Stamattina su facebook mi è capitato di vedere questo video: https://www.facebook.com/video.php?v=371883886302405&pnref=story
Una giovane mamma racconta di come qualche mese dopo aver scoperto che il figlio che aspettava avesse qualcosa che non andava, di come sia andata a partorire senza sapere se sarebbe nato e di come sia effettivamente venuto alla luce vivo, ma con una grave malformazione.
Una volta tornati a casa, al tutto si sono aggiunti i comportamenti della gente, gli sguardi ed i commenti rivolti al bambino, i cui segni della malattia sono - ahimé - molto visibili sul volto. Mi ha colpito in particolare il fatto che una persona le abbia detto che in sostanza era stata scellerata a non abortire. Alla fine del video, lei spiega che il suo bambino è cresciuto, ha iniziato a ridere, giocare, scherzare e sorridere alle stesse persone che lo guardavano con imbarazzo. L'immagine è quella di una vita tutto sommato felice e comunque piena di amore.
La storia si collega in parte con quella più recente del padre armeno che ha scelto di crescere da solo il proprio figlio down: http://www.corriere.it/esteri/15_febbraio_07/mamma-leo-non-volevo-abbandonare-mio-figlio-down-3e402426-aef7-11e4-99b7-9c6efa2c2dde.shtml
Ora, il tema che vi propongo è quello dell'aborto terapeutico. In genere, tutti hanno una posizione definita in merito e sostengono di non avere dubbi: interromperebbero la gravidanza qualora il figlio risultasse avere una malattia o una grave malformazione.
C'è però una cosa che spesso non si considera. Certe malattie emergono quando la gravidanza è molto inoltrata, per intenderci quando il bimbo/bimba ha già un nome, di lui/lei si parla quotidianamente, si cominciano a sentire i movimenti nella pancia e così via. A quel punto, credo, sia molto, molto difficile dire addio al proprio bimbo/bimba.
Voi che ne pensate?
A quel punto, credo, sia molto, molto difficile dire addio al proprio bimbo/bimba. Voi che ne pensate?
Che auguro di non dover mai fare quella scelta né a te né a nessuno di quelli cui voglio bene.
Personalmente se una famiglia ha difficoltà economiche, o se la malattia è molto "socialmente invalidante" (anche se non dovrebbero esisterne di malattie del genere, ma non siamo in un mondo perfetto), io giustificherei le altre persone se prendessero questa difficile scelta.
Se sarei in grado di farlo anche io (premettendo che comunque l'ultima parola la lascerei alla mia compagna)? In questo momento, seduto comodamente da una scrivania, ti direi di si, ma aver la certezza di avere la stessa prontezza di risposta una volta dovessi vivere personalmente una scelta del genere è tutt'altro discorso.. sono situazioni così complesse e così personali che dubito un qualcuno possa darne una vera risposta definitiva parlandone. Ci sono una marea di fattori che entrano in gioco, e anche mentre si dovesse vivere una situazione del genere non credo si possa raggiungere a una decisione definitiva senza portarsene dietro degli strascichi psicologici (che possono anche limitarsi a dei "se" e dei "ma", ma che comunque ci si porterà sempre dietro imho)
Penso siano argomenti troppo personali e con casi troppi diversi l'uno dall'altro (per tipo della malattia, situazione della famiglia,..) per poter dare una risposta secca.
Posso solo sperare che non mi capiti mai di dover fare una scelta del genere.
All that is gold does not glitter,
Not all those who wander are lost;
The old that is strong does not wither,
Deep roots are not reached by the frost.
From the ashes a fire shall be woken,
A light from the shadows shall spring;
Renewed shall be blade that was broken,
The crownless again shall be king.
Any man who must say ‘I am the king’ is no true king at all. Tywin Lannister
The War of the Ninepenny Kings? So they called it, though I never saw a king, nor earned a penny. It was war, though. That it was.
TWOW
They were dancing. In my dream. And everywhere the dragons danced the people died.
Mercy, thought Dany, They shall have the dragon’s mercy
A Son(g) Of Ice and Fire
We swore a vow.
Dipende dal problema del bambino.
In alcuni casi, io sceglierei sicuramente l'interruzione della gravidanza.
Ci sono casi in cui le malattia di un bambino/ragazzo/uomo rovina la vita dei genitori e dei fratelli. Lo dico per esperienza diretta, non per sentito dire.
Se non hai vissuto certe esperienze e non sai a cosa puoi andare incontro, ti puoi far venire dei dubbi. Se le hai vissute, non hai dubbi. Io non ne avrei.
Concordo, anche perché vengo da una famiglia che vive un'esperienza analoga. Non me la sento di condannare chi non ha il coraggio di affrontare queste situazioni, soprattutto se riguardano malattie veramente terribili.
Sicuramente decidere per un aborto terapeutico non è una decisione che si prende a cuor leggero e i dubbi resteranno per sempre, ma anche vivere tutta la vita con ll'angoscia di cosa sarà di tuo figlio quando tu genitore non ci sarai più è un tormento senza fine.
Cosa ne pensate dunque delle scelte fatte nei due esempi, soprattutto il primo? Sono coraggiose o azzardate? O non c'è stata proprio scelta (potrebbe essere il secondo caso)?
E ancora, secondo voi, guardando in particolare al primo caso, si può parlare di un esito comunque felice o, per tornare alla prima domanda, in certi casi sarebbe stato meglio non essere nati?
Ci tengo a dire che non giudico nessuno per la sua posizione, quale sia, perché penso siano temi molto delicati per cui non esistono verità assolute. E, sì, veramente finché non ci passi non puoi dire.
Penso però sia interessante affrontarlo al di là delle convenzioni e delle convinzioni, perché qui le singole esperienze ed opinioni sono tutte valide.
E' un argomento in cui è impossibile dare un giudizio assoluto in stile referendum si/no.
Deve essere lasciata libertà di scelta, ovviamente regolando al meglio l'argomento, e vanno poi fatte valutazioni caso per caso.
Restano, in ogni modo, situazioni tristi che possono degenerare in vere e proprie tragedie, da trattare quindi con delicatezza e assoluta riservatezza. Sono questi i casi in cui la tutela della privacy deve essere massima, altro che le intercettazioni del politico di turno.
Sol da poco son giunto in queste terre, da una estrema ultima Thule. Un paese selvaggio che giace, sublime, fuori dal Tempo, fuori dallo Spazio.
All fled, all done, so lift me on the pyre. The feast is over and the lamps expire.
"I walked this land when the Tlan Imass were but children. I have commanded armies a hundred thousand strong.
I have spread the fire of my wrath across entire continents, and sat alone upon tall thrones. Do you grasp the meaning of this?"
"Yes" said Caladan Brood "you never learn."
Ma guardate che non c'è un referendum o un sondaggio cui rispondere, né chiederei mai a qualcuno di parlare di cose intime, personali e delicate. Ho proposto l'argomento con domande che stimolassero una conversazione e magarivanche altre domande. Non penso verranno fuori risposte. :)
Ma guardate che non c'è un referendum o un sondaggio cui rispondere, né chiederei mai a qualcuno di parlare di cose intime, personali e delicate. Ho proposto l'argomento con domande che stimolassero una conversazione e magarivanche altre domande. Non penso verranno fuori risposte. :)
No ma tranquilla, la mia non era una risposta ad una tua domanda, era solo il mio pensiero generale sull'argomento :P
Sol da poco son giunto in queste terre, da una estrema ultima Thule. Un paese selvaggio che giace, sublime, fuori dal Tempo, fuori dallo Spazio.
All fled, all done, so lift me on the pyre. The feast is over and the lamps expire.
"I walked this land when the Tlan Imass were but children. I have commanded armies a hundred thousand strong.
I have spread the fire of my wrath across entire continents, and sat alone upon tall thrones. Do you grasp the meaning of this?"
"Yes" said Caladan Brood "you never learn."
Mia madre è insegnante di sostegno e più volte mi è capitato, soprattutto quando lavorava in un instituto, di parlare con i genitori dei ragazzi.
Alcuni di loro avevano deciso di tenere il bambino pur sapendo dei problemi e potendo scegliere l'aborto. Sono scelte complesse su cui è impossibile dare un giudizio.
Ci sono genitori che vivono l'esperienza del figlio handicappato come un fallimento personale, e chi riesce invece a non cadere nel senso di colpa e alla fine fa il meglio che può senza troppe ansie.
Ho conosciuto ragazzi molto gravi seguiti con grande amore e coraggio (e a volte questo significa pure un certo "distacco emotivo") che trovandosi inseriti in un certo contesto riescono ad avere una vita abbastanza felice.
Sull questione aborto non riesco ad avere un'idea precisa; da una parte penso alla sofferenza di chi vive con un handicap grave e a tutto ciò che questo comporta per chi lo segue. Di tutto questo ho un'idea abbastanza veritiera, credo, e mi terrorizza l'idea che potrebbe succedere a me. Conosco famiglie che ce la fanno, e le ammiro moltissimo, quindi so che è possibile. Ma non so se sarei in grado.
Un breve passaggio tratto dal film Le chiavi di casa, che esprime in maniera dura e potente le conseguenze che si possono avere su se stessi e sulle persone che dovranno convivere con la scelta.
Non spoilero niente, dico soltanto che nel film, Nicole (Charlotte Rampling) ha avuto una figlia affetta da un pesante handicap. https://www.youtube.com/watch?v=ekXa95Pp_nA
Uhm... domanda complessa che merita risposta complessa.
Mi sembra che ci stiamo focalizzando sui casi in cui il portare a termine una gravidanza comporta un serio rischio - o addirittura la certezza - di handicap fisici/mentali al nascituro, e a lui solo (quindi niente rischi per la madre).
Per come la vedo io portare a termine la gravidanza "perché sì" o perché "la vita è sacra" è un atteggiamento irresponsabile. Naturalmente questo discende dalla mia convinzione che la vita non sia un dono elargito da un potere superiore, quindi si basa su premesse del tutto personali e non verificabili.
Ragionamenti che tengano in conto la vita che attenderà il nascituro e la sua famiglia sono imho necessari. Ma non c'è e non ci può essere una regola. Ci sono fattori oggettivi, come il tipo di patologia da cui è affetto il feto, le infrastrutture di supporto sociale a disposizione, e non ultimo il livello di integrazione sociale verso le persone affette da handicap nella parte del mondo in cui la famiglia vive. E ci sono fattori soggettivi, come le disponibilità economiche, le stime su come sarà lo sviluppo del welfare e della cultura sociale negli anni a venire, e non ultima la capcità della famiglia di vivere una vita completamente stravolta.
Ogni valutazione è personale e può condurre a risultati diversi, e i concetti di giusto e sbagliato non sono applicabili per come la vedo io.
L'aborto potrebbe essere visto come un atto di generosità o di egoismo.
Abortire potrebbe essere l'egoismo di una coppia di genitori che non vuole vedere rovinata la propria vita perfetta da un figlio che non arriverà mai oltre l'età mentale di cinque anni, oppure che dovrà vivere attaccato ad una macchina. O potrebbe essere la generosità di non mettere al mondo un essere vivente destinato ad una breve parentesi di sofferenza su questo mondo. E viceversa per la scelta di non abortire.
Non si può giudicare.
Detto questo, la mia posizione dipende dal concetto che ho di vita.
In primo luogo, penso che vivere sia qualcosa di più che espletare le funzioni fisiologiche di base e avere consapevolezza di esistere. Almeno in potenza, penso che una persona abbia il diritto alla felicità, o almeno a cercare di essere felice. E ad una vita senza dolore. Pianificare scientemente la nascita di un essere umano condannato a soffrire per tutta la sua esistenza non lo concepisco. Queste sono per me la discriminante principale, ben più delle effettive menomazioni, dell'atteggiamento della gente o dello sconvolgimento per la vita della famiglia.
Mi si dirà che mi arrogo il diritto di decidere per un'altra persona e che forse dovrei sentire prima come la pensa, visto che dalla morte non si torna indietro fino a prova contraria. Ritengo però che ci siano vite terribili che nessuno merita di vivere, e mi prenderei questa responsabilità.
Sono d'accordo con Lord Beric, e aggiungo altre domanda che si dovrebbe porre chi stesse pensando di far nascere lo stesso il bambino: che impatto avrà sugli altri miei cari? Quanto danno psicologico o di altro tipo causerà agli altri miei figli, o ai miei genitori?
A chi lascerò il peso quando morirò?
Se il/i genitori muoiono o sono gravemente ammalati (potrebbe succedere in vecchiaia, ma anche nella mezza età), il fardello, se non legalmente, almeno moralmente, ricadrebbe sui fratelli del bambino o sugli zii, o su altri famigliari/cari. Persone che verrebbero gravate senza averlo scelto.
Anche io sono d'accordo con Lord Beric: la ricerca della felicità è uno dei pilastri, dimenticati quando si parla di diritto o etica, di una società moderna, forse perché porta una sorta di "peccato originale" edonistico.
Io mi faccio altri problemi:
È un caso ancor più difficile dell'eutanasia, perché non c'è una volontà del soggetto da ricostruire.
Diciamo che se in quest'ultimo caso io sono decisamente un pro-choice, nell'aborto mi avvicino alle tesi pro-life... come linea generale. Alla fine stiamo parlando di una resurrezione del romano/spartano jus vita necisque, benché solo in caso di feto gravemente malato... e d'altra parte la decisione non potrebbe che essere loro, avendo deciso loro di metterlo al mondo. Dunque io ci andrei molto cauto, appunto leggermente più spostato sul pro-life rispetto al pro-choice. Dove si mette poi il confine tra chi merita il diritto alla vita e chi invece sarebbe sottoposto a questo nuova, tremenda, potestà genitoriale?