Il punto è che a quanto ne so non c'è nulla che neghi che il ruolo del mito nella nazione: ruolo non inteso come "Dal mito è nata la nazione", ma come un'influenza, anche a livello di identità, dell'avere un unico mito, condiviso con tutti gli altri. La nascita delle nazioni, in tutto il suo divenire (visto che non è capitato da un momento all'altro), reputo abbia influenzato il mito; perché il mito, la coincidenza anche parziale di credenze, non potrebbe aver influito in qualche modo su tale nascita? Sarebbe sostenere che la cultura, i punti, in comune tra i popoli che formarono la nazione non influenzarono la sua nascita; cosa che onestamente mi pare infondata. Se io e un altro abbiamo la stessa cultura, è piú facile avvicinarsi, rispetto a due con culture diverse.Come ho già scritto, forse una cosa simile puo' ritrovarsi nel mondo greco, ma con le dovute distinzioni. L'Ateniese si sentiva diverso dallo Spartano essendo di schiatta ionica e non dorica, ma erano altre le distinzioni che pesavano. Nel famoso discorso di Pericle riportato da Tucidite è lo stesso statista a mettere in chiaro quali erano le differenze che davvero contavano. Uscendo dal mondo greco il discorso della De Mari perde del tutto di significato
Non riesco a capire se sono io che mi esprimo male o per quale altro motivo continui a dire questo: come già detto, la De Mari sostiene l'esistenza delle fiabe, nel mondo ellenico (di certo) come in quello pre-caduta impero romano (a memoria). Lei non afferma che non esistessero, lei dice che c'erano.affermare che le fiabe non esistessero prima della caduta dell'impero romano è assurdo
"L'argomento ex silentio", come lo chiami, è preso dalla De Mari per spiegare come altri sostengono la loro tesi, ma lei lo contesta e argomenta il perché è assurdo; l'ex silentio è privo di significato? Sí, e anche la De Mari lo dice.
Cosa in "lei sostiene l'esistenza delle fiabe, che semplicemente non sono state tramandate" non è chiaro? " />
Il Punto Mornon è che io, francamente, non so quello che sai tu. Hai qualche argomentazione a sostegno delle tue ipotesi? Mi puoi citare popoli antichi, perchè di antichità si tratta, che si facevano forza del mito e di qualche eroe epico per manifestare la propria diversità sugli altri? Ettore ti sembra forse dipinto come icona dell'eroe barbarico? Sei liberissimo di esprimere le idee che preferisci, però, dovresti portami un minimo indizio a supporto di quello che affermi, non credi?
A pagina 20 avevo effettivamente attribuito il pensiero di Propp alla De Mari, la cosa sembrava effettivamente troppo grossa.
Io non sto sostenendo questo: il mio punto è che il mito, nello specifico avere un mito almeno nelle sue linee generali in comune, può aver influenzato ed aiutato la nascita di un'affiliazione, in quanto gettava delle basi comuni tra le persone, affiliazione che, mentre nasceva e aumentava, ha a sua volta influenzato il mito, in un'influenza reciproca. Questo, notare, non è necessariamente una cosa conscia, anzi facilmente non lo è stata, ma reputo comunque che una simile cosa abbia potuto influenzare e aiutare il processo. Del resto, è piú facile legare con persone con cui si hanno cose in comunque.Hai qualche argomentazione a sostegno delle tue ipotesi? Mi puoi citare popoli antichi, perchè di antichità si tratta, che si facevano forza del mito e di qualche eroe epico per manifestare la propria diversità sugli altri?
A memoria, direi che nemmeno la De Mari sostiene che nel passato i popoli usavano consciamente il mito per manifestare la propria diversità, ma potrei sbaglirmi; eventualmente cercherò di capire se il suo punto sia quello.
Comunque, i cristiani si diversificavano dagli altri in funzione del loro credo cristiano; si potrebbe dire che il cristianesimo non è un mito, ma come si può esserne certi? Oggi noi consideriamo miti tutti i pantheon antichi, però nell'antichità erano considerati reali.
Certo, dal cristianesimo non è nata una nazione, però perché si sono affiliati, hanno formato un gruppo coeso? Perché alla base avevano qualcosa in comune in cui credevano. Alla base delle nazioni c'è, almeno in parte, un processo simile? Non posso esserne certo, ma non mi pare cosí improbabile.
Vedendola al contrario, se l'avere un mito unico non ha avuto peso nell'identificazione dei popoli, come mai ci sono popoli, aree geografiche, che grossomodo hanno un mito comune? Dubito che mito e popolo si siano sviluppati separatamente, o che sia tutto nato e unificato a posteriori. Per dirla in altri termini, un popolo nasce da un mito comune, o un mito comune nasce da un esistente popolo? A mio parere, entrambe le cose, che crescendo si sono influenzate vicendevolmente. Sostenere il contrario mi pare sostenere che un popolo può svilupparsi senza subire influenze dai credo comuni, e onestamente mi pare implausibile.
Poi, ogni popolo contrapponeva i suoi dei a quelli degli stranieri, nel senso che si distinguevano da essi anche in forza del suo diverso credo, e che non assumeva il culto straniero non appena questo arrivava, come se nulla fosse. Certo, non era una cosa del tipo "Il mio mito è comune, tienti il tuo", ma era creduto vero, ed era creduto vero da un vasto gruppo di persone. E non a caso quando due popoli iniziano a fondersi si fondono anche culture e religioni, è piú facile riconoscersi in un gruppo se questo gruppo ha basi simili alle nostre.
A livello di eventi storici, non so se si possano trovare esempi tali da dire "Qui è chiarissimo che questo popolo sta opponendo il suo mito e da esso sta nascendo come Nazione", però ogni gruppo nasce perché c'è un qualcosa di fondo condiviso (questo forum è un gruppo, i cui membri si incontrano anche dal vivo, ed è nato per l'apprezzamento comune per le opere di un autore), e gli stessi popoli hanno (avevano) tra le distinzioni quella religiosa, che altro non è che parte del mito. Perché alla base di affiliazioni su larga scala non ci potrebbe essere qualcosa di analogo, con alla base una cosa comune ritenuta vera?
Lei lo contesta proprio, se ricordi attraverso il contro-esempio della riproduzione per gemmazione, facendo vedere come la mancanza di attestazioni di una certa abitudine/abitudine/forma artistica non implica che quell'abitudine/ecc. non ci fosse.A pagina 20 avevo effettivamente attribuito il pensiero di Propp alla De Mari, la cosa sembrava effettivamente troppo grossa
La de Mari ritiene che il Mito favorisca il senso dell'appartenenza, quello che dico io, e che ho ripetuto sino allo sfinimento è che il Mito non è motivo di distinzione, nel bene o nel male. Ogni città aveva il suo eroe eponimo nell'antica Grecia, ma era funzionale all'aristocrazia cittadina che spesso riteneva di esservi discesa. Quando Erodoto arriva in Egitto discute con i sacerdoti delle "antiche storie" e loro tranquillamente gli riferiscono la loro versione anche della "Guerra di tr**a". In ambito mitico e religioso l'unica discrasia era rappresentata dagli ebrei, che non erano disprezzati per la loro appartenenza etnica, ma per il loro credo religioso. Quando Alessandro arriva nell'oasi di Siwa non ha remore a farsi dichiarare figlio di Amon. Tutto questo per dire che i contrasti, quando c'erano, erano alimentati da altro, non certo da differenze dattate dal patrimonio religioso o mitico. Il Cristianesimo cambia le cose: i pagani con Giustiniano non vengono più tollerati, Germani e Romani hanno contrasti non per ragioni etniche: mentre i primi sono di credo ariano i secondi rimangono cattolici. I Franchi di Carlo Magno combatteranno strenuamente i Sassoni che non volevano rinunciare al paganesimo. La religione influisce, dunque, positivamente o negativamente solo con l'avvento del cristianesimo.
La De Mari cita il mito di Re Artù, un presunto re celto/romano che si oppone agli angli e ai sassoni, ma non mi sembra che i gallesi se ne siano mai avvalsi per vantare la loro particolarità. Io non voglio crocifiggere l'autrice, ma il difetto della De Mari è di fare affermazioni lapidarie senza portare alcuna prova o navigando a vista tra miti e più di 2000 anni di storia. L'impressione che fornisce è di un caotico purpurì tra storia, psicanalisi e mitologia.
... e Io che pensavo fosse un buon libro per ragazzi...... " />
L'ultimo elfo e L'ultimo orco SONO ottimi libri per ragazzi, il drago come realtà invece è un saggio...anzi per la verità è la trascrizione di interventi della De Mari in sue conferenze, che la Salani ha pubblicato forse sull'onda del successo dei libri precedenti. Da qui l'impressione (che anch'io ho avuto) che si tratti di un libro un po' frettoloso, disorganizzato e poco approfondito, anche se con molte intuizioni e suggestioni. Lei scrive splendidamente, ha un linguaggio semplice e coinvolgente anche nel parlare di argomenti complessi, però... io mi aspettavo qualcosa di più specifico sull'uso, l'importanza e i significati delle fiabe e del fantastico...invece questo saggio resta appunto una riflessione più generale e superficiale e anche un po' troppo "personalistica". Non ho le conoscenze nè di Mormon nè di Stefano ma trovo che in questo libro la De Mari prenda spesso delle "posizioni" che tolgono oggettività alle sue riflessioni e che non sono sufficientemente supportate da documentazione (nel libro stesso). Sicuramente questo sarà dovuto al fatto che non si tratta proprio di un saggio ma di trascrizioni di conferenze.
La de Mari ritiene che il Mito favorisca il senso dell'appartenenza, quello che dico io, e che ho ripetuto sino allo sfinimento è che il Mito non è motivo di distinzione, nel bene o nel male.
mi inserisco per riesumare la discussione...
Innanzitutto concordo con il fatto che il mito abbia giocato una parte nella nascita delle nazioni: certo, il fenomeno del nazionalismo è vittima del romanticismo occidentale, ma è anche vero che chi non aveva dei miti alla base se li è dovuti inventare. Magari non sono stati fondamentali, ma sicuramente un minimo di utilità ce l'hanno avuta " />
Sul fatto che il mito non sia motivo di distinzione, non sono d'accordo: a volte lo è, tipo nella cultura ebraica antica. Direi che la sua mitologia (che poi è la sua religione - ma con i rapporti tra mito e religione andiamo forse in un altro discorso) è abbastanza distintiva, crea molti "barbari", soprattutto tra divinità vicine. Probabilmente è funzionale al fatto che i loro vicini erano più ricchi e potenti, e questa distinzione li ha aiutati a sopravvivere?
Mito e Religione (e sarebbe interessante vedere quanto si compenetrino nella cultura greca: forse il mito greco è la religione greca) sono determinanti per l'identità culturale, etnica o nazionale che sia: magari è pure accaduto in epoca arcaica che divinità diverse - condizioni per possibili ostilità - siano state racchiuse grazie al mito in due diverse manifestazioni di Venere, o chi per lei, aiutando la vicinanza e la somiglianza.
Spero di aver parlato in maniera chiara " />
Personalmente non condivido: prima magari avrà influito meno, ma che non abbia influito? Come dire che le popolazioni sono riuscite a evolversi, e/o a interagire, senza farsi influenzare da quello in cui credevano... dubito, onestamente. Le diversità di cultura influiscono sempre, anche nell'incontro di diversi popoli/persone.La religione influisce, dunque, positivamente o negativamente solo con l'avvento del cristianesimo
Del resto, dici che Alessandro non ebbe problemi a farsi dichiarare figlio di Amon; questo nega influenze? Onestamente, non penso: implica al massimo che lui non aveva una visione della religione come quella dei cristiani che, pur di non negare la loro fede, di non essere accostati ad altri dei, si fecero uccidere. Ma non mi pare che neghi influenze.
Dovrei rileggere il libro, perché forse parte di quello che assegno a esso viene invece dalle conferenze; di per sé, ti so dire che avvalersene "per vantare la propria particolarità" implicherebbe un processo conscio, mentre, come detto, "non è necessariamente una cosa conscia".La De Mari cita il mito di Re Artù, un presunto re celto/romano che si oppone agli angli e ai sassoni, ma non mi sembra che i gallesi se ne siano mai avvalsi per vantare la loro particolarità
Non so, onestamente, se la sua idea fosse di uso volontario dei miti per distinguersi, cercherò di saperlo; la mia idea, che non reputo molto distante dalla sua, è che, sebbene non ci fosse un simile uso cosciente, il mito abbia comunque influito sull'evoluzione e sull'unione di tali popoli.
Ripeto, non come un conscio "Noi abbiamo questo mito che ci rende diversi da voi", ma un'inconscia influenza che, come ancora oggi, avvicina a un gruppo chi con quel gruppo condivide qualcosa.
Tra l'altro: nel caso per la recensione ti servisse il punto in cui la De Mari contesta la posizione di Propp, a pagina 20 è scritto "Che le fiabe non esistessero è inverosimile" (Il Drago Come Realtà, Silvana De Mari, Salani).
Di per sé, a quanto ne so c'è stato un periodo in cui sia Baal, sia Yahweh, venivano adorati, poi si trovano riferimenti a Yahweh col titolo "Baal"; Yahweh era chiamato "Colui che Cavalca sui Cieli", Baal "Colui che Cavalca le Nubi", e inoltre lo stesso titolo "Baal" si riscontra anche nel nome "Belzebú".magari è pure accaduto in epoca arcaica che divinità diverse - condizioni per possibili ostilità - siano state racchiuse grazie al mito in due diverse manifestazioni di Venere, o chi per lei, aiutando la vicinanza e la somiglianza
Questo senza contare le varie "fusioni", per esempio la nascita di Gesú che si festeggia nel giorno sacro del dio del Sole, e altre similitudini (eucarestia, ecc.).
Che siano state o meno volute, reputo anch'io che simili fusioni abbiano aiutato: se la nascita del tuo Dio si festeggia nello stesso giorno della nascita del mio... potrei essere piú incline ad accettare il tuo culto, ad avvicinarmi a esso.
Scusa Mornon, ma sono costretto a ripetere le stesse cose, hai esempi legati all'antico di un nazionalismo, chiamiamolo cosi', supportato dalla mitologia? Rimanere sul "secondo me" o "a me sembra" non è molto funzionale al progredire della discussione: nel senso che rischiamo entrambi di difendere il nostro orticello senza cercare di venirci incontro. Il disagio dei Greci sulla deificazione di Alessandro non sta nel substrato mitologico, ma fa appello ad alcune abitudini orientali ritenute degradanti. I Greci consideravano barbari i Macedoni, ma entrambi i popoli non si sarebbero mai prostrati di fronte al loro sovrano. Il fatto che il presunto padre di Alessandro si chiamasse Amon o Zeus è ininfluente.
Qualcuno ha parlato degli ebrei... qui il mito non c'entra. Esulando dalla Bibbia era la circoncisione a distinguere gli Ebrei dai "gentili".
Una piccola aggiunta, sperando che non sia intepretata come un attacco alla De mari: qui siamo in un forum fantasy non vi sembra che il fantasy e il fantastico non possano fermarsi a Tolkien ed Harry Potter? Mentre la citazione ossessiva di un proprio romanzo rasenta un po' il cattivo gusto, a mio parere, dal momento che una citazione simile non è molto funzionale a chiarificare dei concetti, visto che non si tratta di un'opera paradigmatica e conosciuta da tutti.
A parte che sono stati portati esempi di influenze (vedi dopo), tu puoi provare che l'identificazione, l'evoluzione di popoli e nazioni non siano state influenzate dal mito? Da parte mia, e ho portato esempi in merito, ho fatto notare come la cultura influenzi sempre un popolo, e i suoi incontri con altri popoli, e questo mi sembra innegabile (altrimenti, spiega perché non lo sarebbe); e, se è vero, perché il caso del mito dovrebbe fare eccezione?hai esempi legati all'antico di un nazionalismo, chiamiamolo cosi', supportato dalla mitologia?
Inoltre, ripeto, secondo te prima è nata la nazione, evolutasi indipendentemente dai miti esistenti, e poi questa nazione si è decisa un mito? Mi pare decisamente improbabile, anche perché, a parte che il mito esisteva da prima, relegherebbe il mito a creazione conscia (e non vedo perché creduta vera, a questo punto), e significherebbe ammettere un'evoluzione slegata dalle credenze; direi che è piú plausibile ritenere che il mito abbia influenzato, e sia stato influenzato, dallo sviluppo dei popoli; come del resto fa la cultura (che influenza ed è influenzata dallo sviluppo dei popoli), e il mito non è altro che parte della cultura.
Inoltre, come detto da xaytar (che studia antropologia, quindi reputo che il suo parere sia fondato), "è anche vero che chi non aveva dei miti alla base se li è dovuti inventare"; perché se li è dovuti inventare, se erano ininfluenti?
Inoltre, "Direi che la sua [ebraica] mitologia [...] è abbastanza distintiva, crea molti 'barbari', soprattutto tra divinità vicine"; esempi di come il mito abbia distinto, abbia creato "barbari" nei popoli, nelle divinità, diversi? Il mito ebraico è un esempio, ed è stato portato. Tu dici che in questo caso il mito non c'entra; perché? La religione ebraica è parte del suo mito.
Dici "esulando dalla Bibbia"; a parte che la circoncisione deriva dalla Bibbia, e quindi se esuli dalla Bibbia esuli anche dalla circoncisione; anche perché reputo che li distinguesse molto di piú la religione in toto piuttosto che la circoncisione in sé, non foss'altro perché tale circoncisione non è altro che parte della religione. A parte questo, dicevo, la Bibbia fa parte del mito ebraico, quindi perché dovremmo esularne, visto che è mito ed è ciò che li distingueva? Si distinguevano anche per essa, quindi parlando di cosa li distingueva non si può esularne; e visto che la religione è parte del mito (basta vedere la grecia, i cui culti religiosi sono parte integrante del mito), e che la Bibbia contiene la loro religione, si distinguevano anche grazie al loro mito.
Certo, escludendo le differenze create dal mito il mito non crea differenze; come dire che escludendo i danni causati dall'inquinamento l'inquinamento non causa danni; non mi sembra un discorso molto logico, visto che appunto si ignorano quelle cose che hanno creato differenze...
E poi, ripeto per l'ennesima volta, non sto parlando di una conscia opposizione, né di una nascita (e "nascita" è comunque diverso da "supporto") diretta della nazione dal mito; no, al momento non mi vengono in mente esempi di un nazionalismo consciamente supportato dalla mitologia (ebrei a parte, ovviamente), ma del resto non ne ho bisogno, visto che non è quello che ho detto.
Non ho mai detto che greci o macedoni si sarebbero prostrati di fronte al sovrano, ma il fatto che Alessandro abbia accettato di essere dichiarato figlio di Amon non nega influenze; come detto, vuoi sostenere che un popolo, o l'incontro tra diversi popoli, possa svilupparsi senza influenze dai rispettivi culti? Onestamente mi pare decisamente improbabile, e storia dimostra: le piramidi derivano dal culto degli egizi, nella Bibbia si riscontrano cose di culti passati, derivati anche dall'incontro tra diversi popoli e culture; questo sono influenze.Il fatto che il presunto padre di Alessandro si chiamasse Amon o Zeus è ininfluente
Personalmente non ricordo una "citazione ossessiva", ma tant'è... comunque, no, fantasy e fantastico non si ferma a quelle due opere; il che implicherebbe... ? La tesi è fondata sulle fiabe, quindi ha portato quelli che per lei sono esempi di fiabe; certo, nel fantasy c'è anche Gemmel (autore che apprezzo, tra l'altro), ma se lei non lo ritiene fiaba non avrebbe avuto senso portarlo.qui siamo in un forum fantasy non vi sembra che il fantasy e il fantastico non possano fermarsi a Tolkien ed Harry Potter? Mentre la citazione ossessiva di un proprio romanzo rasenta un po' il cattivo gusto, a mio parere, dal momento che una citazione simile non è molto funzionale a chiarificare dei concetti, visto che non si tratta di un'opera paradigmatica e conosciuta da tutti
Senza contare che non ha mai detto "Ogni libro fantasy rientra nella mia tesi", non essendo del resto ogni libro fantasy una fiaba; e per esemplificare la sua posizione, senza pretesa di dire quale opera sia fiaba e quale no, non servono milioni di esempi.
Io non ho negato l'influenza del mito e della religione in toto, ricorderai che ho messo un incipit, il cristianesimo. Se, per il mondo antico, mi chiedi prove "della non influenza del mito" sulla formazione di un sentimento nazionale, mi chiedi di fare miracoli, visto che mi chiedi di mostrarti ciò che non esiste, a mio parere. Tu mi parli di influenze, ma se discutiamo ante litteram di un orgoglio nazionale non dovrebbero essere importanti i segni distintivi? Io sono migliore di te perchè il mio popolo è il primo giunto sulla terra, è prediletto e cose simili. Influenze, certo che ce ne furono, chi le ha mai negate, basta soltanto pensare al Diluvio che ricorre in piu' mitologie o il ciclo di Gilgamesh di cui si appropriano molte popolazioni mesopotamiche. Ma allora non c'erano crociate, non si combatteva per l'affermazione di un credo o di una tradizione religioso/mitologica. Ho parlato della circoncisione (esulando dalla Bibbia) perchè, per quanto appaia come segno distintivo in realtà non lo era poi tanto. Non mangiare maiale o circoncidersi erano semplicemente prescrizioni sanitarie che la religione ha fatto proprie. Sull'ultima parte della questione la De Mari parla di fantastico e il fantasy ne fa parte: certo ha scelto, per cosi' dire l'aspetto onirico del fantasy, con Tolkien, ma di scrittori che seguono la linea tolkeniana ce ne sono tanti. Anche nella mia memoria il ricordo del saggio inizia ad invecchiare, ma io non ricordo nessun accenno alla tematica della cerca, dove il protgonista, di solito predestinato, cresce fino a raggiungere la maturità. Non credi sia una tematica importante? E non la troviamo pressochè ovunque? Per quanto riguarda il patrimonio favolistico non credi si sia troppo ancorata alla tradizione occidentale: le Mille e una Notte che fine hanno fatto? Biancaneve, Cenerentola, Hansel e Gretel, Pelle d'Asino e poi? Bisogna anche dire che parlare di fantastico è molto difficile: immagino che anche qui, come in tutti i forum che conosco si sia tentato di porre dei paletti. In definitiva apprezzo, dunque, il tentativo della De mari alla quale bisogna riconoscere che non parla di fiabe e favole con il tono nostalgico di un Faeti, però mi sembra che arrivi spesso a conclusioni discutibili, non supportate adeguatamente da riferimenti o supportate da riferimenti che poco hanno a che vedere con il mondo della letteratura.
La religione egizia è prima del cristianesimo, e influenza; quella ebraica anche, e influenza.Io non ho negato l'influenza del mito e della religione in toto, ricorderai che ho messo un incipit, il cristianesimo
Io, ripeto, non sto parlando di un orgoglio nazionale, ma dell'influenza del mito nella nascita, nell'evoluzione, che dal nulla ha portato all'identificazione dei popoli, delle nazioni; l'orgoglio nazionale è una cosa sicuramente legata, ma non coincidente. Io parlo di influenza nella nascita, nell'evoluzione.
Prima del cristianesimo magari non saranno state fatte Crociate (guerre di religione, non saprei, dovrei riguardare), ma quando e dove ho parlato di combattere "per l'affermazione di un credo o di una tradizione religioso/mitologica"? E quando e dove lo ha fatto la De Mari, visto che, a memoria, non mi pare lo abbia fatto? L'influenza del mito non si esplica quando e solo quando si fa una battaglia per affermarlo, non ignoriamo il resto.
Che il mito abbia influenzato la nascita/identificazioni dei popoli, delle nazioni, non significa che questi abbiano fatto guerre per affermarle a livello "internazionale"; l'influenza nella nascita di un popolo si può avere anche senza guerre con altri popoli. Del resto, appena c'è una guerra si va oltre l'influenza su un popolo, visto che in una guerra (salvo guerre civili) non ne è coinvolto solo uno. E il cristianesimo ha influenzato i popoli al di là delle sue guerre.
Del resto, combattere "per l'affermazione di un credo o di una tradizione religioso/mitologica" è una cosa conscia, in quanto decido di combattere, e decido di farlo con quello scopo; mentre, ripeto per l'ennesima volta, io non sto parlando di un processo conscio, in quanto potrebbe anche non esserlo stato, e almeno in gran parte reputo non sia stato conscio.
Certo, molte cose erano questioni di salute, di ordine sociale, o di altro, e la religione le ha fatte proprie; ma la religione è nata prima di farle proprie; e anche per la tradizione vale questo appropriarsi, per la cultura, eppure la cultura, la tradizione, hanno sicuramente influito sulla nascita delle nazioni, sull'identificazione dei popoli; è per questo che parlo di mutua influenza: come ho detto, non un "Dal mito è nata la nazione", ma un'influenza reciproca in cui il mito influenzava la nascita di quello che in futuro sarebbe stato "ufficializzato" nelle nazioni, l'identificazione dei popoli, e questo a sua volta influenzava il mito.
Del resto, ogni mito ha in sé la religione, e ogni religione ha in sé elementi dovuti a esigenze pratiche; anche il cattolicesimo, eppure il cattolicesimo, lo dici anche tu, ha influito. Quindi, quegli elementi non negano questa influenza. Anche perché il mito, dopo aver ricevuto in sé quegli elementi, ha influenzato il popolo. Come detto anche sopra: influenzato e influenzante. E ancora non vedo perché si dovrebbe esulare dalla Bibbia, visto che di mito si sta parlando, e visto che sicuramente il mito ebraico ha influenzato sia il popolo, sia i loro rapporti con altri.
Sulla questione del fantasy, intanto cosa intendi con "aspetto onirico del fantasy"?
A parte questo, certo, di autori che hanno seguito Tolkien ce ne sono molti; ma, intanto, come detto non servono mille esempi, e inoltre se puoi portare l'originale perché portare le "copie" (notare le virgolette)? Senza contare che, vista la visione che la De Mari presenta della fiaba, non è detto che basti seguire Tolkien per fare una fiaba, anzi.
Con questo, sia chiaro, non sto dicendo che ci siano necessariamente abbastanza esempi, è opinabile, sto solo spiegando perché non vedo il nesso tra non citare altri autori che da Tolkien hanno attinto e la fallacità delle posizioni/argomentazioni.
Certo, la tematica della cerca è una tematica importante, come hai detto tu la troviamo pressoché ovunque; ma cosa dice la De Mari? Che la fiaba contiene la sua epoca, per parafrasare. Condivisibile o meno, è la sua posizione: Il Pifferaio Magico è cosí perché racchiude in sé la tragedia delle Crociate dei Fanciulli, che accaddero nell'epoca in cui fu scritta la fiaba; contiene in sé la sua epoca. La cerca... come dici tu, è universale; quindi, non è legata a un'epoca, a un luogo. Mi pare far parte piú del mito, piuttosto che della fiaba, se è vero quanto su di essa dice la De Mari (che contiene la sua epoca).
Sulle fiabe... Cenerentola: fiaba di origine cinese, e lo dice, e la lega alla cultura cinese, come origine, come argomenti della sua epoca in essa contenuti; cos'ha di assolutamente occidentale una fiaba cinese, che tratta eventi cinesi in un'epoca cinese in territorio cinese? Sto cercando di capire cos'hai tratto dal saggio... e se prima dici che condivide la visione di Propp, e poi citi Cenerentola a riprova del fatto che è troppo ancorata alla visione occidentale (il che può essere, ma la prova non è Cenerentola)... ho l'impressione che hai travisato alcune delle cose da lei dette, quale che sia il motivo.
Sulle conclusioni... de gustibus: la sua conclusione riguardo al fatto che la fiaba contenga la sua epoca mi pare supportata (Kafka, Il Pifferaio Magico, Cenerentola, ecc.), che contenga tematiche importanti ma difficili da trattare anche (Pelle d'Asino, I Vestiti Nuovi dell'Imperatore, ecc.); che il mito abbia infuenzato l'identificazione dei popoli, il senso d'appartenenza, non sarà magari argomentatissimo, ma mi pare logico (è piú facile aggregarsi a un gruppo con cui si ha qualcosa in comune), e per quanto detto anche da xaytar almeno in alcuni casi mi pare provato.
Che i riferimenti abbiano poco a vedere col mondo della letteratura... in parte vero, in parte no: se non consideri letteratura le fiabe, ovviamente hanno poco a che vedere, ma parlando il saggio di fiabe è logico che cosí sia; se invece le consideri parte di essa, allora almeno per la parte "La fiaba contiene la sua epoca" ci sono. Per la questione dei popoli, onestamente dovrei rileggerlo, essendo parte di quanto ho in testa derivante dalle conferenze. Cosa intendi tu con "letteratura"?
Poi, sia chiaro, non sto dicendo che quanto lei dice sia assoluto, che sia perfetto ed esente da errori; anzi: per esempio concordo con The Nameless One che il modo che ha di porsi toglie oggettività ad alcune delle sue conclusioni. Ma i punti qui discussi, per quanto detto, non mi sembrano infondati, né falsi.
Forse non ne usciamo più... però permettimi di ribadire quello che penso, poi ti rimando alla recensione che scriverò: popoli diversi si differenziano gli uni dagli altri con le differenze, non certo con le assonanze. Collegare Mito e senso di nazione è una cosa avventata e sbagliata: oltretutto uno dei paragoni fatti dalla stessa De Mari riguarda il tifo calcistico, dove mi sembra prevalere la contrapposizione piuttosto che un senso di fratellanza. E' la stessa De mari, dunque, ha intendere il nazionalismo come lo intedo io. Il discorso degli esempi incoerenti e discutibili riguardava sopratutto la commistione tra storia e letteratura. Il pifferaio magico non è e non puo' essere l'invasato brutto a cattivo che istiga i fanciulli a partire:questa è una visione parziale e anacronistica delle cose. Potrei farti una caterva di citazioni erronee e parziali legate alla storia che inficiano il discorso della De mari. La De Mari tratta con faciloneria la questione dell'uccisione di Gesù: tutte le persecuzioni sbagliate patite dagli ebrei non possono cancellare il ruolo avuto dal sinedrio nella sua uccisione. Il prefetto Pilato (non il console mio dio) se ne lava le mani... Non voglio uscire dal seminato, ma è la stessa autrice a costringermi: vuoi dirmi a che pro citare la solenne sciocchezza dell'avvelenamento da piombo dei Romani, per arrivare a parlare della loro diffusa infertilità che causa l'arruolamento dei barbari nell'esercito? E' una cavolata galattica!
In soldoni, a mio parere, l'autrice avrebbe dovuto soffermarsi sul patrimonio favolistico e fiabesco lasciando perdere il resto. Da appassionato di fantasy avrei voluto vedere citati altri romanzi, oltre il suo e quello di Tolkien. Magari questo entra nella sfera della soggettività, ma nel 21° secolo credo che un'autrice che si occupi di fantastico non possa citare solo T. come unico esempio, visto che di acqua sotto i ponti ne è passata e parecchia.
Onestamente, a questo punto non so quanto hai capito di quanto ho scritto... non ho mai detto il contrario, ma, come due popoli si differenziano per le differenze, un popolo si identifica per le assonanze: assonanze di lingua, di cultura, di mito. E di questo io stavo parlando. Le differenze per cui "popoli diversi si differenziano gli uni dagli altri" comprendono anche le differenze di mito, che quindi concorrono a creare quella differenza; e se la differenza di mito concorre a differenziare i popoli, potresti spiegarmi perché l'uguaglianza di mito non dovrebbe concorrere a identificarli?popoli diversi si differenziano gli uni dagli altri con le differenze, non certo con le assonanze
Tu dici che "Collegare Mito e senso di nazione è una cosa avventata e sbagliata"; personalmente, parlando nell'ottica piú volte detta, non reputo sia cosí, e trovo conferma negli esempi portati da xaytar; tu continui a dire che sia una cosa avventata e sbagliata, eppure esempi di come la differenza di mito abbia influenzato la differenzazione dei popoli sono stati portati (sebbene, ancora non ho ancora capito il perché, tu non li accetti).
L'analogia calcistica che fa la De Mari non ha alla base la contrapposizione, e mi pare che lei lo renda chiarissimo, visto che non parla di contrapposizione, ma di affiliazione: certo, tra Francia e Italia, durante i mondiali, c'è stata contrapposizione, perché tifano squadre diverse; ma all'interno dell'Italia (ossia di un popolo, ossia quello di cui si sta parlando) c'è stata affiliazione, perché si tifava la stessa squadra, e di questo parlava nel libro. Se quindi concludi che abbia la tua stessa visione perché il suo esempio si basa sulla contrapposizione, allora mi pare che la conclusione sia sbagliata, visto che, come esplicitamente da lei detto, ha alla base l'affiliazione.
Su Il Pifferaio Magico: potresti dire il perché della tua affermazione, invece di limitarti a farla? O fare le citazioni cui accenni, invece di limitarti a dire che potresti farle? Tu, senza motivarlo, dici che "Non è e non può esserlo", che "è una visione parziale e anacronistica delle cose"; lei, motivandolo, dice che cosí non è. Disponibilissimo a credere alla tua visione, ma dovresti dare qualcosa in piú di un mero "è una visione parziale e anacronistica delle cose", buttato lí senza un minimo di argomentazione, magari spiegare quale sarebbe altrimenti il fatto storico alle spalle. Resto in attesa di alternative; personalmente, la sua visione mi pare possibile, per quanto magari non certa.
Su Gesú, l'avvelenamento da piombo nei romani... sul primo, faccio notare che lei nega la colpa di tutti gli ebrei, non che il sinedrio ne avesse; anzi, scrive "Alcuni ebrei: il sommo sacerdote e qualche notabile, forse" (Il Drago Come Realtà, Silvana De Mari, Salani); non mi pare che quanto ho citato neghi le responsabilità del sinedrio. Il che si addice a quanto scrivi tu.
Sul secondo... come ho detto, non reputo che l'opera sia perfetta, difetti ce ne saranno; ma di qui a bollare la sua posizione come "avventata e sbagliata", "parziale e anacronistica", senza spiegare il perché, quando oltretutto anche una persona preparata in materia ti ha portato un esempi di come tale posizione possa essere vera... ne passa, ne passa parecchio.
Tra l'altro: non vorrei ricordare male, e non li cita spesso come Tolkien, ma solo di autori morti/vissuti nel Ventesimo secoli mi pare che abbia citato anche Calvino e Levi, tra gli altri (oltre la già citata anche qui Rowling).
Comunque, restano varie cose ancora senza risposta: perché dovremmo ignorare l'esempio degli ebrei; o, considerandolo, perché dovremmo esulare dalla Bibbia; cosa c'entra citare Cenerentola, citata nel libro per la sua origine cinese, per sostenere un ancorarsi alla tradizione occidentale; giusto per citarne alcune.
Parentesi sugli altri libri: come già detto, L'Ultimo Elfo e L'Ultimo Orco sono ottimi libri per ragazzi: sono ben scritti, leggibili, una storia a mio parere interessante, che tratta argomenti anche importanti, ma senza perdersi in toni eccessivamente seri, anche mantenendo, in certi punti, un tono in un certo qual senso "scanzonato" che male non fa, anzi.
Da parte mia, sono in attesa del seguito, che penso prenderò non appena uscirà.
Perchè dici che riguardo al Pifferaio magico avrei fatto solo un'affermazione? Porca miseria è dall'inizio della discussione che mi sforzo a farti esempi concreti e al contempo a richiederne anche a te. Ho parlato di anacronismo, perchè la vicenda della crociata dei bambini è vista con gli occhi di un moderno. Mi sembra abbastanza chiara l'opinione della De Mari a riguardo. Per quanto riguarda le altre questioni storiche che ho tirato in ballo, tralasciando la sciocchezza del piombo, che presume che tutti i Romani bevessero dagli acquedotti, l'esempio dell'uccisone di Gesù è semplicemente troppo grande e complesso per essere tirato in ballo in maniera cosi' marginale e semplicistica.
Mi spiace, ma non condivido nemmeno la tua enfasi sul concetto di affiliazione. Dovresti rileggerti le pagine dalla 10 alla 12 del libro in questione: si parla di branco, prima di citare la nazione, nato come forma di sopravvivenza. In questo caso l'antagonista non sono gli uomini, ma l'ambiente esterno, visto come fonte di pericoli e di morte.
Direi quindi che riunirsi per far fronte contro qualcuno o qualcosa sia preminente. Dunque, non è che non capisco quello dici, semplicemente non sono d'accordo, e non mi sembra che la De Mari abbia espresso gli stessi concetti che tu le attribuisci.
Temo in una deriva violenta della discussione, quindi inserisco una faccetta per smorzare un po' i toni " />
Se hai scritto alla De Mari e volesse chiarire il suo pensiero credo che la cosa sarebbe bene accetta
Ultima cosa: non ho mai detto che L'Ultimo Elfo e L'Ultimo Orco fossero spazzatura. Non amo moltissimo la pubblicistica per bambini, ma non mi permetterei mai di giudicare cose che non ho letto. In un saggio, però, fare riferimenti a letture poco note non ha molto senso ed è di cattivo gusto quando i libri sono stati scritti dall'autore stesso.
Certo se il saggio in questione riporta delle conferenze tenute dalla De mari la cosa ha una sua ragion d'essere... purtroppo la lettura è un processo più meditativo dell'ascolto e credo che certe pecche vengano a galla più facilmente.