Buongiorno. Apro la discussione inerente sia al piacere di leggere fantasy, sia a quello di vedere film e seguire le serie del tema medesimo. Il fantasy come mai piace?
A me personalmente piace il fantasy, non futuristico con navicelle, alieni ecc, ma fantasy storico: sia esso ambientato in un Medioevo non nostrano, sia in epoche più antiche. Nella mia psicologia, quando vedo o leggo un fantasy storico non mi pongo il problema: ma questo monumento, questo castello, è antico come dicono i libri? Ma questo personaggio è realmente esistito o lo hanno creato di proposito? E' un fantasy, una finzione che al tempo stesso diventa per me più reale della realtà. E' reale, e lo è appunto perché è solo una immaginazione.
Per voi?
Personalmente ho sempre amato il fantasy e la fantascienza. Fin da bambina ho subito il fascino delle storie fantastiche, magiche, dove la realtà non è solo composta dagli scenari che viviamo tutti i giorni ma si apre al misticismo, al mito, al fiabesco. Mi piacciono sia le storie alla Tolkien che i fantasy moderni come i romanzi di Mitchell o le storie sui vampiri.
Credo ci sia di fondo il desiderio di immergermi in mondi dove l'impossibile è possibile e dove i personaggi e le creature incarnano archetipi più antichi dell'umanità stessa.
Anche io mi sono sempre chiesta perché alcune persone amano questo genere e altre ne sono letteralmente infastidite, come se la loro stessa esistenza fosse un oltraggio a ciò che loro credono possibile e raccontabile.
Questo lo vedo più nella fantascienza che nel fantasy. Per non so quale legge non scritta, nel fantasy è più plausibile inserire contesti inverosimili, mentre nella fantascienza si esige che il racconto segua leggi fisiche e conoscenze scientifiche attuali, come se fosse un credo religioso inopinabile e incontestabile.
In ogni caso, per me la parola chiave è l'astrazione dalla realtà, mi affascina tantissimo.
Inoltre sono convinta che l'essere umano non possa assolutamente inventare nulla di inesistente, neppure nell'immaginazione, per cui sono certa che ad esempio Martin, scrivendo le Cronache, abbia creato un universo parallelo dove Fuoco e Ghiaccio devono ancora incontrarsi.
Questa è l'unica Odissea: gli Argonauti partono in cerca della realtà per trovare, alla fine,
colui che la sta sognando. (Il pappagallo dalle sette lingue)
Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo. ( Virgilio - Eneide )
Tutte le fini sono il mio inizio, tutti i cammini sono il mio sentiero.
(benedettini disertori)
Alle volte a me prende, nella realtà, l'ansia storica. Ovvero: quel monumento, quel manoscritto, avrà gli anni che ci hanno detto? Sono un mal fidato di natura Nel fantasy medievale non accade, appunto perché so che è finzione e al tempo stesso, come detto in precedenza, assolutamente reale poiché fantasioso. Nessuno si chiede se Dante realmente abbia visitato l'Inferno, Paradiso e Purgatorio, poiché è un viaggio immaginario e nella "Commedia" assolutamente reale. Come i personaggi di Martin: mai esistiti ovviamente , come non esistono Essos e Westeros, quindi per questo nella narrazione non mi chiede se esistano o esistettero realmente, poiché nel mio immaginario sono realissimi. Penso che psicologicamente sia una sorta di controllo : non mi pongo la domanda dell'irreale e reale poiché è finto, ma reale al tempo stesso.
Sono contorto ahah
Che interessante quesito!
A suo tempo avevo in mente anche io di proporlo, magari lo avrò anche fatto chi se lo ricorda più ^^"
Comunque, a me piace il fantasy, è una necessità vera e propria direi, insita nelle mie cellule e nonostante il passare del tempo e dell'età questo genere continua a esercitare un grande fascino su di me.
Specifico però che sono molto selettiva: mi piace un certo fantasy, preferibilmente simil medioevale (per caritá non citatemi robe distopiche) senza troppa magia né creature strane (detesto i vampiri e mi piacciono poco pure i lupi mannari e quelle cose là, e per carità non metteteci zombie).
Pertanto, considerando questi confini abbastanza precisi, credo che il fantasy mi affascini non tanto per la capacità di rendere possibili le cose impossibili, quanto piuttosto per la capacità di evocare una certa aura di "antico" (giustamente si citavano gli archetipi), di mitico (d'altronde saró laureata in archeologia per qualcosa - e a suo tempo ebbi modo di constatare che tantissimi colleghi di disciplina erano amanti di Tolkien e fantasy) che va di pari passo con ideali e modi di agire e pensare che nominati oggi verrebbero accolti con grasse risate per lo più.
Non amo perciò troppo il moderno fantasy "realistico" diciamo pure iper"realistico" perché per quanto mi riguarda è un po' un controsenso come operazione, risultando appunto tanto finto quanto le famigerate principesse Disney che citava qualcuno.
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
A man might befriend a wolf, even break a wolf, but no man could truly tame a wolf.
When the snows fall and the white winds blow,
the lone wolf dies, but the pack survives
Stark è grigio e Greyjoy è nero
Ma sembra che il vento sia in entrambi
Bella domanda. Penso che sia fortemente legato a concetti come simbolo, archetipo, allegoria. Essi si possono trovare in qualunque romanzo o testo letterario, ma il fantasy, proprio perché slegato da qualunque situazione storica (anche quando trae spunto dal passato), si presta meglio all'utilizzo di queste categorie. Di conseguenza c'è il piacere di vedere un mondo diverso dal nostro, ma allo stesso tempo simile, speculare. Esattamente come quando si inventa una lingua: essa è diversa da tutte le altre lingue, eppure non costituisce solo un insieme di termini inventati a caso, ma si basa sulle leggi che regolano le lingue storiche (per esempio può essere agglutinante, flessiva, ecc...). Non so se sono riuscita a spiegarmi bene.
"Gli dei esistono" ripetè a se stessa. "E anche i veri cavalieri. Tutto questo non può essere una menzogna".
Comitato Pro Brandon Stark; Comitato S.P.A. Salvate il piccolo Aemon (in difesa del figlio di Mance, del figlio di Gilly e di tutti gli altri bimbi di ASOIAF); Comitato QUANDO C'ERA LUI (Meglio Tywin di quella psicopatica di sua figlia); Comitato A.T.P.A. (Aemon Targaryen pro-pro-prozio dell'anno); Comitato E.S.S.S. (Eddard Stark Santo Subito); Comitato E.T.S.T. (Eddison Tollett li seppellirà tutti); Comitato M.E.F.H. (Martin esci fuori Howland) gemellato con M.E.F.W. (Martin esci fuori Willas); Comitato T.M.G.M.S. (Theon Mezzo Greyjoy Mezzo Stark); Comitato Y.L.J.E.M. (Ygritte levati, Jon è mio), Comitato T+S: Tyrion+Sansa (possibilmente a regnare su Castel Granito); Comitato Pro Jojen e Meera Reed; Comitato G.M.S.S. (Giù le mani da Sansa Stark); Comitato L'unico Vero Aegon (ovvero l'Egg delle novelle);
Quello che, secondo me, vuole dire Lyra è che tutta la nostra realtà è data da una miriade di accadimenti che contribuiscono a pari merito nel crearla basta solo che uno di questi non verifichi che crolla tutto, creare quindi qualcosa di fittizio è molto difficile.
Io ad esempio, avendo l'hobby del modellismo e wargames, in questi anni ho creato un mondo fantasy dove ambientare le partite con mio fratello ed i dubbi sono onnipresenti, anche per quelle questioni dove sono ferrato: io sono un giurista quindi non provo solo un piacere perverso nel creare i meccanismi di voto nel senato, i poteri delle magistrature, i rapporti tra le gentes ecc...ma so anche di cosa parlo eppure mi chiedo continuamente se questo può reggere, se quella riforma non è meglio postdatarla, se metto un attrezzo per la semina del XVIII secolo il surplus alimentare non è che mi sballa gli equilibri sociali e così via dicendo. E son tutte questioni reali, aggiungendo elementi magici le cose si complicano ulteriormente e a dirla tutta ho rinunciato a qualsiasi pretesa di verosimiglianza, mi basta che i maghi non siano così potenti e numerosi da impedire di combattere "alla medievale".
Insomma se si inventa qualcosa difficilmente sarà "realistico al 100%", ha quindi senso chiamarlo così? O se lo si vuol chiamare così dobbiamo accertarci che tutti abbiano ben chiaro questo discorso (che tutti abbiano lo stesso livello di sospensione dell'incredulità)?
Bel quesito.
A me piace perchè ti cala sempre in un 'luogo' che stesso tempo permette una totale libertà e un totale controllo - a chi scrive e di riflesso a chi legge: se voglio [l'autore vuole] immaginare una società di rinoceronti rosa intelligentissimi posso. 'Devo' solo descriverli in modo che rispettino in ogni momento la coerenza interna che il 99,99% dei cervelli umani si aspetta (cercandola anche dove non c'è), nemmeno serve che siano plausibili, tanto meno realistici. Quello magari è un bonus.
Dove altro la trovi così facilmente una combinazione rilassante a questo livello?
Banalmente, citandomi da un'altra discussione, il fantasy è evasione ed evasione come dice Neshira in mondi che ognuno si illude di poter plasmare a suo gradimento (essendo nei fatti abbastanza vincolati all'autore). Ognuno di noi, di conseguenza, sceglie di evadere nel mondo che più gli aggrada, che risponde a regole, ideali e comportamenti che più gli sono consoni e lo affascinano.
Personalmente, riprendendomi da un discorso che facevamo altrove, non amo e nemmeno capisco la tendenza al fantasy grim&gritty quasi iperrealistico che ormai va tanto di moda, in parte perchè ormai troppo abusato da tutti, ma soprattutto proprio perché trovo che sia un controsenso rispetto al fantasy stesso: letteratura d'evasione e di immaginazione sembra accordarsi poco con realistico e vicino alla realtà. Tuttavia rimane un fattore legato soprattutto al gusto personale perché appunto per sua natura il fantasy permette di plasmare i mondi più diversi.
Ringrazio il gentile Lord per aver inoltre cercato di spiegare il mio pensiero, spero che questo non gli abbia sottratto troppe energie per dedicarsi anche a quello degli altri.
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15 hours fa, Il Lord dice:Insomma se si inventa qualcosa difficilmente sarà "realistico al 100%", ha quindi senso chiamarlo così? O se lo si vuol chiamare così dobbiamo accertarci che tutti abbiano ben chiaro questo discorso (che tutti abbiano lo stesso livello di sospensione dell'incredulità)?
In merito a questo citerei ciò che ha detto John Bradley in un'intervista dove ha raccontato che un fan un giorno gli ha detto che è impossibile che lui sia rimasto grasso, visto che alla Barriera si mangia poco e male, si fanno allenamenti e il corpo è messo a dura prova dal freddo etc. Bradley gli ha risposto una cosa tipo "Il mio personaggio vive in un mondo dove donne partoriscono ombre e ci sono draghi giganti che sputano fuoco e l'unica cosa che tu ritieni impossibile è che non sono mai dimagrito?"
Ecco, questa è una pretesa che io nel fantasy non ho mai avuto, questa necessità di dover costantemente paragonare la realtà letteraria alla nostra ritenendola un ottimo metro di giudizio per valutare se il mondo raccontato è "plausibile". Io mi affido all'autore e, a meno di errori clamorosi inerenti a contraddizioni del libri stesso, posso dire che sospendo totalmente l'incredulità.
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Provo a rispondere alla domanda iniziale di Saul: perché leggo fantasy?
Come detto già da molti, parliamo di una forma di letteratura "di evasione", quindi il fantasy è uno dei tanti modi per uscire dai confini del "qui ed ora" e vivere esperienze per interposta persona che non potremmo mai fare dal vivo.
Il punto principale che a me fa piacere il fantasy è l'elemento di "frontiera", il vivere avventure che portano a sfidare l'ignoto, ad essere in qualche modo pionieri. Il fantasy, ma vale anche per la fantascienza, paradossalmente rende più realistico questo tipo di evasione rispetto ad un semplice romanzo di avventura. Viviamo in un mondo in cui, fatti salvi gli abissi marini e forse i deserti più estremi, la razza umana è in grado di avere il controllo sull'ambiente che la circonda. Al tempo stesso non siamo ancora in grado di penetrare la vera grande frontiera dei nostri tempi, lo spazio.
Questo tipo di letteratura ci consente di vivere proprio questo tipo di esperienze che nel corso del '900 abbiamo perduto, o saltando a piè pari i gap tecnologici che oggi ci frenano (fantascienza) o cambiando completamente il contesto (fantasy).
Un romanzo storico non mi offre lo stesso tipo di soddisfazione, perché di fatto il finale è in qualche modo già scritto.
All'interno del fantasy non credo di avere particolari preferenze in termini di sottogeneri. In linea teorica se una storia è ben scritta è ben scritta, e tanto mi basta. Pretendo coerenza interna, questo sì. Senza essere particolarmente talebani, ma ritengo personalmente che un certo grado di coerenza sia da un lato un elemento che l'autore *deve* ai lettori, e dall'altro un elemento imprescindibile per l'immedesimazione.
Poi ci potrebbero essere discussioni estremamente interessanti su come si sia evoluto il fantasy nel corso del tempo, in funzione tanto della propria storia interna quanto dei mutamenti sociali di contorno, ma ho paura che esuleremmo un po' dal senso del topic.
Riprendo qui una discussione iniziata con @Lyra Stark nel topic sulla serie tv Witcher, perché stavamo andando troppo OT in quella discussione, ma siamo molto IT in questa.
Ti cito:
"Il fantasy racconta mondi altri, di qualunque tipo, dove gli esseri umani potrebbero anche essere tutti azzurri o non esistere per nulla ^^ Io parto dal presupposto che il fantasy è letteratura di evasione, e mi fa strano qualcuno che voglia evadere per deprimersi o angosciarsi."
Appunto partiamo da questo, per me il fantasy non è "letteratura da evasione", per me ha lo stesso spessore e serietà di qualsiasi altro genere. Una volta che mi immergo in quel mondo, mi immergo a fondo. Per te è strano, per molti altri no. Ma non è una cosa che esiste solo in prodotti come asoiaf o witcher, anche chi è drogato di commedie romantiche è dipendente da quel tipo di emozioni che danno, per dire.
Io voglio che una storia mi emozioni e più è controversa, non banale e anche sofferta se vuoi, più empatizzo con i protagonisti.
Qualcuno nominava gli horror. Questo tipo di opere danno delle scariche di adrenalina ed emozioni forti (anche se c'è chi li guarda con totale insensibilità e si stupisce della reattività altrui) e lavorano molto su strati morbosi della nostra psiche. Perché mai uno vorrebbe leggere o vedere un film in cui il protagonista subisce torture e muore malamente?
I thriller lavorano su un altro piano ancora, sulla tensione, la paura sulla perenne instabilità.
I film e libri romantici che nominavo prima lavorano sul desiderio e gli ideali.
Per me le commedie e i film d'azione sono opere di evasione in quanto non approfondiscono nessun aspetto della psicologia dei protagonisti ma raccontano storie semplificate ed esasperate.
Tornando a Witcher, se no vado troppo OT, non sarebbe lo stesso racconto se Geralt fosse un allevatore di minipony rosa invece che un killer di mostri. Non sarebbe neppure così interessante se nel suo contesto non avesse le caratteristiche che ha, i suoi conflitti e drammi. Del resto il suo mondo è un mondo oscuro dove la magia è preponderante e neppure tanto benevola, un mondo in guerra, con divisioni razziali e sociali. Non può finire a tarallucci e vino sennò sarebbe ridicolo.
Non sarebbe Witcher se Yennefer fosse una quieta fata turchina con cui lui si sposa e fanno tre figli e lui fosse l'eroe che tutti amano e ricoprono di onori perché sconfigge il mostro cattivo.
Ecco, spero di avere spiegato meglio cosa ci trovo io di così affascinante nel "dark fantasy" e mi piacerebbe anche sapere come la vedono gli altri utenti.
Questa è l'unica Odissea: gli Argonauti partono in cerca della realtà per trovare, alla fine,
colui che la sta sognando. (Il pappagallo dalle sette lingue)
Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo. ( Virgilio - Eneide )
Tutte le fini sono il mio inizio, tutti i cammini sono il mio sentiero.
(benedettini disertori)
Uhm mi pare di capire che il problema sia principalmente di natura “semantica” o se vogliamo classificatorio/didattica.
Laddove ho definito il fantasy letteratura DI evasione riprendo intanto la sua classificazione tradizionale senza però alcuna connotazione negativa. E’ una definizione anzi calzante, in quanto il fantasy è quel tipo di letteratura, mi pare che ne abbiamo convenuto tutti, che permette di immergersi in mondi diversi dal nostro (altrimenti avremmo al massimo un romanzo storico o di avventura). Di evadere appunto dalla realtà quotidiana.
Peraltro anche io ho sempre ritenuto il fantasy degno di considerazione al pari di tutti gli altri generi letterari, tuttavia didatticamente, rientra in quella che viene definitiva letteratura d’intrattenimento, definizione che ancora oggi a molti crea urticaria, tuttavia basta dare il giusto peso alle parole: per quanto mi riguarda esiste meravigliosa letteratura d’intrattenimento capace di far riflettere, e letteratura canonica che mi dice poco e nulla.
Sperando di aver sgombrato il campo da questa prima questione classificatoria, passiamo al resto.
Per me non è strano che uno si immerga a fondo in mondi altri, dato che da lettrice di fantasy e tout court di lunga data ho sempre avuto una grande capacità di immaginazione, tanto che ho pure scritto delle cose mie. Figurati quindi se è strano ^^
Quanto alle tue preferenze personali, scindiamo ancora: da un lato ho scritto proprio in merito a The Witcher che prevedo uno di quei racconti in cui il protagonista è tormentato e sofferto, lamentandomi perché non voglio affezionarmi a questo tipo di personaggi che poi empatizzo molto. In tutto ciò non ho mai parlato di minipony rosa (ci sono gli unicorni però ) né di principesse, ma a voler ben vedere, sono tanto irrealistiche queste ultime quanto i mostri, le streghe e i vampiri. E non vedo perché, ma sempre da un punto di vista generale, le cose tristi o angoscianti sono realistiche e accettabili e quelle allegre o felici no. Volendo proprio essere puntigliosi si dovrebbe aspirare a un mix di tutto questo.
In un contesto di discorso più vasto ribadivo invece il mio stupore verso chi si approccia al fantasy, riprendendo la sua definizione che ho già spiegato sopra come veicolo per esplorare altri mondi, aspettandosi una sua aderenza al realismo (e anche una certa crudezza diciamolo). Da una parte lo trovo un controsenso perché, comunque, si tratta di un realismo fittizio. Dall’altra, stupore e perplessità perché per mia conformazione, avendo a disposizione una bacchetta magica o altro medium affine, tenderei sempre ad auspicarmi qualcosa di migliore della realtà in cui vivo, non affine né peggiore, come invece è tendenza di un certo fantasy. E con migliore non intendo, di nuovo minipony e principesse né casette di marzapane, ma semplicemente più pregno di speranza, ideali e sentimenti nobili. Qualcosa dove magari lo schifo esiste anche, ma si dia almeno l’idea che in quel mondo, può anche essere battuto per una volta. E ammetto trovo davvero straniante e anche triste che avendo la possibilità di immaginare un mondo molte persone lo vogliano uguale o peggiore di quello in cui già viviamo. Una sorta di rassegnazione e ripiegamento che mi porta a interrogarmi sulle speranze per il futuro.
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Stark è grigio e Greyjoy è nero
Ma sembra che il vento sia in entrambi
Personalmente quando parlo di "letteratura d'evasione" intendo qualunque tipo di letteratura che mi permetta di uscire dai confini dell' "hic et nunc". Anche l'Eneide di Virgilio mi permette di evadere, o una tragedia di Sofocle.
É vero che ogni tipo di lettura consente di uscire dai propri panni per entrare in un'altra storia, ma col fantasy o col mito lo avverto ancora di più.
La questione del "realismo" è una questione complessa, perchè generalmente a questo termine si danno significati diversi: da un lato c'é il realismo di Verga, dall'altro quello di Euripide (difatti molti manuali definiscono "realistica" la tragedia di Medea).
Personalmente cerco di distinguere il realismo dall'introspezione psicologica o dalla crudezza, ma non è sempre facile.
Per quanto riguarda "le ambientazioni cupe" a me sembra del tutto naturale che in un mondo immaginario ci siano situazioni tristi o terrificanti, é un modo per esorcizzarle (la stessa catarsi aristotelica si basa sui concetti di "pietà" e "terrore").
D'altra parte le stesse fiabe sono ricche di eventi drammatici, e non parlo solo della Sirenetta di Andersen ma anche di Biancaneve o di Rosaspina. Noi siamo abituati a considerarle "felici" solo per il finale, ignorando tutto ciò che viene prima.
"Gli dei esistono" ripetè a se stessa. "E anche i veri cavalieri. Tutto questo non può essere una menzogna".
Comitato Pro Brandon Stark; Comitato S.P.A. Salvate il piccolo Aemon (in difesa del figlio di Mance, del figlio di Gilly e di tutti gli altri bimbi di ASOIAF); Comitato QUANDO C'ERA LUI (Meglio Tywin di quella psicopatica di sua figlia); Comitato A.T.P.A. (Aemon Targaryen pro-pro-prozio dell'anno); Comitato E.S.S.S. (Eddard Stark Santo Subito); Comitato E.T.S.T. (Eddison Tollett li seppellirà tutti); Comitato M.E.F.H. (Martin esci fuori Howland) gemellato con M.E.F.W. (Martin esci fuori Willas); Comitato T.M.G.M.S. (Theon Mezzo Greyjoy Mezzo Stark); Comitato Y.L.J.E.M. (Ygritte levati, Jon è mio), Comitato T+S: Tyrion+Sansa (possibilmente a regnare su Castel Granito); Comitato Pro Jojen e Meera Reed; Comitato G.M.S.S. (Giù le mani da Sansa Stark); Comitato L'unico Vero Aegon (ovvero l'Egg delle novelle);
3 hours fa, Lyra Stark dice:Peraltro anche io ho sempre ritenuto il fantasy degno di considerazione al pari di tutti gli altri generi letterari, tuttavia didatticamente, rientra in quella che viene definitiva letteratura d’intrattenimento, definizione che ancora oggi a molti crea urticaria, tuttavia basta dare il giusto peso alle parole: per quanto mi riguarda esiste meravigliosa letteratura d’intrattenimento capace di far riflettere, e letteratura canonica che mi dice poco e nulla.
Ecco infatti vedi per me quando uno dice "è una cosa evasiva" significa che può tranquillamente fruirne spegnendo il cervello. Forse è per questo motivo che non riesco a definire il fantasy così. Quindi credo che, appunto, sia questione di semantica.
3 hours fa, Lyra Stark dice:In tutto ciò non ho mai parlato di minipony rosa (ci sono gli unicorni però ) né di principesse, ma a voler ben vedere, sono tanto irrealistiche queste ultime quanto i mostri, le streghe e i vampiri. E non vedo perché, ma sempre da un punto di vista generale, le cose tristi o angoscianti sono realistiche e accettabili e quelle allegre o felici no. Volendo proprio essere puntigliosi si dovrebbe aspirare a un mix di tutto questo.
Sono d'accordo. Infatti pensavo che il punto di contestazione del dark fantasy fosse che non era plausibile la sua tetraggine e cinismo, quando invece il mondo si basa prevalentemente su essi. Poi è ovvio che c'è anche l'amore, la bontà, la speranza e tutte le altre cose positive. Infatti un buon equilibrio in un libro, di qualsiasi genere sia, sarebbe riuscire ad avere entrambi.
3 hours fa, Lyra Stark dice:
In un contesto di discorso più vasto ribadivo invece il mio stupore verso chi si approccia al fantasy, riprendendo la sua definizione che ho già spiegato sopra come veicolo per esplorare altri mondi, aspettandosi una sua aderenza al realismo (e anche una certa crudezza diciamolo).
Qui vorrei fare io una scissione. Per aderenza al realismo io intendo quando, anche qui nel forum ad esempio, si polemizza sul fatto che un ASOIAF sia medievaleggiante e quindi copi certe dinamiche sociali, costumi etc tipici del periodo (quale poi, il medioevo è durato molto) e che allo stesso tempo possa presentare un continente in cui le leggi fisiche non siano uguali alle nostre, motivo per cui è impossibile che abbiano inverni che durano 7 anni.
Mentre per quanto riguarda l'adesione alla violenza come biglietto da visita di una nostra amara realtà e quindi da accantonare , o comunque da rendere più debole della parte narrativa più solare e positiva perché, in quanto una proiezione di fantasia, debba per forza essere una proiezione più positiva della realtà stessa, non sono d'accordo.
Torniamo quindi all'evasione: io evado col fantasy dalla mia realtà non necessariamente per cercarne una migliore ma semplicemente per cercare una altra realtà, diversa, magica.
Che poi io abbia, per carattere se vuoi, più affinità con le storie più dark è vero e qui mi do la stessa risposta che ho dato in altri topic in merito al perché siamo attratti dal macabro, dall'oscuro e dalla morte. Per esorcizzare la paura, per sperimentare con la fantasia ciò che mai faremmo nella vita reale, per immaginare chi saremmo e come ci comporteremmo in certi contesti. In sostanza, per sondare chi siamo in safe mode.
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(benedettini disertori)
Parlo a titolo strettamente personale senza alcuna pretesa di generalità.
Personalmente non so se posso definirmi a rigore un vero amante del fantasy. Ho letto solo alcune specifiche saghe: ASOIAF (più opere annesse), Harry Potter, la trilogia di Abercrombie e i primi tre libri della saga di Malazan. Mi mancano moltissime opere da recuperare, ma per molte di queste non ho un un vero interesse (fa eccezione la saga su Geralt di Rivia, che prima o poi leggerò).
In generale ho cercato di andare su fantasy che mi dessero la sensazione di world building, elemento che si ritrova in tutte le opere da me citate e che è massima in ASOIAF (che infatti è la mia saga preferita). Inoltre ho un amore particolare per il dark fantasy, o comunque il fantasy serioso. Una cosa che ho apprezzato tantissimo di Harry Potter, per esempio, è che diventasse sempre più dark ad ogni nuovo libro, fino ad arrivare al settimo che quasi non ha nulla a che fare con il primo come atmosfera. Elemento che apprezzo anche in ASOIAF: i primi tre libri sono più realistici e "politici" con il fantasy in sottofondo, nel quarto e nel quinto il fantasy emerge molto di più e si presume che nel sesto esploderà. Un fantasy oscuro, ovviamente.
Insomma, diciamo che vado molto a sensazione e non sono un amante del fantasy tout court, tant'è che ho letto anche molti altri generi. Sono un appassionato di cultura popolare, più che altro.