Ma assolutamente no: quello che ha detto Kant significa semplicemente che, al di là delle nostre sensazioni, esiste una effettiva realtà. Questo è di importanza enorme, perché anche se questa realtà resta inconoscibile è una garanzia di coerenza di fondo, una garanzia che le nostre sensazioni sono in relazione coerente con la realtà.
però mi sembra un discorso speculare a quello che facevi sull'etica... le nostre sensazioni non sono anch'esse parte della realtà effettiva e concreta?
Per rispondere a Balon:
- sul criticismo di Kant, ha già detto tutto Tyrion -_-
- sulla differenza fra "questa torta" e "l'idea di torta" ti rimando alla disputa sugli universali, oltre che alle critiche all'idealismo fatte da Schopenhauer/Feuerbach/Marx.
Per Platone una cosa perfetta semplicemente non decade - e nulla vieta che questa cosa perfetta possa realizzarsi nel mondo reale piuttosto che essere limitata all'iperuranio. Altrimenti non si spiega perche' mai cerchi di realizzare lo stato ideale qui, sulla terra, non accontentandosi di relegare tale ideale all'iperuranio.
Sì e no, nel senso che Platone si rese effettivamente conto dell'impossibilità di realizzare sulla Terra lo stato ideale. Tra l'altro, secondo le fonti pare che alla fine della sua vita Platone si arrese: l'unica "idea" di cui riuscì a mantenere intatto il concetto ed in cui risolse tutta la realtà fu il numero (riavvicinandosi dunque a quanto già detto dai pitagorici).
Io non ho il minimo dubbio che l'umanita' sia parte della realta'...
Sì ok.... E dunque? La semplice esistenza di una cosa nella realtà non la rende giusta/razionale/immutabile. Io insisto: si trovi un principio su cui fondare la morale. Limitarsi ad affermare che "l'etica è reale, punto" è una strada infeconda.
Ma assolutamente no: quello che ha detto Kant significa semplicemente che, al di là delle nostre sensazioni, esiste una effettiva realtà. Questo è di importanza enorme, perché anche se questa realtà resta inconoscibile è una garanzia di coerenza di fondo, una garanzia che le nostre sensazioni sono in relazione coerente con la realtà.
No, alt: questo è quello che diceva Cartesio (si veda il concetto di dubbio iperbolico e di Dio come garante della realtà). Kant ti dice che può esistere un noumeno (lui personalmente ne era convinto), la cui esistenza non è provabile (in quanto non empirica) ma può solo essere postulata. La "garanzia" kantiana di cui parli è che le nostre capacità intellettive ci permettono di cogliere esattamente la realtà fenomenica, cioè per come appare a tutti noi esseri umani (che poi questa corrisponda effettivamente alla realtà in sé = noumeno non ci è dato saperlo, proprio perché il noumeno è inconoscibile).
La "garanzia" kantiana di cui parli è che le nostre capacità intellettive ci permettono di cogliere esattamente la realtà fenomenica, cioè per come appare a tutti noi esseri umani (che poi questa corrisponda effettivamente alla realtà in sé = noumeno non ci è dato saperlo, proprio perché il noumeno è inconoscibile).
ma le nostre capacità intellettive sono nuomeno o fenomeno? o qualcos'altro? insomma le "sensazioni" "autocoscienza" mi sembrano pericolosamente in una terra di nessuno.
se la sensazione, l'intelletto è un fenomeno, al pari di un cucchiaio o di un piede, mi sembra azzardato affermare che attraverso essa si possa cogliere esattamente tutta la realtà fenomenica.
se invece si avvicina più al nuomeno, insomma va "oltre il fenomeno" beh, allora non si può dire certo che il nuomeno sia inconoscibile, se è attraverso il nuomeno che si coglie il fenomeno
La semplice esistenza di una cosa nella realtà non la rende giusta/razionale/immutabile. Io insisto: si trovi un principio su cui fondare la morale. Limitarsi ad affermare che "l'etica è reale, punto" è una strada infeconda.
ciò che è reale è razionale -_-
ciò che è reale è razionale :lol:
Me lo aspettavo! Colpo basso :( Quel cialtrone di Hegel ne ha sparate tante, ma questa poi!!!
ma le nostre capacità intellettive sono noumeno o fenomeno?
Touché :) Kant ritiene che le facoltà conoscitive del'uomo siano universali, assolutamente valide entro i propri limiti e bastanti a giustificare la fondatezza delle scienze quali la matematica e la fisica; sono forme a priori (cioè antecedenti all'esperienza). Tuttavia, la domanda che ti sei posto costituisce uno dei veri punti interrogativi della sua filosofia [nota: personalmente non ho mai letto la Critica della Ragion Pratica, se qualcuno lo ha fatto e può fornire maggiori delucidazioni in merito ben venga!]. Non a caso Schopenhauer (che si proponeva di "completare" la dottrina kantiana) parte proprio da qui: secondo il mio adorato la nostra vita interiore è una manifestazione dell'unica vera radice noumenica della realtà, che è la volontà di vivere.
ORA stiamo forse andando OT... -_-
Sì e no, nel senso che Platone si rese effettivamente conto dell'impossibilità di realizzare sulla Terra lo stato ideale. Tra l'altro, secondo le fonti pare che alla fine della sua vita Platone si arrese: l'unica "idea" di cui riuscì a mantenere intatto il concetto ed in cui risolse tutta la realtà fu il numero (riavvicinandosi dunque a quanto già detto dai pitagorici).
Non lo sapevo. Ma dove lo dice?
Io non ho il minimo dubbio che l'umanita' sia parte della realta'...Sì ok.... E dunque? La semplice esistenza di una cosa nella realtà non la rende giusta/razionale/immutabile.
Ma il contesto in cui ho detto questa frase non era questo... Rispondevo alla tua affermazione che l'etica sia separata dalla realtà, e non "emerga" da questa. So bene che cosa stai difendendo (e ti assicuro che lo apprezzo, perché ovviamente concordo): vuoi solo dire che l'etica non è... deducibile logicamente, diciamo. Che non possiamo fondarla su leggi matematiche o fisiche, come facciamo per altri fenomeni. È ovvio che sia cosí (altrimenti saremmo costretti a negare la libertà). Esiste una "sfera della libertà" (e a me piace pensare che dobbiamo difenderla - come sono certo volesse difenderla anche Kant). Voglio però sottolineare che (almeno secondo me) l'etica è un fenomeno emergente dalla realtà, e deriva da essa secondo modalità abbastanza evidenti, evolutive: l'etica discende da un fondamentale istinto di sopravvivenza (che esiste in quanto una specie vivente che ne sia priva è una contraddizione in termini).
Io insisto: si trovi un principio su cui fondare la morale.
Ecco, vedi sopra. Sopravvivenza, dell'individuo, della specie, della vita stessa.
Limitarsi ad affermare che "l'etica è reale, punto" è una strada infeconda.
Ma certo, però dovrò ben rispondere alle tue questioni, no? Non mi piace l'idea di una etica sospesa nel vuoto e staccata da tutto, indipendente dalla realtà. Non mi sembra sensato.
Ma assolutamente no: quello che ha detto Kant significa semplicemente che, al di là delle nostre sensazioni, esiste una effettiva realtà. Questo è di importanza enorme, perché anche se questa realtà resta inconoscibile è una garanzia di coerenza di fondo, una garanzia che le nostre sensazioni sono in relazione coerente con la realtà.No, alt: questo è quello che diceva Cartesio (si veda il concetto di dubbio iperbolico e di Dio come garante della realtà).
No, io volevo proprio citare Kant, non Cartesio. Cartesio non m'interessa... :(
Kant ti dice che può esistere un noumeno (lui personalmente ne era convinto), la cui esistenza non è provabile (in quanto non empirica) ma può solo essere postulata.
Ma questo è ovvio... È ovvio che il noumeno possa essere solo postulato - ma resta il fatto che Kant, comunque, lo postula. Sa che è un postulato (e questo va tutto a suo onore: dimostra la sua assoluta grandezza). Scusa se non metto tutti i puntini sulle i, ma non mi sembrava essenziale per la discussione che stavamo facendo.
La "garanzia" kantiana di cui parli è che le nostre capacità intellettive ci permettono di cogliere esattamente la realtà fenomenica, cioè per come appare a tutti noi esseri umani (che poi questa corrisponda effettivamente alla realtà in sé = noumeno non ci è dato saperlo, proprio perché il noumeno è inconoscibile).
Secondo me è un po' più sottile di cosí (ora sono io a fare il pignolo... -_- ). Però non sono sicuro di riuscire a spiegarmi (non sono un filosofo di mestiere)... Allora, d'accordo sulla distinzione fra noumeno e fenomeno; meno d'accordo sul fatto che il fenomeno possa correre il rischio di essere confuso col noumeno. Oddio, può succedere a livelli estremamente primitivi di pensiero, ma nell'istante in cui sorge il concetto (elementare, dai) di "apparenza", o ci si rende conto che esiste la soggettività (e qui rientriamo nel tema originale), ecco che si diventa consapevoli del noumeno (o meglio, se ne "indovina" l'esistenza). Questa è la base del pensiero scientifico. Che come ho già detto altre volte, nasce da un postulato metafisico: che esista il noumeno, sorgente della fenomenologia.
Adesso, abbi pietà, non sono un filosofo, lo so, ma facciamo a capirci! :lol:
però mi sembra un discorso speculare a quello che facevi sull'etica... le nostre sensazioni non sono anch'esse parte della realtà effettiva e concreta?
Rispondo a questo (mi sembra che tu abbia posto questa stessa domanda diverse volte, dimmi se rispondendo qui rispondo a tutto). Certo che le nostre sensazioni sono parte della realtà effettiva e concreta. Le possiamo infatti studiare come se fossero "cose" - non accedendo a queste "cose", ma scoprendo le relazioni che esistono fra di esse. Noi possiamo studiare solo le relazioni, e tali relazioni "inquadrano" gli oggetti di studio mettendoli in relazione fra loro (mi pare che abbiamo già fatto questo discorso in passato).
Non mi so spiegare bene, e allora faccio un esempio. Un fisico parla di "forza". Tu gli chiedi: "Ma cos'è la forza?". Il fisico ti risponde: "È la massa moltiplicata per l'accelerazione" (accelerazione impressa da una certa forza a un corpo avente una certa massa). Allora tu insisti: "Sí, vabbè, e cos'è la massa?". E il fisico, tranquillo: "È il rapporto tra forza e accelerazione". "OK, ma l'accelerazione cos'è?". Il fisico tossicchia: "È la forza divisa per la massa"...
Il punto è che nessun fisico saprà mai dirti che cos'è essenzialmente la forza: potrà solo mettertela in relazione con altre "cose" (massa, accelerazione - che ugualmente non sa definire!). Il fisico ha rinunciato a definire le "cose", e si accontenta di studiare le relazioni fra le cose. Le relazioni fra le cose sono il fenomeno. Massa, forza, accelerazione, energia, tempo - sono il noumeno (o parte di questo, se vogliamo).
Cosí l'ho capita io... Ora sbranatemi, ma con gentilezza... -_-
Il punto è che nessun fisico saprà mai dirti che cos'è essenzialmente la forza: potrà solo mettertela in relazione con altre "cose" (massa, accelerazione - che ugualmente non sa definire!). Il fisico ha rinunciato a definire le "cose", e si accontenta di studiare le relazioni fra le cose. Le relazioni fra le cose sono il fenomeno. Massa, forza, accelerazione, energia, tempo - sono il noumeno (o parte di questo, se vogliamo).
quindi non è che il noumeno sia "inconoscibile", semplicemente è inconoscibile isolatamente, ma diventa conoscibile attraverso le relazioni con altri noumeni (magari solo parzialmente conoscibile, forse per conoscerlo perfettamente bisognerebbe metterlo in relazione con TUTTI i noumeni... che non è poi in soldoni quello che la teoria del tutto si propone?) .
quindi non è che il noumeno sia "inconoscibile", semplicemente è inconoscibile isolatamente, ma diventa conoscibile attraverso le relazioni con altri noumeni (magari solo parzialmente conoscibile, forse per conoscerlo perfettamente bisognerebbe metterlo in relazione con TUTTI i noumeni... che non è poi in soldoni quello che la teoria del tutto si propone?) .
Ben alzato... :stralol:
No, io direi che il noumeno è proprio inconoscibile, proprio perché non riuscirò mai a definirlo (non so definire "energia" - e magari non esiste nemmeno una "cosa" che corrisponda al concetto di "energia, che è probabilmente solo un concetto convenzionale che ci aiuta a calcolare e prevedere i fenomeni).
La TOE (che non esiste, e non è detto nemmeno che possa esistere) cerca semplicemente una regola fondamentale dalla quale possa essere derivata tutta la fenomenologia nota (e magari pure ignota, se la teoria è "giusta").
L'oggetto resta opaco.
L'oggetto resta opaco.
mmm.. la massa, il tempo,accelerazione, l'energia, non sono definibili, non sono conoscibili.
ma tempo, massa, accelerazione ecc, più che "oggetti", sono vere e proprie "relazioni" fra oggetti. ovvero quello che tu hai definito fenomeno.
quindi è anche il fenomeno ad essere inconoscibile :stralol:
non è conoscibile il noumeno (cos'è veramente "l'elettrone"), non è conoscibile il fenomeno (cos'è veramente "l'accelerazione")... insomma cosa è conoscibile?
mmm.. la massa, il tempo,accelerazione, l'energia, non sono definibili, non sono conoscibili.
ma tempo, massa, accelerazione ecc, più che "oggetti", sono vere e proprie "relazioni" fra oggetti. ovvero quello che tu hai definito fenomeno.
No, sono proprio "oggetti".
quindi è anche il fenomeno ad essere inconoscibile :stralol:
Il fenomeno invece è la relazione fra oggetti - ed è conoscibile. Io conosco la relazione fra forza, massa e accelerazione, ma non conosco forza, massa, e accelerazione.
Sì e no, nel senso che Platone si rese effettivamente conto dell'impossibilità di realizzare sulla Terra lo stato ideale. Tra l'altro, secondo le fonti pare che alla fine della sua vita Platone si arrese: l'unica "idea" di cui riuscì a mantenere intatto il concetto ed in cui risolse tutta la realtà fu il numero (riavvicinandosi dunque a quanto già detto dai pitagorici).
Non lo sapevo. Ma dove lo dice?
Se hai pazienza qualche giorno ti vado a cercare il testo ^_^
Ma il contesto in cui ho detto questa frase non era questo... Rispondevo alla tua affermazione che l'etica sia separata dalla realtà, e non "emerga" da questa. So bene che cosa stai difendendo (e ti assicuro che lo apprezzo, perché ovviamente concordo): vuoi solo dire che l'etica non è... deducibile logicamente, diciamo. Che non possiamo fondarla su leggi matematiche o fisiche, come facciamo per altri fenomeni. È ovvio che sia cosí (altrimenti saremmo costretti a negare la libertà). Esiste una "sfera della libertà" (e a me piace pensare che dobbiamo difenderla - come sono certo volesse difenderla anche Kant).
Ok, ora è più chiaro... E concordo. Avevo frainteso, dalle tue precedenti esposizioni avevo inteso che tu volessi fare dell'etica una sorta di cosa in sé autonoma che nasce necessariamente e spontaneamente dalla realtà.
Io insisto: si trovi un principio su cui fondare la morale.
Ecco, vedi sopra. Sopravvivenza, dell'individuo, della specie, della vita stessa.
Ergo volontà di vivere? :dart:
No, alt: questo è quello che diceva Cartesio (si veda il concetto di dubbio iperbolico e di Dio come garante della realtà).
No, io volevo proprio citare Kant, non Cartesio. Cartesio non m'interessa... :blink:
Lo so che Cartesio non lo consideri nemmeno, volevo solo precisare (altrimenti chi è meno ferrato su certi argomenti fatica a seguire il discorso).
d'accordo sulla distinzione fra noumeno e fenomeno; meno d'accordo sul fatto che il fenomeno possa correre il rischio di essere confuso col noumeno. Oddio, può succedere a livelli estremamente primitivi di pensiero, ma nell'istante in cui sorge il concetto (elementare, dai) di "apparenza", o ci si rende conto che esiste la soggettività (e qui rientriamo nel tema originale), ecco che si diventa consapevoli del noumeno (o meglio, se ne "indovina" l'esistenza).
Ma infatti non è così: il fenomeno non viene mai confuso col noumeno, secondo Kant (o almeno, non dovrebbe mai accadere). Tuttavia, per Kant il fenomeno resta un'interpretazione universale ed esatta di come la realtà si manifesta all'uomo. Chi pone l'accento sul concetto di soggettività dell'interpretazione e sulla sua dimensione di "apparenza/illusione" è Schopenhauer, e Nietzsche da lui la riprende.
Comunque siamo arrivati al dunque: hai espresso il principio secondo cui, nella tua ottica, deriva l'etica. Parliamone :stralol:
Io conosco la relazione fra forza, massa e accelerazione
sì ma la relazione (fenomeno) fra forza e massa (noumeni) è l'accelerazione (che è un fenomeno in quanto relazione, ma diventa un noumeno nel momento in cui gli dai un nome?).
quindi la relazione tra forza e massa la conosci ma l'accelerazione no?
inoltre introduco un altro tema... tutto questo discorso su conoscibilità/indefinibilità del noumeno/fenomeno parte da un presupposto alquanto controverso: che la stessa conoscenza sia conoscibile attraverso l'intelletto stesso.
la conoscenza, nota bene... non la relazione tra qualcosa, ma proprio "l'oggetto" conoscenza "il mettere in relazione le cose", che viene definito e conosciuto attraverso sè stesso (e quindi senza la relazione con altre cose)...
Comunque anche stabilire che forza e massa sono due noumeni è alquanto arbitraria come cosa...
Io conosco la relazione fra forza, massa e accelerazionesì ma la relazione (fenomeno) fra forza e massa (noumeni) è l'accelerazione (che è un fenomeno in quanto relazione, ma diventa un noumeno nel momento in cui gli dai un nome?).
quindi la relazione tra forza e massa la conosci ma l'accelerazione no?
L'accelerazione la conosco solo in quanto relazione fra forza e massa. Non di più. Non so definirla. E questo è quanto! :stralol:
inoltre introduco un altro tema... tutto questo discorso su conoscibilità/indefinibilità del noumeno/fenomeno parte da un presupposto alquanto controverso: che la stessa conoscenza sia conoscibile attraverso l'intelletto stesso.
la conoscenza, nota bene... non la relazione tra qualcosa, ma proprio "l'oggetto" conoscenza "il mettere in relazione le cose", che viene definito e conosciuto attraverso sè stesso (e quindi senza la relazione con altre cose)...
Farei lo stesso discorso fatto per l'accelerazione... Però ora sono sicuro che siamo OT. :dart:
Comunque siamo arrivati al dunque: hai espresso il principio secondo cui, nella tua ottica, deriva l'etica. Parliamone :blink:
Mi piacerebbe, ma di nuovo, mi pare che siamo OT. Magari puoi aprire una discussione su "Da dove deriva l'etica"? ^_^
Beh ma se non sbaglio il post parlava di relatività ed oggettività... L'etica mi sembra sia l'oggetto più importante di questa diatriba. Poi non so, fate vobis moderatoribus :stralol: