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ADWD - Nero inchiostro per nere parole. Considerazioni su Jaime Lannister
T di thedoor
creato il 28 giugno 2017

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thedoor
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thedoor
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Inviato il 28 giugno 2017 16:58 Autore

“Era il tuo gemello, la tua ombra, la tua metà” le sussurrò un’altra voce. “Un tempo, forse. Ora non più. Ora è diventato un estraneo.”

 

Difficile tracciare un ritratto compiuto e coerente di Jaime Lannister. Difficile per la complessità dei temi che ci si trova ad affrontare ripercorrendo anche solo parzialmente il suo arco narrativo.

Agli occhi del lettore difatti, si palesa fin da subito attraverso la logica del ribaltamento: rovesciamento di ogni valore ed in particolare di ciò che egli stesso rappresenta. Guardia reale e Sterminatore di re. La sua personalità ed ogni piega del suo carattere sembrano crescere ed adattarsi intorno a questa perniciosa antinomia. La forza sottrattiva di questo conflitto lo induce non solo ad incarnare l’immagine di ogni rovesciamento, ma pure a nutrirla, ad accrescerla nel tempo e nello spazio con orgoglio senza pari. Ogni suo atto e comportamento sono intrisi di superbia, quasi lui, a suo modo rappresentasse la personificazione di questo vizio capitale. In tal senso il dialogo con Catelyn, all’alba della sua liberazione dalle segrete di Delta delle Acque, sembra proprio dar forma e figura (o segno e senso potremmo dire) al primo tra i vizi capitali della cristianità, da sempre rappresentato attraverso bellezza e alterità ovvero un fatale e sprezzante, nonché superiore, distacco. Bellezza e infamità, smisurata tracotanza verso qual si voglia forma potere tra temporale e spirituale si condensano nell’immagine violenta del sangue del Re folle che scivola sulla spada dorata. Rosso e oro: i colori dei Lannister, i colori della superbia.     

Le azioni che ne conseguono sono tutte smisurate, enormi, terribili. La loro qualità raccapricciante ci proietta in un universo morale distorto, alterato e per certi versi assente, ma è, come vedremo, un’assenza sintomatica e rivelatrice. La deformità del suo amore, trova risposta nell’amputazione di Bran e in divinità ingenerose nell’aver guidato il ragazzo alla torre tanto da meritare biasimo. Ciò però non corrisponde ad un tentativo di salvare la propria coscienza (ben ferma), quanto ad un vero e superiore giudizio. L’infamità è dunque un tentacolo d’ombra che gli si agita nel petto e che in un qualche modo lo rende impotente, perché troppe sono le norme, le convenzioni, le leggi da rispettare. Troppe perché in un momento qualsiasi e disgraziato, un uomo non ceda infrangendo un giuramento o un altro. Affermazione beffarda, cinica resa ad un mondo vuoto e paradossale, in cui ogni valore non è altro che cristallizzata e sterile formalità. Onore dunque non è che un cavallo, ed un cavallo può essere sacrificato per salvare un’intera città. Lo Sterminatore di re nasce dallo stridere e cozzare di forma e contenuto, di una verità impossibile, comunque inadeguata al contesto che pure ha prodotto quelle stesse azioni, e tanto più simile al tessuto necrotico della propria mano appesa al collo. Ed è proprio quella mano in fondo, ad intaccare il suo nucleo identitario, a frammentarlo dall’interno. Quella mano spettrale che sembra essere risposta alla sua sconsideratezza, così come sarebbe stato solo un contrappasso. La mano della spada, la mano che sorresse Bran per poi scaraventarlo nel vuoto.

Non facile, un gesto antieroico, colmo d’una nequizia appena incrinata dallo sguardo carico di repulsione e al contempo di sospensione della credulità.

«Amore, amore…» Una parola dolce, orribilmente trasmutata nell’essenza, dalla perversità del gesto e prima ancora del pensiero. Non c’è impeto, non passione, bensì volontà, risolutezza. È la stessa forza che ne sostiene la fedeltà incondizionata, che lo rende devoto, sopra ogni altra considerazione, alla donna che ama, e che infine, ne determina il cambiamento rendendolo irriconoscibile agli occhi di lei.

Jaime, l’estraneo. Non più ombra, non più metà, non più compiutezza.

Nel difficile tentativo di ritrovare la propria identità, mutilo dentro e fuori, per lui non si avvia alcuna redenzione. Soprattutto non ritengo che il riscatto gli interessi o che il rimorso contribuisca a mutarne l’intrinseca superbia, o ancora che possa aumentarne la statura. Jaime è un essere finito, sprofondato in una solitudine priva di consolazione, forte solo della sua forza. Il segno di questa fulgida potenza che in filigrana emerge sempre più limpida, lo consegna ad una grandezza quasi immacolata, facendone probabile strumento di purgazione. Non nascondo che sempre in filigrana le sue gesta possano sottendere alla collettività intera e che egli, nefando sopra e oltre ogni misura, divenga monito e messaggero di un’eticità paradossalmente esemplare.

 

 

Coscia dei limiti e della libertà delle argomentazioni proposte e nella speranza di suscitare le vostre riflessioni in merito, cedo la parola.

A Voi. :)


"Vigilare non vuol dire cercare di sapere una cosa precisa. Tutto, anche l’irrilevante, può tornar buono un giorno. L’importante è sapere quello che gli altri non sanno che tu sai." U. Eco

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AlysanneTarg
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AlysanneTarg
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Inviato il 29 giugno 2017 19:12

Jaime è nella top three dei miei pg preferiti, è scritto con grande profondità ed avrà un gran arco di redenzione davanti a sé (secondo me); all'inizio non mi aveva preso per nulla, riuscivo solo a vedere le sue azioni terribili e malate, come il gettare Bran dalla finestra ed il rapporto con la gemella. Dargli dei POV è stato illuminante, e sono finalmente riuscita a comprendere molte delle sue scelte, anche se tante non gliele posso perdonare. 

 

Si capisce come sia stato plagiato da Cersei fin da piccolo, la sua visione idealizzata della Guardia Reale ed il duro confronto con la realtà, il rimpianto per aver fallito nei confronti di Rhaegar, il risentimento per ciò che era accaduto ad Approdo del Re, anche se lui era stato troppo orgoglioso, forse, per parlare con Ned e giustificarsi.

 

Il sogno in cui ricorda i suoi vecchi compagni e Rhaegar, e quello in cui ricorda sua madre sono vividi ed emozionanti. Spero davvero che venga a scoprire chi è Jon in realtà e che riesca ad incontrarlo dopo.

 

 


All that is gold does not glitter,
Not all those who wander are lost;
The old that is strong does not wither,
Deep roots are not reached by the frost.
From the ashes a fire shall be woken,
A light from the shadows shall spring;
Renewed shall be blade that was broken,
The crownless again shall be king.

 

 

Any man who must say ‘I am the king’ is no true king at all. Tywin Lannister

 

 

The War of the Ninepenny Kings? So they called it, though I never saw a king, nor earned a penny. It was war, though. That it was.

 

TWOW

They were dancing. In my dream. And everywhere the dragons danced the people died.

 

 

 

 

Mercy, thought Dany, They shall have the dragon’s mercy

A Son(g) Of Ice and Fire

We swore a vow.


Iceandfire
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Iceandfire
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Inviato il 29 giugno 2017 19:39

Jaime all'inizio è una arrogante faccia da schiaffi,iperviziato e amorale

Però va letto bene e con attenzione tutto quello che gli accade

In particolare è illuminante quello che pensa mentre è prigioniero di Robb,si intuisce che il Jaime di facciata non è il vero Jaime e che inconsciamente soffre  per la reputazione che ha e che vorrebbe essere altro,un altro che è sepolto sotto una stratificazione di menzogne dette a se stesso per  accettarsi per quello che non è e che la gente crede sia

Lui,come il mastino,ha l'animo del vero cavaliere e come il mastino rifugge dal voler essere considerato tale perchè ha capito che a Westeros non esistono dettami  onorevoli cui adeguasi ma tanta ipocrisia che potegge solo il più forte

Credo che lui ami davvero Cersei ,a differenza di lei che lo usa perchè vorrebbe essere lui, e  fino ad un certo punto la sorella è la sua ancora ,la sua ragione di vita

Poi mano mano ( e non solo quando è ubriaco) il vero Jaime  dalle tenebre del subconscio in cui è stato cacciato ( da se stesso per non soffrire degli scherni dei nobili, che aveva salvato peraltro) emergerà e sarà ,come il mastino,il vero cavaliere che non poteva essere a Westeros


Ringrazio il mio caro amico JonSnow; per aver ideato e creato le immagini dei   miei bellissimi  ed elegantissimi avatar e firma

bQ7ab7S.png;
« I am a wolf and I fear nobody. »

''They were insulting Jon and you sat there and listened.''
''Offend them and Jon loses his army.''
''Not if they lose their heads first.''

« Leave just ONE wolf alive and sheeps will NEVER be safe. »
« When the snows fall and the white winds blow, the lone wolf dies, but the pack survives. »

''I lupi sani e le donne sane hanno in comune talune caratteristiche psichiche: sensibilità acuta, spirito giocoso, e grande devozione. Lupi e donne sono affini per natura, sono curiosi di sapere e possiedono grande forza e resistenza. Sono profondamente intuitivi e si occupano intensamente dei loro piccoli, del compagno, del gruppo. Sono esperti nell'arte di adattarsi a circostanze sempre mutevoli; sono fieramente gagliardi e molto coraggiosi. Eppure le due specie sono state entrambe perseguitate''.

 


Euron Gioiagrigia
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Euron Gioiagrigia
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Inviato il 29 giugno 2017 21:18

Un altro dei miei personaggi preferiti, non nella mia top ten ma comunque molto interessante.

Innanzitutto, un discorso che andrebbe fatto è che la rappresentazione che dà Martin di Jaime è sempre coerente, fin da AGOT. Lo dico perché alcuni utenti su questo forum hanno messo in evidenza una presunta contraddizione tra il Jaime di AGOT e il Jaime di inizio ASOS, per il fatto che uccide i soldati di Ned, butta Bran giù dalla torre e altro ancora. Non è così: il Jaime pre-redenzione è un personaggio impulsivo, emotivo, plagiato da Cersei (come giustamente dice AlysanneTarg) e poco attento alle conseguenze delle sue azioni. Il motivo per cui in AGOT Jaime ci sembra così "nero" è solo perché lo vediamo sempre dal pov di Ned Stark, non ci sono altri motivi. Ma già alla fine di ACOK possiamo immaginare che Jaime è ben più che una faccia da schiaffi: il suo racconto a Cat sulla morte di Brandon e Rickard è molto intenso, e mostra il cinismo e la disillusione del personaggio.

 

Sul suo futuro, non saprei: per ora sembra che stia recuperando l'onore perduto, ma sappiamo che George non ama soluzioni facili, e potrebbe farlo ripiombare nei vecchi vizi, o farlo fuori prima che abbia raggiunto la redenzione. Io penso che arriverà vivo sino alla fine, ma sul suo ruolo finale non scommetterei. In qualche modo però mi intriga vederlo condurre una coalizione anti-Estranei.



NonnoOlenno
Quello dell'Altopiano
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1182 messaggi
NonnoOlenno
Quello dell'Altopiano



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Inviato il 30 giugno 2017 11:44

Jaime Lannister è in assoluto il mio personaggio preferito delle Cronache: e molto probabilmente non lo sarebbe mai diventato se il nostro caro Martin non ci avesse regalato i suoi PoV. Con Jaime, a mio parere, Martin rompe un altro (ennesimo) cliché del fantasy: il presuntuoso malvagio, il tracotante guerriero che non si cura dell'altro ma solo di se stesso; ma appena ci addentriamo nel suo animo, e smettiamo di vederlo solamente con gli occhi, le parole, le riflessioni di altri, Jaime cambia completamente volto. E così si scopre che la nefanda azione che lo ha marchiato del nomignolo Sterminatore di Re altro non è che il tentativo (riuscito) di fermare l'olocausto di Approdo del Re pianificato dal re Folle; si scopre che la relazione con la gemella che esternamente appare inscalfibile, in realtà mostra le prime crepe. Ma soprattutto all'altezza del terzo volume della saga si scopre un nuovo personaggio: un Jaime cavaliere degno di onore, lontanissimo dalla facciata superba con cui si mostra al mondo nei primi due libri.

La domanda fondamentale è perché Jaime Lannister si mostra in tal modo? Perché Jaime è uno scrigno di disillusione. Fin dall'infanzia e dall'adolescenza nutre l'ambizione di divenire un novello ser Arthur Dayne e nel momento in cui il sovrano lo chiama a far parte della Guardia reale, ad un'età a cui mai nessuno era stato chiamato, sembra coronare questo suo sogno; ma infine, appena investito del tanto agognato mantello bianco, si scontra con la dura verità, con i giochi politici tanto cari a suo padre e da lui tanto disprezzati: non per le sue innegabili capacità di guerriero ma per essere l'erede di Tywin Lannister è stato chiamato a ricoprire quel ruolo, e da formidabile eroe si ritrova a varcare i cancelli della Fortezza Rossa come ostaggio. Ogni speranza giovanile coltivata nell'ambiente tutto sommato isolato di Castel Granito si frantuma contro la turpe realtà di Approdo del Re, dove gli intrighi sono ininterrotti e dove la parola data e il giuramento non valgono nulla.

Lo scopo di una Guardia Reale è proteggere il sovrano, certo: ma quando il re minaccia di sterminare migliaia di innocenti si è tenuti ancora a rispettare il giuramento, quel giuramento che in quelle stesse stanze della Capitale non ha valore? No. Ed è questa semplice risposta il primo punto di svolta dell'evoluzione di Jaime: con la lama grondante il sangue di colui che aveva giurato di proteggere, Jaime apprende definitivamente dell'inutilità della morale e della esclusiva preponderanza della reputazione, l'unico metro con cui tutti giudicano. E da questo punto che, a mio parere, inizia la "spirale negativa" del Jaime che incontriamo in AGOT e in ACOK: la superbia e la lussuria si impadroniscono di lui, fortemente alimentate dalla sorella-amante e dall'apice della gloria della sua casata. Chiamato Kingslayer da coloro che salvò un tempo, non si preoccupa più dell'altro: scaraventare un bambino giù dalla torre è un azione naturale e senza conseguenze morali per lo Sterminatore di Re, un nomignolo a cui Jaime ormai si aggrappa e si attiene sempre.

Durante la prigionia tra gli uomini del Nord, lui, che voleva essere un perfetto e onorevole cavaliere ma che, bistrattato da tutti, in definitiva accetta di interpretare la parte del malvagio ed empio, si scontra con una donna che, nonostante le circostanze avverse e soprattutto l'essere del "sesso debole", l'essere in un mondo di uomini destinata a non realizzare mai la sua ambizione, mai abbandona il suo obiettivo, il diventare un giusto cavaliere nonostante l'astio e gli sberleffi di tutti. Jaime incontra ciò che non è riuscito a diventare (Brienne) e si allontana da ciò che è diventato (Cersei): è questo il secondo punto di svolta, l'incontro con Brienne.

Le convinzioni passate cominciano a traballare e vengono spazzate via dall'ultimo definitivo punto di svolta nell'arco narrativo di Jaime: la perdita della mano della spada. Jaime perde l'ultima certezza che diveniva presunzione, l'essere superiore a tutti per maestria nella spada. Jaime perde la mano dello Sterminatore di Re. Jaime perde il vecchio, tracotante, malvagio Jaime. Si avvia verso la redenzione, che a mio parere si avrà nel prossimo libro con il salvataggio di Brienne e probabilmente con la stessa morte di Jaime, ma sarà una redenzione tutta intimistica e mai pubblica. Tutti lo vedranno sempre come lo Sterminatore di Re: nonostante qualunque cosa faccia la reputazione è rovinata per sempre.

Come dice il Pesce Nero: "Tu deludi, Sterminatore di Re. Tu deludi sempre.".


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Gedeont
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Gedeont
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Inviato il 30 giugno 2017 14:19

L'unica cosa letta finora con cui sono in disaccordo è che Jaime sia su un percorso di redenzione: non ne sono così sicuro perché non ha mai avuto il minimo rimorso per l'azione più orrenda che abbia mai compiuto, cioè gettare un bambino da una finestra.


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AlysanneTarg
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AlysanneTarg
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Inviato il 30 giugno 2017 18:09

@Gedeont vero, non si è pentito per la questione di Bran, ma il distacco da Cersei sta cominciando ora e credo che ci sarà una escalation in futuro (quando a lui sarà chiaro che lei diventerà una vera e propria regina folle degna di Aerys). Poi non so, mostra troppo rimorso per non aver protetto Elia e i suoi bambini, e si sente di "aver fallito". Sicuramente non diventerà un cavaliere senza macchia, già solo per le sue azioni passate, ma per me un po' di spazio di manovra per redimersi ce l'ha :)


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Erodiade Di Asshai
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Erodiade Di Asshai
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Inviato il 30 giugno 2017 21:26

Sono in molti a contestare l'idea di un percorso di redenzione per Jaime, sostenendo che lui non abbia alcun interesse a redimersi, che manchi del senso di colpa che dà il via a questo tipo di percorso e che in sostanza non sia quello il fine ultimo della sua storyline. Sono d'accordo con l'ultima, e per metà d'accordo con le prime due. Col tempo, come ho probabilmente già scritto, mi sono resa anch'io conto del rischio di appiattire l'evoluzione stessa del personaggio, nonché di idealizzarlo, parlando di ''redenzione'', inoltre il termine ha un'aura di espiazione che poco c'entra col personaggio e la direzione che intraprende.

 

Partiamo dal presupposto che molti degli archi dei personaggi POV, alcuni di più altri di meno, siano identity arc nel bene o nel male, quello di Jaime uno dei più evidenti: due eventi chiave lo influenzano – il primo comprendente le atrocità di Aerys e il suo omicidio, il secondo la perdita delle certezze rappresentate da mano destra, famiglia e Cersei – ed entrambi conducono a reazioni diverse – la prima passiva, di difesa, di chiusura, un identity arc tronco, la seconda attiva, dinamica, una spinta a tentare che in precedenza era assente.

 

Il Jaime post-Aerys è un uomo non solo disilluso ma anche rassegnato, convinto che nulla importi davvero -- per questo tace riguardo al rogo finale del Re Folle, per questo, quando Catelyn va a liberarlo puntandogli una spada alla gola, si ritrova a pensare di lui che sotto tutta quell'arroganza ci sia il vuoto. Ecco quello che inizialmente ci si presenta come il Jaime 'compiuto', gemello di Cersei, metà complementare di lei. Ma il modo in cui Cersei considera Jaime e il modo in cui lui considera lei sono nient'altro che illusioni idealizzate di ciò che vorrebbero vedere l'uno nell'altra, come in un gioco di specchi – lei il suo riflesso, lui una principessa da difendere – e la mano della spada e l'amore per Cersei non possono sostituire un'identità che Jaime ha già perso o colmare il vuoto lasciato da ideali che ha già rinnegato.

Jaime è, in questa lunga fase, un personaggio che viene conosciuto non per com'è davvero, ma per come viene visto dalla società, in tutto e per tutto, e che accetta il suo ruolo sia per ciò che ne deriva di buono (è un condottiero stimato, considerato coraggioso) che per ciò che ne deriva di cattivo. Il suo atteggiamento è di arrogante disprezzo nei confronti del mondo, perché nulla ha un valore tranne il sangue sulla sua spada dorata e l'amore per la sorella, che potrebbero persino essere considerate vie di fuga da una realtà che non gli piace, dall'insoddisfazione di essere considerato ciò che in fondo non si sente di essere del tutto. (?) Potrei essermi spinta troppo in là con i discorsetti etici, ma quanto c'è di Jaime nell'uomo che ha gettato la spugna e che vive solo per la battaglia e per Cersei? Non è un uomo in fuga? Se Martin pone l'accento sulla sua evoluzione, non è anche questo che cerca di dirci?

Ah, specifico: non sto dicendo che Jaime indossasse maschere pre-ASOS, assolutamente, non è mai cambiato nell'essenza, il punto con lui non è che stia ''diventando più bbbuono'', ma che stia cercando e mutando obiettivi in maniera consapevole.

 

La perdita della mano è un pretesto narrativo per lasciarlo senza difese, un punto cruciale in cui o accetta la fine della sua vita come spadaccino e va avanti oppure muore; c'è persino un punto in cui, se Brienne non gli avesse dato la spinta a proseguire, lui in ASOS si sarebbe lasciato morire, segno di come i suoi obiettivi fossero inesistenti.

La mutilazione rappresenta un modo non solo per vedersi con occhi diversi, ma anche per essere visto dagli altri con occhi diversi e per vedere gli altri sotto una nuova luce -- ancora gli specchi, che questa volta mostrano la realtà.

Per esempio, lo porta quasi per caso più vicino a Brienne, la rappresentante di tutto ciò che lui aveva abbandonato e che non molto tempo prima avrebbe soltanto deriso, una donna che vive in virtù di scopi più grandi (che lo siano o meno, lei li ritiene tali) quando lui di scopi non ne ha, e che adesso lui riesce a vedere al di là dei primi pregiudizi e delle incompatibilità caratteriali.

Altro esempio – è ''grazie'' all'espediente narrativo della perdita della mano che Jaime inizia a mettere in discussione il pilastro della sua vita rappresentato dalla famiglia: il padre è cieco di fronte alla sua mutilazione tanto da regalargli una spada e non accetta di capire che Jaime ha un'identità propria, arrabbiandosi quando il figlio rifiuta di sottostargli; la sorella lo trova cambiato, Jaime capisce che non è la persona che aveva sempre creduto fosse, riesce a vedere attraverso le sue manipolazioni; il fratello, infine, gli rivela di aver ucciso suo figlio, cosa che Jaime non lo avrebbe mai creduto capace di fare. (E badate bene che tutti questi eventi sono concatenati alla mutilazione: senza mano destra non solo Jaime non risponde alle sue aspettative riguardo a se stesso, ma neppure a quelle che gli altri nutrono nei suoi confronti).

Ciliegina sulla torta: il padre muore (cosa che mai Jaime si era aspettato da lui) ucciso da Tyrion (idem). Le certezze del Jaime post-Aerys, l'abilità con la spada, Cersei e la sua famiglia, si rivelano per quello che sono, le vere illusioni, mentre gli ideali di giustizia in cui aveva smesso di confidare tornano ad essere reali... o meglio – e qui volevo arrivare.

 

Perché quando si contesta l'idea che ci sia una volontà di redimersi da parte di Jaime si arriva a dire che quella che dispensa non è vera giustizia – qualche impiccagione dei propri soldati per ripulirsi la coscienza non lo è, mandare Brienne a ritrovare Sansa per onorare il giuramento a lady Catelyn è una missione più che altro simbolica, con poche speranze pratiche di riuscita, e allo stesso modo la decisione di prendere Riverrun utilizzando diplomazia e minacce risparmia vite umane ma porta avanti comunque un'ingiustizia. Ma anche questa, a mio avviso, è un'evoluzione per lui. Jaime non è più il giovane cavaliere che crede negli assoluti, è un uomo, e come tale crede nei compromessi. Martin ce lo dice da quando Ned rinnega ciò che credeva giusto per salvare la vita delle sue figlie: l'impossibilità di attuare un ideale assoluto, ma la possibilità di trovare un compromesso. No, quella di Jaime non è giustizia, non si rifiuta di combattere la guerra dei Lannister e non va di persona alla ricerca di Sansa, ma in AFFC vediamo un Jaime che diventa l'ultima cosa che potevamo aspettarci: un diplomatico! Col suo stile, 'guarda Edmure che ti catapulto il bimbo', ma insomma, sempre diplomazia è, e lo scopo di evitare una carneficina lo ottiene (aggiungo anche convenientemente, visto che non avrebbe potuto combattere bene e si sarebbe reso ridicolo. Ma questo è essere realistici più che essere subdoli, e lo sappiamo tutti che non si sarebbe mai tirato indietro, nel caso).

 

Jaime pensa con amarezza al ragazzino che voleva essere come ser Arthur Dayne, apre il Libro Bianco e riflette su cosa scrivere nello spazio vuoto, cosa cambiare della visione che gli altri hanno di lui e come – a me questa sembra un'ambizione, se non a redimersi, almeno a migliorarsi. Non ci sono l'umiltà e il pentimento che associamo alla parola redenzione, ci sono egoismo e vanità, il desiderio di dimostrare al mondo di essere capace di altro oltre alle infamie per cui è conosciuto. Sicuramente Jaime fa tutto ciò che fa perché superbo, sfrontato – uccide un re e si siede sul suo trono, se ne sente in diritto. Ma è prerogativa del suo carattere, e spero nessuno si aspetti che cambi da questo punto di vista, che redenzione significhi santificazione. Priviamo redenzione del suo significato cristiano: perché redimersi dovrebbe voler dire diventare umili e provare un rimorso da piangere la notte sulle proprie cattive azioni? A Jaime non piace piangere sul latte versato, e per un uomo così impulsivo negli ultimi libri sta passando un sacco di tempo a riflettere su chi è, su cos'ha fatto e su cosa farà. Jaime non mostra una contrizione esplicita e profonda per Bran, però, appunto, ci pensa:

 

"I'm not ashamed of loving you, only of the things I've done to hide it. That boy at Winterfell..."

 

A me, a dirla tutta, questa frase che spunta di punto in bianco durante una conversazione con Cersei non sembra buttata là come se il pensiero non lo avesse mai sfiorato, anche se GRRM non ce lo mostra. Trovo che Jaime sia troppo superbo per approfondire il suo senso di colpa a riguardo più di tanto, ma non che ne sia totalmente privo.

 

Il mondo, purtroppo per lui, è ancora ancorato, in superficie e nelle convenzioni, a quegli ideali assoluti e irrealizzabili di cui parlavo prima, non è disposto a riconoscergli nulla, non è lì per acclamarlo come crede, e qui penso che Jaime non avrà soddisfazione, o forse, addirittura, arriverà a non volerne, a fare il meglio che potrà e che riterrà tale non per dimostrare qualcosa agli altri ma solo a se stesso. Che riesca o no nella sua ambizione, che le sue ragioni siano egoistiche o meno, la volontà di tornare ad avere il controllo della sua vita e uno scopo positivo, la volontà di fare qualcosa di buono, sono buone intenzioni.

 

Aggiungo anche una postilla sulla definizione di giustizia e di bontà: temo proprio che Jaime ne abbia una visione personale che non corrisponde a quella di noi lettori. Né a quella dello scrittore. Ma qui stanno il bello dell'ambiguità e uno dei motivi per cui la parola redenzione stride talmente col personaggio.

 

EDIT: si accettano alternative per ''redenzione''. Più ci ragiono, meno la trovo una parola calzante. Sarebbe necessaria una sfumatura diversa.


You may dress an ironman in silks and velvets, teach him to read and write and give him books, instruct him in chivalry and courtesy and the mysteries of the Faith, but when you look into his eyes, the Sea will still be there, cold and grey and cruel.

Sansa - Jaime - Theon
Sacra Triade del C.A.P.C.E.I.C.E. (Comitato Ammiratori Personaggi Complessi Ed In Continua Evoluzione)
C.P.J.L. : Comitato Pro Jaime Lannister
C.S.R.C.T.S. (Comitato per il Sostegno e la Riabilitazione di Catelyn Tully Stark)
G.M.S.S.: "Giù le mani da Sansa Stark", per la difesa della giovane lupa
G.M.A.S.: "Giù le mani da Arya Stark", per la difesa della giovane lupa
C.P.S.B - Comitato Pro-Stannis Baratheon
F.F.C. - Folletto Fan Club
TEAM DILF: I know no DILF but the DILF in the North, whose name is ROOSE BOLTON
BOLTON POWER: The North Dismembers
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Gedeont
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Gedeont
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Inviato il 01 luglio 2017 11:59
17 hours fa, AlysanneTarg dice:

@Gedeont vero, non si è pentito per la questione di Bran, ma il distacco da Cersei sta cominciando ora e credo che ci sarà una escalation in futuro (quando a lui sarà chiaro che lei diventerà una vera e propria regina folle degna di Aerys). Poi non so, mostra troppo rimorso per non aver protetto Elia e i suoi bambini, e si sente di "aver fallito". Sicuramente non diventerà un cavaliere senza macchia, già solo per le sue azioni passate, ma per me un po' di spazio di manovra per redimersi ce l'ha :)

 

Senza dubbio, mi sembra stia cercando di diventare una persona migliore; sono le motivazioni che mi lasciano perplesso.

Il distacco da Cersei, comunque, mi sembra già bello che consumato vista la risposta di Jaime alla disperata richiesta di aiuto della sorella.

Per il resto sottoscrivo il post di Erodiade.


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Lyra Stark
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14108 messaggi
Lyra Stark
Confratello

L

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14108 messaggi
Inviato il 01 luglio 2017 12:27

Ecco condivido le riflessioni di Gedeont: anche io sono perplessa dalle motivazioni. Mi sembrano un po' troppo egoistiche.


E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.

 

A man might befriend a wolf, even break a wolf, but no man could truly tame a wolf.

 

When the snows fall and the white winds blow,

the lone wolf dies, but the pack survives

 

Stark è grigio e Greyjoy è nero

Ma sembra che il vento sia in entrambi

 
 
What do they say of Robb Stark in the North?
They call him The Young Wolf
They say he can't be killed...
 
A thousand years before the Conquest, a promise was made, and oaths were sworn in the Wolf's Den before the old gods and the new. When we were sore beset and friendless, hounded from our homes and in peril of our lives, the wolves took us in and nourished us and protected us against our enemies. The city is built upon the land they gave us. In return we swore that we should always be their men. Stark men!

 

 

NonnoOlenno
Quello dell'Altopiano
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1182 messaggi
NonnoOlenno
Quello dell'Altopiano



Utente
1182 messaggi
Inviato il 01 luglio 2017 13:10
7 minutes fa, Lyra Stark dice:

anche io sono perplessa dalle motivazioni. Mi sembrano un po' troppo egoistiche.

A mio parere le motivazioni del riscatto (forse è una parola più adeguata, sicuramente più lontana dall'accezione religiosa che diamo a redenzione) sono totalmente egoistiche per la consapevolezza di Jaime dell'irrecuperabilità della sua reputazione. Sono egoistiche poiché rivolte a se stesso: secondo me quello che Jaime cerca non è un riscatto pubblico, ma dell'animo. "I'm not ashamed of loving you, only of the things I've done to hide it. That boy at Winterfell..." (Grazie Erodiade, avevo completamente dimenticato questo passo... mea culpa :ehmmm:): questa frase sarebbe mai uscita dalla bocca del Jaime 1.0? Non credo e, sebbene non trasudi di contrizione, è un primo passo verso questo riscatto, anzi un grande passo per un uomo superbo e vanaglorioso come Jaime: è la prima rivelazione di Jaime 2.0.

 

Io ho questa convinzione: che GRRM voglia mostrarci come due gemelli, quindi nati e cresciuti nelle stesse condizioni, legati più che mai l'uno all'altro fisicamente e caratterialmente, possano intraprendere strade completamente diverse davanti alle possibilità offerte loro di riscatto, per Jaime la perdita della mano, per Cersei la prigionia nel tempio di Baelor. Se Jaime dovesse riprecipitare nella condizione pre-amputazione, e quindi nei vizi e in quella protervia che a mio parere sta gradualmente perdendo, ripercorrerebbe la stessa strada della gemella Cersei, avremo due archi narrativi fotocopia.

 

Il riscatto intimistico è presente ed è in corso. Ora liberi di smentirmi! :D


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Gedeont
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Inviato il 01 luglio 2017 14:25

Eh ma invece secondo me cerca proprio un riscatto pubblico, adesso a memoria non ricordo i passi esatti ma ci sono dei capitoli in cui immagina di riuscire a rimettere in sesto la sua reputazione. Secondo me il soprannome "Kingslayer" e tutto ciò che ne consegue sono un tormento per Jaime: lui ostenta menefreghismo al riguardo, anzi spesso si fa scudo della sua pessima immagine (Tyrion non è il solo ad aver messo in pratica quella teoria, evidentemente) ma in realtà ci soffre parecchio.

Fra l'altro mi sembra abbastanza evidente che lui non abbia mai capito veramente il perché di tanto disprezzo per quello che lui stesso ritiene il suo più grande atto, cioè l'uccisione di Aerys. E no, essere venuto meno ad un giuramento non c'entra.


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Lyra Stark
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Inviato il 01 luglio 2017 16:59

Hai espresso benissimo anche il modo in cui la vedo io. Jaime fa lo spavaldo e dice che non gli importa niente "dell'opinione pubblica", diciamo cosí, salvo che poi gli rode moltissimo il fatto che la gente lo ritenga senza onore e lo chiami kingslayer. A ben vedere la sua sembra una critica alla cecità della gente che vuole vedere solo quello che vuole vedere - tipo Ned Stark quel giorno nella sala del trono - e quindi sceglie la via facile: lui tanto è già stato etichettato e, alla fine, tutti questi discorsi sull'onore sono solo ipocrisie. Quindi scappa e si fa scudo lui stesso di questa ipocrisia. Ma a questo punto perchè dunque non provare a sfatare quella reputazione che tanto gli dà noia? Alla fine facile dare sempre la colpa agli altri, ma lui di suo che cosa fa per dimostrare il contrario? È proprio qui che sta la mia perplessità.


E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.

 

A man might befriend a wolf, even break a wolf, but no man could truly tame a wolf.

 

When the snows fall and the white winds blow,

the lone wolf dies, but the pack survives

 

Stark è grigio e Greyjoy è nero

Ma sembra che il vento sia in entrambi

 
 
What do they say of Robb Stark in the North?
They call him The Young Wolf
They say he can't be killed...
 
A thousand years before the Conquest, a promise was made, and oaths were sworn in the Wolf's Den before the old gods and the new. When we were sore beset and friendless, hounded from our homes and in peril of our lives, the wolves took us in and nourished us and protected us against our enemies. The city is built upon the land they gave us. In return we swore that we should always be their men. Stark men!

 

 
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Smilla
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Smilla
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Inviato il 01 luglio 2017 20:00

Io penso che Jaime sia terribilmente arrabbiato con il mondo, ed è questo a fargli mancare l'umiltà che si associa ad un percorso di redenzione. Arrabbiato con suo padre, con quello che deve fare, con la gente che pretende di sapere tutto di lui e lo schernisce per una delle poche cose buone che ha fatto mentre ignora quelle che veramente lui stesso risente di aver compiuto.

 

A questo si aggiunge il fatto che Jaime è una persona estremamente pragmatica, capace e pratica, questo unito al fatto che è un soldato, fa sì che sia capace di gesti che lui giustifica/sa essere "l'opzione meno peggio" ma che se non fossimo nella sua testa e vedessimo la situazione dall'esterno vedremmo solo la crudeltà dell'azione in sé. Come quando minaccia di catapultare il figlio di Edmure.

 

Io penso che alla fine si arriverà a un momento in cui Jaime sarà costretto a confrontarsi con la peggiore cosa che abbia mai fatto, buttare Bran già dalla torre, e lì la sua storia arriverà alla conclusione.


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JonSnow;
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JonSnow;
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J

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Inviato il 02 luglio 2017 18:57

Jamie Lannister è un essere spezzato, i cui ideali sono crollati sbriciolandosi, disintegrati da cause di forza maggiore e di conseguenza egli ha agito, operando scelte che come egli stesso sono ineluttabili ed inevitabili. 

 

A differenza del ridanciano fratello, che fa della propria natura deforme un incentivo per indursi ad autocommiserazione ed eterno credito, egli sceglie invece di distanziarsi dalla consapevolezza di sé in favore della consapevolezza, presunta, degli altri. Egli conferisce forma e consistenza alla diceria, lasciando che essa muti in una personale verità. Dunque la dissimulazione è inevitabile, è il farmaco perfetto, ove la contraffazione di sé è puro lustro per coloro che sono intorno. La presa di coscienza è apparente, è quella dell'uomo che ha compreso quanto il bene possa risultare osceno in un mondo suppurato da sé stesso e da coloro che lo costituiscono. 

 

Ecco che si giunge ad un intimo crocevia, a rinunce, ad atti ferali. La trasformazione in uomo reprobo, incontrollabile, narcisista è l'atto finale. Essere ciò che gli altri vogliono che tu sia diviene forma di protesta, istigazione e al contempo ragione d'indagine, motivo ulteriore per indagare il proprio io ed osservare, osservare se vi è poi il torto da parte degli altri. E nell'osservarsi egli tenta consapevolmente di scoprirsi capace di ogni indecenza, di ogni spudoratezza, in un desiderio istintivo di rappresaglia. 

 

E' un uomo che con il male ha interagito senza nicchiare, che si è affacciato in esso e constatando quanto profondo esso sia, quanti limiti non abbia e quanto un uomo sia capace di danzare con esso, ha preferito costituirsi alla filosofia della disillusione. Schopehauer e la vita intesa come prigione sono retorica abbreviata della vita di Jaime. Il leone è in gabbia e nella gabbia sceglie di apparire più mostruoso di quanto non sia. Le sue gesta scellerate e più crude non sono il risultato di un'ipocrisia finale, di una recita che lo incenserebbe per una futura santificazione. Sono solo l'estremismo della sua reale natura. Ciò che egli è di per sé, portato allo stremo. L'uomo che uccide Aerys e lorda la propria lama del suo sangue per un bene superiore, è di fondo il medesimo che getta un bambino da una torre per il proprio, con di meno la pretesa di eroismo e in più quella di antagonismo. 

 

Nel gioco delle teatralità, laddove prima si anelava ad ascendere alla figura dell'eroe e dove, nel presente, si brama invece il ruolo del mostro. Perché la voce degli altri è troppo pressante, perché è sottofondo di ogni cosa, perché rappresenta il rumore sinistro che giunge puntuale al suo subconscio e ne rompe gli equilibri. Il menefreghismo non esiste e quello espresso è una bianca bugia a sé stesso, è un abbellimento della propria immagine esteriore. 

 

Non un uomo violento, bensì un idoneo uomo di violenza. Impulsi, insormontabili oppressioni, beffa delle stesse regole che lo hanno portato a cadere e disilludersi. Uno straordinario cinismo auto indotto e provocatorio in cui egli trattiene il respiro. Nella passionalità verso la sorella sceglie invece il proprio letale veleno, in un mondo in cui tutti ne scelgono uno. Nulla al di sopra esiste, nulla attorno a sé è degno di divenire un motivo per vivere. Tutti gli atti hanno ragione di essere estemporanei, di conseguenza l'antico senso di onore è seppellito nello scherno verso quest'ultimo, scontratosi con un universo indifferente. Con l'indifferenza dell'universo l'uomo impazzisce e tutto, inevitabilmente, perde di senso. Tutto assume liceità. Tutto può essere compiuto, in una lettura ambivalente. 

Jamie è infine un essere umano e come tale è in grado di compiere del bene e compiere del male, di mistificare, assassinare, salvare, proteggere. Ma soprattutto ha il potere di ottemperare, di scegliere le proprie sorti. 

 

Nel suo nembo di emozioni compresse e controverse egli non mira più ad apparire mirifico, e non ambisce ad una redenzione. Come insegna Wild, talvolta l'uomo è pronto a pentirsi di tutto, tranne dei propri errori. E così Jamie, che pentendosi svenderebbe sé stesso, la propria realtà interiore, in un certo senso si falserebbe. La redenzione passa mediante il pentimento e l'espiazione, in lui non vi è mai un totale pentimento, rinnegamento. Verso i propri errori ha invece consapevolezza e in parte coscienza. Ne consegue che il desiderio finale altri non è che un riscatto sociale, un miglioramento personale, del Jamie l'uomo, senza che questo significhi lo sradicamento della propria indole. Nell'ambizione di migliorare egli pone infine un freno a sé stesso, compie un passo inevitabile verso l'ennesima, decisa, evoluzione e cioè smette di peggiorare. Vi è quindi la speranza, tra recrudescenze e rimpianti passati, di un nuovo esordio nel mondo. Un nuovo esordio in cui egli possa essere sé stesso ed essere ricordato diversamente, lasciando dietro di sé ogni recesso di quella vecchia e autoimposta verità, ove il leone possa uscire fuori dalla gabbia solo per quello che è. 


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« I did what I thought was right. » Jon Snow

« There are no men like me. Only me. » - Jaime Lannister

« No one can protect me. No one can protect anyone. It's true, I am a slow learner, but I learnWinterfell is Our Home, we have to fight for it.  » - Sansa Stark 

« Leave one wolf alive and the sheep will never be safe. » - Arya Stark

« good act does not wash out the bad, norbad act the good. » - Stannis Baratheon

Take my Heart when You go _ Take Mine in It's Place.

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Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via, dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale. Ed io avrò cura di te.

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