomo, in qualsiasi tempo e luogo, come lesivi della sua persona e inaccettabili"», però qualora questo comprenda, in quanto qualcuno lo considera non lesivo e accettabile, un comportamento a tuo dire inaccettabile, allora dici che, visto che è l'individuo stesso ad accettarlo, ne esce; ma a questo punto si torna alla tua soggettività, e inoltre qualunque cosa potrebbe uscire da tali diritti, in quanto se un comportamento non è considerato inaccettabile, allora è considerato accettabile.
certo he si torna alla soggettività... tutto ha come base la soggettività. Tuttuvia in alcuni casi la soggettività del singolo concorda con quella del resto della specie umana. E allora si potrebbe parlare di "oggettività" e "universalità".
Io credo che ogni persona che, contro la sua volontà, sia stato torturato, ucciso, sacrificato, privato dei suoi beni o dei suoi affetti, abbia desiderato un qualche forma di tutela. Da qui il "mio" concetto di diritto universale
riguardo a sacrificati maya e kamikaze, potrei portare la discussione a un punto di stallo (tu non potresti dimostrare il contrario e io non potrei mai dare la prova conclusiva) ipotizzando che, nel momento in cui il coltello del sacerdote penetra nelle carni, nel momento in cui il kamikaze salta per aria, nell'ultimissimo (non il penultimo, o il terzultimo, ma proprio l'ultimo) momento di autocoscienza, l'azione di colui che si suicida perde il connotato di volontarietà e preferirebbe non aver mai compiuto un tale gesto
Temo ci sia un pò di confusione tra il diritto e i diritti.
Il diritto dovrebbe essere l'espressione dei diritti, exall...
Non proprio. Il diritto si identifica con la norma giuridica (giuspositivismo normativistico). Il diritto dunque non sarebbe altro che una serie di norme che regolano la vita dei membri di una società, allo scopo di assicurarne la pacifica convivenza. Non c'è niente di trascendentale dietro.
I diritti come invece ce li presenti tu, ossia quelli universali fondamentali inalienabili etc., appartengono al diritto naturale. Viene postulata l’esistenza di una serie di princìpi eterni e immutabili, inscritti nella natura umana. Ma come ti stavamo facendo notare questi principi alla fine cambiano di cultura in cultura, e in molte culture non esistono proprio, per cui perdono di ogni significato.
Il diritto esiste proprio per dare valore di legge a questi diritti, altrimenti la carta dei diritti dell'uomo non sarebbe una formula di Diritto. E poi come ho già detto i diritti universali sono insiti in ognuno di noi, poche eccezioni non fanno regola, anche se clamorose...soprattutto perché si tratta di casi di mancato rispetto dei diritti di alcune minoranze ma nei propri confronti e nei confronti di chi si riconosce come pari questi diritti sono da sempre riconosciuti come sacri ed inviolabili.
come ho già detto i diritti universali sono insiti in ognuno di noi, poche eccezioni non fanno regola, anche se clamorose
Mai detto che facciano la regola, ma tolgono la possibilità di riscontro pratico di tale universalità, che quindi o si mette in forse, o si accetta (o nega) sulla semplice base della convinzione personale.
il fatto che ognuno dia per scontati certi diritti per se e per i propri cari anche se poi li dovesse negare ad altri è già una conferma della loro universalità.
il fatto che ognuno dia per scontati certi diritti per se e per i propri cari anche se poi li dovesse negare ad altri è già una conferma della loro universalità
Il punto è che, a quanto ho capito, il tuo discorso è salvo eccezioni, ossia "il fatto che ognuno, escluse le eccezioni, dia per scontati certi diritti", mentre il mio è comprese eccezioni, in quanto sono capitate e non vanno ignorate: una cosa, per essere universale, deve essere universale, e se c'è stata una cultura, un popolo, che non si poneva in tale modo (vedi l'esempio sui sacrifici, in cui, stanti le ipotesi fatte, il singolo non dava per scontato né per sé, né per i propri cari, il diritto di non venire ucciso in nome di qualche dio), allora cade l'universalità; perché se non è universalmente valido, allora non è universale. E un'intera cultura non mi pare poco.
Tra l'altro, mi è venuto un dubbio: cosa intendete con "universali"? Il dubbio è sorto interrogandomi sulla differenza tra diritti universali e diritti assoluti.
Il diritto esiste proprio per dare valore di legge a questi diritti, altrimenti la carta dei diritti dell'uomo non sarebbe una formula di Diritto. E poi come ho già detto i diritti universali sono insiti in ognuno di noi, poche eccezioni non fanno regola, anche se clamorose...soprattutto perché si tratta di casi di mancato rispetto dei diritti di alcune minoranze ma nei propri confronti e nei confronti di chi si riconosce come pari questi diritti sono da sempre riconosciuti come sacri ed inviolabili.
Proprio no. Il diritto è nato proprio perchè nella natura umana di questi diritti fondamentali, inalienabili, universali etc. non c'è n'è traccia. E' un artificio creato dalla società, una serie di norme che regolano la vita dei membri di una società, allo scopo di assicurarne la pacifica convivenza, senza la società di questi diritti non esiste niente.
A Roma di fatti esistevano due diritti, uno dei cittadini e uno delle genti. I cittadini, in quanto inquadrati in una società, avevano un diritto, per il resto del mondo valeva il diritto delle genti, che faceva riferimento alle singole culture di appartenenza delle persone chiamate in causa volta per volta per dirimere le questioni. In pratica torniamo a quanto dicevo. Il diritto è legato alla cultura. La questione non è che ci sono eccezioni, è invece un'eccezione tra le culture dell'uomo quella che afferma che esistono questi fatidici diritti universali, inalienabili, fondamentali etc. Comunque discussioni di queste già ci sono state e si è andati a finire che questi diritti inscritti nella natura umana cambiano di cultura in cultura, sempre che ci sono, per cui si torna al punto di partenza, è la società a portare i diritti, non l'uomo. Senza la società esiste solo anarchia, mi spieghi quali diritti ci sono nell'anarchia?
Comunque vorrei proporvi l'esempio del Bhutan. Il re ha concesso le elezioni e un parlamento. L'altro giorno ho visto un servizio di raitre che parlava dei cittadini di questo stato, più impauriti che felici di questa novità. Il messaggio ricorrente delle interviste era questo: "noi stiamo bene così, il re spera così di farci più felici, ma non ne sentiamo nessun bisogno, siamo già ben amministrati".
il fatto che ognuno dia per scontati certi diritti per se e per i propri cari anche se poi li dovesse negare ad altri è già una conferma della loro universalità.
è quello che dicevo io... esistono diritti che nessuno vorrebbe veder violati.
Sull'esempio dei sacrificati al Dio: certo che molte persone non concepivano il diritto "a non essere sacrificati".
Tuttavia tutti coloro che venivano sacrificati contro la loro volontà, avrebbero voluto essere tutelati...
bella forza, direte voi, chiunque vorrebbe essere tutelato da qualunque cosa dovesse subire contro la propria volontà (es. rinunciare al servizio militare)... invece non è proprio così...
esistono azioni che l'uomo può subire e sopportare in vista di uno scopo/obbiettivo più grande (e in questa categoria rientra praticamente ogni cosa)
esistono tuttavia alcune (pochissime) cose che nessun uomo (per via di questioni ormonali e nervose, niente di trascendentale) vorrebbe mai accettare sulla propria persona.
E queste pochissime cose sono
- abusi fisici di notevole intensità sulla propria persona
- umiliazione psicologiche di notevole intensità sulla propria persona
- privazione di talune cose di grande valore affettivo
- privazione dell'affetto dei propri cari
Sull'esempio dei sacrificati al Dio: certo che molte persone non concepivano il diritto "a non essere sacrificati".Tuttavia tutti coloro che venivano sacrificati contro la loro volontà, avrebbero voluto essere tutelati
Come già detto, però questo richiede un'estensione del principio detto qualche tempo fa, ossia "tutela contro quei comportamenti che sono considerati universalmente, da ogni uomo, in qualsiasi tempo e luogo, come lesivi della sua persona e inaccettabili": evidentemente, se è esistito chi accettava/era fiero/ecc. di essere sacrificato, allora questi non consideravano lesivo della propria persona e/o inaccettabile tale comportamento. Poi, se si vuole cambiare definizione va bene, ma quello che tu stesso hai portato è diverso da quello che ho citato ora, ed esclude il non essere sacrificati da un teorico insieme di diritti universali.
Però, se la definizione è l'essere tutelati contro ciò che non si vorrebbe fare contro la propria volontà, allora l'insieme dei diritti universali diventa potenzialmente enorme.
esistono tuttavia alcune (pochissime) cose che nessun uomo (per via di questioni ormonali e nervose, niente di trascendentale) vorrebbe mai accettare sulla propria persona
Immagino tu sottintenda "contro la propria volontà"; va bene, passiamo a discutere su questo concetto, che però è diverso da quello che hai portato qualche giorno fa; nessun problema, l'importante è capire su cosa si sta discutendo.