Salve gente.... :(
Interrompo la mia temporanea assenza (causa esami.... :figo: ) da Barriera,riportandovi un articolo di Ernesto Galli della Loggia,uscito sul Corriere una decina di giorni or sono......sulla scia degli ultimi fatti di cronaca giudiziaria:
Si accontenti chi vuole di credere che «il problema è politico» e riguardi quindi la destra e la sinistra. Sì, questa volta a essere presi con le mani nel sacco sono stati esponenti del Pdl, ma in passato la stessa cosa è accaduta con esponenti del Pd: ma anche dando per scontato che le imputazioni a loro carico siano domani convalidate da una sentenza, davvero la corruzione italiana si riduce a quella dei politici? Davvero in questo Paese la sfera della politica è malata e il resto della società è sano? Non è così, con ogni evidenza. Ognuno di noi sa bene che non è così, e non bisogna smettere di dirlo, anche se i soliti moralisti di professione grideranno scandalizzati che in questo modo si finirebbe per occultare «le precise responsabilità politiche». Ma figuriamoci: cosa volete mai che si occulti, con tutta la stampa ormai scatenata dietro Monica e Francesca, dietro Bertolaso, Balducci, e compagnia bella?
Proprio perché non ha alcuna natura propriamente politica ma affonda radici profondissime nel corpo sociale - cosicché nella politica essa si riversa soltanto, essendo uno degli ambiti dove più facile è la sua opera - la corruzione italiana sfugge a ogni facile terapia. Come si è visto quando, convinti per l’appunto del suo carattere politico, abbiamo creduto che almeno per ridurne la portata bastasse mutare il sistema elettorale, o fare le privatizzazioni, o cambiare la legge sugli appalti, o finanziare i partiti in altro modo dal finanziamento diretto; o che l’esempio di «Mani pulite», di cui proprio oggi è paradossalmente il 18mo anniversario, potesse segnare una svolta. Invece è stato tutto inutile. La corruzione italiana appare invincibile. Rinasce di continuo perché in realtà non muore mai, dal momento che a mantenerla viva ci pensa l’enorme serbatoio del Paese. La verità, infatti, è che è l’Italia la causa della corruzione italiana: lo si può dire senza rischiare l’accusa di lesa maestà? Chi si ostina a credere che «il problema è politico», che tutto si riduca a destra e sinistra, lo sa che le tangenti continuano a girare vorticosamente anche nel privato: che dappertutto qui da noi, quando ci sono soldi in ballo, non si dà e non si fa niente per niente?
Lo sa che i concorsi più vari (non solo le gare d’appalto!) sono sempre, in misura maggiore o minore, manipolati? Riservati agli amici e ai protetti quando non direttamente truccati in un modo o nell’altro dai concorrenti con la complicità delle commissioni, e il tutto naturalmente in barba a ogni credo politico? E che colore politico pensa che abbia l’evasione fiscale dilagante? O i tentativi a cui si dedicano incessantemente milioni di italiani di violare i regolamenti urbanistici ed edilizi in tutti i modi possibili e immaginabili (spessissimo riuscendoci grazie all’esborso di mazzette)? E a quale schieramento politico addebitare, mi chiedo, il sistematico taglieggio che da noi viene praticato da quasi tutti coloro che offrono una merce o un servizio al pubblico, come le società autostradali, quelle di assicurazione, le compagnie telefoniche, le compagnie petrolifere, quelle aeree, le banche, le quali tutte possono a loro piacere fissare tariffe esagerate, imporre contratti truffaldini, balzelli supplementari, clausole capestro, sicure dell’impunità? Sì lo so, tecnicamente forse non è corruzione. Ma so pure che in molti altri Paesi comportamenti del genere sono severamente sanzionati anche sul piano penale. Da noi no, sono considerati normali. Perché?
La risposta è nella nostra storia profonda, nei suoi tratti negativi che i grandi ingegni italiani hanno sempre denunciato: poca legalità, assenza di Stato, molto individualismo anarchico, troppa famiglia, e via enumerando. Perciò l'Italia è apparsa tante volte un Paese bellissimo ma a suo modo terribile. E lo appare ancor di più oggi, dopo aver perso anche gli ultimi pezzi delle sue fedi e dei suoi usi antichi. Più terribile e incarognito che mai. Più corrotto. Spesso queste cose le capisce per prima l'arte, e in particolare il cinema, il nostro cinema, a cui tanto deve la conoscenza di ciò che è stata ed è l'Italia vera. Quell'Italia vera che riempie, ad esempio, le immagini dell'ultimo film di Pupi Avati, Il fratello più piccolo, in arrivo proprio in questi giorni nelle sale cinematografiche. Un ritratto spietato di che cosa è diventato questo Paese: una società dove gli unici «buoni» sembra non possano che essere dei disadattati senz’arte né parte; dove, nell'ultima scena, dal volto pur devastato e ormai annichilito di un grandissimo De Sica, ladro e canaglia ridotto all'ozio forzato su un terrazzino di periferia, non cessa tuttavia di balenare il guizzo di un’inestinguibile mascalzonaggine. È di una lucida resa dei conti del genere che abbiamo bisogno; di guardare a fondo dentro di noi e dentro la nostra storia. Non di credere, o di fingere di credere, che cambiare governo serva a cambiare tutto e a diventare onesti.
Che ne pensate?Della Loggia ha centrato il punto?Siamo davvero un paese che campa su favori,raccomandazioni,tangenti e mazzette.....salvo poi svegliarsi ogni TOT anni e tirare le monetine dietro a questo o quel politico che viene beccato con le mani in pasta?La politica si "limita" a rispecchiare un tendenza alla corruzione che è già di suo presente nel paese,o è uno dei fattori che alimenta tale tendenza?
E se davvero Della Loggia ha ragione,come la invertiamo questa tendenza?
Come sempre.....a voi..... :D :D :wacko:
E' una domanda a cui non so rispondere o meglio non so rispondere del tutto. La domanda principale penso debba invece essere: "Quanto conta la politica"? Cioè è la politica a essere influenzata dai cittadini o viceversa? Secondo me sono vere entrambe le cose, soprattutto nei regimi democratici rappresentativi. Chi governa è espressione del voto ma il voto è comunque influenzato da chi governa, e così via.
In definitiva direi che il cittadino comune è sicuramente responsabile della situazione del proprio Paese ma è anche vero che poi le decisioni che contano vengono prese dalla classe dirigente. Certo un Paese con cittadini "migliori" ha più probabilità di produrre una classe dirigente migliore ma non è poi così scontato.
Centrando questo discorso sul tema della corruzione direi che essa è più frequente e diffusa nei Paesi più statalisti e centralizzati, quelli che tendono a tutelare la massa piuttosto che a lasciar libero l'individuo e l'Italia è appunto uno di questi Stati. In questo vedo la responsabilità diretta del cittadino italiano che notoriamente preferisce il posto fisso, la casa fissa, si sposta poco, vive in famiglia, etc... Lo Stato viene visto come una grande mamma a cui chiedere continuamente la paghetta e non come un'ente indipendente che seleziona i forti e abbandona i deboli.
Ci vorrebbe una politica più liberale insomma, ma visto che queste politiche in Italia sono sempre state impopolari, allora forse è vero che la politica è solo l'ultimo dei problemi.
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
un'ente indipendente che seleziona i forti e abbandona i deboli.
minch*a, che definizione di Stato sarebbe? :figo:
neanche il Terzo Reich...
non è mica lo Stato a dover selezionare i forti e abbandonare i deboli, che follia è mai questa?
semmai è il sistema economico a doverlo fare, e lo Stato deve al contrario porsi come arbitro, garantendo a tutti le stesse opportunità e lo stesso trattamento nonchè una soglia minima di "abbandono" per dei deboli (che più lo Stato sarà ricco più potrà essere alta... insomma mettere dei limiti alla "legge del più forte")
Concordo, ma non è tutto qui. C'è davvero qualcosa di inerente a una cultura, secondo me.Chi governa è espressione del voto ma il voto è comunque influenzato da chi governa, e così via.
Elsa Morante nel 1945 ha scritto:
«Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo. Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale. La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto. Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt'al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po' ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente e causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano.
Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare».
(Elsa Morante, Opere, vol. I, Mondadori (Meridiani), Milano 1988, L-LII.)
Ora mi sentirei di affermare che, dopo 65 anni, il popolo italiano non sia cambiato granché in fatto di "gusti" nella scelta del proprio leader.
un'ente indipendente che seleziona i forti e abbandona i deboli.
minch*a, che definizione di Stato sarebbe? <_<
neanche il Terzo Reich...
non è mica lo Stato a dover selezionare i forti e abbandonare i deboli, che follia è mai questa?
semmai è il sistema economico a doverlo fare, e lo Stato deve al contrario porsi come arbitro, garantendo a tutti le stesse opportunità e lo stesso trattamento nonchè una soglia minima di "abbandono" per dei deboli (che più lo Stato sarà ricco più potrà essere alta... insomma mettere dei limiti alla "legge del più forte")
L'ho scritto di fretta e in effetti ho scritto una vaccata. In realtà è tutto il contrario di quello che volevo dire. Sono d'accordo con quanto tu dici.
Concordo, ma non è tutto qui. C'è davvero qualcosa di inerente a una cultura, secondo me.
Chi governa è espressione del voto ma il voto è comunque influenzato da chi governa, e così via.
Elsa Morante nel 1945 ha scritto:
«Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo. Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale. La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e il tornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto. Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt'al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po' ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente e causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano.
Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare».
(Elsa Morante, Opere, vol. I, Mondadori (Meridiani), Milano 1988, L-LII.)
Ora mi sentirei di affermare che, dopo 65 anni, il popolo italiano non sia cambiato granché in fatto di "gusti" nella scelta del proprio leader.
In mezzo a quei 65 anni ci sono una moltitudine di personaggi che non hanno nulla a che vedere nè con Mussolini nè con Berlusconi (che comunque non so quanto abbiano effettivamente in comune). L'analisi è corretta quando è storica, in questo pezzo leggo il solito pistolotto moralistico dell'intellettuale medio che pretende di dispensare la buona novella al popolino bove.
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
Già, ma a quanto pare abbiamo la memoria corta. Sfido che subito dopo il 45 tutti si vergognavano di essere fascisti. Oggi, di esserlo, non si vergogna più nessuno.In mezzo a quei 65 anni ci sono una moltitudine di personaggi che non hanno nulla a che vedere nè con Mussolini nè con Berlusconi
Piú che di essere fascisti, credo si vergognassero si essere stati fastisci; nel senso: nel dopoguerra nessuno era fascista né lo era stato; c'era chi si considerava tale ma contemporaneamente se ne vergognava? Parimenti, oggi chi si vergognerebbe di essere fascista semplicemente non lo è.Sfido che subito dopo il 45 tutti si vergognavano di essere fascisti. Oggi, di esserlo, non si vergogna più nessuno
Guardando invece chi si considera tale, personalmente credo che almeno in parte sia una reazione estrema per rispondere ad altri estremismi: il fascismo, credo sia innegabile, ha fatto anche cose positive; questo non significa che globalmente sia stato un fenomeno positivo, né che vada visto di buon occhio, né nega le brutture che ha fatto; il giudizio complessivo può benissimo essere che a fronte di tali brutture le cose positive perdono di significato. Semplicemente, mi pare innegabile che ci siano stati, per quanto magari marginali, aspetti positivi.
Si trova però chi nega tali aspetti (nota: proprio negare la loro esistenza); chi porta l'odio al fascismo al punto da considerare piú grave un ragazzo che canta Faccetta Nera senza sapere che è una canzone fascista, rispetto a uno che coscientemente offende un altro; chi a fronte di eventi come quello giustifica anche una reazione violenta; ecc.
La mia impressione è che a fronte di simili comportamenti, che di fatto tra le altre cose negano il dialogo, ci sia una frangia di persone che per reazione inasprisce le proprie posizioni (cosa cui un'altra frangia reagirà inasprendo ancora le proprie, e cosí via; è una cosa di entrambe le parti, non ne sto additando una in particolare); personalmente, temo che a distanza di settant'anni semplicemente ci sia chi (da entrambe le parti) non riesce ad approcciare l'argomento in maniera oggettiva.
Già, ma a quanto pare abbiamo la memoria corta. Sfido che subito dopo il 45 tutti si vergognavano di essere fascisti. Oggi, di esserlo, non si vergogna più nessuno.
In mezzo a quei 65 anni ci sono una moltitudine di personaggi che non hanno nulla a che vedere nè con Mussolini nè con Berlusconi
Forse perchè fascisti non lo sono, o non si ritengono tali.
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
A mio parere, in termini molto semplici, le cose stanno così:Piú che di essere fascisti, credo si vergognassero si essere stati fastisci; nel senso: nel dopoguerra nessuno era fascista né lo era stato; c'era chi si considerava tale ma contemporaneamente se ne vergognava? Parimenti, oggi chi si vergognerebbe di essere fascista semplicemente non lo è.Sfido che subito dopo il 45 tutti si vergognavano di essere fascisti. Oggi, di esserlo, non si vergogna più nessuno
Ma cos'altro conta se non il giudizio complessivo, Mornon? Che senso ha valutare un singolo aspetto senza considerare tutti gli altri? Ad esempio, volare come Super Pippo può essere una cosa stupenda, ma non per questo ti lanci dal decimo piano, giusto?Guardando invece chi si considera tale, personalmente credo che almeno in parte sia una reazione estrema per rispondere ad altri estremismi: il fascismo, credo sia innegabile, ha fatto anche cose positive; questo non significa che globalmente sia stato un fenomeno positivo, né che vada visto di buon occhio, né nega le brutture che ha fatto; il giudizio complessivo può benissimo essere che a fronte di tali brutture le cose positive perdono di significato. Semplicemente, mi pare innegabile che ci siano stati, per quanto magari marginali, aspetti positivi.
Non è che li si nega: questo è quello che sembra a te. Semplicemente si indica la loro totale irrilevanza, come ho spiegato sopra. Questa è la cosa che, come ho potuto constatare ripetutamente in passato, hai sempre avuto qualche difficoltà ad apprezzare.Si trova però chi nega tali aspetti (nota: proprio negare la loro esistenza);
Il problema credo sia piú complesso: ci sono persone che sono fascisti senza vergognarsi di esserlo, ma ci sono anche persone che si considerano fascisti senza esserlo; nel senso: si auto-dichiarano fascisti, ma o senza sapere cosa sia (stato) veramente il fascismo, o avendo in mente una versione molto diversa (per esempio, senza leggi razziali).Oggi si è fascisti senza vergonarsi di essere fascisti
Certo: è un problema di cultura e di memoria, ma sono comunque fenomeni diversi.
Non ho detto che si debbano valutare singoli aspetti, ho detto che non vedo il senso di negare singoli aspetti; e le due cose sono profondamente diverse, non ultimo perché dire che non ha senso negare degli aspetti vuol esattamente dire che sono da considerarsi tutti. E sono da considerarsi tutti sia per questioni di memoria storia, sia perché... se non si considera la completezza del fenomeno, come si fa ad arrivare a un giudizio complessivo?cos'altro conta se non il giudizio complessivo, Mornon? Che senso ha valutare un singolo aspetto senza considerare tutti gli altri?
No, questo è quello che è stato esplicitamente detto da diverse persone; anche qui sul forum, se non ricordo male, un utente ha esplicitamente detto di negarli, e lo ha fatto in risposta alla mia considerazione "Li si può considerare irrilevanti, ma visto che ci sono stati non vedo il senso di negarlo". Ora come ora non riesco a trovare il commento specifico, ma è stato fatto.Non è che li si nega: questo è quello che sembra a te
Come detto, se si parla di considerarli irrilevanto è un conto; io parlo di chi li nega direttamente, che è un'altra cosa.
Poi puoi anche non credermi, ma ci sono state persone che mi hanno esplicitamente detto di negarli.
O, forse, per non so quale motivo non riesci a credermi quanto ti dico che c'è gente che proprio li nega; ma su questo non posso farci nulla: ti dico che ho esperito direttamente gente che nega quegli aspetti, tu non mi credi e ti convinci che sono io ad aver equivocato... non posso farci nulla: se non credi che abbia vissuto quelle esperienze, non è che possa in qualche modo convincerti. Però l'opzione piú semplice non mi pare essere che io abbia difficoltà ad apprezzare quanto dici (cosa che apprezzo, infatti dico che esistono entrambe le tipologie), quanto piuttosto che io conosca ciò che ho vissuto meglio di te.Semplicemente si indica la loro totale irrilevanza, come ho spiegato sopra. Questa è la cosa che, come ho potuto constatare ripetutamente in passato, hai sempre avuto qualche difficoltà ad apprezzare
Ora vedo se ritrovo il messaggio cui accennavo sopra; forse, vedendo uno che ha espressamente scritto di negarli mi crederai quando dico che, a fianco di chi considera irrilevanti quegli aspetti, c'è anche chi coscientemente li nega.
Purtroppo non riesco a trovarlo. Posso quindi solo dire che sono perfettamente conscio che c'è chi dice di negare le cose positive fatte dal fascismo come semplificazione del "Le ha fatte, ma nel complesso sono irrilevanti"; però ho personalmente discusso con persone che, a fronte dell'osservazione "Possono essere irrilevanti, ma se le hanno fatte non vedo il senso di negarle", hanno replicato che le negavano. Che non volevano dire che sono ininfluenti, ma che proprio le negavano. Non sto dicendo che siano piú o meno delle altre, non lo so; dico solo che, per esperienza personale, esistono.qui sul forum, se non ricordo male, un utente ha esplicitamente detto di negarli, e lo ha fatto in risposta alla mia considerazione "Li si può considerare irrilevanti, ma visto che ci sono stati non vedo il senso di negarlo". Ora come ora non riesco a trovare il commento specifico, ma è stato fatto
Piú che questo al momento non posso riportare, a te se credermi o no.
Direi che il tuo distinguo è, nel contesto in cui parliamo, del tutto irrilevante. Stiamo discutendo su come mai la politica italiana è quella che è: lo è perché gli italiani sono quello che sono, o lo è in quanto "politica"? Io ho fatto notare che esiste una certa "persistenza" nel modo in cui gli italiani scelgono i propri leaders. L'italiano quadratico medio è, secondo me, ben descritto dal pezzo di Elsa Morante. Opportunista, egoista, miope, o (brevemente) stupido. Il tuo perderti in dettagli irrilevanti ("ma c'è chi è fascista ma non sa di esserlo, e chi lo dice lo sa di esserlo ma non si vergognerebbe se sapesse di non esserlo, e bla, bla, bla...").Il problema credo sia piú complesso: ci sono persone che sono fascisti senza vergognarsi di esserlo, ma ci sono anche persone che si considerano fascisti senza esserlo; nel senso: si auto-dichiarano fascisti, ma o senza sapere cosa sia (stato) veramente il fascismo, o avendo in mente una versione molto diversa (per esempio, senza leggi razziali).Oggi si è fascisti senza vergonarsi di essere fascisti
Certo: è un problema di cultura e di memoria, ma sono comunque fenomeni diversi.
Commento questo, e tutto il resto dei quello che hai scritto: io sono totalmente dalla parte di chi nega sbrigativamente anche nel dettaglio ogni "cosa buona" fatta dal fascismo. Perché il risultato è lo stesso, non cambia nulla rispetto alla condanna finale e definitiva del fascismo. Perché se è irrilevante affermare che il fascismo ha fatto cose buone, è altrettanto irrilevante negare che le abbia fatte. Il dettaglio, qui, è irrilevante: è l'insieme la sola cosa che conta. L'insieme non è uguale alla somma delle parti.No, questo è quello che è stato esplicitamente detto da diverse persone; anche qui sul forum, se non ricordo male, un utente ha esplicitamente detto di negarli, e lo ha fatto in risposta alla mia considerazione "Li si può considerare irrilevanti, ma visto che ci sono stati non vedo il senso di negarlo". Ora come ora non riesco a trovare il commento specifico, ma è stato fatto.Non è che li si nega: questo è quello che sembra a te
Il tuo (e di altri) continuo insistere sul fatto che "il fascismo ha fatto anche delle cose buone" sottintende inevitabilmente che per voi queste cose buone sono rilevanti. Tanto è vero che sei lì a spulciare il forum in cerca di un messaggio che, di fatto, ha importanza nulla per quanto stiamo discutendo, perché nulla sposterebbe.
Ho solamente voluto fare un'osservazione: tu hai detto che oggi nessuno si vergogna di essere fascista, io ho replicato che credo ci sia chi si vergognerebbe, semplicemente per questo non è fascista; e che anche in passato chi lo era non so quanto se ne vergognasse.Direi che il tuo distinguo è, nel contesto in cui parliamo, del tutto irrilevante. Stiamo discutendo su come mai la politica italiana è quella che è: lo è perché gli italiani sono quello che sono, o lo è in quanto "politica"?
Libero di considerarla un'osservazione inutile, però non mi pare assurda. E con la direzione che aveva preso la discussione personalmente non mi pare irrilevante far notare che anche oggi c'è chi si vergognerebbe di essere fascista. Significa che la memoria c'è ancora.
Se poi dicevamo la stessa cosa in due modi diversi, meglio ancora.
Verissimo, io stesso l'ho detto; non considero però irrilevante negare aspetti - positivi o negativi che siano - di un fenomeno; il perché l'ho detto: sia per poterlo valutare nel suo complesso (se nego l'esistenza di una cosa, come posso valutare il fenomeno nella sua interezza? Dire che è irrilevante dovrebbe venire dopo l'analisi, non prima), sia per questioni di memoria storica. La memoria storica è importante, è verissimo; per me lo è anche per ricordare quei particolari, pur mettendoli all'interno del contesto e dargli il peso che meritano.se è irrilevante affermare che il fascismo ha fatto cose buone, è altrettanto irrilevante negare che le abbia fatte. Il dettaglio, qui, è irrilevante: è l'insieme la sola cosa che conta. L'insieme non è uguale alla somma delle parti
Inoltre, ho spiegato il perché di quell'osservazione: credo che ci sia chi inasprisce la propria posizione perché alla lunga si stufa di chi nega fatti storici, per quanto secondari possano essere; e in tal senso credo che la mia osservazione, per quanto opinabile, fosse legata al discorso che si stava sviluppando.
Poi, libero di non condividere; del resto, io non condivido che la secondarietà di un fatto storico renda irrilevante la sua negazione. Il revisionismo storico, a qualunque livello, è qualcosa che personalmente preferisco evitare.
Libero di pensarlo; certo è che se vedi sottintesi anche quando esplicitamente negati la discussione non può approdare a nulla. Spero almeno che tu dia il beneficio del dubbio a chi ti dice che non si sta sottintendendo niente del genere, ma che semplicemente dà fastidio il revisionismo storico, anche su particolari simili. Non dico di credergli, ma almeno di dargli il beneficio del dubbio. Altrimenti... che senso ha discutere, se non si crede alla buona fede degli interlocutori?Il tuo (e di altri) continuo insistere sul fatto che "il fascismo ha fatto anche delle cose buone" sottintende inevitabilmente che per voi queste cose buone sono rilevanti
Se uno ti dice che non implica quei sottintesi, puoi credere che reputi importante non negare quelle cose pur non considerandole rilevanti nel contesto completo?
Ho speso una mezz'oretta con la funzione ricerca, e l'ho fatto perché personalmente mi piace fornire fonti per le mie affermazioni, potendo. Se per te è tempo sprecato dubito di poterti farti cambiare idea; per me è tempo speso nel tentativo di fornire basi a una mia affermazione.Tanto è vero che sei lì a spulciare il forum in cerca di un messaggio che, di fatto, ha importanza nulla per quanto stiamo discutendo, perché nulla sposterebbe
Poi, io volevo solamente spiegare perché (in parte) a mio parere si arriva a determinati comportamenti, e l'ho fatto. Condividi? Non condividi? Sei convinto, pur non avendo assistito alle discussioni di cui parlo, che io abbia sempre e sistematicamente equivocato? Scegli tu, tanto se non credi quando ti dico di aver esperito direttamente certe cose non è che la discussione possa portare a qualcosa.
Comunque il mio scopo non era parlare dal fascismo, e non vorrei che la discussione deragliasse per questo. Volevo fare un'osservazione, l'ho fatta; tanto mi basta.
Di politica mi interesso poco, anche se in passato per motivi di studio lo dovuto fare, ma questo paese deve ripulirsi profondamente in tutte le sue classi dirigenti non solo quella politica anche se quest'ultima ha le responsabilità maggiori e più gravi. Posso dire che io sono orgoglioso di essere italiano per la nostra arte, la letteratura, la musica la cultura in senso più ampio per alcune pagine della nostra storia antica e recente ma per il resto mi vergogno profondamente del mio paese il più corrotto in Europa per non parlare delle nostre varie mafie. Una Nazione dove viene premiato sempre il più furbo e mai o quasi mai il merito, dove i riferimenti per avere successo nella vita sono il Grande Fratello, L'Isola degli pseudo famosi e altre amenità televisive varie. Un paese dove evadere le tasse è un merito e viene anche premiato, dove per fare carriera si è pronti a scendere a qualsiasi bassezza per fregare il prossimo o fare i più scabrosi compromessi. L'Italia cari amici è questa, anche peggio e perdonatemi se sono così pessimista ma non vedo all'orizzonte nessun possibile cambiamento.
Gil Galad - Stella di radianza
Il revisionismo storico è affermare che "il fascismo qualcosa di buono l'ha fatto". Nient'altro.Il revisionismo storico, a qualunque livello, è qualcosa che personalmente preferisco evitare.