Ho la necessità assoluta di cominciare a leggere una o più nuove saghe!! Ma sono un soggetto difficile!
Ho letto:
Tutti i libri di R.A. Salvatore
Tutta la Dragonlance e i Forgotten Realms
MARTINS (ovviamente )
Jordan
Gemmel (sono un GRANDE estimatore)
Turtledove (ebbene sì... )
Tutto Terry Brooks
Maggie Fury
Tolkien (OVVIAMENTE)
Sto leggendo Licia Troisi (Cronache del mondo emerso) e Fuoco nel Cielo di Anne Robillard
Ho letto il primo libro della saga del Giglio di Marion Zimmer Bradley ma non mi è piaciuto! Poi migliora??
Insomma... ho bisogno di aiuto per il futuro.... VI PREGO, suggeritemi qualcosa che regga le mie aspettative (ricordate, ho letto Turtledove e mi è piacuto parecchio... ).
Grazie mille!
non c'entra molto con turtledove ma a me e' piaciuto mooolto deathgate
Ciao!
Leggi, anche perché ti costerà poca fatica in termini economici e di quantità di pagine, "La saga di Earthsea" di Ursula Le Guin.
Trovi un primo volume riedito dalla Nord recentemente che contiene i primi tre libri. E un secondo volume, appena uscito, intitolato "I draghi di Earthsea" che contiene il IV e il V volume.
Forse abbisogni di qualcosa di più lungo, ma, credimi, Ursula Le Guin è grande.
ehm...no, decisamente M.Z.Bradley n migliora, tieniti alla larga da quella scrittrice.....consiglio puramente soggettivo!!!
Ciauzzzzzzzzzz
Bry
Eddings è fantastico! (Jordan ha allegramente preso spunto anche da lì...)
Il primo libro è il segno della profezia.
p.s: leggi anche pratchett!!!!
Anch'io consiglio Eddings (concordo Jordan si è ispirato)...
e Andrea D'Angelo
Per quanto riguarda la zimmer il primo della saga del giglio l'ho buttato via...
si curamente feist e se vuoi qualcosa di impegnativoi giardini della luna di erikson.
Quoto relativamente a zimmer ( e ne ho letti 20 per dare sto parere) e death gate (primo volume un po' lento, ma poi migliora esponenzialmente)
fossi in te proverei Tanith Lee (poco sponsorizzata su questo forum) ma diversa rispetto a certi stereotipi fantasy...
ciao
per approfondire
SPOILER
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GLI DEI DELLA MAGIA DI TANITH LEE
di Piero Trevisan
La scrittrice londinese Tanith Lee è un'autrice che ha trattato sia i temi della fantascienza che della fantasy pura. I temi del Paganesimo sono comparsi spesso nei suoi romanzi, dove il tema del rapporto fra natura umana e natura divina è quello predominante, avvicinandosi perciò in certo modo a Van Vogt. Tuttavia Tanith Lee si dimostra superiore a Van Vogt, innanzitutto per lo stile più chiaro e profondo, meno frettoloso di quello che caratterizza lo scrittore canadese, a volte celvellotico e troppo complicato. Inoltre, perché è più attenta ai personaggi e ai loro conflitti interiori, e quindi li rende più comprensibili e vicini al lettore.
É uno strano caso che il suo nome sia quello dell'antica Dea Madre cartaginese, una delle tante manifestazioni della Grande Madre mediterranea, ed è un nome che, come vedremo, dati i temi di alcuni dei suoi romanzi, le si attaglia perfettamente.
Il suo primo romanzo è stato Nata dal vulcano (The Birthgrave), che narra di una donna che si risveglia in un tempio misterioso nelle viscere di un vulcano, priva di memoria e dal volto orribilmente sfigurato, con i capelli e gli occhi completamente bianchi. La donna senza nome ode la voce di un essere invisibile che sale dalle fiamme di un bacile sullo altare del tempio: è Karrakaz, il Demone Senz'Anima, che le rivela che lei è l'ultima superstite di un regno perduto, e che se uscirà dal vulcano ne avrà solo dolore e sofferenza, a meno che non trovi la sua "anima gemella di Giada Verde".
La donna senza nome esce terrorizzata dal vulcano, e si avventura nel mondo esterno, un pianeta sconosciuto che potrebbe indifferentemente essere una sorella gemella della Terra, oppure la stessa Terra nel passato o nel futuro, oppure un'altra Terra di una dimensione parallela. Al lettore è data la possibilità di pensarla come meglio crede.
Fatto sta che in questa Terra sconosciuta la donna senza nome scopre di essere una Dea. É dotata di una serie di straordinari poteri metapsichici: può leggere nel pensiero e può parlare qualsiasi lingua per una forma di telepatia, può spostare gli oggetti col pensiero, scatenare le tempeste, guarire le malattie, curare le ferite, ed il suo corpo si rigenera in continuazione, a tal punto che non può essere uccisa. Il suo potere però si manifesta saltuariamente, è come bloccato dal peso di una maledizione, che ritiene collegata al suo misterioso passato. Tiene il suo volto coperto da una maschera, convinta che il suo orribile aspetto porterebbe la morte a chi lo vedesse.
Pian piano riesce ad intuire qualcosa della verità: nel mondo sconosciuto si ergono gigantesche rovine di un'antica civiltà, la civiltà dei Perduti, che, secondo le leggende, erano potentissimi stregoni, ed evidentemente lei è una superstite di questo popolo misterioso.
Peregrinando senza meta, arriva in un regno abitato da discendenti bastardi dei Perduti, i quali la considerano la loro Grande Dea Madre, Uastis, il cui nome significa "Guaritrice", e qui è costretta a sposare un generale che è in realtà anche lui un mago, Vazkor, un discendente indiretto del suo popolo che è riuscito a sviluppare i poteri latenti dei suoi antenati.
La Dea Uastis rimane incinta, ma quando si rende conto della immensa malvagità e pericolosità di Vazkor, il quale era comunque meno potente di lei, lo uccide, ma perde completamente i suoi poteri e fugge lontano, abbandonando poi il figlio appena nato in una tribù primitiva, scambiandolo con il figlio nato morto del capotribù.
La donna vaga ancora per qualche tempo, finché scopre un'astronave atterrata in un luogo deserto, e incontra gli occupanti, che dicono che è stata lei a chiamarli, con i suoi immensi poteri telecinetici. Nell'astronave, la donna viene collegata al computer della nave, che può registrare tutti i ricordi, consci o inconsci di una persona, e viene costretta a ricordare le sue vere origini.
Scopre così che, secoli prima, lei era stata una figlia di una razza divina: creature dotate di tali poteri da essere simili agli Dei, anche se avevano avuto un corpo in carne ed ossa. Ma la loro immensa potenza li aveva resi spietati ed indifferenti alle sofferenze dei mortali, e così le prepotenze, lo sfruttamento e le atrocità che avevano praticato nei confronti dei mortali, avevano finito per suscitare un tale odio nei loro confronti che a lungo andare questo era diventato a sua volta una forza psichica, che aveva creato un'epidemia potentissima, che distrusseva completamente i loro corpi senza dar loro più la possibilità di risorgere. La loro hybris, l'orgoglio di ritenersi completamente simili agli Dei, li aveva distrutti.
La donna-dea senza nome, che a quel tempo era stata una bambina, dopo che tutti gli altri erano morti, era rimasta chiusa nel tempio sotterraneo, in uno stato di catalessi che era durato secoli, per poi risorgere come donna.
Il senso di colpa per essere appartenuta a una specie così malvagia, che era stato instillato in lei durante la catastrofe da uno dei sacerdoti del tempio sotterraneo, le aveva poi fatto perdere la memoria e le aveva bloccato l'uso dei suoi poteri. Il Demone Senz'Anima era solo la personalizzazione dei suoi sensi di colpa, così come anche il suo orribile aspetto era un'allucinazione: quando finalmente ha il coraggio di guardarsi allo specchio senza maschera, vede ora un volto bellissimo, di una bellezza immortale e divina, e sulla sua fronte è incastonato, inserito sotto la pelle, un piccolo triangolo di giada verde: la sua anima gemella simbolo del potere illimitato della mente. E allora ricorda il suo vero nome: Karrakaz.
La vicenda si conclude con il ritorno di Karrakaz nel mondo dei mortali, finalmente liberata dai suoi dubbi e dalle sue colpe e con il Potere completo, che ora è decisa a usare solo a fin di bene, a differenza dei suoi antenati. Dopo Nata dal vulcano, Lee scrisse il suo seguito, Vazkor, figlio di Vazkor, che non ha più per protagonista Karrakaz, bensì suo figlio Tuvek, abbandonato nella tribù barbarica, il quale inizialmente non è minimamente consapevole delle sue origini e dei suoi poteri, anche se intuisce di essere diverso dai selvaggi in mezzo a cui vive.
Paradossalmente, Tuvek non crede negli Dei, è assolutamente ateo in mezzo a persone che vivono di superstizioni.
Poi scopre chi sono i suoi veri genitori, e sviluppa un odio terribile per la madre che ha ucciso il padre e abbandonato lui, mentre il padre, il grande conquistatore, diventa il suo idolo ed il suo modello. Tuvek è un novello Achille, nato da una Dea e da un Eroe, ma come un novello Oreste, parte alla ricerca della madre, per vendicare il padre.
Nel frattempo scopre i suoi poteri, e la cosa più sconcertante è che, pur consapevole che il potere degli Dei Stregoni implica l'immortalità, crede che sua madre ora sia una vecchia e che possa essere uccisa. Consapevole comunque di essere un Dio e un mago, Tuvek, che ha assunto il nome del padre, cerca di emularne le gesta, ma essendo solo un ragazzo selvaggio e immaturo, alla fine il potere divino gli sfugge di controllo e causa una catastrofe che provocherà una spaventosa epidemia e la morte di tutti i suoi amici e della donna che ama. Lui stesso morirà, per poi risorgere più consapevole delle responsabilità che implica la sua natura divina.
Parte nuovamente alla ricerca della madre, ma ora non è più tanto sicuro di quello che vuole fare. Alla fine viene a sapere che, in una terra lontana al di là dell'oceano ad Occidente, vicino all'Antartide, si trova un regno misterioso dove regna una Dea Bianca di nome Karrakaz.
Nelle immense solitudini delle nevi ai confini dell'Antartico, Tuvek-Vazkor ha una sorta di esperienza mistica, ha la sensazione di essere tutt'uno col Divino, ma non più semplicemente per i suoi poteri, bensì per qualcosa di più profondo, e arriva a capire che è l'Io profondo ad essere divino. Da questa esperienza esce profondamente trasformato: in lui non c'è più l'hybris dei Perduti che all'inizio l'aveva spinto ad approfittare del Potere senza criterio, non c'è più l'arroganza ed il desiderio di conquista, e non c'è più il desiderio di uccidere la madre, ma vuole comunque delle risposte da lei. Raggiunge così Kainium, una città in rovina dei Perduti, e qui vi trova dei ragazzi dai capelli bianchi e dotati anche essi di poteri mentali, anche se molto più deboli. Sono i figli adottivi di Karrakaz, anch'essi discendenti indiretti dei Perduti, che lei aveva allevato per la loro somiglianza con gli antenati, stimolandoli a sviluppare i loro poteri latenti. Essi sono capeggiati da una bellissima ragazza di nome Ressaven, più potente di loro, di cui Tuvek s'innamora subito, poiché è l'unica donna uguale a lui che abbia mai incontrato, la quale lo corrisponde.
Lei lo conduce nella Montagna Incantata che è la sede della Dea Karrakaz, lì si accoppiano, ma subito dopo Ressaven lo respinge e gli dice di non cercare più Karrakaz né lei. Tuvek-Vazkor ovviamente non ubbidisce e si reca nel tempio dove si trova la Dea, per scoprire la sconvolgente verità: Karrakaz uccise suo marito e abbandonò suo figlio solo perché vi era stata costretta, e Ressaven è in realtà Karrakaz che, ovviamente, è rimasta giovane e bellissima. Alla fine il nuovo Oreste si è rivelato un nuovo Edipo, ma la conclusione del dramma è ben diversa dal mito classico.
Tuvek-Vazkor impazzisce per l'orrore e fugge, ma ormai è prigioniero dell'amore per lei, e dopo aver superato il trauma torna da lei, per viverci assieme per sempre. Da loro due nascerà una nuova stirpe divina che, guidata da loro due, si spera che non commetterà gli errori della vecchia stirpe. E in tutto questo Vazkor finalmente riconosce il disegno degli Dei, che pure aveva sempre negato. Tutta la vicenda ha il sapore non solo di un dramma greco, ma forse ancor di più di un viaggio iniziatico, di un pellegrinaggio di sapore esoterico e orientaleggiante.
Si noti il simbolo finale della Montagna Incantata dove risiede la Grande Dea Madre Bianca assieme ai suoi numerosi figli divini: qui Tanith Lee unisce le mitologie celtiche e nordiche sulle Terre Immortali al di là dell'oceano ad Occidente con le immagini fantastiche sull'Antartide di Poe nel suo romanzo Viaggio di Gordon Pym (il colore bianco è il simbolo-chiave dell'ignoto nella letteratura anglosassone) e l'immagine della montagna antartica incantata in Le montagne della follia di Lovecraft. Il viaggio di Tuvek è il simbolico viaggio di ritorno dell'uomo nel grembo della Grande Madre, alla ricerca della propria identità divina che deve essere riconciliata con la propria limitata umanità. Nel romanzo Volkhavaar, il tema dei poteri mentali e del politeismo ritorna con un'ambientazione più favolistica. Il protagonista del romanzo è Kernik, un mago, adoratore di un Dio Nero, Takerna.
Quando era bambino, si era trovato a dover servire un vecchio sacerdote di Takerna, e di fronte alla sua statua in cima ad una montagna, aveva avuto una profonda intuizione: non erano gli Dei a creare gli uomini, ma gli uomini a creare gli Dei, imponendosi poi di credere completamente in essi, fino a dar loro una vita reale. L'essenza della religione è dunque la magia, e solo attraverso la fede come magia essa trova significato.
Così Kernik comincia a fare sacrifici di animali a Takerna per ottenerne i favori. Un'antica magia si risveglia e la statua, prima in rovina, ritorna come nuova, lucida e nera, mentre il volto rostrato del Dio Nero assume un'espressione malvagia. Kernik arriva al punto di sacrificare lo stesso sacerdote al suo Dio, e in cambio ne riceve poteri magici. Non si riesce a capire se i suoi poteri siano frutto di illusione ipnotica e telepatica o realtà, ma gli effetti sulle persone sono reali: diventa il nuovo sacerdote del villaggio e la gente, terrorizzata, lo vede trasformarsi orribilmente e compiere prodigi, finché un giovane, fidanzato di una ragazza destinata al sacrificio, non si ribella e distrugge la statua di Takerna gettandosi assieme a essa giù dalla montagna.
Il potere di Kernik cessa improvvisamente, poiché gli viene a mancare il suo punto focale. La magia e la religione hanno bisogno di un supporto materiale per concretizzarsi, di immagini concrete, e senza di esse non sono niente, non c'è modo di focalizzare l'energia della mente.
La filosofia della religione della Lee è la stessa di Van Vogt ne Il libro di Ptath, solo che mentre in quest'ultimo il punto focale del potere della fede erano persone fisiche, qui sono invece immagini sacre. L'effetto però è lo stesso: l'effetto fisico della presenza divina come potenza magica. Tuttavia, Kernik non è ancora sconfitto del tutto: il giovane fugge lontano, finché finisce schiavo in certe cave di roccia dove trova un'altra statua di Takerna, dove viene chiamato con un altro nome: Sovan, e Kernik questa volta compie il sacrificio estremo, e si apre le vene per cospargere del proprio sangue il Dio Nero, per morire dissanguato e poi risorgere come Volkhavaar, sacerdote-mago il cui potere ora non dipende più dall'esistenza di un singolo idolo.
Volkhavaar comincia a vagare per il paese alla ricerca del mezzo della conquista del potere; fra lui e il Dio c'è un patto magico: Sovan aiuterà Volkhavaar a diventare un re, mentre questi diffonderà ovunque il suo culto. Volkhavaar diventa temporaneamente una specie di saltimbanco, e soggioga al suo potere alcune persone che costringe ad entrare nella sua compagnia. Arrivato in un certo villaggio in cui compie i suoi soliti prodigi, una giovane schiava, Shaina, s'innamora di un giovane cantore della compagnia del mago, tenuto prigioniero dal suo potere ipnotico. Shaina cerca di liberarlo con l'aiuto di una strega sua amica, e dopo varie vicissitudini, le due donne riescono a trovare il modo per distruggere nuovamente il potere di Volkhavaar, proprio quando sta per diventare signore assoluto del paese e piegare tutto il popolo al culto del Dio Nero.
Shaina compare nel tempio di Sovan, e affronta Volkhavaar, e lo sconfigge usando la sua stessa arma: s'inginocchia di fronte alla statua di Sovan e comincia a pregarlo, proclamandolo Dio Bianco della Luce e non più del Buio. L'idolo di Sovan allora muta e diventa effettivamente bianco, e il Buio che avvolge ormai tutto si trasforma in Luce. Il potere di Volkhavaar dipendeva dall'odio e dalla violenza, e non può contrastare l'amore di Shaina, che è uguale a lui nella potenza magica. Volkhavaar fugge di nuovo e tutto forse ricomincia daccapo, mentre Shaina diventa a sua volta una maga, però volta al bene.
Il potere catalizzatore della fede come potenza magica è il tema anche del romanzo Il Signore delle Tempeste, che sembra descrivere la nascita dell'impero dei Perduti.
Nel grande continente di Vis, popolato da una razza bronzea, dai capelli e dagli occhi neri, l'impero dei Vis domina incontrastato su tutti i popoli. Fra i numerosi regni dell'impero ne esiste uno diverso dagli altri, abitato da strane genti dai capelli biondi o bianchi, gli occhi gialli e la pelle bianca, e che comunicano fra di loro con la telepatia. Essi sono gli abitanti delle Basseterre, disprezzati per la loro diversità, e che adorano una Grande Dea Madre, Anackire, la Dea dei Serpenti, in tutto simile alle rappresentazioni della Grande Madre cretese e di quella indiana.
L'imperatore dei Vis genera, prima di morire, un figlio illegittimo da una sacerdotessa di Anackire, che comunque sarebbe destinato al trono, in quanto è l'ultimogenito a ereditare il trono dei Vis. L'imperatrice, madre dell'erede legittimo, vorrebbe ucciderlo, ma il bambino, di nome Raldnor, viene salvato e cresce in un villaggio delle Basseterre inconsapevole delle sue origini, e senza la capacità telepatica dei suoi connazionali.
Quando diverrà adulto, Raldnor scoprirà le sue origini e dovrà fuggire oltre il mare per sfuggire alla persecuzione dei suoi nemici. Alla fine approderà ad un altro continente, popolato da genti bionde, della stessa razza di quelle delle Basseterre, e come loro telepatiche e adoratrici di una Grande Madre, corrispondente di Anackire.
Qui Raldnor incontra una sacerdotessa della Dea Madre, la quale libera in lui il latente potere telepatico, e risveglia in lui la coscienza collettiva della razza. Raldnor si rende conto di essere lo strumento di un destino voluto dalla stessa Dea, in lui sembra catalizzarsi il potere divino attraverso la sintesi mentale del potere di tutta la razza telepatica. In seguito sposa la sorella di un re locale e organizza un esercito per conquistare l'impero di Vis e liberare il suo popolo oppresso. Ma è la fede collettiva nel potere di Anackire, che libera il popolo e lo rende padrone di Vis. E la dimostrazione di questo avverrà quando, il giorno della vittoria sui Vis, una statua di Anackire apparirà dal sottosuolo, trascinata dalle correnti di un fiume straripato, proprio nella capitale dei Vis. Dopo la vittoria, Raldnor si libererà dalla presenza divina che lo possedeva, per ritornare ad essere semplicemente un uomo, e scomparire misteriosamente, lasciando il trono a suo figlio. Forse l'impero che ha creato è lo stesso regno dei Perduti, dato che la razza, la civiltà e la religione corrispondono. Anackire sarebbe quindi Uastis, la quale si è incarnata prima in Raldnor poi in Karrakaz per guidare l'evoluzione dell'umanità alla scoperta del proprio potenziale magico e spirituale.
Il romanzo Il Signore della Notte, è una sorta di Mille e una notte in versione pagana. Esso è composto da molte vicende fantastiche e magiche legate fra di loro anche se con personaggi diversi.
Esso si svolge in un'epoca mitica, "quando ancora la Terra era piatta e non rotonda" (riprendendo il mito inventato da Tolkien), e dove il mondo è sotto l'influenza di Azhrarn, il Signore della Notte e Principe dei Demoni, che vive negli Inferi, in un regno favoloso abitato da immortali e bellissimi Demoni, i Vazdru e gli Eshva, e creature mostruose, gli gnomi Drin e gli animaleschi Drindra. Azhrarn percorre tutta la Terra durante la notte, operando inganni e malvagità di ogni tipo, ma ogni mattina deve ritornare negli Inferi per non essere distrutto dai raggi del sole.
Ma un giorno, il Principe dei Demoni commette un maleficio di troppo. L'odio di una delle sue vittime è tale che sopravvive alla morte fisica del suo possessore, e diventa un essere autonomo, vivente e pensante, che si nutre di altro odio, che trova in abbondanza vagando sulla Terra e succhiandolo dagli esseri umani che incontra. Dopo molti anni questo essere di puro odio diventa così enorme da emanare a sua volta un'energia che spinge all'odio. Allora sulla Terra si scatena la guerra e la violenza, e l'umanità va incontro all'estinzione totale.
Azhrarn contempla la catastrofe e ne è terrorizzato: se l'umanità si estinguerà la sua vita sarà vuota e senza senso, poiché solo le vicende e le sofferenze dell'umanità riuscivano a riempire la sua futile esistenza.
Azhrarn decide così di recarsi nella Terra Superna, il mondo degli Dei che si stende sopra la volta celeste, una infinita pianura azzurra circondata da montagne evanescenti e costellata da favolosi palazzi simili a strumenti musicali, dove incontra alcuni degli Dei, esseri eterei e trasparenti, il cui ìcore (il sangue divino, come lo chiamavano gli Elleni) è violetto. Essi sono persi nelle loro solitarie e metafisiche contemplazioni e rimangono supremamente indifferenti a tutto, la loro natura è così estranea che non si riesce neanche a capire di che sesso siano, o se abbiano un sesso. Azhrarn parla a uno (o una?) di loro e lo implora di salvare le loro creature, gli uomini, ma la divinità risponde che, dopo aver commesso l'errore di averli creati, gli Dei non ne commetteranno un altro salvandoli: essi sono indifferenti al mondo, e gli uomini s'illudono soltanto di poter avere dei rapporti con loro. Gli Dei della Terra piatta sono simili agli Dei di Epicuro: totalmente indifferenti e alieni.
Azhrarn torna sulla Terra, e decide di affrontare di persona la potenza dell'odio, un essere amorfo che vive in un limbo ai confini del mondo. Qui ingaggia una lotta con lui, ma il sole sta per sorgere e Azhrarn deve tornare nel suo regno se non vuole morire.
Ma è tale l'amore per il mondo degli uomini che Azhrarn sacrifica la sua vita per distruggere l'odio: il sole lo incenerirà, ma le sue ceneri voleranno addosso all'odio, e la forza dell'amore contenuta in loro lo annienterà a sua volta. Sulla Terra comincerà una nuova era di pace, che durerà fino a quando Azhrarn riuscirà a risorgere.
Nel romanzo Il pianeta dell'eterna notte, titolo improprio perché non rende il tema della vicenda, si narra di un pianeta senza nome che rivolge sempre la stessa faccia al suo sole, e perciò metà di esso è perennemente immerso in una notte polare, mentre l'altra metà è sotto l'implacabile calore solare. Sulle due facce vivono due civiltà gemelle, ognuna delle quali ignora completamente l'altra, anche se i due popoli sono così simili che persino le singole persone hanno il loro gemello sull'altra faccia del pianeta, che però vive vicende completamente rovesciate rispetto all'altro.
Le due civiltà hanno entrambe società dove pochi privilegiati godono ogni comodità dovuta a una tecnologia avanzatissima, mentre gli altri sono masse di miserabili costretti a subire le quasi impossibili condizioni di vita di questo inospitale pianeta. Essi inoltre adorano certi misteriosi "Dei della Scienza" che avrebbero creato quel mondo e donato le meraviglie della scienza che permettono all'uomo di vivere nelle caverne gelate dell'eterna notte e nei deserti roventi del giorno perenne.
La trama del romanzo è la descrizione della strana vicenda di tre personaggi della faccia diurna e dei loro corrispettivi della faccia notturna, vicende destinate alla fine ad incontrarsi nella zona deserta del crepuscolo che divide i due mondi, e dove si scoprirà la tragica realtà.
Qui vivono i due Dei della Scienza, Ceedres, il Dio biondo del Giorno, e Temal, la Dea bruna della Notte, creature immortali dalle essenze "non esattamente fisiche" di origine sconosciuta, che avevano portato gli uomini mortali su quel mondo, creando poi le due civiltà-specchio solo per divertimento, e che poi si erano incarnati nelle loro stesse creature tramite un processo di proiezione mentale, per poi rientrare nei propri corpi immortali una volta morto il loro involucro umano. É il rovesciamento del concetto di avatar, d'incarnazione divina: i due Dei s'incarnano nell'umanità non per salvarla o benedirla, ma per scopi malvagi.
Rivedendo e confrontando tutte queste opere, si notano diverse linee conduttrici. Già i critici hanno fatto notare che Tanith Lee segue un processo esattamente contrario a quello seguito da Van Vogt: mentre questi mostra il mutamento da uomo a Dio, Tanith Lee descrive efficacemente il processo di riconquista dell'umanità da parte della divinità. Questo processo è moralmente necessario per la scrittrice, pena il diventare esseri spietati e indifferenti. Raldnor, Karrakaz e suo figlio devono alla fine tornare ad essere umani, pur dovendo accettare la loro natura divina, altrimenti cadrebbero nell'hybris, l'orgoglio umano che ci fa credere di essere completamente uguali agli Dei Celesti, i quali rimangono nella loro sfera troppo alta per essere toccata dagli esseri terreni.
I due Dei della Scienza invece, che si presume essere stati una volta anch'essi esseri umani, e che sono uguali nel carattere al popolo albino di Karrakaz, non sono stati capaci di ritornare stabilmente alla comprensione della natura umana. Per loro umanizzarsi è stato solo un gioco, e la scrittrice fa capire che il loro destino finale sarà l'autodistruzione, al pari dei Perduti. La figura di Azhrarn è analoga in qualche modo a quelle degli Dei della Scienza, con la differenza del suo finale sacrificio. Non è propriamente un Dio, ma non è neanche un essere umano e neppure una mescolanza fra i due. É, in certo modo, l'anima oscura dell'umanità che coltiva sogni proibiti che poi devono dissolversi all'alba: potremmo dire che è la personificazione degli impulsi erotici e violenti, ma anche magici, dell'inconscio, che si prendono la loro rivincita contro la natura apollinea dell'uomo, rappresentata dagli Dei della Terra Superna, astratti e lontani.
Qualcuno potrebbe pensare che gli Dei umani di Tanith Lee siano in qualche modo allegorie dell'immagine di Cristo, anche perché, per esempio Karrakaz e suo figlio fanno molti degli atti tipici attribuiti all'uomo Gesù: camminano sulle acque, calmano le tempeste, guariscono i malati, e addirittura risorgono dalla morte. Ma anche qui c'è da fare gli opportuni distinguo: se l'autrice allude a Gesù nel descrivere i suoi personaggi, ella pone l'accento sul carattere magico di Gesù, non su quello teologico.
Quel che cerca di dire Tanith Lee è che Gesù potrebbe essere stato un mago, un essere dotato di poteri paranormali, e in questo consisteva la sua divinità, se così vogliamo chiamarla. Gli Dei di Tanith Lee sono essenzialmente Dei della magia, ma la loro essenza spirituale la si trova nel loro condividere i sentimenti umani, con un processo esattamente opposto a quello imposto dal Cristianesimo, che afferma che la perfezione la si raggiunge abbandonando i sentimenti umani per sostituirli con altri, diversi.
Gli Dei di Tanith Lee, in quanto Dei della magia sono anche Dei della Natura. Essi non appartengono ad un mondo soprannaturale distaccato dalla realtà fisica, ma sono tutt'uno con le forze della natura. La stirpe di Karrakaz comanda agli elementi e ai corpi viventi, e inoltre una forte carica erotica e sensuale pervade tutti i personaggi della scrittrice, rievocando un'atmosfera da mitologia olimpica, con rapporti amorosi e sessuali di ogni tipo, considerati in modo libero e amorale, senza morbosità e sensi di colpa. In questo senso, forse Tanith Lee è, fra tutti i maggiori scrittori del fantastico, quella che più si è avvicinata allo spirito del Paganesimo e l'ha fatto proprio, rievocandolo al di là di ogni residuo di monoteismo e di moralismo cristiano.
Piero Trevisan
Io ti straconsiglio la saga dello Sciacallo di Nar, del sottovalutatissimo John Marco. La saga è molto sullo stile di Martin, e dopo il primo libro (diciamo di passaggio, e un po incasinato solo nella prima parte) diventa veramente appassionante, con molti personaggi.
Ecco qua una recensione per farti un idea...
Io ti straconsiglio di leggere L'apprendista Assassino e L'assassino di corte di Robin Hubb, edito fanucci!
Mi è davvero piaciuto!
Io ti consiglio il risveglio dell'ombra di Luca Trugenberger, la saga della croce e del martello di harry harrison, excalibur di bernard cornwell, andrea d'angelole cronache di camelot di jack whyte.
credo che per il momento basti....
Be' hai letto il meglio del meglio, per cui resta poco ma buono!
Anch'io ti consiglio il ciclo di DeathGate del duo Hickman&Weis e ti propongo il ciclo della Spada della Verità di Terry Goodkind, certo non è un capolavoro, ma è molto piacevole e scorrevole!
Per quanto riguarda la Bradley, be' è una delle autrici che preferisco!
Il giglio nero ce l'ho , ma ancora non l'ho letto, però ho letto quasi tutto il ciclo di Darkover e, a parer mio, merita davvero di essere letto, così come il ciclo di Avalon!
Che sbadata dimenticavo anch'io Whyte e Cornwell, che grave dimenticanza!
Baci, Alessia
Anch'io consiglio una qualunque delle saghe di Eddings, sono davvero belle. Per quanto riguarda Zimmer Bradley, nn capisco perchè sia definita la regina del fantasy, nn mi è piaciuto nessun libro scritto da lei, a parte la saga di Avalon, che ti consiglio vivamente se ti interessa il mito di re Artù.
Ma perchè tutti continuano a ignorare John Marco??? Ne sento parlare da troppa gente, al contrario di molti altri autori sopravvalutati e banali. E poi come stile e visione della società è il più martiniano di tutti gli autori in circolazione. Mah...mistero
Naturalmente volevo dire poca gente...Ma perchè tutti continuano a ignorare John Marco??? Ne sento parlare da troppa gente