Voto Don Camillo
''Omnia fert aetas, animum quoque'' (Virgilio-Bucoliche)
Voto DON CAMILLO. :)
Voto Don Camillo.
Voto DON CAMILLO!
Don Camillo!
inviato tramite corvo da Tapatalk
"Different roads sometimes lead to the same castle"
- Jon Snow
SPOILER TWOW
"It may be that we shall lose this battle," the king said grimly. "In Braavos you may hear that I am dead. It may even be true. You shall find my sellswords nonetheless."
The knight hesitated. "Your Grace, if you are dead..."
"... you will avenge my death, and seat my daughter on the Iron Throne. Or die in the attempt."
- Stannis Baratheon
Fondatrice di T+S: Tyrion+Sansa (possibilmente a regnare su Castel Granito)
Fondatrice del Comitato Pro Shireen: perché noi la vogliamo mora
G.E.P.M.D.: Grenn e Pyp mai dimenticati
Comitato Pro Draghi
C.K.P.K.: Comitato Kitters per Kit: perché a noi ci piace
Membro sbavante del CP Jon Snow
G.M.S.S.: Giù le Mani da Sansa Stark, in difesa della giovane lupa
I.S.C.O.M.: Io sto con Oberyn Martell
H.H.H.: Hodor Hodor Hodor
C.A.P.R.: Comitato di Accoglienza per Personaggi Rovinati da D&D
C.P.S.: Comitato Pro Stannis, the One True King
Voto Don Camillo!
Voto Don Camillo!
"And now at last it comes. You will give me the Ring freely! In place of the Dark Lord you will set up a Queen. And I shall not be dark, but beautiful and terrible as the Morning and the Night! Fair as the Sea and the Sun and the Snow upon the Mountain! Dreadful as the Storm and the Lightning! Stronger than the foundations of the earth. All shall love me and despair!”
She lifted up her hand and from the ring that she wore there issued a great light that illuminated her alone and left all else dark. She stood before Frodo seeming now tall beyond measurement, and beautiful beyond enduring, terrible and worshipful. Then she let her hand fall, and the light faded, and suddenly she laughed again, and lo! she was shrunken: a slender elf-woman, clad in simple white, whose gentle voice was soft and sad.
“I pass the test”, she said. “I will diminish, and go into the West and remain Galadriel.”
***
"A ruler needs a good head and a true heart," she famously told the king. "A cock is not essential. If your Grace truly believes that women lack the wit to rule, plainly you have no further need of me." And thus Queen Alysanne departed King's Landing and flew to Dragonstone on her dragon Silverwing. [...] The queen died of a wasting illness in 100 AC, at the age of four-and-sixty, still insisting that her granddaughter Rhaenys and her children had been unfairly cheated of their rights. "The boy in the belly," the unborn child who had been the subject of so much debate, proved to be a girl when born in 93 AC. Her mother named her Laena. The next year, Rhaenys gave her a brother Laenor.
Voto Don Camillo
e ricordatevi, sul forum della barriera Don Camillo vi vede, Veritas Lungavista no ... a Brescello ci hanno internet
Voto Don Camillo
un voto per la gloria
voto Veritas
Comitato L'Allegra Compagnia di Frittella Dolci e Affini: Paige91 Guardia della Glassa Reale
Comitato F. F. C. (Folletto Fan Club) ---- C.P.J.L."Comitato Pro Jaime Lannister" --- Membro del Comitato Pro Jon Snow
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Comitato di T+S Tyrion+Sansa (possibilmente a regnare su Castel Granito) --- CPML - comitato pro metalupi e lupi --- Comitato Pro Draghi
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Sansa - Jaime - Theon Sacra Triade del C.A.P.C.E.I.C.E. (Comitato Ammiratori Personaggi Complessi Ed In Continua Evoluzione)
Comitato Regala una famiglia a Jon Snow — E poi gli ho detto "Jon, al mio ritorno, parleremo di tua madre." "E chi era sua madre?" "Boh, non me lo ricordo più neanche io."
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E.S.S.S. Eddard Stark Santo Subito in memoria del grande Eddard Stark padre, marito, fratello, amico e lord esemplare
Gemellato con
R.S.S.S. Robb Stark Santo Subito in memoria dell'unico King in The North
Fondatrice del comitato S.F.C. (Sandor Fan Club)
Io continuo la tradizione di votare quelli che perdono Voto VERITAS.
Don Camillo capitolo 6 dove si tratta di:
Sintassi, il latino e tutte le sfumature della lingua.
SCUOLA SERALE
La squadra degli uomini intabarrati prese cauta la via dei campi ed era buio profondo, ma tutti conoscevano quella terra zolla per zolla e marciavano sicuri. Arrivarono dietro una piccola casa isolata, fuori dal paese mezzo miglio, e scavalcarono la siepe dell'orto.
Attraverso le gelosie di una finestra del primo piano filtrava un po' di luce. «Andiamo bene» sussurrò Peppone che aveva il comando della piccola spedizione. «È ancora alzata. Il colpo è riuscito. Bussa tu, Spiccio.»
Uno alto e ossuto dalla faccia decisa si avanzò e bussò un paio di colpi alla porta.
«Chi è?» disse dal di dentro una voce.
«Scartazzini» rispose l'uomo.
Di lì a poco la porta si aperse e apparve una vecchia piccola coi capelli bianchi come la neve, e reggeva in mano una lucernetta. Gli altri uscirono dall'ombra e vennero davanti alla porta.
«Chi è tutta quella gente?» chiese la vecchia sospettosa.
«Sono con me» spiegò lo Spiccio. «Tutti amici. Dobbiamo parlarle di cose importanti.» Entrarono tutt'e dieci in una saletta pulita e ristettero muti, accigliati e intabarrati davanti al tavolino al quale la vecchia era andata a sedersi. La vecchia inforcò gli occhiali e guardò le facce che spuntavano dai tabarri neri.
«Mmm!» borbottò. Li conosceva tutti a memoria, dal principio alla fine, quei tipi. La vecchia aveva ottantasei anni e aveva cominciato a insegnare l'abbicci in paese quando ancora l'abbicci era roba da grande città. Aveva insegnato ai padri, ai figli e ai figli dei figli. Aveva pestato bacchettate sulle zucche più importanti del paese. Da un pezzo s'era ritirata dall'insegnamento e viveva sola in quella remota casetta, ma avrebbe potuto lasciare spalancate le porte perché «la signora Cristina» era un monumento nazionale e nessuno avrebbe osato toccarle un dito.
«Cosa c'è?» chiese la signora Cristina.
«È successo un fatto» spiegò lo Spiccio. «Ci sono state le elezioni comunali e hanno vinto i "rossi".»
«Brutta gente i "rossi"» commentò la signora Cristina.
«I "rossi" che hanno vinto siamo noi» continuò lo Spiccio.
«Brutta gente lo stesso!» insisté la signora Cristina.
«Nel millenovecentosette quel cretino di tuo padre voleva che togliessi il Crocifisso dalla scuola…»
«Altri tempi» disse lo Spiccio. «Adesso è diversa.»
«Meno male» borbottò la vecchia. «E allora?»
«Allora il fatto è che abbiamo vinto noi, ma ci sono anche due della minoranza, due dei "neri".»
«"Neri"?»
«Sì, due reazionari: Spilletti e il cavalier Bignini…» La signora Cristina ridacchiò:
«Quelli, se siete rossi, vi faranno diventare gialli dall'itterizia! Figurati, con tutte le stupidaggini che direte!».
«Per questo siamo qui» borbottò lo Spiccio. «Noi non possiamo che venire da lei perché soltanto di lei possiamo fidarci. Lei, si capisce, pagando, ci deve aiutare.»
«Aiutare?»
«Qui c'è tutto il Consiglio comunale. Noi veniamo per i campi la sera tardi e lei ci fa un po' di ripasso. Ci riguarda le relazioni che dovremo leggere, ci spiega le parole che non riusciamo a capire. Noi sappiamo quello che vogliamo e non ci sarebbe bisogno di tante poesie, ma con quelle due carogne bisogna parlare in punta di forchetta o ci fanno passare per stupidi davanti al popolo.»
La signora Cristina scosse gravemente il capo.
«Se voi invece di fare i mascalzoni aveste studiato quando era ora, adesso…»
«Signora, roba di trent'anni, quarant'anni fa…»
La signora Cristina inforcò gli occhiali, ed eccola col busto diritto, come ringiovanita di trent'anni. E anche gli altri erano improvvisamente ringiovaniti di trent'anni.
«Seduti» disse la signora Cristina. E tutti si accomodarono su sedie e panchette. La signora Cristina alzò la fiamma della lucerna e passò in rassegna le facce dei dieci: appello senza parole. Ogni viso un nome e il ricordo di una fanciullezza.
Peppone era in un angolo buio, messo un po' di traverso. La signora Cristina alzò la lucerna. Poi rimise giù la lucerna e alzò il dito ossuto.
«Tu vattene!» disse con voce dura.
Lo Spiccio tentò di dire qualcosa, ma la signora Cristina scosse il capo.
«In casa mia Peppone non deve neanche entrarci in fotografia!» esclamò. «Troppe me ne hai fatte, giovanotto. Troppe e troppo grosse! Fuori e non farti più vedere!»
Lo Spiccio allargò le braccia desolato:
«Signora Cristina, ma come si fa? Peppone è il sindaco!».
La signora Cristina si alzò e brandì minacciosa una lunga bacchetta.
«Sindaco o non sindaco, via di qui o ti do tante bacchettate che ti pelo la zucca.»
Peppone si alzò.
«Ve l'avevo detto?» borbottò uscendo. «Troppe ne ho fatte.»
«E ricordati che qui dentro non ci metti più piede neanche se tu diventassi ministro dell'Istruzione!» lo minacciò la signora Cristina, rimettendosi a sedere. «Asino!»
*****
Don Camillo, nella chiesa deserta illuminata soltanto da due ceri dell'altare, stava chiacchierando col Cristo Crocifisso.
«Non è certo per criticare il Vostro operato» concluse a un bel momento «ma io non avrei permesso che un Peppone diventasse sindaco con una giunta nella quale soltanto due persone sanno correttamente leggere e scrivere.»
«La cultura non conta un bel niente, don Camillo» rispose sorridendo il Cristo. «Quelle che contano sono le idee. I bei discorsi non concludono niente se sotto le belle parole non ci sono idee pratiche. Prima di dare un giudizio mettiamoli alla prova.»
«Giustissimo» approvò don Camillo. «Io dicevo questo semplicemente perché, se avesse vinto la lista dell'avvocato, avevo già l'assicurazione che il campanile sarebbe stato rimesso a posto. A ogni modo se la torre crollerà, in compenso sorgerà in paese una magnifica Casa del Popolo con sale da ballo, vendita di liquori, sale per il gioco d'azzardo, teatro per spettacoli di varietà…»
«E serraglio per metterci dentro i serpenti velenosi come don Camillo» concluse il Cristo.
Don Camillo abbassò il capo. Gli dispiaceva di essersi dimostrato così maligno. Alzò la testa.
«Voi mi giudicate male» disse. «Voi sapete cosa significhi per me un sigaro. Ebbene, ecco: questo è l'unico sigaro che io posseggo e guardate cosa ne faccio.» Trasse di tasca un sigaro e lo sbriciolò con l'enorme mano.
«Bravo» disse il Cristo. «Bravo don Camillo. Accetto la tua penitenza. Però adesso tu mi fai vedere a buttar via le briciole perché tu saresti capace di mettertele in tasca e di fumarle poi nella pipa.»
«Ma qui siamo in chiesa» protestò don Camillo.
«Don Camillo, non ti preoccupare. Butta il tabacco in quell'angolo.»
Don Camillo eseguì sotto lo sguardo compiaciuto del Cristo, ed ecco si udì bussare alla porticina della sagrestia ed entrò Peppone.
«Buona sera signor sindaco» esclamò don Camillo con molta deferenza.
«Sentite» disse Peppone. «Se un cristiano ha un dubbio su una cosa che ha fatto e viene da voi a raccontarvela, se vi accorgete che quello ha commesso degli errori, voi glieli fate rilevare o potete anche infischiarvene?»
Don Camillo si seccò.
«Come osi mettere in dubbio la dirittura di un sacerdote? Il primo dovere di un sacerdote è quello di far rilevare chiaramente tutti gli errori che il penitente ha commesso!»
«Bene» esclamò Peppone. «Siete pronto a raccogliere la mia confessione?»
«Sono pronto.»
Peppone trasse di tasca un grosso scartafaccio e cominciò a leggere: «Cittadini, nel mentre salutiamo la vittoriosa affermativa della lista…».
Don Camillo lo interruppe con un gesto e andò a inginocchiarsi davanti all'altare.
«Gesù» mormorò «io non rispondo più delle mie azioni!»
«Ne rispondo io» rispose il Cristo. «Peppone ti ha battuto e tu devi accusare onestamente il colpo e comportarti secondo i tuoi impegni.»
«Gesù» insistette don Camillo «Vi rendete conto che mi fate lavorare per l'Agit-prop?»
«Tu lavori per la grammatica, la sintassi e l'ortografia, le quali cose non hanno niente di diabolico né di settario.»
Don Camillo inforcò gli occhiali, impugnò il lapis e rimise in piedi i periodi traballanti del discorso che Peppone doveva leggere il giorno dopo. Peppone rilesse gravemente.
«Bene» approvò. «L'unica cosa che non capisco è questa: dove io dicevo "È nostro intendimento fare ampliare l'edificio scolastico e ricostruire il ponte sul Fossalto" voi avete corretto "È nostro intendimento fare ampliare l'edificio scolastico, far riparare la torre della chiesa e far ricostruire il ponte sul Fossalto". Perché?»
«È una questione di sintassi» spiegò gravemente don Camillo.
«Beati voi che avete studiato il latino e capite tutte le sfumature della lingua» sospirò Peppone. «E così» aggiunse «anche la speranza che vi caschi in testa la torre sfuma.» Don Camillo allargò le braccia.
«Bisogna inchinarsi alla volontà di Dio.»
Quando rientrò dopo aver accompagnato Peppone alla porta, don Camillo venne a salutare il Cristo.
«Bravo, don Camillo» gli disse sorridendo il Cristo. «Ti avevo giudicato male e mi dispiace che tu abbia rotto l'ultimo tuo sigaro. È una penitenza che non meritavi. Però, siamo sinceri: è stato ben villano quel Peppone a non offrirti neppure un sigaro, dopo tutta la tua fatica!»
«E va bene» sospirò don Camillo cavando dalla tasca un sigaro e accingendosi a stritolarlo nella grossa mano.
«No, don Camillo» disse il Cristo sorridendo. «Vaitelo a fumare in pace. Te lo sei meritato.»
«Ma…»
«No, don Camillo, non l'hai rubato. Peppone ne aveva due nel taschino, di sigari. Peppone è comunista: prelevandone destramente uno non hai fatto che prenderti la tua parte.»
«Nessuno meglio di Voi sa queste cose» esclamò don Camillo con molto rispetto.
Passi di: Giovannino Guareschi. “Don Camillo”.
La donna uscì dalla costola dell’uomo, non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere superiore ma dal lato, per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere amata. (William Shakespeare).
Voto Don Camillo
Voto DON CAMILLO!