Quoto Scuotivento, sono andata sul sito ufficiale e la definizione dell'associazione diceva tutto e niente O.o lo trovo molto fastidioso.
trovo molto fastidioso anche che mia madre si addolori per Don g. come se l'avesse, avesse aderito o almeno avesse saputo qualcosa sulla sua associazione. Quando gli ho chiesto cosa aveva fatto Don G. non mi ha saputo rispondere...
Il pensiero di Don Giussani si articolava su due punti.
Il messaggio cristiano non è un insieme di regole di vita, ma un lieto annuncio.
Da questo assioma si partiva per tutta uan serie di iniziative e modus vivendi che poi sono confluiti in Comunione e Liberazione. A proposito, Don Giussani, di per sè, non è propriamente il fondatore del movimento, ma solo l'ispiratore. Cmq il buon Don Gius ha, per così dire, posto sotto un'altra luce il messaggio evangelico, considerandolo per quel che è: un lieto annuncio. Il cristianesimo in fin dei conti è una religione del tutto unica e particolare, dove non solo l'Uomo cerca Dio, ma anche Dio cerca la sua creatura, facendosi a sua volta essere umano. Quindi un messaggio per certi versi rivoluzionario, anche se, a ben vedere, rivoluzionario è il "protagonista" delle Sacre Scritture. Ed essendo l'annuncio lieto, il cristianesimo va vissuto con gioia e serenità.
Il messaggio cristiano non lascia spazio a fraintendimenti.
Don Gius è sempre stato seguace del pensiero forte, senza mezzi termini. In pratica, dal punto di vista politico, sosteneva che i cattolici possono stare solo con chi rispetta gli ideali cristiani (senza necessariamente però esserlo). Dicendolo negli anni '70, durante l'era Moro, chiaramente Don Gius di beccò il risentimento di tutta la frangia catto-comunista. L'idea di Don Gius, a mio parere valida (difatti io sono candidato nell'UDC...), stabiliva che il trattare politicamente con chi, come il PCI, favoriva l'aborto o il divorzio, andasse contro gli insegnamenti evangelici, rischiando di portare dal punto di vista politico all'accettazione di compromessi che non salvaguardassero la dignità umana.
Peraltro le idee di don Luigi Giussani sono state più volte conferamte da Papa Giovanni Paolo II (e dalla CEI...), il quale ha affermato in più occasioni come il CieLlino vivesse da vero cristiano. Non dimentichiamo che l'attuale Papa andò ad un Meeting (mi sembra nell' '83), cosa unica, a riprova dell'approvazione e della stima che il Sommo Pontefice nutriva e nutre per gli ideali di Don Gius.
Vi aggiungo qua sotto due ricordi di Don Gius, per meglio aiutarvi a comprendere la grandezza del personaggio.
Prima l'ultimo ricordo di Don Gius da parte di julian Carron, il successore alla guida di CL. Il secondo è un'intervista a S.E. il Cardinale Biffi. In ultimo, una breve storia del movimento. Buona lettura.
(Tutti i testi sono tratti dal quotidiano della Cei, Avvenire)
JULIAN CARRON:
C’era tutto lui in quell’ultimo sguardo
E' stato uno sguardo di quelli che segnano. Non lo dimenticherò mai. Lo porterò negli occhi per tutta la vita, lo sguardo che don Giussani aveva l’ultima volta che era lucidamene cosciente, pochi giorni prima di scendere nella profondità dell’Essere, salendo al Cielo. Uno sguardo che ci ha rivolto, fissando noi che eravamo intorno a lui. Era come se fosse ritornato all’improvviso dall’altra riva per dirci: "Ciao!", prima di un lungo viaggio.
Ci ha fissato uno ad uno con quello sguardo penetrante che ti commuoveva fino al midollo. Quante volte aveva guardato così i suoi. Non solo i suoi, ma chiunque entrava nell’orizzonte della sua vita.
Quell’ultima volta che ci ha guardato era impossibile che non richiamasse alla mente lo sguardo di Cristo a Zaccheo. Ma quello sguardo era lì davanti a noi. Come disse un giorno don Giussani a Renato Farina che lo intervistava, "questo sguardo di Cristo è esistenzialmente vivo e forte quando dà forma allo sguardo, detta i modi dell’affezione di altri compagni, di amici". Ecco, uno sguardo di amico. Tutta la commozione e l’intensità dell’esperienza umana sgorgano da lì. Proprio come era accaduto a Zaccheo, a cui Gesù disse: "Scendi dall’albero, perché devo venire a casa tua". E quell’uomo si precipitò giù e corse a casa contento come non era stato mai, trafitto da quello sguardo "umano" di Dio.
Per tutta la sua vita l’umanità di don Giussani ci ha comunicato il cristianesimo come esperienza, ben altra cosa che una serie di istruzioni per l’uso o un discorso corretto e pulito. È una vita, la Chiesa, un’esperienza umana così affascinante che ti cattura. Questa è la sua bellezza.
Dov’è la "stranezza" della nostra fede che tanti non si spiegano, rimanendone stupiti? Dove sta l’origine dell’attrattiva di don Giussani, del suo carisma? In una bellezza incontrata e comunicata.
Contro un cristianesimo come bellezza non potrà mai nulla la cultura dominante, il potere. Ce la potrebbe fare contro una fede ridotta a etica, a valori comuni. Contro l’avvenimento di una bellezza presente, no!
In questo momento, di fronte alla vita di don Giussani, le parole di Mohler trovano tutta la loro grandezza e profondità ed esprimono il nostro grazie a chi ora ci è padre come nessun altro al mondo: "Io penso che non potrei più vivere se non Lo sentissi più parlare".
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BIFFI: quella «presa» chiamata carisma
La "presa" di don Giussani sulla moltitudine di giovani e di adulti di tutte le estrazioni culturali e di tutte le latitudini è un mistero. Nel linguaggio soprannaturale si parla di un carisma, ovvero di un dono fatto a lui a vantaggio degli altri. Per la lunga amicizia che ci legava il fatto che ci abbia lasciato suscita in me pena e rammarico". Così il cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo emerito di Bologna, ricorda la figura del fondatore di Comunione e liberazione.
Eminenza, a quando risale e come si è sviluppata la sua amicizia con don Giussani?
Risale alla mia prima giovinezza, nel contesto del seminario di Venegono. E’ stata un’amicizia senza eclissi che è stata per me un grande dono. C’era tra me e lui una certa differenza di età ma anche una affinità di tante concezioni, come la nostra propensione per l’Oriente cristiano. Ricordo, ad esempio, che con don Giussani e con don Enrico Galbiati impiegammo le ricreazioni dell’ultimo anno di seminario per studiare russo. Poi ciascuno è andato per la sua strada. Ho ripreso i contatti agli inizi degli anni ’70 insieme a don Giuseppe Lattanzio, anche perché il card. Colombo ci chiese di capire bene quali erano le intenzioni di don Giussani. L’amicizia si è consolidata quando abbiamo cominciato ad andare in vacanza insieme, a partire dal 1973, per iniziativa mia e di don Lattanzio, perché ci siamo accorti che lui non prendeva mai ferie e allora l’abbiamo costretto a venire con noi su un’isola, La Maddalena, in modo che non potesse scappare.. Sono state occasioni bellissime di approfondimento, anche perché in quegli anni si stava sviluppando il movimento e noi, nell’agio della vacanza al mare, avevamo la possibilità di riflettere insieme sui problemi e sulle difficoltà che ne accompagnavano la crescita.
Come l’ambiente del seminario di Venegono ha contribuito all’emergere della personalità di Giussani e alla sua tipica vocazione?
Il seminario, pensato dal cardinale Schuster sul modello delle antiche abbazie, aveva un’autonomia di vitalità, con una grande cura della liturgia, con una grande serietà di studi, con una ricerca molto libera dal punto di vista della scienza teologica. Il contesto era favorevole perché tutti noi avvertissimo la gioia e l’entusiasmo per la bellezza onnicomprensiva di Cristo e per una realtà ecclesiale percepita come la sintesi e l’avvaloramento di ogni autentica positività umana. Questa era una caratteristica di Venegono, che poi troverà ampio spazio nella proposta di Giussani.
Il quale non mai nascosto il suo debito di riconoscenza nei confronti dei maestri che hanno segnato in quel periodo la sua formazione. Come è giustificata questa convinzione?
Noi avevamo un gruppo di docenti veramente eccezionali. Di fatto le loro esposizioni si integravano e si illuminavano reciprocamente fino ad offrire una visione organica e coerente, aperta tanto al mistero di Dio quanto alle fondamentali interpellanze dell’animo umano. Un insegnamento che si fondava sull’unità del disegno di Dio. Questa attenzione alla verità delle cose e quindi al disegno trascendente non è mai mancata nella prospettiva di don Giussani e nell’anima del suo movimento che fin dalle origini si distinse da una visione dualistica proposta da altri settori della cristianità.
In quel contesto che cosa si è rivelato come caratteristico e proprio di Giussani?
Questa esperienza di luce e di vita, che ci prendeva tutti, in don Giussani è stata subito accompagnata dalla volontà di far partecipare gli altri a questa fortuna da cui noi ci sentivamo gratificati. In don Giussani era insopportabile che ci fossero altri che non avessero raggiunto la stessa gioia. E questo é stato l’atteggiamento interiore che lo ha spinto prima a farsi promotore di gruppi all’interno del seminario e poi a lasciare la cattedra di teologia, dove gli sono succeduto, per dedicarsi agli studenti del Berchet. Non gli interessava l’insegnamento in quanto tale ma la trasmissione della verità.
Don Giussani ha spesso affermato di non aver voluto fondare nulla e di non aver inventato nulla. Non le sembra incredibile?
Niente affatto. Quando Giussani lascia la docenza teologica per dedicarsi a tempo pieno ai ragazzi del Berchet non ha il convincimento di iniziare qualcosa di inedito. Vuole semplicemente far conoscere in maniera più efficace, più coerente, più persuasiva il cristianesimo di sempre agli adolescenti che gli si presentavano. Neanche inventa forme inedite di pastorale giovanile. Nelle scuole assume la forma di apostolato che l’Azione cattolica gli offriva con la denominazione di Gioventù studentesca. Un’idea di Giancarlo Brasca, pensata nel 1945, che Giussani fa propria al punto che diventa l’etichetta del suo movimento. Si può dire che ha messo un vino nuovo negli otri vecchi. Non ha mai pensato di dare al movimento un programma ma ha avuto una sola grande preoccupazione: quella di trasmettere a tutti l’ esperienza del cristianesimo.
L’educazione è stata tema costante di tutta la sua azione. Perché?
In un’epoca in cui la cultura dominante vedeva il rapporto degli adulti con i giovani espresso soltanto dalla domanda "cosa desiderate", Giussani chiedeva loro "chi siete". Cercava di fargli scoprire la verità del loro essere in modo che da questa potesse nascere una scelta di vita. Per questo Giussani ha sempre avuto una preoccupazione educativa. Di più: non ha mai smesso di educare.
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Una fraternità fiorita in 70 Paesi
Gli scritti del fondatore sono stati tradotti anche in russo, sloveno, greco e albanese
In mezzo secolo, l’esperienza di Comunione e Liberazione si è diffusa in oltre 70 Paesi del mondo. Gli aderenti sono 100mila. Gli scritti di don Giussani sono stati tradotti in inglese, francese, spagnolo, tedesco, russo, polacco, portoghese, slovacco, sloveno, ungherese, greco, albanese.
In 29 nazioni oltre l’Italia sono presenti i «Memores Domini», riconosciuti dalla Santa Sede come «Associazione ecclesiale privata universale», i cui associati seguono una vita di ascesi cristiana praticando l’obbedienza, la povertà, la verginità.
Cinquecento sono i sacerdoti della Fraternità dei missionari di San Carlo Borromeo fondata nel 1985 in seno a Comunione e Liberazione come Associazione sacerdotale; i preti che ne fanno parte vivono in «case» sparse nei cinque continenti.
La Compagnia delle Opere è stata costituita nel 1986 nel solco della dottrina sociale della Chiesa e del solidarismo cattolico, per «promuovere e tutelare la presenza dignitosa delle persone nel contesto sociale e il lavoro di tutti». Oggi vi aderiscono circa 30mila imprese, in maggioranza piccole e medie, e mille organizzazioni non profit, che coinvolgono oltre 500mila persone; 39 sedi italiane, oltre a 13 sedi e innumerevoli rappresentanze nel mondo.
La specificità che Cl ha portato nella Chiesa e nell’umanità è espressa essenzialmente da tre dimensioni: cultura, carità, missione; ovvero educazione, fraternità, opere. La storia di Cl è stata sempre caratterizzata, infatti, da un’intensa attività culturale: vivacità che nasce dalla passione a verificare la capacità della fede di offrire un criterio per interpretare tutta la realtà. Il monito di san Paolo «vagliate tutto e trattenete il valore» resta per Cl la norma che guida il lavoro culturale, il confronto con ogni cosa: tutto è incontrabile e affrontabile avendo come criterio la luce sull’uomo portata dalla Rivelazione. La cultura di Cl si esprime primariamente attraverso la rivista «Tracce», che oggi viene distribuita e tradotta anche in Sud America, Australia, Canada, Gran Bretagna, Hong Kong, Kenya, Nigeria, Uganda e Stati Uniti. Massima importanza riveste da sempre il lavoro educativo di formazione della gioventù e della persona adulta: sono nati così, in Italia e all’estero, un gran numero di scuole (come la Fondazione Sacro Cuore di Milano), di centri culturali, di case editrici, di testate giornalistiche, di istituti accademici, di compagnie teatrali e circoli d’arte. Di grande valore l’attività editoriale. Veri best-sellers, per qualità dei titoli e per volume delle vendite, le due collane dirette da Giussani per la Rizzoli: la collana «I libri dello spirito cristiano» (romanzi, saggi e poesia), nata nel 1993, e la collana musicale «Spirto Gentil» che ha esordito nel 1997. Da ricordare poi i vari convegni internazionali, primo fra tutti l’annuale «Meeting per l’amicizia fra i popoli» di Rimini che, nato nel 1980, ha coinvolto i nomi più significativi della cultura e delle fedi, oltre che migliaia di persone d’ogni Paese.
Viene quindi la carità. Uno dei gesti proposti ai giovani da GS, fin dal 1958, fu infatti la «caritativa» tra i poveri della Bassa. Per Cl la caritativa è lo strumento educativo per realizzare la conversione personale. Numerose sono le realtà di solidarietà e di assistenza nate dai laici di Cl: l’Associazione Famiglie per l’accoglienza (impegnata nell’ospitalità di ragazzi stranieri e di adulti non autosufficienti), l’Associazione Cilla (per una compagnia ai malati), il Banco Alimentare, il Banco Farmaceutico. Consacrate sono invece le Suore della Carità dell’Assunzione, istituto nato nel 1993 e formato oggi da un centinaio di suore impegnate nell’assistenza a domicilio di malati, anziani, bambini in difficoltà.
Infine la missione: per Cl non c’è distinzione tra l’opera dei missionari lontani e la missione d’ogni cristiano nel proprio ambiente, nella prossimità delle circostanze quotidiane. Già in GS i ragazzi venivano educati alla missione anche attraverso il rapporto con religiosi impegnati in terre lontane, e soprattutto sostenendo interamente e responsabilmente una realtà missionaria in Brasile, a Belo Horizonte, fin dal 1962. Oggi l’Avsi (Associazione Volontari per il Servizio Internazionale) è una ong presente in vari Paesi poveri dell’America Latina, del Medio Oriente e dell’Africa, con progetti di aiuto allo sviluppo. Collegate all’Avsi sono le «Tende a distanza» e il settimanale «Vita».
Don Giussani e' noto soprattutto per essere stato l'ispiratore e l'anima di CL.
Questa associazione recluta giovani e meno giovani con l'intento di indebolire la forza dei movimenti di massa di sinistra, ritenuti una grave piaga, ricercando collegamenti politici non pregiudiziali con chi segue i suoi fini (storicamente mamma DC, ed in particolare Andreotti, il piu' applaudito ad ogni Meeting) e intrecciando interessi economici (la compagnia delle opere raggruppa 25mila aziende tra private e no profit). Un paio di persone famose vicine a CL, cosi' per farsi un'idea: Socci (giornalista)Formigoni(presidente della regione Lombardia).
La preghiera è il primo gesto che l'uomo ha fatto su questa terra.
e questa da dove viene?
La cosa che urtava un po ' della tua esortazione alla preghiera era che veniva dopo il ricordo in morte di un sacerdote, e quindi non poteva che essere interpretata come una preghiera cristiana, anzi cattolica.Era evidente:
Per noi cattolici, è morta una figura importantissima.
Stateci vicini, e pregate con noi.
La pregiera, che non è un insieme di parole fine a se stesso, ma è una richiesta che parte dall'animo, è l'espressione più pura e più bella dell'uomo. E' il suo desiderio più intimo. Tutti pregano. Noi cattolici in un modo, altri in altri. Anche gli atei in fin dei conti pregano, anche se magari non se ne accorgono.
Non sono d'accordo, ma se tu avessi fatto capire questa tua visione, probabilmente non sarebbe nata la querelle.
Per noi cattolici, è morta una figura importantissima.
Stateci vicini, e pregate con noi.
°-° ehm..? nessuno in casa mia lo conosceva veramente, ma mi dispiace per le persone che lo conoscevano e che lo ammiravano.
La pregiera, che non è un insieme di parole fine a se stesso, ma è una richiesta che parte dall'animo, è l'espressione più pura e più bella dell'uomo. E' il suo desiderio più intimo. Tutti pregano. Noi cattolici in un modo, altri in altri. Anche gli atei in fin dei conti pregano, anche se magari non se ne accorgono.
Che la preghiera sia l'espressione più bella dell'uomo? bhò... ci sono moltissime altre cose come forme di espressione
non è mia intenzione offendere nessuno,ma sono molto stupito.
cioè,la solita menata Dio-ama-noi,noi-amiamo-Dio,ubbidite-alla-Chiesa ha creato tutto questo?
queste son le cose che per la loro intrinseca banalità mi hanno fatto allontanare dalla chiesa.
ci deve essere qualcosa di più,io vado al berchet e ancora si parla delle sue fantastiche lezioni...
In don Giussani era insopportabile che ci fossero altri che non avessero raggiunto la stessa gioia. E questo é stato l’atteggiamento interiore che lo ha spinto prima a farsi promotore di gruppi all’interno del seminario e poi a lasciare la cattedra di teologia, dove gli sono succeduto, per dedicarsi agli studenti del Berchet. Non gli interessava l’insegnamento in quanto tale ma la trasmissione della verità.
trovo un discorso del genere davvero molto pericoloso (e personalmente fastidioso). A leggere questi commenti mi viene da pensare che costui fosse un invasato, e che abbia ispirato uno stile di indottrinamento piuttosto subdolo. Infatti, per quanto le missioni siano utili dal punto di vista economico-materiale, sono caratterizzate da una forzata estirpazione delle religioni locali per essere soppiantate da una religione che non ha nulla a che vedere con la cultura e le usanze della popolazione locale, che si trova in uno stato di "debolezza psicologica" nei confronti di coloro che stanno loro materialmente salvando la vita. Mi sembra tanto un "Io ti dò le medicine, ma tu poi mi reciti il padreterno e ti adegui alla morale cattolica: ecco le regole, anche se non le capisci l'importante è che le applichi."
So che sono un po' dura e intransigente, ma la mia conoscenza di CL mi ha mostrato sempre questo aspetto di tentata prevaricazione da parte loro.
dimenticavo:
Anche gli atei in fin dei conti pregano, anche se magari non se ne accorgono.
no, io non prego in alcun modo. Me ne accorgerei, altrimenti.
io vado al berchet e ancora si parla delle sue fantastiche lezioni...
Questo non è un fatto positivo, per quanto belle possano essere state (non ho motivo di pensare il contrario) ormai sono passate, non torneranno più....
Quoto in pieno Ashan, la preghiera non può essere inconsapevole.