Sul blog "The World of Ifs" hanno scritto un interessante analisi sul ruolo di fortuna e fato in Martin. Visto che il nostro valente Beric (grazie Beric :shock: ) ha riportato e tradotto l'articolo nelle news, lo riporto qui in italiano.
UN GIOCO DI SE
In EPIC AND EMPIRE, David Quint confronta i ruoli del Fato e della Fortuna nelle poesie rinascimentali merievali. Il Fato, sostiene, è allineato con la poetica Epica, che chiama la poetica dei vincitori. L'Epica storicamente segue l'unità di scena definita da Aristotele, in contrasto con la poesia romantica, che era molto episodica, mostrava svariati personaggi in avventure apparentemente sconnesse (i modelli classici sono l'ILIADE, che è la storia unica della furia di Achille e dell'assedio di tr**a in opposizione all'ODISSEA, che racconta i viaggi quasi casuali di Odisseo). La poesia romanza, inoltre, mostra eroi baciati dai venti della fortuna mentre l'Epica, in contrato, presenta una storia monolitica in cui l'eroe è guidato dalla mano del Fato.
Alcuni dei modelli di questa poetica possono essere meno rilevanti al giorno d'oggi, ma credo che la questione se sia il Fato o la Fortuna a guidare la narrativa del moderno genere fantasy sia ancora una questione interessante. Voglio esprimere questo concetto come una questione di "se" (o meglio di "se solo"), comparando A SONG OF ICE AND FIRE di George R. R. Martin e THE LORD OF THE RINGS di Tolkien.
Se solo Ned fosse stato un po' più saggio, o avesse avuto un'idea più chiara di quello che Cersei sarebbe stata capace di fare se costretta
Se solo Lysa Arryn non fosse stata così debole
Se solo Sansa non fosse stata così scioccamente innamorata di Joffrey, o Joffrey fosse stato più disciplinato
eccetera eccetera
Fondamentalmente gli eventi di A SONG OF ICE AND FIRE dipendono dalle decisioni di uomini e donne, e dai colpi di fortuna. (Sì, era praticamente certo che Robert sarebbe morto nella caccia, ma finire scuoiato da un cinghiale era meno sicuro.) In THE LORD OF THE RINGS, per contrasto, le vere decisioni in cui si muovono sono talmente rare che Tolkien dedica un pezzo di capitolo alla decisione di Aragorn di seguire Merry e Pipino invece di Frodo e Sam (e anche questa è probabilmente una decisione con una sola scelta, alla fine). Più importante, leggendo THE LORD OF THE RINGS è difficile immaginare che un personaggio potesse agire diversamente da come fa. Frodo è un personaggio familiare che non capisce la profondità del pericolo - per forza fugge dalla Contea con tutte le sue forze. Analogamente, Aragorn porta gli hobbit attraverso le terre selvagge fino a Rivendell, non ci sono decisioni - usa tutte le sue capacità per scortarli al meglio possibile sulle strade che conosce.
Mentre A SONG OF ICE AND FIRE è ancora incompiuto, il contrasto tra Epica e Romanzo, tra la severa inevitabilità del Fato e i mutevoli venti della Fortuna è rivelata in queste due serie. Sauron e Gandalf partecipano ad un antico conflitto attraverso i loro servitori ed alleati, ma è difficile immaginare una conclusione diversa da quella scritta da Tolkien. Inoltre sostengo che fosse impossibile che Frodo non reclamasse l'Anello alla Voragine del Fato, o che Gollum non fosse obbligato a seguirlo a causa di come l'Anello avesse finito per dominarli entrambi. L'arco narrativo di THE LORD OF THE RINGS, ed in particolare il viaggio di Frodo, era scritto nel destino. Non ci sono scenari "se solo..." che avrebbero salvato Boromir, evitato il tradimento di Saruman o trattenuto i Signori degli Elfi nella Terra di Mezzo.
A SONG OF ICE AND FIRE, invece, non mostra nulla di questa inevitabilità. Il gioco dei "se solo..." è virtualmente infinito. Certo, ci sono profezie, guide occasionali - il richiamo dell'Epica è difficile da evitare anche per qualcuno che scrive intenzionalmente un fantasy anti-epico, ma ache queste visioni sono messe in atto da persone reali che prendono le loro decisioni, o lasciano che il caso le prenda per loro. Martin non è esplicito come i romanzieri del Rinascimento che chiamavano i venti della fortuna per decidere se un personaggio moriva tra i flutti o per guidarlo in una foresta senza sentieri: l'incontro tra Yoren ed Arya, o quello tra Catelyn e Tyrion possono essere letti più come delle vicissitudini che come la mano della Dea Bendata, ma a parte il piacere della lettura, non ci sono fondamentali differenze.
Per David Quint, la presenza del Fato o della Fortuna è parte del substrato sociale dell'autore. L'Epica è la poetica dei vincitori. Il rigido dominio del Fato mostra che la vittoria era predestinata. Il Romanzo, per contrasto, è la poetica degli sconfitti. Ogni successo o fallimento, insinua tale poetica, è dovuto ai mutevoli venti della fortuna, ed è quindi temporaneo. Non penso che l'effetto sia lo stesso nel fantasy contemporaneo, ma penso che significhe il Fato è spesso rimpiazzato dal Bene e dal Male, poteri oltre gli eroi, e quei libri dove la presenza del Fato non è percepita spesso enfatizzano la contingenza o le scelte individuali.
Insomma mi sembra un analisi interessante, dalla quale può uscire una buona discussione. Concordate con questa visione? :wacko:
PS.: visto che il link originale è già indicato nelle news, non devo indicarlo anche qui giusto ;)
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
PS.: visto che il link originale è già indicato nelle news, non devo indicarlo anche qui giusto :shock:
Giusto. :wacko:
Come livello spoiler ho indicato l'ombra della profezia, cosí possiamo discutere sull'argomento senza stare a pensare a limitazioni varie.
L'articolo é veramente interessante, bella discussione sharingan. ;)
Per David Quint, la presenza del Fato o della Fortuna è parte del substrato sociale dell'autore. L'Epica è la poetica dei vincitori. Il rigido dominio del Fato mostra che la vittoria era predestinata. Il Romanzo, per contrasto, è la poetica degli sconfitti. Ogni successo o fallimento, insinua tale poetica, è dovuto ai mutevoli venti della fortuna, ed è quindi temporaneo. Non penso che l'effetto sia lo stesso nel fantasy contemporaneo, ma penso che significhe il Fato è spesso rimpiazzato dal Bene e dal Male, poteri oltre gli eroi, e quei libri dove la presenza del Fato non è percepita spesso enfatizzano la contingenza o le scelte individuali.
Sicuramente la presenza di Fato o Fortuna o piu precisamente la forma scelta dall'autore é data ANCHE dal suo stato sociale. Negli scritti di Martin, specialmente in quelli degli anni 70, ma anche nelle cronache é impossibile non notare un certo romanticismo amaro, p. es. la storia del Mastino con Sansa, e questo elemento é indicativo del periodo storico in cui Martin é cresciuto, e soprattutto della corrente di pensiero di quell'epoca.
Tolkien invece mi sembra che lui sia stato arruolato nella seconda guerra mondiale, ma che di guerra ne abbia vista ben poca (era addestratore di cavalli, o qualcosa di simile). Se fosse stato in prima linea, potrebbe anche aver scritto un libro meno bellicoso?
Per quanto riguarda epica = fato/poetica dei vincitori e romanzo = fortuna/poetica dei perdenti, non sono convinto che si possa usare quest forumla come assoluto. Certo, dipende tantissimo dallo stile dello scrittore (e quindi anche da come si é formato) e dal tipo di narrazione e della scrittore, ma anche dal semplice fatto che il romanzo tenta di riprodurre la realtá, é per questo a volte puó essere piu amaro, di un racconto epico, che comunque esalta/idealizza la realtá.
A me sembra che ASOIAF non sia privo di epica, bensì la seppellisca nel passato. L'epica delle Cronache sono i racconti della Vecchia Nan, le storie sugli Estranei, gli Azor-Ahai e le Nissa-Nissa fino anche a Rhaegar e le sue elucubrazioni su se stesso e il figlio. Martin racconta un mondo post-eroico, dove la Fortuna ha preso il posto del Fato, la Guardia Reale è in decadenza, lo stesso concetto di regalità è in decadenza e i power-player non sono eroi senza macchia e senza paura ma persone dall'animo torbido ma razionale. Questo penso sia incontestabile. Quello che mi chiedo è se con le svolte degli ultimi libri non possa esserci un "invasione" dell'epica o comunque una commistione. Mi preme soprattutto la questione degli Estranei: in questo caso lo scontro finale, la nuova "Battaglia per l'Alba" non è forse un qualcosa di preordinato, di già stabilito dal Fato? Esiste forse una possibilità che questo evento non abbia luogo? Chissà, potrebbe anche essere così, certo non mi pare se mi attengo a quello che ho letto.
Chiedo quindi questo. Possibile che Martin abbia "sepolto" l'Epica al di là della Barriera e che pian-piano tenti di rinverdirla con il progressivo avanzamento degli Estranei? In questo senso ci sarebbero la gran parte degli eventi che sarebbero da ascrivere alla Fortuna/Romanzo, ma il Grande Evento quello davvero importante e significativo potrebbe essere ascritto più al Fato/Epica con tanto di eroe, predestinazione, etc.... In pratica ci sono una miriade di eventi che sono del tutto casuali, che dipendono dalle scelte dei protagonisti, ma c'è UN solo momento che non può essere deciso e rispetto al quale non ci può che essere una sola conclusione, ovvero il conflitto tra gli abitanti di Westeros e gli Estranei.
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Questo argomento e' davvero interessante, anche se ammetto di non avere gli strumenti per affrontarlo in maniera adeguata. Quello che credo, tuttavia, e' che trovo difficile concepire un fantasy senza epica. Martin ha fatto credere al mondo di aver saputo evitare i 'luoghi comuni', ma non si puo' non avvertire un pizzico di predestinazione in personaggi come Jon o Bran.
Strano che entrambi abbiano a che fare con i territori al di la' della Barriera, per ricollegarmi a quanto ipotizzato da sharingan.
E sempre per rimanere in questa prospettiva, credo che l'illusione di Martin, almeno inj parte, si basi sul fatto che gran parte dei personaggi non sono Buoni o Cattivi. Persino quelli piu' malsani lo sono in una forma molto umana. Questo stesso ragionamento cade se si considerano gli Estranei. Ecco perche' sharingan potrebbe avere ragione quando dice che con gli estranei arrivera' anche l'epica.
Non credo che si possa evitare la nuova battaglia per l'alba: gli estranei prima o poi colpiranno, e lo scontro non potra' che essere 'epico'. A me onestamente non dispiacerebbe che, nel mondo crudo e realistico definito da martin, entrasse alla fine una visione piu' poetica: d'altronde, gli elementi magici per eccellenza, gli estranei e i draghi, si sono tenuti in disparte fino ad ora in attesa del gran finale, no?
cosa intendete per Epica? L'epica infantile e scontata tolkeniana, in cui l'eroe/eroina, dopo un lungo cammino interiore che lo ha portato a nuove consapevolezze e ad ottenere artefatti che lo rendono super-sgravato, guida pochi prodi contro le soverchianti forze del male, in una battaglia apparentemente senza speranza ma che si concluderà con l'insperata vittoria, salvando così il mondo da un era di oscurità e terrore?
no, non succedera mai.
questa è esattamente la Battaglia dell'Alba, un evento che è tutto un cliché, e che Martin simbolicamente relega al passato.
non ci sarà una Battaglia dell'Alba 2.0.
cosa intendete per Epica? L'epica infantile e scontata tolkeniana, in cui l'eroe/eroina, dopo un lungo cammino interiore che lo ha portato a nuove consapevolezze e ad ottenere artefatti che lo rendono super-sgravato, guida pochi prodi contro le soverchianti forze del male, in una battaglia apparentemente senza speranza ma che si concluderà con l'insperata vittoria, salvando così il mondo da un era di oscurità e terrore?
no, non succedera mai.
questa è esattamente la Battaglia dell'Alba, un evento che è tutto un cliché, e che Martin simbolicamente relega al passato.
non ci sarà una Battaglia dell'Alba 2.0.
Si intende quello di cui si parla nell'articolo in relazione a Fato/Fortuna.
Epica. Le azioni dei personaggi sono già stabilite. Non esiste vera scelta per i personaggi, perchè tutto è dominato dal Fato. Come nella guerra di tr**a: era scritto che tr**a sarebbe caduta, che Patroclo sarebbe morto, che Achille avrebbe ucciso Ettore, etc... non sono nemmeno gli Dei a deciderlo ma un'entità superiore che si chiama Fato.
Romanzo (moderno). Non c'è nulla di preordinato. I complotti dei personaggi possono andare a buon fine come no. Basta un piccolo dettaglio e tutto sfuma. Esempio: Tyrion viene condannato, Jaime lo libera, Tyrion uccide Tywin. Tutte situazioni contingenti, che potevano andare in un modo ma anche nell'altro. Bastava che Oberyn battesse la Montagna e la storia avrebbe preso un andazzo completamente opposto.
Se parliamo di Tolkien, non mi pare poi che sia corretta la rappresentazione che ne fai tu. Il finale per esempio non è per nulla scontato ed è totalmente antiretorico e anti-eroico (l'anello viene involontariamente distrutto da Gollum, non da Frodo).
Ma non è questo il punto. In ISdA c'è l'idea che gli eventi siano già predeterminati dal Fato e che i singoli possano fare molto poco per risolvere le vicende, sono semplici pedine nelle mani del Fato. Ora nelle Cronache noi notiamo una diversificazione rispetto a questo concetto e notiamo che è l'uomo al centro della scena, con i suoi dubbi, i propri difetti e le proprie scelte. La mia impressione però è che, anche nell'universo martiniano razionalista e moderno, possa trovare spazio qualcosa che assomigli all'epica della predestinazione e del Fato; significativamente questo aspetto è relegato oltre la Barriera (e nel Continente Orientale, con Dany), laddove mito e realtà si confondono. Ma se il mondo Oltre la Barriera si spinge al di là del limite è possibile supporre che il Mito/Fato/Epica invada anche il mondo razionale/scientifico di Westeros? Per me sì.
Insomma la Battaglia per l'Alba o la battaglia contro gli Estranei ci deve essere, non è una variabile che gli umani possono decidere, nonostante gran parte di essi ignori che questo destino stia per arrivare. Poi non mi interessa se questo evento sarà affrontato dall'eroe senza macchia e senza paura, dal panzone della Confraternita o dal Re sfigato (anzi non credo affatto che i saranno soluzioni di questo tipo) ma che quest'evento debba essere quello risolutivo, quello in cui si fondono tutte le trame sì. Non credo si possa pensare che tutto possa essere risolto a colpi di complotti, intrighi e tradimenti per altri 3 libri.
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The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
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Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
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Martin racconta un mondo post-eroico, dove la Fortuna ha preso il posto del Fato, la Guardia Reale è in decadenza, lo stesso concetto di regalità è in decadenza e i power-player non sono eroi senza macchia e senza paura ma persone dall'animo torbido ma razionale. Quello che mi chiedo è se con le svolte degli ultimi libri non possa esserci un "invasione" dell'epica o comunque una commistione.
Spero tanto, ma tanto, di no. A me Martin piace proprio per questo. Per il suo mondo molto realistico e molto poco fantasy, per i suoi power-player torbidi ma razionali, e per l'aver già seppellito da tempo eventuali eroi senza macchia.
Ho letto questa analisi sul fato e sulla fortuna molto volentieri. E una delle conclusioni personali a cui sono giunto è che a me il fantasy deve evidentemente fare proprio schifo. Non ci avevo mai pensato molto in precedenza (mi ero semplicemente limitato a leggere poco o niente di fantasy), però riflettendo sul mondo e sui personaggi di Martin mi accorgo che tutto ciò che ha inserito di simil-fantasy (non uso il termine 'epico' perché non sono sicuro sia del tutto adatto) a me proprio non va giù:
-Rhaegar non l'ho mai potuto sopportare.
-Daenerys è uno dei personaggi che più detesto dell'intera saga.
-In generale sono lieto che i Targaryen siano oramai pressoché esitinti, così da non ammorbare più il mondo con la loro presenza.
-I draghi sono stati un'aggiunta di cui avrei fatto molto volentieri a meno.
-Gli estranei idem (ma essendosi visti in così poche circostanze non mi hanno ancora infastidito troppo, diciamo che meno li vedo/leggo e meglio è).
-L'unica magia che ho apprezzato, molto, è stata quella usata da Melisandre, che ne ha fatto un uso estremamente pragmatico. Viceversa mi ha lasciato un po' perplesso il ritorno di Catelyn.
-Digerisco a fatica tutti i bambini prodigio. Di conseguenza non ho potuto che gioire per le nozze rosse (finalmente il ragazzo che si credeva un re è stato messo al posto suo), e ovviamente per contro gradisco tutti quei personaggi intelligenti, furbi e razionali che sanno applicare a proprio vantaggio le proprie capacità. Come Tywin, Ditocorto, Varys, Stannis, la vecchia Olenna Tyrell, Bronn e, perché no, anche Tyrion.
Quindi, alla luce di ciò, non posso che augurarmi con tutto il cuore che Martin abbia deciso di proseguire sulla stessa scia che ha seguito finora. Certo, effettivamente ci sono tanti segni che farebbero pensare a una maggiore 'epicità' nei libri futuri, eppure non ho affatto perso le speranze.
Epica. Le azioni dei personaggi sono già stabilite. Non esiste vera scelta per i personaggi, perchè tutto è dominato dal Fato. Come nella guerra di tr**a: era scritto che tr**a sarebbe caduta, che Patroclo sarebbe morto, che Achille avrebbe ucciso Ettore, etc... non sono nemmeno gli Dei a deciderlo ma un'entità superiore che si chiama Fato.
Romanzo (moderno). Non c'è nulla di preordinato. I complotti dei personaggi possono andare a buon fine come no. Basta un piccolo dettaglio e tutto sfuma. Esempio: Tyrion viene condannato, Jaime lo libera, Tyrion uccide Tywin. Tutte situazioni contingenti, che potevano andare in un modo ma anche nell'altro. Bastava che Oberyn battesse la Montagna e la storia avrebbe preso un andazzo completamente opposto.
è una falsa distinzione.
tutti è preordinato a tavolino dall'autore, che poi lui nel romanzo attribuisca le sue scelte al "destino" o al "caso" non ha differenza. In concreto, sono la stessa identica cosa: scelte dell'autore
ciò che cambia è la verosimiglianza con cui l'autore giustidica le sue scelte a tavolino.
laddove Tolkien e Omero sono spesso inverosimili, Martin è spesso verosimile.
Ma è solo una questione di forma.
come hai fatto notare, laddove Martin abusa di botte di cu*o (es. con Dany) è inevitabile cominciare a parlare di predestinazione (Fato).
Insomma la Battaglia per l'Alba o la battaglia contro gli Estranei ci deve essere, non è una variabile che gli umani possono decidere
io dico che non ci sarà (o comunque non assumerà i contorni classici della "battaglia finale decisiva")... ma in ogni caso, anche qui sarà una questione di verosimiglianza, di come i vari attori principali si ritroveranno sul campo di battaglia.
Se ci si ritroveranno in modo inverosimile (es. teletrasportati da Melisandre, risorgendo dalle proprie tombe, in sella a draghi e emergendo dagli abissi su evocazione di Aeron), si parlerà di Fato.
Se invece ci si ritroveranno come conseguenza dell'intreccio di scelte fatte nei 5 libri, allora si parlerà di Fortuna.
Ma sono sostanzialmente la stessa cosa, a ben guardare.
la domanda dunque è: continuerà Martin a narrare in modo verosimile oppure si abbandonerà all'inverosimile?
Rhaegar non l'ho mai potuto sopportare.-Daenerys è uno dei personaggi che più detesto dell'intera saga.
-In generale sono lieto che i Targaryen siano oramai pressoché esitinti, così da non ammorbare più il mondo con la loro presenza.
-I draghi sono stati un'aggiunta di cui avrei fatto molto volentieri a meno.
-Gli estranei idem (ma essendosi visti in così poche circostanze non mi hanno ancora infastidito troppo, diciamo che meno li vedo/leggo e meglio è).
-L'unica magia che ho apprezzato, molto, è stata quella usata da Melisandre, che ne ha fatto un uso estremamente pragmatico. Viceversa mi ha lasciato un po' perplesso il ritorno di Catelyn.
-Digerisco a fatica tutti i bambini prodigio. Di conseguenza non ho potuto che gioire per le nozze rosse (finalmente il ragazzo che si credeva un re è stato messo al posto suo), e ovviamente per contro gradisco tutti quei personaggi intelligenti, furbi e razionali che sanno applicare a proprio vantaggio le proprie capacità. Come Tywin, Ditocorto, Varys, Stannis, la vecchia Olenna Tyrell, Bronn e, perché no, anche Tyrion.
questo è parlare
;)
A me sembra che ASOIAF non sia privo di epica, bensì la seppellisca nel passato.
È più probabile che quel passato, così come viene dipinto, non sia mai esistito, e che la componente epica sia solo frutto di idealizzazioni sia personali che popolari. Non esiste una descrizione oggettiva di tali eventi.
Daenerys, Jon e Bran sono casi a parte, soprattutto perché sono isolati dal resto e non si trovano a fare delle vere e proprie scelte. Finora, la loro è stata più una storia di formazione e i personaggi gli sono stati costruiti attorno. A un certo punto, però, dovranno essere gettati nella mischia anche loro.
è una falsa distinzione.
tutti è preordinato a tavolino dall'autore, che poi lui nel romanzo attribuisca le sue scelte al "destino" o al "caso" non ha differenza. In concreto, sono la stessa identica cosa: scelte dell'autore
Facendo questo ragionamento non avrebbe senso nessuna discussione. Quello che mi interessa è il mondo creato da Martin che, nel momento in cui prende vita, assume una propria autonomia. Che poi in realtà non sia autonomo per davvero non importa, è un assunto che è necessario prendere per fare discussioni di questo tipo. Senza contare che in Martin questa distinzione può essere ben chiara e che quindi le sue scelte potrebbero essere dettate da questo.
ciò che cambia è la verosimiglianza con cui l'autore giustidica le sue scelte a tavolino.laddove Tolkien e Omero sono spesso inverosimili, Martin è spesso verosimile.
Ma è solo una questione di forma.
Mah più che i singoli eventi, è proprio l'impostazione generale a essere diversa. Anche se, per esempio, nel pezzo di cui discutevamo riguardo alla magia, Martin ha detto di essere vicino a Tolkien come modo di pensare (cosa che a prima vista non appare così scontata).
come hai fatto notare, laddove Martin abusa di botte di cu*o (es. con Dany) è inevitabile cominciare a parlare di predestinazione (Fato).
Anche qui, non sono molto d'accordo. I singoli eventi sono casuali. Piccoli o grandi colpi di fortuna (o di sfortuna) li hanno avuti più o meno tutti, quel che è differente nel caso di Dany è proprio l'impostazione generale del personaggio. Ultima della sua specie, visioni profetiche, potenzialità magica, etc... ma il personaggio che mi pare più vicino in assoluto al concetto classico di predestinazione classica è Bran e nel suo caso sì che le sue azioni sembrano effettivamente eterodirette da una forza superiore. Bran doveva andare dal Corvo, non c'è spazio per dubbi su questo; se questo non fosse vero i suoi POV diverrebbero i più inutili in assoluto. Notare che Martin stesso ha detto che questo è il POV più difficile da scrivere, a dimostrazione che questo tipo di narrativa gli è poco congeniale. Forse le difficoltà nello scrivere ADWD risiedono anche in questo, nel tentativo di allargare il mondo di Westeros all'epica.
la domanda dunque è: continuerà Martin a narrare in modo verosimile oppure si abbandonerà all'inverosimile?
Il verosimile è chiaramente il tratto distintivo di Martin e a me va benissimo così. Ma penso che cambiare un poco alcuni tratti non sia un male, anzi può determinare una svolta positiva. Ma anche i tratti più "magici" che la vicenda assumerà rimarranno IMO il più possibile verosimili. "Verosimile" infatti non è necessariamente sinonimo di "realistico". Si può essere molto verosimili in un contesto totalmente fantastico e soprannaturale (se si rispettano le regole che ci si è autoimposti), così come si può peccare di inverosimiglianza in un contesto totalmente anti-fantastico e mitologico.
A me sembra che ASOIAF non sia privo di epica, bensì la seppellisca nel passato.È più probabile che quel passato, così come viene dipinto, non sia mai esistito, e che la componente epica sia solo frutto di idealizzazioni sia personali che popolari. Non esiste una descrizione oggettiva di tali eventi.
Certo che è così, ma l'epica non è mai oggettiva. E' qualcosa di fantasioso, spesso legato all'oralità e alle tradizioni non senza un fine propagandistico. E infatti quasi nessuno a Westeros crede ad Estranei, giganti, metamorfi e amenità simili. Anzi in genere chi parla di queste storie viene irriso e preso in giro. Però noi sappiamo che questo mondo almeno in parte esiste, oltre la Barriera.
Quindi, alla luce di ciò, non posso che augurarmi con tutto il cuore che Martin abbia deciso di proseguire sulla stessa scia che ha seguito finora. Certo, effettivamente ci sono tanti segni che farebbero pensare a una maggiore 'epicità' nei libri futuri, eppure non ho affatto perso le speranze.
La premessa fondamentale è che se ho letto Martin fino adesso vuol dire che mi è piaciuto, anzi mi è piaciuto davvero molto come poche volte mi era capitato. Ma chiedere una piccola virata in una direzione non significa chiedere all'autore di snaturare se stesso e di passare su un terreno che non gli compete. Sarebbe autolesionistico per Martin e probabilmente anche per me suo lettore. Cerco solo di capire se dalle Cronache possiamo aspettarci questa piccola svolta in direzione di una maggiore epicità; i dati che ho a disposizione mi fanno dire di sì, ma potrei anche sbagliarmi.
Infine un timore che ho è che nuovi complotti, intrighi e tradimenti mi possano stufare, se reiterati all'infinito. Insomma arrivati al settimo libro l'ennesimo complotto potrebbe non appassionarmi poi così tanto e sembrare invece una reiterazione di quello che ho già visto. Anche in questo Martin dovrà ingegnarsi per non essere troppo ripetitivo.
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Verosimile... non è che ci sia tutta questa verosimiglianza nell'ascesa di Ditocorto. Come non è che ci sia tutta questa verosimiglianza nelle sfighe pazzesche che capitano a Ned e Robb Stark, sembrano (e per me sono) eventi predestinati per far scattare altri eventi. La caduta di Robb veniva già descritta nella casa degli eterni, per cui pure qui si può parlare tranquillamente di predeterminazione.
Come pure il comportamento di Cersei mi pare proprio inverosimile collegarlo con l'episodio della megi, è una cosa studiata a tavolino per giustificare l'incredibile serie di sciocchezze che fa, e per dare anche a questo punto di vista un pensiero fisso, pensiero fisso che praticamente martella in maniera più o meno velata tutti i personaggi descritti con punti di vista, ma che con Cersei sta arrivando alla banalità, fra poco avremo personaggi complessati perchè la mamma quando erano piccoli non ha comprato una scatola di colori... insomma si stanno esasperando alcuni schemi fissi, e da questo non mi meraviglio che trovi difficoltà a continuare a scrivere.
Verosimile... non è che ci sia tutta questa verosimiglianza nell'ascesa di Ditocorto. Come non è che ci sia tutta questa verosimiglianza nelle sfighe pazzesche che capitano a Ned e Robb Stark, sembrano (e per me sono) eventi predestinati per far scattare altri eventi. La caduta di Robb veniva già descritta nella casa degli eterni, per cui pure qui si può parlare tranquillamente di predeterminazione.
La casa degli Eterni ha previsto la morte di Robb, ma non l'ha causata. Quindi non è realistica (ma verosimile per me sì, verosimiglianza significa coerenza interna e capacità di non far saltare il lettore dalla sedia pensando "questo scrittore ha buttato giù cretinate a caso") la previsione nella casa degli Eterni, ma la morte in sè mi sembra che lo sia totalmente: è stata causata da particolari questioni politiche e tutto quadra, senza bisogno di invocare chissà quale magia per spiegarla.
Come pure il comportamento di Cersei mi pare proprio inverosimile collegarlo con l'episodio della megi, è una cosa studiata a tavolino per giustificare l'incredibile serie di sciocchezze che fa, e per dare anche a questo punto di vista un pensiero fisso, pensiero fisso che praticamente martella in maniera più o meno velata tutti i personaggi descritti con punti di vista, ma che con Cersei sta arrivando alla banalità, fra poco avremo personaggi complessati perchè la mamma quando erano piccoli non ha comprato una scatola di colori... insomma si stanno esasperando alcuni schemi fissi, e da questo non mi meraviglio che trovi difficoltà a continuare a scrivere.
Per come l'ho interpretata io, Cersei ha un carattere davvero del cavolo (per usare un eufemismo) già a prescindere dalla profezia. Quest'ultima è solo una cosa particolare in più, che dà anche nuovi spunti al lettore e arricchisce il personaggio invece di appiattirlo. Poi non si tratta esattamente di una scatola di cioccolatini... si è predetto la sua rovina e la morte di tutti i suoi figli, e la previsione per svariate cose si sta avverando.
Anche qui, non sono molto d'accordo. I singoli eventi sono casuali. Piccoli o grandi colpi di fortuna (o di sfortuna) li hanno avuti più o meno tutti, quel che è differente nel caso di Dany è proprio l'impostazione generale del personaggio. Ultima della sua specie, visioni profetiche, potenzialità magica, etc... ma il personaggio che mi pare più vicino in assoluto al concetto classico di predestinazione classica è Bran e nel suo caso sì che le sue azioni sembrano effettivamente eterodirette da una forza superiore. Bran doveva andare dal Corvo, non c'è spazio per dubbi su questo; se questo non fosse vero i suoi POV diverrebbero i più inutili in assoluto.
Quindi per te il concetto di predestinazione è strettamente legato alla capacità del lettore di prevedere un evento della sua trama?
Anche qui, non sono molto d'accordo. I singoli eventi sono casuali. Piccoli o grandi colpi di fortuna (o di sfortuna) li hanno avuti più o meno tutti, quel che è differente nel caso di Dany è proprio l'impostazione generale del personaggio. Ultima della sua specie, visioni profetiche, potenzialità magica, etc... ma il personaggio che mi pare più vicino in assoluto al concetto classico di predestinazione classica è Bran e nel suo caso sì che le sue azioni sembrano effettivamente eterodirette da una forza superiore. Bran doveva andare dal Corvo, non c'è spazio per dubbi su questo; se questo non fosse vero i suoi POV diverrebbero i più inutili in assoluto.Quindi per te il concetto di predestinazione è strettamente legato alla capacità del lettore di prevedere un evento della sua trama?
Per "sua" cosa intendi? "Sua" del personaggio x?
Comunque non credo sia proprio così. Noi in realtà non possiamo prevedere proprio nulla. Però una volta che osserviamo il percorso di un personaggio possiamo capire il senso delle sue scelte. A me pare che tutti i personaggi abbiano compiuto più o meno delle scelte vere, al contrario di Bran. Bran è unicamente legato alla questione del Corvo e mi pare quello meno legato a delle vere scelte. Sembra quasi che egli venga spinto a fare quello che fa dal Corvo.
Se prendiamo Dany per esempio non è proprio così. Ha un alone di predestinazione, questo è vero, ma è lei che mette in moto il meccanismo, è lei che si crea l'idea di avere una missione, senza contare che lo fa per fini marcatamente egoistici. Allo stesso modo Jon, altro personaggio sospettato di predestinazione, ha più volte avuto la possibilità di fare delle scelte, anzi la scelte e il dubbio sono i caratteri distintivi della sua persona.
Per Bran, mi pare che sia leggermente diverso, perlomeno osservando quello che è stato il suo percorso.
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
Per "sua" cosa intendi? "Sua" del personaggio x?
Comunque non credo sia proprio così. Noi in realtà non possiamo prevedere proprio nulla.
Sì certo, del personaggio.
E' ovvio che non possiamo prevederle, ma alcuni destini hanno un grado di certezza molto alto.
Comunque "predestinazione" per me non è tanto una questione di scelta o non scelta, quanto di "il personaggio fin dall'inizio sembrava diretto (volontariamente o non) in quella direzione".
In questo senso, mi sembrano predestinati sia Dany che Bran (la prima per diventare regina, il secondo per incontrare il corvo). Però attualmente questo mi dà fastidio in Dany, in Bran no. Questo prima di tutto perchè per Bran incontrare il corvo sarà probabilmente solo un tappa intermedia della storia, e non è per nulla chiaro cosa accadrà dopo, chi questo corvo sia, cosa voglia ecc. Per Dany invece diventare regina sembra più una soddisfazione conclusiva dei suoi scopi (non credo che si apriranno nuove trame da quel punto, anche perchè non ci sarebbe spazio). Insomma, la predestinazione di Bran riguarda un particolare evento, ma non il finale.