Rutilio Sermonti Presidente del Movimento Nazional Popolare
DONNE O NON DONNE?
questo è il problema!
Mi accingo a profferire orribili bestemmie contro il pensiero unico che è (o almeno appare) universalmente condiviso dall'estrema sinistra all'estrema destra. E' vero che non sono state ancora promulgate leggi penali, in nome della libertà di pensiero, contro chi osi contestare il pensiero ufficiale sull'argomento, ma il rischio di linciaggio a furor di popolo certamente esiste, tanto che prudenza suggerirebbe di sottoscrivere queste righe con uno pseudonimo. Ma, poi, ho riflettuto che, arrivato alla mia età, anche se mi sparano mi fanno poco danno, e ho avuto l'improntitudine di firmare col mio nome.
Le sabbie mobili in cui intendo incautamente addentrarmi sono quelle della cosiddetta EMANCIPAZIONE DELLA DONNA, che costituisce uno dei più vistosi fiori all'occhiello del pensiero moderno , che la sventola come definitiva conquista della civilizzazione occidentale: non ultimo dei motivi che darebbero alla predetta il diritto di imporla, anche con la violenza, a qualsiasi popolo nutra tradizioni diverse.
Essendomi proposto di essere obbiettivo ad ogni costo, non posso negare che, nel formarmi un'opinione in proposito, abbia influito una convinzione di carattere generale, relativa alla civilizzazione stessa. La convinzione è che la casta plutocratica salita al potere nel mondo col tragico esito della seconda Guerra Mondiale, persegua solo finalità di dominio e di lucro, e quindi sfoderi immortali e nobili principi a tutto spiano al solo scopo di mascherare i propri artigli, che sono retrattili come quelli dei felini, ed essa usa appunto retrarre in molli cuscinetti di storia di comodo, di sociologia di comodo e di morale di comodo.
Ciò mi predispone a una diffidenza istintiva verso tutte le proclamazioni di "sacri diritti" inediti, soprattutto se "pompate" da cori unanimi di solenni dichiarazioni nella pubblicistica scritta, nelle emissioni via etere e nei parti legislativi degli innumerevoli parlamenti nazionali e sopranazionali, tutta roba notoriamente pilotata e controllata dall'usurocrazia su menzionata.
Altra ragione di quella diffidenza è la riflessione che, dopo millenni di pensiero umano, anche di altissimo livello, sotto tutti i cieli, un improvviso orientamento del tutto nuovo ed inedito, che non riguardi piccoli problemi contingenti del tempo, ma fondamentali e perenni rapporti umani (come è senza dubbio quello intersessuale) è con ogni probabilità una sciocchezza. Mi si perdonerà se mi resta alquanto ostico pensare che tutti i Maestri delle genti, che tuttora si considerano autori delle grandi civiltà, da Lao-tse a Buddha, da Cristo a Zoroastro, da Aristotele a Mosè, da Maometto a Platone, non fossero che primitivi sprovveduti, e che certe costanti uniformità spontanee, riscontrabili nelle strutture sociali adottate nell'intero Globo sin dai primi agglomerati umani non fossero che effetto di assurdi e universali pregiudizi, senza alcuna base naturale.
Ma, anche premesso quanto sopra, una cosa è la diffidenza e un'altra il diniego aprioristico, e quindi mi appresto ad affrontare la dilagante "emancipazione femminile" con animo, diciamo così, scientifico, e cioè senza anteporre le conclusioni all'indagine.
La recente scoperta dell'eguaglianza uomo-donna, per vero, si inquadra esattamente nella tendenza ugualitaria propria delle ideologie materialistiche, tendenti ad escludere ogni "discriminazione" (così la chiamano) qualitativa, e all'affermazione del concetto di "individuo", che, a differenza della "persona", si considera uguale a tutti gli altri individui per "principio", del tutto prescindendo dalle qualità di ognuno.
"Prescindere", si noti, non equivale a "negare" di fatto. Nessuno nega le evidenti differenze esistenti tra persona e persona, solo che si è deciso di considerarle irrilevanti ai fini "politici", giungendo, anzi, a definire immorale e delittuoso professare opinioni basate su tali differenze, e doveroso e "civile" fare di tutto per eliminarle. La stessa obbligatoria democrazia ugualitaria (un uomo- un voto), si fonda su tale regola apodittica.
Ora, è chiaro che un simile assioma non ha carattere "scientifico", ma, appunto, morale. La scienza non ammette assiomi, e suo deontologico carattere professo è proprio quello di potersi auto-correggere, come ha fatto per secoli, nell'intento di comprendere spregiudicatamente la realtà oggettiva su quello che un tempo si chiamava "il creato", e proprio per ciò ha affermato la propria superiorità sul dogmatismo delle religioni "rivelate", tanto da farla ammettere, obtorto collo, persino dalla Chiesa.
Tornando al nostro argomento, e guardando il mondo senza paraocchi, l'abissale differenza tra i due sessi è addirittura clamorosa. Un maschio norvegese assomiglia molto di più a un maschio Bantù che alla propria sorella norvegese, e su questo non ci piove. Tra il Nordico e l'Africano, a parte la pigmentazione della pelle, non ci sono che piccole differenze nella forma del cranio, nelle labbra o nei peli, mentre tra i due germani di diverso sesso, la diversa funzione loro assegnata nella perpetuazione della specie detemina diversità anatomiche e fisiologiche che investono e condizionano l'intero organismo. Nel mondo animale sub-umano, tali differenze sono, ictu oculi, ancora più vistose. Senza pensare alla Bonellia viridis, invertebrato in cui il maschio è solo un frustolino quasi invisibile che vive da parassita sulla proboscide della femmina, sappiamo tutti che, anche tra gli uccelli e i mammiferi, maschi e femmine sono spesso così vistosamente disuguali che gli stessi zoologhi del passato avevano talora erroneamente classificato non pochi in due specie diverse. Esistono anche numerosi istinti che sono esclusivi di uno solo dei due sessi, sempre funzionali alla funzione riproduttiva e parentale.
Ora, nel genere umano, è noto come l'attività mentale abbia una importanza incomparabilmente maggiore rispetto a quella fisica, onde è ragionevole pensare (e si è sempre pensato) che la caratterizzazione naturale dei due sessi, oltrechè in particolarità anatomo-fisiologiche, consistesse in "dotazioni" mentali, in parte comuni (come quelle fisiche, del resto), ma in parte diverse e peculiari dei maschi o delle femmine. Se di ciò siamo convinti noi, lettori assidui del meraviglioso libro della natura e dell'unitaria armonia che lo pervade, a maggior ragione dovrebbe esserne certo chi (diversamente da noi) continua a professare ottusamente il darvinismo, che ci vorrebbe far derivare, per piccole casuali modificazioni, dagli animali inferiori sopra accennati, in cui maschi e femmine risultano rigorosamente "programmati" in rapporto alle diverse funzioni. Un 'ultima osservazione presa dalla natura, che buttiamo lì con riserva di ritornarvi in seguito: tra gli animali a più elevata organizzazione sociale, come alcuni insetti imenotteri e isotteri, esiste una vastissima classe di femmine che rinunziano del tutto alla funzione riproduttiva (anche se non a quella della cura dei nati): le cosiddette "operaie". Ma si tratta di femmine sterili, che non sviluppano affatto l'apparato genitale, mentre le pochissime femmine riproduttive, una volta fecondate, sono capaci di deporre uova a migliaia, più che sufficienti a perpetuare la stirpe.
Ma chiudiamo la parentesi zoologica e torniamo alla civiltà. Come è saltata fuori, all'improvviso, tra gli Uomini, la parità tra i sessi ? In fondo, la risposta iniziale non è difficile.
Consideriamo quelle che, per una ininterrotta serie di millenni e in tutta la Terra, sono state le funzioni dei due sessi.
Per i maschi: la caccia, la guerra sia difensiva che predatoria, i lavori costruttivi richiedenti forza, la gestione delle comunità politiche.
Per le femmine: la procreazione, l'allevamento della prole, i lavori di pazienza e attenzione, la cura dell'abitazione, la preparazione dei cibi, la gestione delle comunità familiari.
Il tempo ultimo ha visto una rapida crisi delle funzioni maschili. La caccia, quale fonte di proteine, è stata sostituita dall'allevamento, che non esige coraggio, né forza, né resistenza, né particolare abilità.
La guerra, soprattutto dall'inizio del XX secolo, è stata più questione di potenziale industriale e di tecnologia che di "virtù militari", tipicamente virili. I lavori faticosi, li fanno le macchine, azionate da energia artificiale, e quindi la maggior forza fisica del maschio diventa irrilevante.
E, quanto alla gestione politica, grazie alla menzionata invenzione dell'"individuo" e al criterio meramente numerico, è stata abolita e demonizzata la funzione del "capo", esigente specifici requisiti spiccatamente maschili, attribuendo (molto in astratto) l'esercizio del potere al popolo intero. In fondo, dato che un uomo può fare molti più figli che una donna, volendosi limitare la funzione maschile alla sua indispensabile ma sbrigativa collaborazione alla filiazione, basterebbero pochi "stalloni" selezionati, e gli altri si potrebbero tranquillamente castrare, come si fa coi maiali, per renderli meno "pericolosi" (spero, con questo paradosso, di non mettere qualche idea balzana nella mente del "potente" di turno).
Quella che invece non ha fatto registrare alcuna rilevante flessione è la funzione femminile. Nel XX secolo dopo Cristo, come nel XX avanti Cristo, continuavano a esistere gravidanze, parti, necessità di cura e allevamento della prole, di gestione della casa, di confezione dei cibi, di manutenzione delle suppellettili e del vestiario, anche se la confezione di quest'ultimo era in massima parte ormai approntata dall'industria o artigianato.
La nuova situazione determinatasi legittimava in certo modo la tesi detta "femminista", secondo cui la pretesa maschile di riservarsi tutte o quasi le funzioni esterne alla casa (il c. d."lavoro" e la "politica") fosse illegittima e vessatoria, data l'evidenza del fatto che esse non esigevano più alcuna qualità "virile". L'errore delle femministe fu quello di rivendicare una parità con gli uomini, vistosamente contro natura. L'unica parità consisteva nel fatto che, andando le funzioni da uomini rapidamente scomparendo, quasi tutte quelle svolte, per tradizione recente, dalla metà maschile della popolazione potevano essere ugualmente assolte, senza bisogno di virilità alcuna, dalla metà femminile. Il femminismo si trasformò invece in un'autentico quanto ingiustificato complesso di inferiorità di certe donne nei confronti degli uomini (o presunti tali), tale da far loro desiderare quale ideale una sorta di giuridico cambiamento di sesso, e da far loro mimare gesti e atteggiamenti esteriori maschili. Qualcosa di fortemente analogo alla perversione sessuale nota come "lesbismo".
La predetta follia ha trovato invece, in questo dopoguerra, incredibile fortuna e sostegno anche maschile, non tenendosi alcun conto, come accennato, che, se era vero che il vantato "progresso" tecnico aveva minimizzato le funzioni svolgibili soltanto da un maschio, ciò non era affatto avvenuto per quelle adatte soltanto a una femmina.
L'invasione da parte delle donne del campo sino ad allora riservato (sia pure con motivazione sempre decrescente) agli uomini, doveva trovare il necessario limite nel fatto che - se non limitata a giustificate eccezioni, ma generalizzata - avrebbe fatalmente determinato l'abbandono o la trascuranza da parte di esse della necessaria, preziosa e perdurante funzione femminile.
In altri termini, essendovi attività che possono essere molto meglio, o esclusivamente, esercitate da donne, è logico che gli uomini si accollino di regola "le altre", virili o non virili che siano. Sennò, che fanno, tutto il santo giorno, gli zuzzurelloni! Si mettono a partorire o ad allattare? Mi sembra davvero la logica più elementare e realistica.
Si deve a questo punto spendere qualche parola a confutare gli argomenti con cui la pubblicistica delle "pari opportunità" cerca di negare quella logica: argomenti, per vero tanto pretestuosi ed irreali da doversi assai dubitare della buona fede di chi li prospetta. Anche la donna, si proclama, ha diritto di "esprimersi", ovvero "realizzarsi" col lavoro, e non è giusto che sia costretta a fare la serva, gratis per giunta. E' o non è questo, più o meno, il "messaggio" sulla cui base si da luogo, in nazioni civilizzate come la nostra, addirittura a "quote rosa" e a ministeri per le "pari opportunità", tendenti a incrementare e facilitare in ogni modo l'accesso delle donne al lavoro "esterno"?
Il banalissimo trucco è quello di sproloquiare come se l'ingente massa di donne che si riversa sul "mercato del lavoro" facesse la professionista. o l'artista, o l'imprenditrice industriale o commerciale. Grandissima sciocchezza. Donne con simili vocazioni ce ne sono sempre state.
C'è stata da gran tempo una minoranza di attrici, pittrici, poetesse, avvocatesse, mediche, ricercatrici nei vari campi, come di quelle che hanno esercitato professionalmente funzioni tipicamente femminili, come infermiera o maestra dei piccoli, o sarta, o cuoca, e nessuna di queste ha mai subito discriminazione alcuna. Ma la "massa" delle lavoratrici, quella socialmente e biologicamente rilevante, ha mai trovato, io domando, "realizzazione" o soddisfazione di sorta nel lavoro? Ha mai avuto la passione irresistibile per inscatolare sardine, o arrotolare sigari, o per stare alla cassa di un bar o di un supermercato, o per timbrare raccomandate, o per sedere otto ore a un qualsiasi sportello di banca o di ufficio a compiere infinite volte le stesse operazioni automatiche, o per porre bigliettini sgraditi nei parabrezza delle auto, o per qualsiasi altra delle mansioni che sono della quasi totalità delle lavoratrici? Nossignori!
Tutte hanno sempre considerato e considerano quei lavori come una condanna tediosa e senza alcun "respiro" nè iniziativa, sopportata solo per ricevere, a fine mese, una busta-paga.
A nessuna di loro, se fosse ricca, frullerebbe per il capo di "realizzarsi" in quel modo, mentre -sino ad epoca abbastanza recente - il sogno di tutte le ragazze, povere o ricche, era proprio quello di "realizzarsi" come moglie, madre e padrona di casa.
E, in effetti, se paragoniamo le occupazioni ottuse e ripetitive, del tutto etero-dirette fino ad essere sostituibili con un robot, della stragrande maggioranza delle donne lavoratrici, con quelle richieste a una casalinga intelligente e sensibile (non possiamo prendere le sceme o le sciagurate come paradigma), che implicano continue scelte e iniziative di ordine tecnico, economico, pedagogico, "diplomatico", ma anche morale e spirituale nel senso più alto, ed altresì un'autonomia incomparabilmente maggiore e un senso di responsabilità che è forse la più alta attribuzione umana, solo una persona cui facciano velo tenaci preconcetti può concluderne che le prime consentano a una donna maggiori "realizzazioni" che le seconde, intendendosi con questo termine possibilità di adibire ed esercitare le proprie attitudini e capacità e di trarne appagamento. Che le seconde, e non le prime, siano alienanti e servili! Ma facciano il piacere!
Al difuori della vana retorica della "realizzazione", c'è l'altro argomento della liberazione delle mogli dalla dipendenza economica dai mariti. Quasi che i mariti che "lavorano" fossero indipendenti ! Oggi tutti sono economicamente dipendenti: E' tutta una catena di dipendenze che si perde nella nebbia che circonda i potenti criptocratici.
Dipendere finanziariamente dal coniuge, con cui esiste il legame affettivo e un interesse comune e dei figli, è meglio che dipendere da un estraneo, addirittura astratto come una s.p.a.., non vi pare? Per tacere del fatto noto che la salute economica di una famiglia unita "monoreddito" dipende in egual misura dall'importo dei guadagni del marito e dalla sagacia amministrativa della moglie, mentre il secondo stipendio serve solo a moltiplicare all'infinito le spese.
Ma vi è un altro ordine di considerazioni, per cui il favorire in ogni modo l'accesso delle donne al "mondo del lavoro" assume un carattere addirittura demenziale. Si tratta della modificazione della funzione e dello stesso concetto di "lavoro" verificatasi nell'ultimo secolo, e soprattutto nella seconda metà di esso. Già economisti del secolo precedente, come Marx,avevano rilevato come l'avvento delle macchine, riducendo il fabbisogno di lavoro umano, e quindi la domanda di esso da parte dell'industria (e anche dell'agricoltura), ma non l'offerta dello stesso, determinata da ineludibili motivi biologici, producesse fatalmente per le "masse" i due fenomeni negativi della compressione delle mercedi (legge "bronzea" dei salari) e della disoccupazione.
La tendenza si è tragicamente aggravata dopo la seconda Guerra Mondiale, sia per il galoppante progresso tecnologico (in particolare automazione e computerizzazione ), sia per la prevalenza incontrastata del cinico criterio del profitto su quello sociopolitico, che era stato invece proprio degli sconfitti regimi totalitari ed anche - in modo diverso - di quello bolscevico.
Né è riuscito ad aumentare a sufficienza il fabbisogno di opera umana il provocato avvento del consumismo in luogo della frugalità e del risparmio.
Infatti, pur avendo esso aumentato in modo paradossale e del tutto artificiale, nel giro di pochi decenni, le cosiddette esigenze di vita, e quindi la produzione di beni di consumo commerciabili, è stato ben lungi dall'avvicinare il lavoro umano realmente necessario per la detta elefantiaca produzione alla quantità corrispondente alla "piena occupazione", anzi, lo iato tra lavoro richiesto e energia lavorativa disponibile si è fatto addirittura drammatico e angoscioso.
E' sintomatico di una tale autentica patologia sociale il fatto che al "dovere del lavoro", che aveva un senso finché l'opera umana era la principale creatrice di ricchezza, e quindi fattore della solidità economica di una nazione, sia subentrato l'assurdo concetto di "diritto al lavoro", come pretesto per una busta -paga, prescindendo dalla sua utilità produttiva . La prestazione lavorativa, insomma, anziché un beneficio per chi ne fruisce (e quindi è tenuto a congruamente pagarla), si concepisce ormai come beneficio per chi la fornisce. Nella coscienza popolare, la "domanda di lavoro" non è più quella dell'imprenditore, pubblico o privato che sia, ma quella del disoccupato ! Provate a chiedere in giro.
La capacità di "creare" posti di lavoro inutili è diventato il campo di sfida di ogni governo e l'ABC di ogni clientelismo partitico: competizione folle, in quanto è un lavoro che non può ovviamente essere pagato con parte della ricchezza (plusvalore) che non produce, e si deve quindi ricorrere all'inflazione, all'indebitamento dei posteri, al dissennato saccheggio delle risorse naturali, alla svendita del patrimonio nazionale e alle pietose "manovre" che altro effetto non hanno che di ribadire le catene della schiavitù finanziaria alle caviglie dei popoli. Oltre tutto, l'obbiettivo di assorbire la disoccupazione rimane ben lungi dall'essere raggiunto. Molta di più ne assorbono le attività illecite, o addirittura delittuose, ultima spiaggia del consumismo, ma si tratta certo di "correttivi" che presentano inconvenienti rimarchevoli per i popoli, anche se nessuno per gli usurai d'alto bordo, a cui un mafioso gran "consumatore" sta benissimo.
Accenno a quanto sopra, non per evidenziare il suicidio in atto della società plutocratica: evento quanto mai auspicabile prima che i suoi danni divengano irreversibili, ma per dimostrare la totale follia delle "pari opportunità". In un contesto in cui uno dei problemi più drammatici e palesemente insolubili è quello dell'eccedenza degli aspiranti a un "posto" sui posti disponibili, veri o "creati" che siano, raddoppiare il numero degli aspiranti, aggiungendovi quelle donne ancora dedite alla preziosa attività familiare, raggiunge le più eccelse vette dell'assurdità, come spegnere un incendio con la benzina o curare una frattura a martellate.
Attesochè l'afflusso delle residue "casalinghe" negli uffici di collocamento non presenta alcuna utilità produttiva, essendo già largamente eccedente per questa la quantità degli attuali occupati, sottoccupati, cassintegrati e disoccupati, e attesochè l'unico effetto attendibile sarebbe il grande aumento delle buste-paga da riempire non si sa come, è il momento di valutare il pro e il contro per sapere se il gioco vale la candela.
Cominciamo dal PRO: tante buste paga in più. E precisiamo, innanzi tutto, che, a riempirle, dovrebbe essere sempre il solito Pantalone, pescando in una o nell'altra delle sue mille borse vuote, il che è - come visto - impossibile, e questo potrebbe chiudere l'argomento. Ma ipotizziamo pure che, per la bacchetta magica di qualche MagoTremonti o Stregone Padoa-Schioppa, si riuscisse a far rivivere il famoso asino che caca Euro in luogo di zecchini, tanti da finanziare un UCCG (Ufficio Conta dei Chicchi di Grandine) con 260.000 "posti" o un SPN (Servizio Pedicure Nazionale) con 100.000 operatori ai calli e 200.000 impiegati amministrativi e contabili, o roba simile.. Si aumenterebbe forse , con la seconda busta paga assicurata, la salute economica delle famiglie ? Prendiamo in esame una qualunque di quelle che già ce l'hanno.
Computiamo le maggiori spese necessarie, a cominciare dall'acquisto della seconda auto, assicurazione, bollo e rilevante consumo di carburante per un'ora o due giornaliere di traffico ingorgato,e quelle per un vestiario sempre variato e alla moda. per non sfigurare con le colleghe, nonché accessori, acconciatura e trucco congrui: diciamo "spese di rappresentanza".
D'altronde, anche "mettersi in ghingheri" cessa di essere un piacere quando diventa obbligatorio. C'è poi il compenso per una più o meno frequente donna a ore e, se ci sono bambini, per una "baby sitter". Ma ancor più gravosa è la necessità di molto più frequente ricorso al "mercato" per esigenze cui si faceva fronte in casa. La maggiore è relativa all'alimentazione, e cioè ai cibi preconfezionati e precotti che, oltre a essere zeppi di additivi di dubbia innocuità, sono assai più costosi di quelli uscenti da una cucina casereccia. Ma, a parte ciò, il poter dedicare tempo e cura alla cucina è - a parità di risultato edonistico per sè e i familiari - motivo di risparmio assai rilevante. Un'umile pasta e fagioli preparata con amore e a regola d'arte può dare lo stesso piacere gastronomico che un filetto alla piastra, che si fa in tre minuti; ma qual'è il relativo costo? Quindi, o si riducono i pasti a ingurgitare squallide razioni di proteine, lipidi e carboidrati, o si spende il doppio.
Quanto detto per l'alimentazione, vale anche, in misura minore, per numerose altre piccole esigenze di manutenzione o semplici riparazioni e ritocchi.
Va poi attentamente considerata la debolezza della donna con busta-paga, soprattutto tra il 27 e la fine del mese e al tempo di Santa Tredicesima, dinanzi ai mille sapienti tentacoli del consumismo, che sanno titillare subliminarmente i più intimi anfratti della sua anima, e a ciò sono sottilmente destinati. Diciamo che la donna che lavora è - senza accorgersene - grandemente più "spendacciona" della casalinga, sia per sé che per chi le è caro, e vedremo come tale fatto sia significativo.
In conclusione, il reale beneficio, per l'economia familiare, del lavoro esterno della moglie e madre, a conti fatti si riduce a ben poco, quando non è addirittura causa di dissesto.
Devo precisare che le osservazioni che precedono non valgono per la donna volontariamente o forzatamente "singola", o addirittura capo-famiglia. Per quella, se non redditiera, il lavoro extrafamiliare, a mercede o autonomo, è effettivamente una necessità, ed è giusto che una società ben organizzata tenda una mano alle cittadine in tale condizione, proprio perché svantaggiate dal dovere svolgere contemporaneamente due funzioni. Peraltro, la "difesa delle vedove", insieme a quella degli orfani, è un dettame di tutte le morali sin dalla notte dei tempi. A quel proposito, l'unico lato negativo delle c.d. " pari opportunità" è che esse possono per alcune costituire un incentivo per restare o diventare "singole", effetto socialmente e biologicamente indesiderabile. Né il maschio né la femmina sono fatti per restare separati. Essi sono quasi come due cellule aploidi, l'ovulo e lo spermatozoo, ognuna con solo metà dei cromosomi della specie, e realizzano l'unità vitale solo unendosi nello zigote, con la fecondazione.
Ma addentrarsi in un discorso sull'Androgino o sul significato anche metafisico dello Yin e lo Yang ci porterebbe fuori tema. Ci basti costatare che il "singolo", maschile o femminile, motivi ascetici a parte, costituisce un'anomalia, un'eccezione, molto spesso solo temporanea, e noi ci stiamo occupando dei casi normali, ossia di donne più o meno stabilmente e istituzionalmente accoppiate con uomini.
Dopo tale utile puntualizzazione, passiamo quindi a occuparci del CONTRO.
Se non erro, una delle maggiori conquiste dei lavoratori, dopo l'avvento del capitalismo, è considerata la fissazione per legge di un massimo di giorni e di ore lavorative. Ciò fu disposto per la considerazione, pienamente condivisibile, che il dedicarsi a un lavoro specifico oltre una certa aliquota del tempo disponibile fosse usurante per la persona, che, per vivere sanamente, abbisogna di un tempo congruo per le cure parentali, per il riposo, per la cultura del proprio corpo e della propria mente, per lo svago, per gli affetti e altri rapporti interpersonali e, in genere, per coltivare interessi diversi che lo preservino dalla totale "deformazione professionale" . Mi sembra che la ferrea conseguenza di ciò per il problema che ci occupa è che, se la donna è occupata a tempo pieno dalle incombenze familiari, essa non può essere impegnata a tempo ugualmente pieno (secondo la saggia valutazione sopra accennata) in una prestazione lavorativa esterna, se non vuol ridursi uno straccio in pochi mesi. Se opera quindi una scelta a favore della seconda ipotesi, è forzata a rinunziare del tutto all'"altra" attività, o almeno a ridurla al minimo: su questo non ci piove!
Questo implica però alcune ineluttabili conseguenze, che è opportuno seriamente esaminare, come non è stato fatto allorchè si imboccò, a corna basse e sbuffando fumo dalle nari, la strada dell'incentivazione forsennata, con motivazioni "ideologiche", della scelta detta sopra da parte della metà femminile della popolazione. E vediamole brevemente, le conseguenze:
1- Nessuna legislazione ugualitaria e progressista potrà mai "liberare" le donne dall'onere esclusivo della gestazione, del parto e dell'allevamento, nè imporre ai maschi di accollarselo in parti uguali correggendo la palese ingiustizia commessa da Dio. La prima "disuguaglianza" di cui la donna "emancipata" è costretta a liberarsi è quindi la maternità.
Ciò si risolve in quella denatalità che solo recentemente si comincia a scoprire essere la condanna a morte di un popolo, più inesorabile dell'anemia perniciosa e dell'emofilia del singolo, e contro la quale si suggeriscono al massimo rimedi assistenziali del tutto risibili. La denatalità, oltre tutto, dal punto di vista economico, determina un crescente squilibrio tra le persone non più atte al lavoro e quelle ancora produttive, aggravando necessariamente l'onere delle seconde e condannando, in prospettiva, i vecchi all'abbandono o i giovani alla miseria. Né possono certo, come nelle api, poche femmine accentrare tutta la produttività generativa. E' la natura, non certo il pregiudizio, che ha disposto che, nel genere umano e in molti altri, a mantenere la specie collaborino tutte.
2- Ma la denatalità non ha solo disastrosi effetti quantitativi: ha gravissimi effetti qualitativi, sui quali ben pochi riflettono. Fabbrica cioè una popolazione composta in misura crescente di figli unici. Sono note da sempre le preclare caratteristiche di quella categoria, tanto che è superfluo soffermarvisi. Possono riassumersi nell'egoismo (cioè incapacità di condividere alcunché con altri), nella sensibilità estrema per i diritti e nessuna per i doveri, nel bisogno di protezione al 100%, nel piagnucolamento quale mezzo principale per ottenere checchessia. Tali virtù negative si rivolgono prima contro i genitori e poi verso lo Stato-mamma, ed è facile costatare come i figli numerosi abbiano un rispetto per il padre e soprattutto la madre molto maggiore che i figli unici, che li considerano al loro servizio. E' intuitivo come ciò si riperquota anche sul senso civico.
Non si tratta di una sottigliezza. Se si considera l'inevitabile e non lontana implosione dell'assurdo sistema superliberistico e la tremenda crisi che ne deriverà, superabile soltanto a prezzo di un'èlevato civismo, capacità di dedizione e spirito di sacrificio da parte del popolo, c'è da sentirsi accapponare la pelle al sol pensiero che sia una generazione di figli unici a trovarsi nel guado!
3- Lo svolgimento della propria attività lontano da casa espone le "lavoratrici" ben più delle casalinghe a continue "tentazioni" di carattere erotico. Il confronto di gentili colleghi o clienti, con cravatta e dopobarba oltremodo seducente, col marito di cui si conoscono i piccoli difetti e meschinità, e verso il quale l'abitudine ha ucciso ogni fascino romantico (fu detto: nessun uomo è un eroe per il suo cameriere) sospinge molte donne "emancipate", soprattutto se attraenti, a passare da eroe ad eroe e da delusione a delusione. Anche Enea, di sicuro, qualche volte russava o tirava peti, no?
Succede anche agli uomini, si potrà dire. E' vero, ma va considerato che, per gli uomini, il soddisfacimento sessuale è assai meno impegnativo che per le donne. E' l'uomo che "prende" e la donna che "si dà": si dica quel che si vuole. Tanto che molti uomini riescono a soddisfarsi con mercenarie, che subito dimenticano, mentre una prostituzione spicciola maschile (ad uso delle donne) non è mai esistita. Per l'uomo, il rapporto sessuale "funziona" anche senza "trasporto", per la donna, no. Per questo, e non per moralismo da sacrestia, l'incostanza da parte dell'uomo è deplorevole, ma molto di più lo è quella femminile, e soprattutto più esiziale per la famiglia e per i figli. Perciò le "pari opportunità" sono una causa non secondaria della crisi della famiglia , del matrimonio e del rapporto parentale, che si risolve in fragilità e instabilità della società intera.
4- Parità o non parità, il rapporto di lavoro con una donna resta sempre meno appetibile per l'imprenditore che quello con un maschio, dopo che è stata decretata la parità retributiva. Cause oggettive come gravidanze e puerperii, disturbi mestruali, menopause, sono inevitabili. Norme di legge tendenti a favorire e facilitare in qualsiasi modo forzosamente l'assunzione di personale femminile si risolvono fatalmente in discriminazioni a svantaggio dei disoccupati maschi, con patente violazione dell'art.3 della stessa Costituzione della Repubblica. Basta immaginare lo stridulo concerto di urla di indignazione se si stabilisse per un qualsiasi motivo la più insignificante "garanzia" riservata al sesso maschile, per comprendere come i veri motivi della corale defemminizzazione della donna siano tutt'altri che quelli, del tutto inconsistenti, cui abbiamo fatto cenno.
5- Un paradosso assai felice suona: non cogliete un fiore; potreste disturbare una stella. Esprime la delicatezza del meraviglioso ordine naturale, per cui anche una turbativa che potrebbe apparire insignificante può azionare una catena di conseguenze negative impensabili. Ma qui si tratta di ben altro che di violare una pianticella: si tratta di incidere grandemente e contro natura, nell'ambito dell'umanità, che è la più complessa - e quindi delicata - delle forme di vita esistenti, e ciò modificando uno dei termini di quella polarità maschio-femmina che è regola suprema quanto evidente di tutta la vita stessa. Secondo quella regola, la virilità non ha senso senza femminilità, e viceversa: l'una è condizione dell'altra. Significa che snaturare la femminilità, disconoscerla in gran parte, distoglierla dal proprio ruolo, provoca un analogo effetto anche sull'altro termine. Lo snaturamento del ruolo maschile, cui si è prima fatto cenno, diviene così non soltanto una causa, ma anche un effetto della crisi del femminile. Meno le donne sono donne, meno gli uomini sono uomini.
E guardatelo un pò, questo fighetto mammista e pacifista, comodista e vigliacco, ribelle a chiacchiere e conformista di fatto, spaventato da ogni durezza e da ogni rischio e addirittura terrorizzato dalla morte, che è il moderno uomo "civilizzato". Quale Romano lo avrebbe chiamato "vir"?
Ma trarre da questo il motivo per legittimare la maschilizzazione della donna vuol dire solo aggravare il male in una spirale senza fine. I pallidi esseri spiritualmente asessuati che ne risultano sono il contrario dell'Androgino, simbolo dell'unità maschio+femmina: non sono né l'uno né l'altra; sono un "coso" senza significato.
Ma allora, perché?
Se, con le considerazioni che precedono, non ho certo svelato un arcano, ma solo richiamato evidenze attingibili da tutti, come è spiegabile l'accanimento apparentemente unanime con cui pubblicisti e "politici" di ambo i sessi, in coro, esaltano e perseguono in crescendo il balordo disegno?
La risposta appare ben chiara solo a chi sente profondamente il primo dei motivi di "diffidenza" cui facevamo cenno al principio. Avendo ben chiaro che il mondo moderno non è affatto governato dai "popoli" (secondo la favola democratica), ma da poche persone che tengono i cordoni della borsa, e per il proprio esclusivo interesse, basta tener presente il principio investigativo "cui prodest?" per scoprire il colpevole.
La "liberazione" della donna dalla "schiavitù" domestica, per aggiogarla a una schiavitù ben peggiore, non è una nobile missione di giustizia, ma solo uno smaccato espediente per incrementare il consumismo, ultima risorsa con cui la regnante plutocrazia mondiale cerca di sopravvivere malgrado la propria intrinseca assurdità. E tale risultato, ai fini del quale molti dei difetti da me sopra denunziati diventano addirittura pregi, non si può negare che sia stato brillantemente raggiunto. La famiglia bireddito si auto-distrugge, ma invia ai sacri forzieri dei grandi speculatori un fiume doppio di profitto, e questo solo interessa ai loro fervidi ma allucinati cervelli.
Anche la necessità in cui la "pari opportunità", per non essere soltanto pari disoccupazione, pone i governi, di "creare" gran copia di posti di lavoro improduttivo, aumentando così il proprio indebitamento e la propria ricattabilità e riducendo i pochi spazi residui di sovranità nazionale, è quanto mai auspicabile dal potere reale, che è apolide, ma sventola la bandiera "stars and stripes". Non a caso, nei telefilms americani che svolgono gran parte del ruolo di condizionamento delle menti degli sprovveduti, qualsiasi differenza tra donne e uomini, a parte le tette e l'assenza di barba, è accuratamente espurgata. Anzi, persino nelle arti marziali e nel maneggio delle armi, le gentili signore e signorine appaiono insuperabili, oltre ad essere più sagge e lungimiranti dei loro sempliciotti colleghi maschi.
Così, da una liberazione all'altra, siamo ora alla liberazione delle casalinghe oppresse. Come le altre, è una liberazione che puzza lontano un miglio, ma politici e "opinion makers", i cui privilegi ed emolumenti sono rigorosamente condizionati alla pecorile osservanza, hanno le narici ben tappate.
E questo -scriverebbe il padre Dante - fia suggel c'ogni omo sganni!
Anche ogni donna, si spera.
ora, nel sito da cui ho tratto questo "articolo" ci sono un sacco di commenti a favore di queste idee schifose...
a parte dire "maronna che imbecilli" sono l'unica che fa fatica a non andare a insultarli? (se provo ad argomentare in modo pacato le mie opinioni, come ho fatto in passato, vengo chiamata "misandrica, "lesbofemminista" eccetera...
A parte un paio di frasi en passant che non mi sono piaciute affatto ("ottuso darwinismo" e "perversione sessuale nota come lesbismo"), per il resto è pieno di spunti interessantissimi. Un punto di vista piuttosto rivoluzionario, che sicuramente piacerà pochissimo, ma che appoggio in gran parte. Non del tutto, ovvio, ma come pensiero generale non ho paura di dire che lo trovo corretto
E sono dispostissimo a un pacato dibattito.
Non c'è niente di rivoluzionario.
Si tratta piuttosto chiaramente di un avanzo della destra estrema (vedere l'accenno alla seconda guerra mondiale), più o meno idealista.
Notare i riferimenti a figure retoriche di quella sponda, per capire da dove viene.
I suoi argomenti sono deboli, pompati solo dalla retorica, con pochissimi dati utili o interessanti. E per quanto lui dica di mettere l'indagine prima della conclusione, si vede che parte prevenuto.
E questo ve lo dice un maschilista.
Non vale la pena di stare a discutere con questi signori.
Allora, vediamo di smontare uno per uno:
"Un paradosso assai felice suona: non cogliete un fiore; potreste disturbare una stella. Esprime la delicatezza del meraviglioso ordine naturale, per cui anche una turbativa che potrebbe apparire insignificante può azionare una catena di conseguenze negative impensabili. Ma qui si tratta di ben altro che di violare una pianticella: si tratta di incidere grandemente e contro natura, nell'ambito dell'umanità, che è la più complessa - e quindi delicata - delle forme di vita esistenti, e ciò modificando uno dei termini di quella polarità maschio-femmina che è regola suprema quanto evidente di tutta la vita stessa. Secondo quella regola, la virilità non ha senso senza femminilità, e viceversa: l'una è condizione dell'altra. Significa che snaturare la femminilità, disconoscerla in gran parte, distoglierla dal proprio ruolo, provoca un analogo effetto anche sull'altro termine. Lo snaturamento del ruolo maschile, cui si è prima fatto cenno, diviene così non soltanto una causa, ma anche un effetto della crisi del femminile. Meno le donne sono donne, meno gli uomini sono uomini."
Cavolata.
In natura sono frequenti fenomeni di cambiamento di sesso nel corso di una sola vita.
Non solo. L'uomo è più uomo quando viene sfidato da una donna alla pari.
In maschio con la donna sottomessa "per natura" è solo un vigliacco.
Notare per altro il collegamento coi "grandi principi", che di solito viene usato per nascondere la pochezza degli argomenti. (continua)
"
Ma la denatalità non ha solo disastrosi effetti quantitativi: ha gravissimi effetti qualitativi, sui quali ben pochi riflettono. Fabbrica cioè una popolazione composta in misura crescente di figli unici. Sono note da sempre le preclare caratteristiche di quella categoria, tanto che è superfluo soffermarvisi. Possono riassumersi nell'egoismo (cioè incapacità di condividere alcunché con altri), nella sensibilità estrema per i diritti e nessuna per i doveri, nel bisogno di protezione al 100%, nel piagnucolamento quale mezzo principale per ottenere checchessia. Tali virtù negative si rivolgono prima contro i genitori e poi verso lo Stato-mamma, ed è facile costatare come i figli numerosi abbiano un rispetto per il padre e soprattutto la madre molto maggiore che i figli unici, che li considerano al loro servizio. E' intuitivo come ciò si riperquota anche sul senso civico."
Bella idiozia.
Sono figlio unico e mi sono dovuto guadagnare ogni centesimo che ho.
Non sto neanche a commentare, è solo demenziale.
Lo svolgimento della propria attività lontano da casa espone le "lavoratrici" ben più delle casalinghe a continue "tentazioni" di carattere erotico. Il confronto di gentili colleghi o clienti, con cravatta e dopobarba oltremodo seducente, col marito di cui si conoscono i piccoli difetti e meschinità, e verso il quale l'abitudine ha ucciso ogni fascino romantico (fu detto: nessun uomo è un eroe per il suo cameriere) sospinge molte donne "emancipate", soprattutto se attraenti, a passare da eroe ad eroe e da delusione a delusione. Anche Enea, di sicuro, qualche volte russava o tirava peti, no?
Traduzione: tenendola in casa mia moglie avrà meno tentazioni e io potrò giustificare meglio i miei difetti. Non dovrò lavorare duro per tenermela, come accadeva quando lei era ECONOMICAMENTE dipendente da me.
Vai, o uomo forte e virile!
d'accordissimo sul fatto che la "mascolinizzazione" non sia emancipazione; leggendo gli ultimi punti però, noto con dispiacere che il caro autore non è esente dai soliti pregiudizi.
Resta come al solito un problema di mentalità sbagliata, e mi dispiace doverne vedere così tanti esempi ancore oggi nel 2007, come li vedo nei ragazzi della mia età; cos'è cambiato riguardo l'opinione che si ha della donna dai tempi di mio nonno ultranovantenne? C'è più toleranza, ma l'opinione è spesso sempre quella, e ciò mi ferisce.
Cos'è che sento spesso dire? I ruoli. o meglio il prenderli per "innato dono di natura". Io non lo credo (premetto che non sono assolutamente dell'idea che donna sia meglio di uomo); gli uomini sono fisicamente più forti. Ok, e allora? Difficilmente un essere umano ucciderà mai un leone a mani nude, potendo ricorre solo ed esclsivamente alla sua forza; il leone, per forza e per dotazione naturale, l'avrà sempre vinta. Con cosa lo si uccide allora il leone? Potendo disporre di maggiore intelligenza; che poi ciò si applichi nell'utilizzo di un'arma o di strategia, non fa diferenza, sono comunque entrambe cose di appannaggio sia maschile che femminile.
Le attività pesanti posso essere scolte al meglio solo dagli uomini? Ho visto donne lavorare in campagna e trasportare ciocchi di legno esattamente come i colleghi uomini, nello stesso tempo e non con maggiore fatica. Mera questione di esercizio, è ovvio che se prendi due ragazzini, il maschio avendo più forza lo svolgerà in minor tempo, ma se prendi due veterani la differenza svanisce.
perchè allora ci ostiniamo a difendere i ruoli? Non li ha stabiliti la natura, lo hanno fatto gli esseri umani. Perchè devo defnire di indole femminile un uomo a cui piace dedicarsi alla casa, o mascolina una donna che preferisce l'attività fisica o la politica?
Perchè devo sentirmi dire che sono strana? Non ho problemi di iedentità sessuole o che, nè io mi sento uomo; sono una donna, e fiera di esserlo; non sono EFFEMNATA, però (non mi sono mai piaciute le smancerie, i fiorellini&cuoricini, insomma i tipichi luoghi comuni sulle ragazze). non mi piace quel tipo di ruolo, ma questo non fa di me un maschio.
E per lo stesso motivo mi da un fastidipo immenso sentir chiamre gay un mio amico che non lo è affatto solo perchè intende l'amicizia più sul modello "tipico femminile" che quello "tipico maschile".
Anche io penso che il tizio non abbia detto niente di così rivoluzionario.
In effetti, fa alcune valutazioni condivisibili nella loro oggettività.
Quella più interessante, imho, è relativa al ruolo della donna. Ovviamente, il tizio sbaglia a considerare che una donna possa sentirsi realizzata solo figliando ed allattando; e, questo lo dico per esperienza personale :unsure:
Nonostante ciò, quello della natalità connesso all'esigenza realizzativa di una donna (a prescindere dalle considerazioni del figlio unico che mi sembrano un po' campate per aria) è un tema serio, che prima o poi andrà affrontato a livello generale.
Ad esempio, parlando sere fa con alcuni amici abbiamo ipotizzato - buttandola sul ridere - un futuro prossimo in cui i bambini crescono esclusivamente in provetta, vengono nutriti con latte artificiale e sono affidati a centri specializzati che li "gestiscono" dal momento della nascita fino all'età scolastica.
Anche io penso che il tizio non abbia detto niente di così rivoluzionario.
In effetti, fa alcune valutazioni condivisibili nella loro oggettività.
Quella più interessante, imho, è relativa al ruolo della donna. Ovviamente, il tizio sbaglia a considerare che una donna possa sentirsi realizzata solo figliando ed allattando; e, questo lo dico per esperienza personale :unsure:
Nonostante ciò, quello della natalità connesso all'esigenza realizzativa di una donna (a prescindere dalle considerazioni del figlio unico che mi sembrano un po' campate per aria) è un tema serio, che prima o poi andrà affrontato a livello generale.
Ad esempio, parlando sere fa con alcuni amici abbiamo ipotizzato - buttandola sul ridere - un futuro prossimo in cui i bambini crescono esclusivamente in provetta, vengono nutriti con latte artificiale e sono affidati a centri specializzati che li "gestiscono" dal momento della nascita fino all'età scolastica.
Il che non è poi tanto diverso da alcune tradizioni particolari in cui i piccoli vengono cresciuti dalla comunità... o dal sistema "tradizionale" che è anche nostro, in cui nonni e nonne crescono i piccoli in assenza dei genitori.
Perchè non è che la madre stesse dietro ai piccoli più di tanto eh... aveva, di solito, i neonati a cui badare :( E quindi piccoli venivano allevati nelle case di corte, al nord, o per strada, al sud.
E nessuno si lamentava allora... perchè la famiglia faceva più dei genitori, spesso.
non vedo dove spunti il problema societario in caso di maternità: in fondo di norma si dovrebbe essere in due ad avere un figlio (a meno che uno dei due non se ne lavi le mani o peggio diparta), quindi gli si bada in due. Che una donna si prenda mesi e mesi sul lavoro per maternità, non è una regola generale, uno può sempre decidere di star via meno tempo, dato che non per tutte le gravidanze bisogna stare mesi e mesi costretti a letto.
Che poi certa gente sia stretta di cervello e dice "se assumo una donna quella si mette a figliare e non lavora mai"...ma non vuol dire che una donna se fa figli debba rinunciare a corriera o che
@ Gone Berserk
Infatti.
Però notavamo che, comunque, anche la struttura familiare è cambiata. Spesso si è costretti ad emigrare, la famiglia è ridotta all'osso e, nella comunità odierna, non ne è rimasto molto dello spirito collaborativo.
non vedo dove spunti il problema societario in caso di maternità: in fondo di norma si dovrebbe essere in due ad avere un figlio (a meno che uno dei due non se ne lavi le mani o peggio diparta), quindi gli si bada in due. Che una donna si prenda mesi e mesi sul lavoro per maternità, non è una regola generale, uno può sempre decidere di star via meno tempo, dato che non per tutte le gravidanze bisogna stare mesi e mesi costretti a letto.
Che poi certa gente sia stretta di cervello e dice "se assumo una donna quella si mette a figliare e non lavora mai"...ma non vuol dire che una donna se fa figli debba rinunciare a corriera o che
Il problema sociale sta nel fatto che si fanno sempre meno figli. E' - ovvio - non è un problema causato solo dalla donna, ma prima o poi bisognerà affrontarlo.
evoluzione della società. prima si facevano quintali di figli, ma con quanta maturità? Dipende quanti figli se la sente di gestire una coppia, qualunuqe siano i motivi. Che senso ha fare 18 figli e non avere i soldi per mantenerli? Come non ha senso avere tanti soldi e fare figli solo perchè li si può mantenere. Calano le nascite? pazienza, il pianeta non si lamenterà certo
tutt'ora vedo coppie con 5-6 figli, che hanno deciso che tantio ne volevano; la maggiorparte preferiscono averne 2-3; qualcuno solo uno, ma almeno qui da me è rara la cosa.
Ripeto, puoi fare tutti i discorsi che vuoi (tra l'altro concordo) però il dato è oggettivo: nascono meno bambini (mi riferisco all'Italia). Ciò, nel tempo, creerà conseguenze dal punto di vista sociale. Non è questione di trovare il colpevole, bensì una soluzione (che, beninteso, potrà anche consistere nell'adeguarsi alla situazione di fatto). Imho.
la natalità... poniamo che ogni donna al mondo passi la vita a fare figli, come un tempo
pensiamo a una media di 5 figli a donna.
Ora, non c'è cibo sufficiente per sei miliardi di persone, adesso... se fossimo ancora di più, con cosa sfamiamo tutti?
le argomentazioni di questro "giornalista" sono incredibilmente puerili e infondate, parte da presupposti pittosto deboli, portati avanti con una mentalità medievale, e concludendo in modo piuttosto offensivo...
perchè io, se donna, devo essere una donna colpleta solo facendo un figlio?? perchè un uomo, senza figli, non ha tali problemi?
perchè mai dovrei rinunciare a lavorare?
la cosa drammatica è soprattutto vedere le risposte dei frequentatori di quel forum, che approvano tutto il discorso antifemminista appieno..
adesso, io non sono femminista. La donna NON è migliore dell'uomo. ma nemmeno la sua serva. L'economa cambia, si sa, e non diamo la colpa alle donne.
e vogliamo parlare di questo?
Succede anche agli uomini, si potrà dire. E' vero, ma va considerato che, per gli uomini, il soddisfacimento sessuale è assai meno impegnativo che per le donne. E' l'uomo che "prende" e la donna che "si dà": si dica quel che si vuole. Tanto che molti uomini riescono a soddisfarsi con mercenarie, che subito dimenticano, mentre una prostituzione spicciola maschile (ad uso delle donne) non è mai esistita. Per l'uomo, il rapporto sessuale "funziona" anche senza "trasporto", per la donna, no. Per questo, e non per moralismo da sacrestia, l'incostanza da parte dell'uomo è deplorevole, ma molto di più lo è quella femminile, e soprattutto più esiziale per la famiglia e per i figli. Perciò le "pari opportunità" sono una causa non secondaria della crisi della famiglia , del matrimonio e del rapporto parentale, che si risolve in fragilità e instabilità della società intera.
e volgiamo parlare di questa perla?
come posso pensare, io che sono donna, di essere considerata nella vita se tanti la pensano così? che devo fare, mettermi un gonnellone e sfornare marmocchi, in trepida attesa che un Uomo mi porti il cibo conquistato con la forza dietro a una scrivania, e se va con un'altra pazienza, dopotutto non c'è trasporto, mentre io che sto a casa per fortuna non sono esposta a tentazioni, perchè altrimenti il tradimento sarebbe un atto gravissimo????
devo sacrificare la mia vita per far sì che un Uomo possa virilmente affrontare le insidie della vita?
p.s: Gone, in che senso sei "maschilista"? Non è un attacco, è semplice curiosità :unsure:
Ripeto, puoi fare tutti i discorsi che vuoi (tra l'altro concordo) però il dato è oggettivo: nascono meno bambini (mi riferisco all'Italia). Ciò, nel tempo, creerà conseguenze dal punto di vista sociale. Non è questione di trovare il colpevole, bensì una soluzione (che, beninteso, potrà anche consistere nell'adeguarsi alla situazione di fatto). Imho.
sparirà la popolazione italiana allora. E' triste (concordo con te anch'io), ma non si può semplicemente imporre un "fate più figli", sì è visto il disastro che sta avvenedo in cina con il veto opposto (basti vedere cosa stanno combinando con le ecografie..sapete qual è lo slogan degli esami ecografici as pagamento? meglio spendere 50 non so cosa oggi che 5000 domani, riferendosi alla dote che si deve nel caso di matrimonio di una figlia.)
bisognerebbe cambiare a livello culturale, ma francamente la vedo dura. E non me la sento di recriminare una coppia se quella decide che il numero di figli migliore per loro è 2 o 3.
p.s: Gone, in che senso sei "maschilista"? Non è un attacco, è semplice curiosità
Nel senso che credo in tutti quegli argomenti che sono teoricamente maschilisti. Beh... non in tutti.
Credo che siate mediamente isteriche.
Credo che durante le mestruazioni non siate affidabili neanche per il canarino.
Credo che non conosciate il concetto di "verità", salvo qualche raro caso.
Credo che siate fedeli solo quando il lui di turno vi da' un grande piacere erotico.
Ecc ecc ecc.
Questo non toglie che possiate... anzi, DOBBIATE... avere un lavoro, e contribuire alla società coi vostri cervelli e con le vostre mani, IMHO.
In poche parole, il mio maschilismo è nella vita privata. Mi assicuro di non credere a niente di quello che mi dite, mi assicuro di dire tutto quello che devo dire di importante coi fatti, e mi assicuro di liquidare il 90% dei vostri problemi come "seghe mentali". Così facendo, le cose in casa vanno bene.
Detto questo, ritengo che dobbiate avere la massima libertà, tutte le possibilità, e tutti i doveri di un uomo.
p.s: Gone, in che senso sei "maschilista"? Non è un attacco, è semplice curiosità
Nel senso che credo in tutti quegli argomenti che sono teoricamente maschilisti. Beh... non in tutti.
Credo che siate mediamente isteriche.
Credo che durante le mestruazioni non siate affidabili neanche per il canarino.
Credo che non conosciate il concetto di "verità", salvo qualche raro caso.
Credo che siate fedeli solo quando il lui di turno vi da' un grande piacere erotico.
Ecc ecc ecc.
Questo non toglie che possiate... anzi, DOBBIATE... avere un lavoro, e contribuire alla società coi vostri cervelli e con le vostre mani, IMHO.
In poche parole, il mio maschilismo è nella vita privata. Mi assicuro di non credere a niente di quello che mi dite, mi assicuro di dire tutto quello che devo dire di importante coi fatti, e mi assicuro di liquidare il 90% dei vostri problemi come "seghe mentali". Così facendo, le cose in casa vanno bene.
Detto questo, ritengo che dobbiate avere la massima libertà, tutte le possibilità, e tutti i doveri di un uomo.
ohmmioddio
1) non sono isterica
2) durante le mestruazioni sono normale, a parte il mal di pancia (scusate, eh)
3)Se è per quello uomini e donne sanno mentire allo stesso modo, vedi tutti quegli uomini che tradiscono da anni trovando scuse fantasiose...
4)la fedeltà è una cosa soggettiva, nel senso che tradiscono uomini e tradiscono donne in egual misura. Io non tradisco, e questo non dipende dalla soddisfazione o no. a questo punto, potrei dire "gli uomini tradiscono ogni volta che una ragazza più bella e giovane della compagna si offre, perchè l'uomo ha l'istinto di inseminare tutto...."
ecc ecc
a questo punto, dopo le frasi di cui sopra, potrei dire "gli uomini sono peggiori"?
No, perchè io non lo penso. possono esserci differenze tra uomini e donne, ma tutti hanno difetti, e considerare un sesso "migliore" o "peggiore" trovo sia quantomeno distruttivo.
e allora diciamo che
1) torinesi falsi e cortesi
2) milanesi bauscia lavorolavoro
3) meridionali mafiosi e scansafatiche
4) italiani mangiaspaghetti mafiosi
etc etc...
mi spiace per la tua donna, io non mi sentirei molto confermata come "essere umano" con un ragionamento come il tuo, tutt'al più come un prezzo da pagare per avere una vita sessuale regolare....
e per il discorso pari opportunità, ovvio, io sono per "diritti e doveri".
non mi faccio portare le borse, non mi faccio pagare le cene, non mi faccio scarrozzare in macchina, e sul lavoro posso fare quanto un uomo. E' così difficile vivere alla pari, senza considerarsi vicendevolmente inferiori????
La mia donna mi vuole bene, e io ne voglio a lei, e sa che la rispetto moltissimo.
Riconosce anche lei quello che ho scritto. SA di essere instabile durante certi giorni del ciclo, e lo accetta. Non c'è bisogno di negarlo, non ha un ego così fragile da doverlo negare. Sa' che la amo e la rispetto e mi faccio in quattro per lei nella vita di tutti i giorni, e rispetta questo in me.
Non abbiamo bisogno di mentirci col politically correct. Ma non ho mai detto di considerarla inferiore... ci mancherebbe. Non permetterei a un essere inferiore di vedermi debole, le rare volte in cui lo sono, non credi?
Detto questo, il tuo parallelo con i modi di dire è un pò sciocco Ashan, senza offesa.
Io non parlo di luoghi comuni.
Io parlo a partire dalle mie esperienze pregresse. Le donne che mi hanno tradito perchè, fondamentalmente, non le scopavo, sono numerose come le stelle del cielo. Le donne che mi hanno trattato di schifo perchè avevano le loro cose non le conto. Le isteriche sono tre volte il numero degli isterici. Ecc.
Io credo all'esperienza, nè ai luoghi comuni sessisti, nè a quelli politically correct.
Tu affermi alcune cose su di te. Bene. Se funziona così per te, tanto di guadagnato. Nel mio mondo, nella mia esperienza, le cose funzionano come ti ho spiegato. E non sono luoghi comuni, ma vita vissuta in cui si ritroveranno moltissimi uomini.