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TWOW: il primo capitolo
T di Timett figlio di Timett
creato il 22 agosto 2011

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sharingan
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sharingan
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Inviato il 13 maggio 2016 19:57

I link sono qua: http://www.labarriera.net/forum/index.php?showtopic=10839

 

Credo comunque che siano già stati tradotti.


 

« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »

 

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Inviato il 20 maggio 2016 18:24

Ho tradotto il capitolo in italiano, spero lo troviate utile (e comprensibile) ^^

 

 

Lungo tutta la costa a sud di Capo Furore si ergevano torri di guardia di pietra in rovina, erette in tempi remoti per segnalare gli invasori dorniani venuti a rubare dal mare. Intorno alle torri erano germogliati villaggi. Alcuni erano sbocciati in città.

 

La Pellegrina attraccò a Città Dolente, dove un tempo il cadavere del Giovane Drago aveva sostato per tre giorni nel suo viaggio di ritorno da Dorne. Gli stendardi che sventolavano dalle spesse mura in legno della città mostravano ancora il cervo e il leone di Re Tommen, indizio che almeno qui i decreti del trono di spade potevano ancora essere influenti. “Tenete a freno la lingua”, disse Arianne, avvertendo il suo seguito durante lo sbarco. “Sarebbe meglio che Approdo del Re non sapesse che siamo passati qui”. Se la ribellione di Lord Connington fosse stata sedata, e si fosse saputo che Dorne l’aveva inviata a parteggiare con lui e il suo pretendente, sarebbe stato spiacevole per loro. Quella era un’altra lezione che suo padre le aveva impartito con dolore; scegli con cura da che parte stai, e solo se quel lato ha una speranza di vincere.

 

Non ebbero problemi a comprare i cavalli, benché il costo fosse quintuplicato dall’anno prima. “Sono vecchi, ma vigorosi”, affermò lo stalliere. “Non troverete di meglio da questo lato di Capo Tempesta. Gli uomini del Grifone catturano tutti i cavalli e i muli che trovano. Anche i tori. Se gli chiedi di pagare, alcuni lasciano un segno su un foglio, ma altri preferiscono tagliarti in due la pancia e pagarti con una manciata delle tue stesse viscere. Se incontrate qualcuno così, state zitti e rinunciate ai cavalli.”

 

La città era grande abbastanza da mantenere tre locande, e i pettegolezzi abbondavano nelle sale comuni. Arianne vi spedì i suoi uomini, per sapere se c’era qualcosa da sapere. Allo Scudo Spezzato, a Daemon Sand fu riferito che il grande tempio a Presa degli Uomini era stato bruciato e razziato dai saccheggiatori del mare, e un centinaio di giovani novizie della casa madre sull’Isola della Fanciulla erano state portate via in schiavitù. All’Uomo Pazzo, Joss Hood apprese che una cinquantina di uomini e ragazzi da Città Dolente erano in marcia verso nord per unirsi a Jon Connington a Posatoio del Grifone. Fra di loro anche il giovane Ser Addam, figlio ed erede del vecchio Lord Whitehead. Però alla Dorniano Ubriaco, nome appropriato date le circostanze, Penne sentì alcuni uomini borbottare che il grifone aveva ucciso il fratello di Ronnet il Rosso e stuprato la sua giovane sorella. Si diceva che lo stesso Ronnet stesse correndo a sud per rivendicare la morte di suo fratello e il disonore di sua sorella.

 

Quella notte Arianne inviò il primo corvo verso Dorne, per riferire al padre tutto quel che avevano visto e sentito. Arianne e il suo seguito partirono verso Mistwood la mattina seguente, quando i primi raggi del sole nascente filtravano di lato attraverso i tetti appuntiti e le strade storte di Città Dolente. Verso mezzogiorno, mentre avanzavano in direzione nord attraverso un paesaggio di campi verdi e piccoli villaggi, iniziò a cadere una pioggia leggera. Fino a quel momento non avevano visto nessun segno di conflitto, ma tutti gli altri viaggiatori incrociati lungo la strada consumata sembravano andare nell’altra direzione, e le donne nei villaggi li fissavano con sguardi sospettosi, tenendo stretti i bambini. Ancora più a nord, i campi lasciarono spazio a colline rotonde e fitti boschi di un’antica vegetazione, la strada scemò in un sentiero, e i villaggi divennero meno frequenti.

 

Al crepuscolo si ritrovarono ai margini del Bosco delle Piogge, un mondo verde e umido in cui torrenti e fiumi scorrevano attraverso macchie d’alberi scure, e il terreno era composto da fango e foglie marce. Enormi salici crescevano lungo i corsi d’acqua, i più grandi che Arianne avesse mai visto, i larghi tronchi erano nodosi e contorti come il viso di un vecchio e decorati con barbe di muschio argentino. Gli alberi li opprimevano da ogni lato, bloccando il sole. Cicuta e cedri rossi, querce bianche, pini soldato che si ergevano alti e diritti come torri, sentinelle colossali, aceri a foglia larga, sequoie, catalpe, qua e là persino un albero-diga selvatico. Sotto i rami annodati crescevano a profusione felci e fiori; felci a spada, felci femminee, campanule e stringhe flautate, enagre e edere, epatiche, polmonarie, antocerote. I funghi spuntavano in basso tra le radici degli alberi, e anche dai tronchi, catturando la pioggia come pallide mani macchiate. Altri alberi erano ricoperti di muschio, verde o grigio o striato di rosso o, una volta, viola intenso. I licheni coprivano ogni roccia e ogni pietra. I funghi velenosi marcivano accanto ai tronchi putrefatti. Persino l’aria sembrava verde.

 

Una volta Arianne aveva sentito discutere suo padre e Maester Caleotte con un septon sul perché i lati nord e sud del Mare di Dorne fossero così diversi. Il septon credeva fosse a causa di Durran Pena degli Dei, il primo re della tempesta, che aveva rapito la figlia del dio del mare e della dea del vento, guadagnandosi la loro eterna inimicizia. Il principe Doran e il maester erano più propensi a credere nel vento e nel mare, e dicevano che le grandi tempeste, formatesi lontano nel Mare dell’Estate, accumulavano umidità fino a schiantarsi contro Capo Furore. Per qualche strana ragione sembrava che le tempeste non colpissero mai Dorne, Arianne ricordò le parole di suo padre. “So dirti il perché”, rispose il septon. “Nessun dorniano ha mai rapito la figlia di due divinità”.

 

Rispetto a Dorne, qui il cammino procedeva più lentamente. Al posto di vere e proprie strade, cavalcavano su squarci ricurvi e serpeggianti qua e là, oltre le fessure tra grossi massi coperti di muschio e giù per profondi burroni soffocati dai rovi di more. A tratti il sentiero languiva del tutto, sprofondando nelle paludi o svanendo tra le felci, così che Arianne e i suoi compagni dovevano trovare da soli la via tra gli alberi silenziosi. La pioggia continuava a scendere, debole ma costante. Tutto intorno a loro si udiva il suono della condensa che gocciolava dalle foglie, e quasi ogni miglio udivano il richiamo melodico di un’altra piccola cascata.

Nei boschi c’erano anche molte grotte, e la prima notte si rifugiarono lì per ripararsi dall’acqua. A Dorne, dove le dune ventose si coloravano d’argento al chiaro di luna, avevano spesso viaggiato di notte, ma nel Bosco delle Piogge c’erano troppi acquitrini, burroni e infossature nel terreno, sotto gli alberi era scuro come la pece, e la luna era solo un ricordo.

Penne appiccò il fuoco e arrostì una coppia di lepri catturate da Ser Garibald con un po’ di funghi e cipolle selvatiche raccolti lungo la strada. Dopo aver mangiato, Elia Sand usò un ramo e del muschio secco per fare una fiaccola, e se ne andò a esplorare i meandri della caverna. “Cerca di non allontanarti troppo”, le disse Arianne. “Alcune grotte vanno in profondità, è facile perdersi”.

 

La principessa perse di nuovo a cyvasse con Daemon Sand, vinse contro Joss Hood, poi si congedò quando i due cominciarono a illustrare le regole a Jayne Ladybright. Arianne era stufa di giocare.

Ormai Nym e Tyene dovrebbero essere arrivate ad Approdo del Re, rifletté mentre si sedeva a gambe incrociate all’imbocco della caverna per guardare la pioggia. O perlomeno giungere lì a breve. Erano accompagnate da trecento lance, attraverso la Strada delle Ossa, oltre le rovine di Sala dell’Estate, e lungo la Strada del Re. Se i Lannister avessero provato a tendere loro una trappola nel Bosco del Re, Lady Nym si sarebbe assicurata che fallissero miseramente. D’altro canto gli assassini non avrebbero trovato la loro preda. Dopo essersi separato in lacrime dalla principessa Myrcella, il principe Trystane era rimasto sano e salvo a Lancia del Sole. E questo spiega la situazione di Trystane, pensò Arianne, ma dov’è Quentyn, se non con il grifone? Aveva sposato la regina dei draghi? Re Quentyn. Che parola strana. Questa nuova Daenerys Targaryen era più giovane di Arianne di circa sei anni. Cosa mai poteva farci una ragazza della sua età con il suo noioso e studioso fratello? Le fanciulle fantasticavano di cavalieri affascinanti dai sorrisi seducenti, non di giovani dall’aria solenne sempre ligi al dovere. Però vorrà Dorne. Se spera di sedersi sul trono di spade, deve avere Lancia del Sole. Se Quentyn fosse stato il prezzo, la regina dei draghi l’avrebbe pagato. E se Daenerys fosse già a Posatoio del Grifone con Connigton, e tutta questa storia di un altro Targaryen non fosse altro che un trucco ingegnoso? Suo fratello poteva benissimo averla accompagnata. Re Quentyn. Dovrò inginocchiarmi in suo presenza?

 

Domandarselo non avrebbe portato a nulla di buono. O Quentyn era re, o non lo era. Prego gli Déi che Daenerys lo tratti più dolcemente di come ha fatto con il suo stesso fratello.

 

Era ora di dormire. Il giorno dopo avrebbero cavalcato per molte leghe. Solo al momento di coricarsi Arianne si rese conto che Elia Sand non era ancora tornata dall’esplorazione. Se le è successo qualcosa, le sue sorelle mi uccideranno in sette modi diversi. Jayne Ladybright giurò che la ragazza non aveva mai lasciato la grotta, e ciò significava che era ancora laggiù da qualche parte, a vagare nel buio. Quando le loro urla non bastarono a richiamarla indietro, non rimase altra scelta che costruire delle fiaccole e andare a cercarla.

La grotta risultò molto più profonda di quanto avessero immaginato. Al di là dell’entrata rocciosa dove avevano montato il campo e legato i cavalli, una serie di passaggi tortuosi conduceva sempre più giù, e da ogni lato si diramavano cavità nere. Ancora più avanti, le pareti si allargarono di nuovo, e il gruppo si ritrovò in un’ampia caverna calcarea, più vasta della sala grande di un castello. Le urla disturbarono una colonia di pipistrelli, che svolazzarono rumorosamente intorno a loro, ma non rispose altro che un eco lontano. Un lento giro intorno alla sala rivelò altri tre passaggi, uno così stretto da dover essere percorso a gattoni. “Prima proviamo gli altri due”, disse la principessa. “Daemon, vieni con me. Garibald, Joss, andate nell’altro”.

 

Il passaggio scelto da Arianne divenne ben presto molle e scosceso, e il terreno incerto. A un tratto Arianne scivolò, e dovette riprendere in fretta l’equilibro per non cadere. Pensò di tornare indietro più di una volta, ma riusciva a vedere la fiaccola di Ser Daemon davanti a sé e sentire i suoi richiami per Elia, per questo proseguì. E improvvisamente Arianne si ritrovò in un’altra caverna, cinque volte più grande dell’altra, e circondata da una foresta di colonne in pietra. Daemon Sand si spostò al suo fianco e sollevò la fiaccola. “La pietra, guarda come è stata modellata”, disse. “Quelle colonne, e il muro laggiù. Vedi?”
“Volti”, disse Arianne. Così tanti occhi, tristi, fissi.
“Questo posto apparteneva ai figli della foresta”.
“Migliaia d’anni fa”. Arianne girò il capo. “Ascolta. E’ Joss?”

 

Era lui. Dopo essere tornati indietro su per la salita scivolosa, fino all’ultima sala, Arianne e Daemon appresero che gli altri avevano trovato Elia. Il passaggio conduceva giù fino a una pozza d’acqua nera e calma in cui scovarono la ragazza, immersa fino alla vita, intenta a catturare dei pesci bianchi e ciechi a mani nude. Elia aveva piantato la fiaccola nella sabbia, dove bruciava, rossa e fumosa.

“Potevi morire”, le disse Arianne, dopo aver sentito il resoconto. Afferrò Elia per un braccio e la scosse. “Se la fiaccola si fosse spenta saresti rimasta sola nel buio, praticamente cieca. Cosa pensavi di fare?”
“Ho preso due pesci”, rispose Elia Sand.
Potevi morire”, ripetè Arianne. Le sue parole rimbalzarono dai muri della caverna. “...morire...morire...morire...
Più tardi, dopo essere ritornati in superficie e aver sbollito la rabbia, la principessa prese da parte la ragazza e sedette con lei. “Elia, devi smetterla”, le disse. “Non siamo più a Dorne. Non sei con le tue sorelle, e questo non è un gioco. Voglio la tua parola che reciterai la parte della servetta fino al nostro ritorno a Lancia del Sole, al sicuro. Ti voglio mite, mansueta e ubbidiente. Devi trattenere la lingua. Non voglio più sentir parlare di Lady Lance o di tornei, e neanche una parola su tuo padre o le tue sorelle. Gli uomini con cui tratterò sono mercenari. Oggi sono al servizio di quest’uomo che si fa chiamare Jon Connington, ma domani potrebbero tranquillamente servire i Lannister. Basta un po’ d’oro per convincere un mercenario, e non ne manca a Castel Granito. Se l’uomo sbagliato dovesse capire chi sei, potresti essere rapita e tenuta ostaggio per un riscatto –“
“No”, interruppe Elia. “Vorrebbero te per un riscatto. Sei l’erede di Dorne, io sono solo una ragazza bastarda. Tuo padre pagherebbe un forziere d’oro per te. Il mio è morto”.
“Morto, ma non dimenticato”, disse Arianne, che aveva passato metà della sua vita a sperare che il principe Oberyn fosse suo padre. “Sei una Serpe delle Sabbie, e il principe Doran pagherebbe qualsiasi cifra per proteggere te e le tue sorelle dal pericolo”. Quello fece finalmente sorridere la ragazzina. “Me lo giuri? O devo spedirti a casa?”
“Lo giuro”. Elia non sembrava contenta.
“Sulle ossa di tuo padre”
“Sulle ossa di mio padre”.

Manterrà questa promessa, decise Arianne. Baciò sua cugina sulla guancia e la mandò a dormire. Forse si poteva trarre qualcosa di buono dalla sua avventura. “Finora non avevo idea di quanto fosse scatenata”, si lamentò più tardi Arianne con Daemon Sand. “Perché mio padre me l’ha imposta?”

“Vendetta?” suggerì il cavaliere con un sorriso.

 

Il pomeriggio del terzo giorno raggiunsero Mistwood. Ser Daemon inviò Joss Hood in avanscoperta per scoprire chi occupasse il castello in quel momento. “Venti uomini di guardia sulle mura, forse di più”, riferì al suo ritorno. “Molti carri e calessi. Entrano con un carico pesante, escono vuoti. Ci sono sentinelle a ogni porta”.
“E i vessilli?” chiese Arianne.
“Dorati. All’ingresso e sulla fortezza”.
“Che simbolo avevano?”
“Nessuno, a quanto ho visto, ma non c’era vento. Gli stendardi pendevano flosci dalle aste”
Era fastidioso. I vessilli della Compagnia Dorata erano stoffe d’oro, prive di stemmi e ornamenti...però anche i vessilli di Casa Baratheon erano d’oro, benché i loro mostrassero il cervo incoronato di Capo Tempesta. Stendardi dorati e flosci potevano appartenere sia all’uno sia all’altro. “Ce n’erano altri? Grigio-argento?”
“Ho visto solo vessilli dorati, principessa”.
Arianne annuì. Casa Mertyns dominava Mistwood, e il loro stemma presentava un gufo cornuto, bianco in campo grigio. Se i loro vessilli non sventolavano sulle aste, allora le chiacchiere erano vere, e il castello era caduto nelle mani di Jon Connington e dei suoi mercenari. “Dobbiamo correre il rischio”, disse la principessa al gruppo. La prudenza di suo padre era stata utile a Dorne, questo ormai l’aveva accettato, ma ora c’era bisogno dell’audacia di suo zio. “Al castello”.
“Spieghiamo i vessilli?” chiese Joss Hood.
“Non ancora”, rispose Arianne. In altri luoghi, le sarebbe tornato utile fare la principessa, ma non era questo il caso.

 

A mezzo miglio dalle porte del castello, tre uomini vestiti in farsetti di pelle borchiata e mezz’elmi d’acciaio sbucarono dagli alberi, bloccando il cammino. Due di loro erano armati di balestre, tese e incoccate. L’unica arma del terzo era un ghigno sgradevole. “E dove sareste diretti, con quei bei faccini?”
“A Mistwood, per incontrare il maester”, rispose Daemon Sand.
“Bella risposta”, commentò il ghignante. “Seguiteci”.

I nuovi capi mercenari di Mistwood si facevano chiamare John Mudd il Giovane e Catena. Entrambi cavalieri, a dargli ascolto. Non si comportavano come nessun cavaliere che Arianne avesse mai visto. Mudd era vestito di marrone dalla testa ai piedi, dello stesso colore della sua pelle, ma dai lobi delle orecchie pendevano due monete d’oro. I Mudd erano stati re del Tridente migliaia di anni prima, Arianne lo sapeva, ma non c’era nulla di regale in lui. Non era neanche così giovane, ma a quanto pare suo padre aveva servito per la Compagnia Dorata, ed era conosciuto come John Mudd il Vecchio.

 

Catena era alto la metà di Mudd, e sul suo ampio petto, dalla vita alle spalle, si incrociavano due catene arrugginite. Se Mudd portava spada e pugnale, l’unica arma di Catena erano degli anelli di ferro lunghi cinque piedi, spessi e pesanti il doppio di quelli intrecciati sul petto. Li brandiva come una frusta.

Erano uomini duri, bruschi e brutali e poco avvezzi alle chiacchiere, le cicatrici e i volti scavati tradivano un lungo servizio nelle compagnie libere. “Sergenti”, sussurrò Ser Daemon quando li vide. “Ne ho conosciuti di tipi così”.

 

Quando Arianne gli rivelò il suo nome e il suo obiettivo, i due sergenti si mostrarono abbastanza ospitali. “Rimarrete qui stanotte”, disse Mudd. “Abbiamo letti per tutti. Domattina avrete cavalli freschi, e qualsiasi vettovaglia riterrete necessaria. Il maester della mia lady può spedire un corvo a Posatoio del Grifone per avvertirli del vostro arrivo”.
“Avvertire chi?” chiese Arianne. “Lord Connington?”
I mercenari si scambiarono uno sguardo. “Il mezzo-maestro”, disse John Mudd. “Troverete lui al Posatoio”.
“Il grifone è in marcia”, disse Catena.
“In marcia verso dove?”, chiese Ser Daemon.
“Non spetta a noi dirlo”, rispose Mudd. “Catena, tieni a freno la lingua”.
Catena sbuffò. “E’ Dorne. Perché non dovrebbe saperlo? E’ venuta per unirsi a noi, no?”
Questo è ancora da vedere, pensò Arianne Martell, ma preferì non approfondire la questione.

Giunto il tramonto servirono alla compagnia una buona cena nel solarium, in alto nella Torre dei Gufi, a cui si unì la vedova Lady Mertyns e il suo maester. Benché tecnicamente prigioniera nel suo stesso castello, l’anziana donna appariva arzilla e vispa. “I miei figli e i miei nipoti sono partiti quando Lord Renly ha chiamato a sé i vessilli”, raccontò alla principessa e al suo seguito. “Non li ho più visti da allora, anche se di tanto in tanto mandano un corvo. Uno dei miei nipoti è rimasto ferito ad Acque Nere, ma si è ripreso da allora. Mi aspetto che ritornino a breve per impiccare questa banda di ladri”. Indicò Mudd e Catena dall’altra parte del tavolo con una coscia d’anatra.
“Non siamo ladri” disse Mudd. “Ci riforniamo”.
“Avete comprato tutto il cibo giù in cortile?”
“Ci siamo riforniti”, disse Mudd. “Il popolino può coltivarne altro. Siamo al servizio del tuo legittimo sovrano, vecchiaccia.” Sembrava si stesse divertendo. “Dovresti imparare a parlare più cortesemente con i cavalieri”.
“Se voi due siete cavalieri, io sono una fanciulla”, disse Lady Mertyns. “E parlerò come mi pare e piace. Che potete fare, uccidermi? Ho già vissuto abbastanza a lungo”.
“La stanno trattando bene, mia signora?”, chiese la principessa Arianne.
“Non sono stata stuprata, se ti riferisci a quello”, rispose l’anziana donna. “Alcune servette sono state meno fortunate. Sposate o no, gli uomini non fanno distinzioni”.
“Nessuno ha stuprato nessuno”, insistette John Mudd il Giovane. “Connington non lo permette. Seguiamo gli ordini”.
Catena annuì. “Alcune ragazze sono state persuase, magari”.
“Proprio come avete persuaso i contadini a darvi tutto il loro raccolto. Meloni o verginità, è lo stesso per tipi come voi. Se volete qualcosa, lo prendete”. Lady Mertyns si girò verso Arianne. “Se dovessi vedere Lord Connington, digli che conoscevo sua madre, sarebbe stata mortificata”.
Forse dovrei, pensò la principessa.

 

Quella notte spedì a suo padre il secondo corvo.
Arianne stava ritornando nella sua stanza quando udì risate soffocate nella camera adiacente. Si fermò e ascoltò per un momento, poi spinse la porta e trovò Elia Sand accoccolata sul davanzale di una finestra, intenta a baciare Penne. Quando Penne vide la principessa lì in piedi, saltò su e iniziò a farfugliare. Entrambi indossavano ancora i vestiti. A quella vista Arianne si consolò un poco, e spedì Penne fuori dalla stanza con uno sguardo tagliente e un “Vai”. Poi si rivolse a Elia. “Ha il doppio dei tuoi anni. Un servitore. Pulisce la me**a d’uccello per il maester. Elia, che ti è saltato in mente?”
“Ci stavamo solo baciando. Non lo sposerò”. Ribelle, Elia incrociò le braccia sotto i seni. “Credi che non abbia mai baciato un ragazzo finora?”
“Penne è un uomo. Un servitore, ma comunque un uomo.” Alla principessa non sfuggì di aver avuto la stessa età di Elia quando aveva concesso la sua verginità a Daemon Sand. “Non sono tua madre. Bacia tutti i ragazzi che vuoi al tuo ritorno a Dorne. Qui e ora, invece...non è il luogo adatto per i baci, Elia. Mite, e mansueta e obbediente, hai detto. Devo anche aggiungere casta? Hai giurato sulle ossa di tuo padre”.
“Mi ricordo”, disse Elia, sembrando pentita. “Mite e mansueta e obbediente. Non lo bacerò più”.

 

La via più breve da Mistwood a Posatoio del Grifone passava attraverso il cuore verde e umido del Bosco delle Piogge, un percorso lento, nella migliore delle ipotesi. Arianne e il suo seguito impiegarono otto giorni abbondanti. Viaggiarono al ritmo di musica di una pioggia costante e sferzante, martellante contro le cime degli alberi, benché sotto la grande volta verde di foglie e rami lei e i suoi rimasero sorprendentemente asciutti. Catena li scortò per i primi quattro giorni di viaggio verso nord, accompagnato da una fila di carri e altri dieci uomini. Lontano da Mudd si dimostrò più cooperativo, e Arianne riuscì a tirargli fuori la storia della sua vita grazie al proprio fascino. La più grande fonte di vanto di Mudd era un bis bisnonno che aveva combattuto per i Blackfyre sul Campo dell’Erba Rossa, e aveva attraversato il Mare Stretto con Acreacciaio. Catena stesso era nato nella compagnia, dopo l’incontro fra una prostituta da campo e suo padre mercenario. Benché fosse stato educato a esprimersi in lingua comune e a considerarsi abitante di Westeros, fino a quel momento non aveva mai messo piede in nessuna parte dei Sette Regni.

 

Un racconto triste, e comune, pensò Arianne. La sua vita era un pezzo unico, una lunga lista di luoghi in cui aveva combattuto, nemici che aveva affrontato e ucciso, ferite subìte. La principessa lo lasciò parlare, incoraggiandolo di tanto in tanto con una risata, un tocco, o una domanda, fingendo di essere affascinata. Apprese più di quanto avrebbe mai ritenuto necessario dell’abilità di Mudd con i dadi, di Due Lame e della sua passione per le donne dai capelli rossi, di quella volta che qualcuno era scappato con l’elefante preferito di Harry Strickland, di Little Pussy e il suo gatto fortunato, della gesta e debolezze degli uomini e ufficiali nella Compagnia Dorata.

Il quarto giorno, però, in un momento di distrazione, Catena si lasciò sfuggire un “...quando avremo Capo Tempesta...”

 

La principessa lasciò correre quell’inciso senza commentare, benché le procurasse molta incertezza. Capo Tempesta. Sembrerebbe un grifone audace. O pazzo. Dimora di Casa Baratheon da tre secoli, e degli antichi Re della Tempesta per migliaia di anni prima di loro, si diceva che Capo Tempesta fosse impenetrabile. Arianne aveva sentito le discussioni fra gli uomini su quale fosse il castello più forte del reame. Alcuni dicevano Castel Granito, altri Nido delle Aquile degli Arryn, altri ancora Grande Inverno nel gelido nord, ma nominavano sempre anche Capo Tempesta. Secondo la leggenda era stato costruito da Brandon il Costruttore per opporsi alla furia di un dio vendicativo. Le sue mura esterne erano le più alte e forti di tutti i Sette Regni, spesse dai quaranta agli ottanta piedi. La sua poderosa torre a tamburo, priva di finestre, era alta la metà rispetto all’Alta Torre a Vecchia Città, ma si ergeva dritta in alto invece di essere a gradoni, e le mura erano tre volte più spesse di quelle a Vecchia Città. Nessuna torre d’assedio era alta abbastanza da raggiungere i merli di Capo Tempesta; e non c’erano mangani o trabucchi che potessero sperare di sfondare le sue enormi mura.

Connington vuole montare un assedio? Si chiese Arianne. Quanti uomini può avere? I Lannister avrebbero inviato un contingente per rompere l’assedio molto prima che il castello potesse cadere. Anche quella è una soluzione senza speranza.

 

Quella notte, quando riferì a Daemon Sand ciò che aveva detto Catena, il Bastardo di Grazia degli Dei sembrava perplesso quanto lei. “L’ultima volta ho sentito che Capo Tempesta era ancora in mano a uomini fedeli a lord Stannis. In teoria Connington farebbe meglio a far causa comune con un altro ribelle, piuttosto che dichiarare guerra anche a lui”.
“Stannis è troppo lontano per essere d’aiuto”, rifletté Arianne. “Un conto è catturare qualche castello minore mentre i loro lord e le loro guarnigioni sono via in guerre lontane, ma se Lord Connington e il suo cucciolo di drago potessero impadronirsi in qualche modo di una delle fortezze più forti del regno...”
“...allora il reame dovrebbe prenderli sul serio”, concluse Ser Daemon. “E coloro i quali non amano i Lannister potrebbero benissimo affollarsi sotto i loro vessilli”.
Quella notte Arianne scrisse un’altra breve missiva a suo padre e ordinò a Penne di spedirla con il terzo corvo.

 

Anche John Mudd il Giovane aveva inviato i corvi, a quanto pare. Era quasi il tramonto del quarto giorno, poco dopo che Catena e i suoi carri si erano congedati da loro, quando una colonna di mercenari da Posatoio del Grifone andò incontro ad Arianne e al suo seguito. Erano guidati dalla creatura più esotica su cui Arianne avesse mai posato gli occhi, con le unghie dipinte e le pietre preziose che brillavano dai lobi.
Lysono Maar parlava molto bene la lingua comune. “Ho l’onore di essere gli occhi e le orecchie della Compagnia Dorata, principessa”.
“Lei sembra...” Arianne esitò.
“...una donna?”, Lysono rise. “No, non lo sono”.
“...un Targaryen”, insistette Arianne. I suoi occhi erano color lilla pallido, i suoi capelli una cascata bianca e dorata. Allo stesso tempo, qualcosa di lui le faceva accapponare la pelle. Viserys aveva quest’aspetto? Si ritrovò a chiedersi. Allora forse è una buona cosa che sia morto.
“Sono lusingato. Si dice che le donne di Casa Targaryen non abbiano eguali al mondo”.
“E gli uomini di Casa Targaryen?”
“Oh, addirittura più carini. Anche se ad essere sinceri, ne ho visto solo uno”. Maar le prese la mano, e la baciò delicatamente sul polso. “Da Mistwood hanno annunciato il suo arrivo, dolce principessa. Saremo onorati di accompagnarla al Posatoio, me temo che abbia perso Lord Connington e il nostro giovane principe”.
“Diretti in guerra?” Diretti a Capo Tempesta?
“Esattamente”

Il lyseniano era un uomo molto diverso da Catena. Lui non si lascerà sfuggire niente, capì, dopo poche ore in sua compagnia. Maar sembrava disinvolto, ma aveva esercitato alla perfezione l’arte di parlare molto senza dire niente. Per quanto riguarda i cavalieri che erano venuti con lui, avrebbero potuto essere muti per quello che i suoi uomini riuscirono a strappargli di bocca.

 

Arianne decise di affrontarlo apertamente. La sera del quinto giorno oltre Mistwood, mentre si accampavano accanto alle rovine cadenti di una vecchia torre completamente coperta da piante rampicanti e muschio, si sedette accanto a lui e disse, “E’ vero che avete gli elefanti?”
“Alcuni”, rispose Lysono Maar con un sorriso e una scrollata di spalle.
“E i draghi? Quanti draghi avete?”
“Uno”
“Intende il ragazzo”
“Il Principe Aegon è un uomo adulto, principessa”
“Sa volare? Sputare fuoco?”
Il lyseniano rise, ma i suoi occhi lilla rimasero di ghiaccio.
“Lei gioca a cyvasse, mio signore?” chiese Arianne. “Mio padre mi sta insegnando. Non sono molto brava, lo confesso, ma so che il drago è più forte dell’elefante”.
“La Compagnia Dorata è stata fondata da un drago”
“Acreacciaio era un mezzo-drago, e tutto bastardo. Non sono un maester, ma conosco un po’ di storia. Siete comunque mercenari”.
“Se così le fa piacere, principessa”, rispose Lysono Maar, tutto suadente cortesia. “Noi preferiamo chiamarci una libera fratellanza di esiliati”
“Come volete. Rispetto agli altri fratelli liberi, l’assicuro che la sua compagnia è ben distinta dalle altre. Eppure la Compagnia Dorata è stata sconfitta ogni volta che è giunta a Westeros. Hanno perso quando li comandava Acreacciaio, hanno fatto fallire i pretendenti Blackfyre, hanno vacillato quando li guidava Maelys il Mostruoso”
Questo sembrò divertirlo. “Quantomeno siamo insistenti, deve ammetterlo. E alcune di quelle sconfitte furono quasi vittorie”
“Altre no. E quelli che muoiono nelle quasi vittorie non sono meno morti di quelli che periscono nelle disfatte complete. Il Principe Doran, mio padre, è un uomo saggio, e combatte solo guerre che sa di poter vincere. Se l’esito della guerra dovesse sfavorire il tuo drago, la Compagnia Dorata sicuramente fuggirebbe via oltre il Mare Stretto, come ha già fatto. Come lo stesso Lord Connington ha fatto, dopo che Robert lo sconfisse nella Battaglia delle Campane. Dorne non ha altro asilo. Perché dovremmo fornire le nostre spade e le nostre lance alla vostra causa incerta?”
“Il Principe Aegon è sangue del tuo sangue, principessa. Figlio del Principe Rhaegar Targaryen e Elia di Dorne, la sorella di suo padre”
“Anche Daenerys Targaryen è sangue del mio sangue. Figlia di Re Aerys, sorella di Rhaegar. E lei ha i draghi, o così i racconti vogliono farci credere”. Fuoco e sangue. “Dov’è lei?”
“A mezzo mondo di distanza, a Baia degli Schiavisti”, disse Lysono Maar. “E per quanto riguarda questi sedicenti draghi, io non li ho visti. A cyvasse, è vero, il drago è più forte dell’elefante. Sul campo di battaglia, dammi degli elefanti che posso vedere e toccare e scagliare contro i nemici, non dei draghi fatti di parole e desideri”.
La principessa cadde in un silenzio pensoso. E quella notte inviò il quarto corvo a suo padre.

 

E finalmente, un giorno grigio e umido in cui la pioggia cadeva fredda e sottile, Posatoio del Grifone emerse dalla foschia marina. Lysono Maar sollevò una mano, lo squillo di una tromba risuonò fra i dirupi, e le porte del castello si aprirono pigramente davanti a loro. La principessa vide che la bandiera intrisa di pioggia e appesa sopra l’ingresso era bianca e rossa, i colori di Casa Connington, ma sventolavano anche i vessilli dorati della Compagnia.

 

Cavalcarono in doppia colonna oltre il crinale chiamato Gola del Grifone, con le acque del Golfo dei Naufragi che ruggivano da ambo i lati contro gli scogli.

Dentro il castello vero e proprio, una dozzina di ufficiali della Compagnia Dorata si erano riuniti per dare il benvenuto alla principessa dorniana. Uno dopo l’altro si inginocchiarono davanti a lei e pigiarono le labbra contro il dorso della sua mano, mentre Lysono Maar faceva le presentazioni. La maggior parte dei nomi si dileguarono dalla testa non appena li sentì.
Il loro capo era un uomo in avanti con gli anni e dal volto grinzoso e magro, senza barba, che portava i lunghi capelli tirati indietro in un nodo. Lui non è un combattente, percepì Arianne. Il lyseniano confermò la sua opinione quando introdusse l’uomo come Haldon Mezzo-maestro.
“Abbiamo preparato delle stanze per lei e il suo seguito, principessa”, disse Haldon, quando finalmente terminarono le presentazioni. “Confido che saranno appropriate. So che cerca Lord Connington, e anche lui desidera parlare con lei, il più presto possibile. Se le compiace, domani ci sarà una nave pronta a portarla da lui”
“Dove?” chiese Arianne con forza.
“Non ve l’ha detto nessuno?” Haldon Mezzo-maestro le offrì un sorriso sottile e affilato come il taglio di una lama. “Capo Tempesta è nostro. Il Cavaliere del Re la attende lì”
Daemon Sand si fece avanti accanto a lei. “Il Golfo dei Naufragi può essere pericolosa persino in un chiaro giorno d’estate. La via più sicura per Capo Tempesta è via terra.”
“Le piogge hanno trasformato le strade in fanghiglia. Il viaggio durerebbe due giorni, forse tre”, disse Haldon Mezzo-maestro. “Una nave porterebbe la principessa lì in mezza giornata, o di meno. Un esercito sta calando su Capo Tempesta da Approdo del Re. Preferireste essere sicuri dentro le mura prima della battaglia”.
Davvero? Si chiese Arianne. “Battaglia? O assedio?” Non aveva intenzione di lasciarsi intrappolare dentro Capo Tempesta.
“Battaglia”, Haldon rispose con fermezza. “Il Principe Aegon intende schiacciare i suoi nemici in campo aperto”.
Arianne si scambiò un’occhiata con Daemon Sand. “Sarebbe così gentile da mostrarci le nostre stanze? Vorrei rinfrescarmi, e cambiarmi in abiti asciutti”
Haldon si inchinò. “Subito”.

 

Lei e il suo seguito sarebbero stati ospitati nella torre est, le cui finestre ogivali dominavano la baia del Golfo dei Naufragi. “Tuo fratello non è a Capo Tempesta, ora lo sappiamo”, disse Ser Daemon non appena furono soli in camera. “Se Daenerys Targaryen ha i draghi, sono a mezzo mondo di distanza, e di nessun aiuto per Dorne. Non c’è nulla per noi a Capo Tempesta, principessa. Se il Principe Doran avesse voluto spedirti nel bel mezzo della battaglia, ti avrebbe concesso trecento cavalieri, non tre”.
Non esserne così sicuro, Ser. Ha mandato mio fratello a Baia degli Schiavisti con cinque cavalieri e un maester. “Devo parlare con Connigton”. Arianne slacciò il sole e la lancia intrecciati che stringevano il mantello, e si lasciò scivolare l’indumento fradicio di pioggia dalle spalle a un mucchio sul pavimento. “E voglio vedere questo suo drago. Se è davvero il figlio di Elia...”
“Di chiunque sia figlio, se Connington sfida Mace Tyrell in campo aperto potrebbe diventare ben presto suo prigioniero, o un cadavere”.
“Tyrell non fa paura. Mio zio Oberyn –“
“ – è morto, principessa. E diecimila uomini equivalgono a tutta la forza della Compagnia Dorata.”
“Anche Lord Connington conosce la propria forza, sicuramente. Se rischia di combattere, deve credere di poter vincere”.
“E quanti uomini sono morti nelle battaglie che credevano di vincere?” le chiese Ser Daemon. “Rifiuta, principessa. Non mi fido di questi mercenari. Non andare a Capo Tempesta”
Cosa ti fa pensare che mi permetteranno di scegliere? Era stata turbata dall’impressione che Haldon Mezzo-maestro e Lysono Maar l’indomani l’avrebbero condotta sulla nave, lo volesse o no. Meglio non metterli alla prova. “Ser Daemon, hai fatto da scudiero a mio zio Oberyn”, disse. “Se ora fosse qui, consiglieresti anche a lui di rifiutare?” Non attese una replica. “So la risposta. E se stai per ricordami che non sono la Vipera Rossa, so anche quello. Tuttavia il Principe Oberyn è morto, il Principe Doran è vecchio e malato, e io sono l’erede di Dorne.”
“E proprio per questo non dovresti correre rischi”. Daemon Sand si inginocchiò. “Mandami a Capo Tempesta al tuo posto. Così se i piani del grifone dovessero andare in malora e Mace Tyrell riconquistasse il castello, sarò solo un altro cavaliere senza terra che ha giurato fedeltà a questo usurpatore in cerca di fortuna e gloria.“
Invece se catturassero me, il Trono di Spade lo prenderebbe come prova che Dorne ha cospirato con questi mercenari, e li ha aiutati nell’invasione. “E’ coraggioso da parte tua cercare di proteggermi, Ser. Ti ringrazio”. Lo prese per le mani e lo tirò su in piedi. “Però mio padre ha affidato a me questo compito, non a te. Giunta l’alba, salperò e scoverò il drago nella sua tana.”

 


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hexenwolf
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Inviato il 20 maggio 2016 19:00

Grazie @no one, ben tradotto. Vorrei che Martin ci desse un capitolo al mese, almeno avremo qualcosa su cui confabulare. Fino a un po' di tempo fa non volevo spoilerarmi niente, ma nin cia facc chiu', ormai aspetto gli spoiler con voracità!


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The Right Hand of Jaime
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Inviato il 21 maggio 2016 0:02

@noone ti lovvo


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xrnmas
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Inviato il 21 maggio 2016 9:11

Complimenti per questa bellissima iniziativa [emoji2] [emoji2]


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