Non ho il tempo per leggermi tutto, volevo solo dire una cosa, per rispondere a Mezzo:
Il mio citare i due eventi insieme non era un parificarli, anche perchè, come hai detto anche tu, sono due eventi di ordine diverso, che coinvolgono sfere diverse. Il mio intervento era in opposizione al fatto che un'informazione, stampa per lo più (penso in particolare al Manifesto, all'Unità e a Liberazione. Ma il resto delle testate italiane, anche le maggiori, non sono, imho, esenti), degna di questo nome (soprattutto visto che proprio la stampa si proclama unica alternativa a quella televisiva terribilmente distorta) non avrebbe dovuto permettersi di IGNORARE il comportamento della Sgrena nei confronti di Calipari e familiari, non avrebbe dovuto far passare l'insensibilità di quella persona, che si dichiara portatrice di grandi valori ma poi, a quanto pare, non è in grado di mettere in pratica neanche quelli basilari della nostra società, sotto silenzio.
Tutto qui.
Ciauz
se non si è in grado di distinguere i terroristi e i civili è giusto fare piazza pulita?
Qui si torna al discorso se sia stato giusto andare in Iraq per rovesciare il regime presente e per cercare di fermare l'apparato terroristico, e, a parte essere fuori tema, non so se possa essere un discorso riducibile a un sí o no. Del resto, al momento sono lí anche per fare piazza pulita, non solo per quello; qualunque sia il motivo, direi che comunque sia normale volersi difendere... come detto, giustificare è un'altra cosa, opinabile e da vedere anche a seconda di cosa salterà fuori, ma in un simile contesto - se la ricostruzione italiana risultasse realistica - non mi pare una reazione condannabile in toto, soprattutto se è vero che era un'altra pattuglia non avvisata del loro passaggio causa le due ore di ritardo.
Del resto, si potrebbe obiettare che l'arma dei terroristi è proprio non farsi distinguere dai civili...
queste motivazioni le avevo già capite da solo, ma mi sembrano di una debolezza sconcertante
Quelle della differenza tra offendersi/indigarsi e condannare in toto, o quelle della nazionalità?
queste motivazioni le avevo già capite da solo, ma mi sembrano di una debolezza sconcertante
Quelle della differenza tra offendersi/indigarsi e condannare in toto, o quelle della nazionalità?
mi riferivo ai militari che aprono il fuoco perchè impauriti, o perchè hanno da decidere in fretta o perchè non vogliono correre rischi, mi sembrano motivazioni molto deboli; le armi non dovrebbero essere usate con tanta leggerezza secondo me
mi riferivo ai militari che aprono il fuoco perchè impauriti, o perchè hanno da decidere in fretta o perchè non vogliono correre rischi, mi sembrano motivazioni molto deboli
Magari saranno deboli, ma se non altro sono umane; personalmente penso che l'azione sia da contestualizzare, e, se è reale il contesto definito dalla relazione italiana, mi pare che almeno qualche ragione l'azione l'abbia avuta (se in zona a rischio autobombe una macchina svolta verso una pattuglia non appena questa entra in vista, la possibilità autobomba mi pare fondata, e come fai a capire se è pericolosa o no? Nel fare una simile manovra, se è stata fatta, il rischio mi pare ovvio...).
Magari saranno deboli, ma se non altro sono umane; personalmente penso che l'azione sia da contestualizzare, e, se è reale il contesto definito dalla relazione italiana, mi pare che almeno qualche ragione l'azione l'abbia avuta (se in zona a rischio autobombe una macchina svolta verso una pattuglia non appena questa entra in vista, la possibilità autobomba mi pare fondata, e come fai a capire se è pericolosa o no? Nel fare una simile manovra, se è stata fatta, il rischio mi pare ovvio...).
a me non tornano alcune cose:
1 se gli agenti italiani son riusciti a liberare la giornalista suppongo sapessero bene come muoversi in quelle zone, se quella degli americani fosse stata una reazione prevedibile allora non mi spiego un errore cosi grossolano da chi, ripeto, sapeva bene come muoversi in quelle zone
2 cosa vuol dire la pattuglia non era stata avvisata? non hanno le radio? si son dimenticati? in ogni caso si tratta di una leggerezza imperdonabile secondo me
se gli agenti italiani son riusciti a liberare la giornalista suppongo sapessero bene come muoversi in quelle zone, se quella degli americani fosse stata una reazione prevedibile allora non mi spiego un errore cosi grossolano da chi, ripeto, sapeva bene come muoversi in quelle zone
Voglio sperare che una ricostruzione italiana sia minimamente attendibile, in materia... non so se sia possibile non vedere la pattuglia, in una simile situazione, ma, nel caso, potrebbe essere una motivazione.
cosa vuol dire la pattuglia non era stata avvisata? non hanno le radio? si son dimenticati? in ogni caso si tratta di una leggerezza imperdonabile secondo me
Magari non sapevano del ritardo: la pattuglia che ha liberato la giornalista ha avvisato? ecc...
Sottolineo che con questo non voglio dire che la colpa sia di chi ha compiuto l'azione di liberazione, semplicemente la situazione non è chiara, e non è chiaro chi, nel caso ci sia stata una leggerezza, l'abbia compiuta.
Certo è che, se il comando statunitense sapeva del ritardo e del cambio di pattuglia (e il secondo non vedo come non potessero saperlo), non avvisare la nuova è stata una leggerezza, questo sí; ma anche ipotizzando sia accaduto questo di chi è la colpa, dei soldati che si sono trovati nella situazione senza le infomazioni del caso per leggerezza dei superiori, o dei superiori che non hanno trasmesso tali informazioni, lasciando gli Uomini senza le informazioni utili a decidere come regolarsi?
Non lo so, ma penso che sia una cosa plausibile; di per sé, comunque, c'è da considerare che, per quanto è stato detto, la macchina ha svoltato verso la pattuglia. Se uno fa una cosa simile, mi pare logico che tra le reazioni possibili ci sia anche quella accaduta...Comunque, distinguere gente comune dai terroristi? Se hai suggerimenti in merito per poterlo fare senza errori, penso che te ne saranno molto grati.
ripeto: se non si è in grado di distinguere i terroristi e i civili è giusto fare piazza pulita?
Non è che una pattuglia crivelli tutte le auto che incrocia.
Se in un teatro come quello iracheno, dove esplode un'autobomba ogni 4/5 giorni, c'è una pattuglia notevolmente a rischio, che vede una macchina che si avvicina, non segnalata, e che svolta verso di lei all'ultimo momento è abbastanza comprensibile che qualcuno abbia perso la testa e abbia aperto il fuoco... che sono stati in fin dei conti 8 colpi, uno dei quali purtroppo letale.
X MezzoUomo.
Certo, c'è bisogno di informazione perchè una democrazia possa funzionare.
E i giornalisti che svolgono seriamente il proprio lavoro sono una colonna portante della società.
Ma tra questi non posso fare rientrare chi si reca volontariamente e si trattiene deliberatamente in luoghi dove i sequestri sono all'ordine del giorno.
La Sgrena ha voluto farlo? Perfetto, è maggiorenne e vaccinata, ma non si può poi pretendere che uno Stato intero si metta in moto, spendendo una valanga di soldi, per riscattarla dalle mani di quattro tagliagole e rischiando uomini che davvero svolgono con responsabilità e abnegazione il proprio compito... fino in fondo.
se effettivamente Calipari (o chiunque ci fosse alla guida dell'auto) ha commesso l' errore di svoltare verso una pattuglia americana all'ultimo momento, se effettivamente l'ha fatto quando era ormai troppo vicino e non c'era il tempo neanche di sparare una raffica di avvertimento e se effettivam,ente la pattuglia non era stata avvertita, volutamente o no, allora si è stato un errore comprensibile, una disgrazia, ma ci sono un po' troppi "se" in questa storia
La Sgrena ha voluto farlo? Perfetto, è maggiorenne e vaccinata, ma non si può poi pretendere che uno Stato intero si metta in moto, spendendo una valanga di soldi, per riscattarla dalle mani di quattro tagliagole e rischiando uomini che davvero svolgono con responsabilità e abnegazione il proprio compito... fino in fondo.
a me sembra che lo stato italiano stia comunque spendendo una barca di soldi e rischiando i suoi uomini in iraq,e non credo siano le missioni di salvataggio ad aver causato più morti tra le nostre file
No, no, c'è differenza.
Un conto è spendere e morire per salvare una giornalista che è andata volontariamente nella tana del lupo, rischiando consapevolmente.
Ben altro è farlo per promuovere la pace e la democrazia in un paese martoriato dalla miseria e dal terrorismo.
se effettivamente Calipari (o chiunque ci fosse alla guida dell'auto) ha commesso l' errore di svoltare verso una pattuglia americana all'ultimo momento, se effettivamente l'ha fatto quando era ormai troppo vicino e non c'era il tempo neanche di sparare una raffica di avvertimento e se effettivam,ente la pattuglia non era stata avvertita, volutamente o no
Personalmente già toglierei il secondo "se": i militari non sono macchine, e, in quanto Umani, è comprensibile la reazione di sparare direttamente, visto il rischio autobombe che c'è in quella zona; anche perché il raggio d'azione di un'autobomba è ampio, da cui la distanza da te ipotizzata non sarebbe nemmeno piccola, anzi.
mi spiace molto per Calipari...
è morto x salvare una persona che aveva scelto volontariamente di andare in Iraq, conoscendo perfettamente i rischi che correva....
"Il check point dei media e della politica italiani ha regole d'ingaggio se possibile piu' drastiche di quelle dei militari nordamericani a Baghdad. Il paragone e' certamente eccessivo, se si pensa alla pallottola che ha ucciso Nicola Calipari. Ma provate voi a mettervi nei panni di persone come Giuliana Sgrena e il suo compagno Pier Scolari, o l'intera redazione del manifesto, che hanno vissuto - in modi diversi, certo - un mese di tensione e paura, di fatica e di speranza. Uno di quei momenti della vita che si', ti cambiano per sempre, come dice Gabriele Polo, ma allo stesso tempo lasciano cicatrici nell'anima e, nel caso di Giuliana, nel corpo, visto che dovra' essere ri-operata per riparare i danni di quelle pallottole. Ecco, mettetevi nei loro panni e immaginate che, subito dopo l'enorme gioia per la salvezza della nostra compagna, e subito dopo il grande trauma della morte di un agente dei servizi che si era conosciuto come una persona seria, competente ed umana, subito dopo questa tempesta di emozioni, vi capiti di essere diffamati, derisi, volutamente malintesi dalla generalita' dei grandi giornali e dei grandi telegiornali, e da molta parte della politica.
Ci vogliono nervi molto saldi, e una enorme serenita', per resistere. I nervi e la serenita' che aveva Gabriele, martedi' sera, nella trasmissione "Ballaro'", quando invece di balzare alla gola di uno come il ministro leghista della giustizia [ossimoro], si limitava a guardarlo, mentre quello diceva che Napoli e' molto piu' pericolosa di Nassiriya, che in Iraq non c'e' la guerra e che Giuliana e' piu' amica dei suoi sequestratori che dei suoi liberatori.
Perfino il Comitato di redazione del Tg4 ha protestato contro il direttore, Emilio Fede, per gli insulti che andava scagliando su Giuliana. Anche il Cdr del Tg1 si e' ribellato, dopo i trucchi per rinviare la notizia sulla morte di Calipari [e il direttore, Mimun, ha fatto martedi' sera leggere un proclama come fosse una notizia, su quanto il direttore del Tg1 e' inappuntabile]. Perfino il Wall Street Journal, invece che occuparsi delle azioni delle industrie militari, o forse proprio per questo, ha abbandonato il suo stile "britannico" [che non e' mai esistito], per insultare la giornalista del manifesto. Ed Eugenio Scalfari, con il suo tono alla Camillo Cavour, insiste nel mettere sullo stesso piano l'"errore" di Giuliana, l'essersi fermata troppo a lungo nella moschea, con quello di Calipari, il non aver preso le misure le sicurezza di cui, tutti lo sanno, il fondatore della Repubblica e' un grande esperto, avendo frequentato i peggiori quartieri di Baghdad in tempo di guerra. Mentre l'ex umorista Michele Serra - sospinto dal guerrologo Adriano Sofri - fa della triste ironia sull'antiamericanismo e altre fesserie.
Dobbiamo continuare? Feltri e il Giornale, il Corriere della Sera e il suo re-inviato Lorenzo Cremonesi, che sui servizi segreti nordamericani ne sa piu' di Negroponte, ministri assortiti in ogni radio e tv, Bruno Vespa e Lucia Annunziata…
Eppure, due piccole verita' restano li'. La prima e' che un sondaggio di Ap-Biscom, non del centro sociale Leoncavallo, dice che il 70 per cento degli interpellati vuole il ritiro delle truppe, e pensa che gli Usa non ci faranno mai conoscere la verita', sulla morte di Calipari. La seconda e' che Giuliana Sgrena si costituira' parte lesa nel processo, se mai si fara', ai colpevoli della sparatoria di cui e' stata vittima insieme ai due agenti del Sismi.
In effetti, di cosa stiamo parlando? Di una donna sequestrata, delle mobilitazioni pubbliche e del lavoro riservato [di Calipari, non di quell'esibizionista di Scelli, che a Falluja ha visto solo bambini con la maglietta dell'Inter e del Milan, dato che c'e' andato quando esistevano ancora bambini, nella citta' irachena] per salvarla. E del fatto che, quando l'ostaggio era ormai a qualche centinaio di metri dall'aereo che l'avrebbe riportata tra noi, raffiche di proiettili l'hanno ferita, mentre uccidevano il suo salvatore. E questi proiettili sono statunitensi.
Sarebbe semplice. E semplici sono le domande. Perché hanno sparato? Perché contro quella macchina? Dove si e' inceppata la famosa "catena di comando"? E per quale ragione? Fino a che non si avranno risposte certe, tutte le ipotesi sono possibili. Tutte. E continuare a parlare di "incidente", come tutti fanno, compreso il buon vecchio centrosinistra [quasi al completo] e' altrettanto fazioso, che se qualcuno parlasse di "omicidio premeditato" [cosa che nessuno fa].
La verita' e' che di quel che effettivamente e' accaduto non frega niente, ai grandi [tele]giornali e a quel genere di politica, altrimenti salterebbero sulla sedia, dopo che il ministro degli esteri ha parlato in parlamento, non nel suo salotto, di un'auto che viaggiava a 40 all'ora, mentre le solite "fonti militari" dicono ad Abc News che l'auto procedeva a 160 [dev'essere la mania italiana per la Ferrari e la Formula Uno]. Quel che gli interessa e' arginare il vulcano di indignazione, e di dolore, e di verita', che erutta nella societa' italiana, ossia riparare alla meglio lo strappo nel solo legame davvero indiscutibile della politica italiana, quello con gli Stati uniti d'America. Da quello strappo consegue il crollo di legittimita' della guerra.
Una guerra finalmente svelata come tale, perché di colpo di vede che Baghdad o Falluja non assomigliano per niente a Scampia o a Secondigliano, e chi lo dice, come il ministro Castelli, appare per quel che e'. E anzi sono un posto dopo chiunque puo' uccidere chiunque, dove ai posti di blocco i soldati statunitensi sparano a prescindere, nella migliore delle ipotesi sulla morte di Calipari e sul ferimento di Giuliana.
Per ottenere questo scopo, la prima cosa da fare e' screditare le voci contrarie, specialmente se sono molto popolari come Giuliana Sgrena. Che per colmo di sfortuna e' anche testimone oculare, oltre che vittima e bersaglio delle stesse pallottole che hanno ucciso Nicola Calipari.
Quel che sta avvenendo e' impressionante. Non si e' mai visto un tale accanimento contro una persona inerme, come Giuliana, e contro un giornale piccolo, come il manifesto. Qui abbiamo cinque milioni e mezzo di copie e quindici milioni di telespettatori contro qualche decina di migliaia di copie. A rigore, dovrebbero aver gia' vinto. Ma c'e' quel 70 per cento che vuole il ritiro delle truppe: Anche questo e' impressionante: quanto l'Italia ufficiale sia lontana e diversa da quella reale. Mentre la societa' dice "la guerra e' finita" [ed e' il titolo del numero di Carta che esce questa settimana], i media e la politica dicono "la guerra continua".
E' una situazione che si e' data piu' volte, nella storia italiana. Per esempio l'8 settembre del 1943. Non si deve mai esagerare, ma una tale frattura, tra rappresentanti e rappresentati non e' tranquillizzante. Ma, intanto, un gesto ciascuno puo' facilmente farlo: scrivere un messaggio al manifesto [lettere@ilmanifesto.it] per dire, semplicemente, coraggio, vi vogliamo bene, non vi abbattete, siamo con voi."
sottoscrivo.
"Le prime notizie parlavano di fatalità. Poi è spuntato l'ossimoro "fuoco amico". Infine è subentrata una stanchezza perfino nei più ardui profittatori politici di quello che doveva essere un annuncio senza macchia: la liberazione di Giuliana Sgrena. Al tg3 si vedeva, nelle immagini di tripudio registrate al congresso di Rifondazione Comunista, l'attonito delegato interrotto dall'irrompere della insperata notizia: era lo scrittore Aldo Nove. Nel giro di pochissimo tempo, l'inversione a U dei sentimenti: la giornalista del Manifesto ferita al polmone, il mediatore del Sismi morto, altri due agenti feriti, di cui uno in gravi condizioni. Cade Nicola Calipari, per liberare Giuliana Sgrena. Si sa: la liberazione di un ostaggio è un momento delicato, può accadere di tutto. Di tutto: anche che quelli che stanno portando la pace e la democrazia si mettano a sparare a un checkpoint sull'auto che porta in salvo una donna tenuta sequestrata per un mese.
E' la tragica metafora di quel che accade in Iraq.
Una metafora totale. Una contaminazione del peggio col peggio: il peggio che l'uomo è in grado di esprimere.
Mentre Al Jazeera riceve un grottesco video girato poco prima della liberazione, in cui Sgrena, immaginiamo sottoposta a questa pratica umiliante con chissà quali minacce, ringrazia i suoi rapitori, la donna è in auto con i suoi liberatori: funzionari del Sismi, gente che si trova a operare in un contesto di guerra, mentre alle italiche masse si racconta che siamo in "missione di pace". Al Jazeera trasmette l'allucinante video della Sgrena mentre il polmone della donna si buca, trapassato da un proiettile che il corpo di Nicola Calipari non ha intercettato. Il funzionario dei Servizi Segreti è morto per salvare la vita a Giuliana Sgrena, facendole scudo.
I due fuochi tra cui si è trovato il minuscolo convoglio italiano sono i termini della metafora tragica di cui si diceva. Da un lato, i rapitori che si fanno ringraziare da una donna rapita, ripresa precedentemente mentre piange e prega il suo compagno di liberarla - lacrime e mani giunte. Dall'altro lato, gli assassini: i militari americani.
Questo impazzimento della truppa a stelle e strisce la dice assai lunga sullo stato d'animo e il sangue freddo con cui l'esercito dei neocon sta svolgendo la propria "missione democratica" - o, meglio, il loro missionarismo inquisitorio, degno delle prediche cristiane seguite da decapitazione sotto il dominio di Cortéz in Sudamerica. Questi nervi che saltano. Questo ribollire d'ansie che consente di sparare 400 colpi su un'automobile. Questa disorganizzazione, anch'essa latina, che attanaglia il popolo liberatore, nonostante il dispiego di armi e tecnologie, al culmine dell'impresa più crudele e dissoluta degli ultimi decenni.
A poco serve il rammarico del fu giovane Bush. A poco serve l'improvvisa iracondia del premier italiano (Sigonella era ben altra cosa). A poco serve tutto, nelle condizioni che si sono preventivamente pianificate e pervicacemente realizzate. Si fronteggiano lì e ora due angoscianti trasfigurazioni dell'umano: un popolo umiliato, l'irakeno, che fa trasudare sugna immorale in forma di resistenza, come naturalmente accade in contesti di sfascio e di tragedia nazionale, a base di sequestri, attentati, bombe tra i concittadini civili e innocenti, sgozzamenti; sul versante opposto, un esercito umiliante, che si ammanta di parole d'ordine senza senso lanciate in convitti odiosi da think tank inamidati, e che derealizza mediante strategie dell'orrore indicibili e infernali, carceri e detenzioni disumane, massacri taciuti e destinati a restare nell'ombra, calpestamento di "simboli e dignità di una popolazione schiacciata tra due orrori. Due orrori dei quali non va scordato che uno (l'occidentale) ha creato l'altro.
Più trascorrono i giorni e più la storia di questa guerra, come quella di ogni conflitto, assurge a sintesi dell'infamia e dello schifo di cui la nostra specie è capace. Il volto stravolto, risucchiato, collassato di Florence Aubenas nel video trasmesso pochi giorni orsono fa il paio con le anonime stragi di campagna perpetrate dai liberatori wasp, quelle mai trasmesse da nessun media. Il sorriso spezzato di Enzo Baldoni, la testa decollata della reporter araba, i parenti dei poco famosi russi turchi curdi pakistani sequestrati e massacrati, il coltello alla gola degli ostaggi giapponesi, le immagini dall'hellreiser di Abu Ghreib, il sangue nero coagulatosi tra i mercatini polverosi, le desolanti inquadrature del convivio nuziale dilaniato dalle bombe, gli sguardi attoniti e postraumatici dei moltissimi bambini feriti e mutilati e devastati: tutto ciò non vale milioni di pollici tinti d'inchiostro, sollevati come testimonianza di partecipazione a una farsa elettorale, subito spesa per accreditare un'altra farsa elettorale, a migliaia di chilometri e due oceani di distanza.
Queste immagini, questo male fatto passare per naturale, questo girone dantesco di sofferenze e indegnità: è il prezzo che dovrà pagare in termini morali e - se ci crede - metafisici la coscienza di chi ha deciso, di chi ha perpetrato un simile, infinito orrore.
Viene riportata a casa una donna ferita nell'anima e nel corpo. Viene riportato a casa il cadavere di un uomo ferito nel corpo.
Il catalogo è questo."
Giuseppe Genna.
sottoscrivo pure questo.
No, no, c'è differenza.
Un conto è spendere e morire per salvare una giornalista che è andata volontariamente nella tana del lupo, rischiando consapevolmente.
Ben altro è farlo per promuovere la pace e la democrazia in un paese martoriato dalla miseria e dal terrorismo.
già, tutti i paesi martoriati dovrebbero essere rallegrati da una bella guerra
se non ho capito male quindi gli americani hanno un sistema per riconoscere le auto dei terroristi dalle altre:
quelle dei terroristi quando le spari esplodono
quanto alla Sgrena sarà anche stata avventata ma dire che era meglio lasciarla in mano ai terroristi mi pare eccessivo
se non ho capito male quindi gli americani hanno un sistema per riconoscere le auto dei terroristi dalle altre:
quelle dei terroristi quando le spari esplodono
Il concetto è piú semplice ed estremamente meno sarcastico: i militari sono Umani, non macchine, quindi è assurdo pretendere da loro l'assoluta mancanza di reazioni umane. E se ti vedi venire addosso un'automobile in una zona a forte rischio autobombe, la reazione Umana non è sparare un colpo di avvertimento.