Il discorso sui personaggi salta fuori perchè ogni volta che si vuole sminuire Tolkien (anche se mi piacerebbe sapere se quelli che lo fanno prima di parlare si sono letti il signore degli anelli o parlano solo avendo visto il film) il discorso va sulla storia dei personaggi grigi e del fatto che, vista a posteriori, quasi l'intera compagnia si salva mentre Martin lui si fa fuori chi vuole.
Ritornando su Cersi e Jaime, il fatto di avere delle motivazioni personali non rende più grige quelle anime nere, perchè una persona che ne fa fuori un'altra per mero calcolo è un'anima nera. Jaime lancia nel vuoto il bambino, quando persino Cersei gli rimprovera che l'azione era stupida perché bastava spaventarlo. Invece Jaime, da personaggio nero quale viene descritto inizialmente, semplicemente passa sopra il cadavere del bambino colpevole di cosa? Di aver scoperto incidentalmente la sua tresca con la sorella.
Per cui, jaime semplicemente cerca di ammazzare un bambino che non ha colpa perchè forse potrebbe rendere noto qualcosa di cui dovrebbe rendere conto.
Per cui, a prescindere dal tipo di giustificazione che gli si voglia dare, fa un'azione disgustosa e cerca la fuga dalle proprie responsabilità tentando di uccidere. Il fatto di avere una ragione, peraltro sbagliata e meramente personale, non lo rende più grigio, come il cercare di ottenere l'anello non rende Sauron più grigio.
Quanto a Cersi, valgono considerazioni analoghe. Avere dei motivi personali aggiunge il calcolo alle cattiverie che fa. Non saranno cattiverie gratuite, ma non significa che ciò la rende grigia, anzi dal mio punto di vista è un'aggravante.
Circa ancora la predestinazione, il fato o simili amenità, vorrei ricordare il torneo, la morte del principe martin per motivi di copione. Un duello avvincente, finito in quel modo perché doveva scatenare altri eventi.
Parlando più in generale, è vero che la magia non implica il Fato. Ma Fato e magia sono due caratteristiche importanti dell'epica, quindi è possibile operare un'interazione tra i concetti visto che il tema da cui eravamo partiti era questo.
Il tema da cui siamo partiti analizza l’intreccio e lo sviluppo narrativo di due romanzi fantasy, un genere la cui ambientazione ha un carattere distintivo proprio nella magia. Ma avere un’ambientazione simile non porta a sviluppare la storia e i personaggi in maniera simile.
Quindi, tenendo presente che nè l’uno nè l’altro sono poemi epici, ci si chiede se è vera questa differenza a livello narrativo.
Su Bran, considera che l'ultimo capitolo che abbiamo letto doveva concludere la prima parte della sua storia, la quale sarebbe stata ripresa cinque anni dopo. Il suo viaggio non fa ancora parte della "missione divina" che alcuni di noi temono, così come non è detto che il Corvo si riveli essere il Gandalf di ASoIaF.
A proposito di Pate e delle sue gambe che si tramutano in acqua, ho letto ieri sera un capitolo di Cersei che ripensando al padre, ricorda come gli bastasse uno sguardo per 'turning to water' qualcosa che ora non ricordo (non ho il testo sotto mano in questo momento). L'episodio riguardava la battuta che fece una volta Merryweather (?) a proposito del modo con cui il re avrebbe potuto procurarsi l'oro facendo sedere Tywin sulla lattrina, e nella risata generale lui si era limitato a fissarlo fino a quando l'altro, imbarazzato, non era stato costretto ad abbassare lo sguardo.
Possiamo escludere che Tywin fosse un mago, quindi credo proprio che l'espressione sia da leggere in senso metaforico... >_>
Parlando più in generale, è vero che la magia non implica il Fato. Ma Fato e magia sono due caratteristiche importanti dell'epica, quindi è possibile operare un'interazione tra i concetti visto che il tema da cui eravamo partiti era questo.Il tema da cui siamo partiti analizza l’intreccio e lo sviluppo narrativo di due romanzi fantasy, un genere la cui ambientazione ha un carattere distintivo proprio nella magia. Ma avere un’ambientazione simile non porta a sviluppare la storia e i personaggi in maniera simile.
Quindi, tenendo presente che nè l’uno nè l’altro sono poemi epici, ci si chiede se è vera questa differenza a livello narrativo.
D'accordo. E io dico che questa differenza c'è in linea di massima. Poi andando nel dettaglio si possono individuare alcune singoli aspetti in contraddizione con l'idea generale. Il fatto poi che ISDA e ASOIAF non siano poemi epici, questo non implica che non abbiano elementi di questo genere e da qui si può così parlare di Fato e Fortuna.
In ASOIAF prevale nettamente la Fortuna, su questo mi pare ci sia accordo. Dico solo che Martin non ha eliminato del tutto l'elemento del Fato (e dell'Epica) ma lo ha relegato in un angolo che si chiama "Oltre la Barriera" e in un personaggio di nome "Bran".
Su Bran, considera che l'ultimo capitolo che abbiamo letto doveva concludere la prima parte della sua storia, la quale sarebbe stata ripresa cinque anni dopo. Il suo viaggio non fa ancora parte della "missione divina" che alcuni di noi temono, così come non è detto che il Corvo si riveli essere il Gandalf di ASoIaF.
Ma certo, nulla è detto. Non so quale sarà il risultato, però il percorso per ora è quello. La missione di Bran potrebbe anche essere molto limitata (aiutare il tal personaggio, ottenere chissà quale potere, scoprire chissà quale segreto) e il suo destino terminare lì. Però questo non toglie che IMO la sua costruzione narrativa risulta piuttosto diversa da quella degli altri personaggi in un modo che mi fa pensare a categorie quali predestinazione/epica, più di altri personaggi, più di Dany e di Jon, tanto per dirne una.
Un'altra cosa riguardo a Dany. Quando si parla di predestinazione riguardo a lei cosa si intende? Predestinazione al trono o alla guerra contro gli Estranei? O tutte e due le cose? Si darebbe così per scontato che il Principe Promesso del Ghiaccio e del Fuoco siano la stessa persona?
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
Però questo non toglie che IMO la sua costruzione narrativa risulta piuttosto diversa da quella degli altri personaggi in un modo che mi fa pensare a categorie quali predestinazione/epica, più di altri personaggi, più di Dany e di Jon, tanto per dirne una.
scusa... ma tu come avresti strutturato la narrazione della gesta di un bambino di 7 anni e paralizzato?
a me sembra che le rare volte in cui può scegliere, Bran le sue scelte le faccia (andare a nord, salvare Jon)...
che poi il corvo lo stia "chiamando" è indubbio, ma ciò non vuole che si tratti di predestinazione.
a meno di non voler identificare il corvo nel destino.
imho confondi il destino con il fatto che la storyline di Bran (sviluppi futuri compresi: come dici è ovvio incontrerà il corvo e farà qualcosa di importante riguardo all'inverno) è molto scontata e prevedibile rispetto a quella di Dany o Jon (dei quali invece non possiamo dire rispettivamente che sia ovvio un suo ritorno sul trono di spade o che salvi la Barriera)
scusa... ma tu come avresti strutturato la narrazione della gesta di un bambino di 7 anni e paralizzato?
Appunto paralizzato. E' questa la parola chiave. Un bambino paralizzato se ne sta a casa sua, non va in cerca di fantomatici Corvi magici. Anzi dirò di più: la paralisi di Bran è proprio frutto del destino (per aprire la mente è necessario che il corpo si blocchi).
a me sembra che le rare volte in cui può scegliere, Bran le sue scelte le faccia (andare a nord, salvare Jon)...
Salvare Jon è l'unica vera decisione, ma è del tutto transitoria rispetto alla sua storyline che è totalmente incentrata sulla ricerca del Corvo. E' il Corvo che governa le decisioni di Bran. Per certi versi mi ricorda SPOILER LOST 6 SERIE a446c7cd71ecaa730a0953b3f59e29fe'a446c7cd71ecaa730a0953b3f59e29fe
Jacob e sua Madre.
Ecco in questo senso Bran può essere considerato un uomo di fede, forse uno dei pochi di Westeros.
a meno di non voler identificare il corvo nel destino.
Più che il destino, un agente del destino. Un po' come le divinità greche.
i
mho confondi il destino con il fatto che la storyline di Bran (sviluppi futuri compresi: come dici è ovvio incontrerà il corvo e farà qualcosa di importante riguardo all'inverno) è molto scontata e prevedibile rispetto a quella di Dany o Jon (dei quali invece non possiamo dire rispettivamente che sia ovvio un suo ritorno sul trono di spade o che salvi la Barriera)
Più che scontata, io direi scarna, scontata per niente, anzi. Ma se non ci fosse stata la sottotrama del Corvo, con tutto il misticismo intorno (i sogni, i Reed, Manifredde, il Metamorfismo, la Barriera, l'Inverno, etc...) non avrei mai parlato di predestinazione, Fato e cose simili.
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
Appunto paralizzato. E' questa la parola chiave. Un bambino paralizzato se ne sta a casa sua, non va in cerca di fantomatici Corvi magici. Anzi dirò di più: la paralisi di Bran è proprio frutto del destino (per aprire la mente è necessario che il corpo si blocchi).
Guarda, ti cito l’inizio dell’articolo:
Il Fato, sostiene, è allineato con la poetica Epica, che chiama la poetica dei vincitori. L'Epica storicamente segue l'unità di scena definita da Aristotele, in contrasto con la poesia romantica, che era molto episodica, mostrava svariati personaggi in avventure apparentemente sconnesse (i modelli classici sono l'ILIADE, che è la storia unica della furia di Achille e dell'assedio di Troia in opposizione all'ODISSEA, che racconta i viaggi quasi casuali di Odisseo). La poesia romanza, inoltre, mostra eroi baciati dai venti della fortuna mentre l'Epica, in contrasto, presenta una storia monolitica in cui l'eroe è guidato dalla mano del Fato.
Se prendi ASoIaF, ne separi le singole linee narrative (che sono tantissime!) e le isoli dal resto, trovando un senso in ciascuna, per forza di cose otterrai tante storie più "monolitiche". Non proprio l’unità aristotelica, ma comunque qualcosa di molto omogeneo: i personaggi appariranno predestinati e i loro comprimari saranno gli agenti di quel particolare destino. Vale per tutti, a prescindere dalla magia.
Così facendo, però, perdi di vista il senso del libro, che è costituito dall’insieme di queste storie e dal modo in cui si intrecciano. Lo stesso Bran è paralitico per via di una decisione di Jaime, che è un personaggio a sè, con una propria linea narrativa e un proprio destino. Idem per Theon, a sua volta con una propria storia, che saccheggia Winterfell e obbliga Bran a fuggire. Per continuare il paragone, nè Jaime nè Theon sono assimilabili ai Nazgul, i quali non vivono di vita propria, narrativamente parlando.
Per questo accomunavo Bran, Daenerys e Jon: le loro storie sono più isolate e con meno ingerenze da parte degli altri protagonisti, ed è quindi più semplice considerarle separatamente e "sminuirle", come fossero tre romanzi fantasy autonomi e ispirati all’epica (o alla fiaba), ognuno con il proprio eroe.
Eh, e invece l'intreccio/confronto Gollum-Frodo? Gollum vive di vita propria, ha una sua vita, è protagonista suo malgrado di altri momenti salienti della saga, che ricordo va oltre il signore degli anelli.
Comunque, uno dei nostri punti deboli è che scriviamo senza aver visto la fine del libro (se ci sarà). A quel punto potremo parlare di banalità, di epica o altro. Perché per parlare di epica nel signore degli anelli si è dovuto aspettare la fine della trilogia. Trilogia che del resto non ha subito la pressione che subisce martin, per cui è possibile trovare interi forum che sviscerano tutte le frasi per cercare indizi e quant'altro, a volte riuscendo a rendere segreti di pulcinella quelli he per l'autore dovrebbero essere colpi di scena, il che può forzarlo a cambiare le carte in tavola per riprendersi l'iniziativa e cercare di stupire a tutti i costi, magari infischiandosene della coerenza a vantaggio dell'effetto sorpresa. Ecco, tutti questi aspetti a mio parere rilevanti prima non c'erano.
Circa Pate... ricorderei di quelle parole "umido" riferito al selciato, e "anche" riferito alla sparizione della voce. Insomma, è un passo interpretabile, specialmente in quanto si sta parlando di un alchimista e tutto può essere.
Così facendo, però, perdi di vista il senso del libro, che è costituito dall’insieme di queste storie e dal modo in cui si intrecciano. Lo stesso Bran è paralitico per via di una decisione di Jaime, che è un personaggio a sè, con una propria linea narrativa e un proprio destino. Idem per Theon, a sua volta con una propria storia, che saccheggia Winterfell e obbliga Bran a fuggire. Per continuare il paragone, nè Jaime nè Theon sono assimilabili ai Nazgul, i quali non vivono di vita propria, narrativamente parlando.
Per questo accomunavo Bran, Daenerys e Jon: le loro storie sono più isolate e con meno ingerenze da parte degli altri protagonisti, ed è quindi più semplice considerarle separatamente e "sminuirle", come fossero tre romanzi fantasy autonomi e ispirati all’epica (o alla fiaba), ognuno con il proprio eroe.
Non ho affatto perso il senso complessivo del libro, anzi. Ho infatti detto che l'autore dell'articolo ha a grandi linee ragione nel dire che in ASOIAF non c'è Fato ma Fortuna e con tutto ciò che ne consegue in termini di Epica/non-Epica. Confermo quest'idea. Ma altresì mi chiedo se Martin non abbia voluto contaminare il suo quadro generale anche con elementi diversi. Il motivo principale per cui penso a Bran come strumento del destino e personaggio strutturalmente appartenente all'Epica è soprattutto legato all'incontro conoscenza del Corvo/divinità/soprannaturale. Il resto è solo un'aggiunta che non fa che confermare quello che penso.
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »