Negli ultimi giorni ha avuto finalmente una soluzione il mistero che teneva l'Italia con il fiato sospeso. La sorte della giovane Sarah Scazzi è stata infine rivelata.
Per quanto penso sia quasi impossibile esser sfuggiti all'innondazione mediatica dell'ultimo periodo in merito a questa triste vicenda proverò a sintetizzare in breve la tragica fine di questa ragazza. Il 26 agosto, la giovanissima Sarah (di soli quindici anni), sparisce senza lasciar traccia di sé. Dopo 42 giorni e un sempre crescente interesse da parte dei media, il corpo della ragazza viene trovato su segnalazione dello zio che confessa dopo un estenuante interrogatorio di averla uccisa, di averne poi profanato il corpo e infine di essersene sbarazzato gettandolo in una cisterna quasi inaccessibile. Spero mi scuserete se non approfondirò ulteriormente le vicende di questa tragedia. Indico a chi fosse interessato la mia principale fonte di informazione rispetto a questo fatto di cronaca, ossia l'Ansa.
Ciò su cui vorrei soffermarmi in questo momento è il trattamento mediatico che questa vicenda ha avuto.
Quest'Italia così piccola nell'informazione ha prima annusato con fare incerto la vittima, poi ha iniziato ad assaggiarla, poi incerta se farne la portata principale, l'ha preferita ad altri gusti (la politica e le vicende casa PdL ), per poi riprenderla tornare ad affondare ancor di più i denti, fino all'attuale lotta furibonda per gli ultimi brandelli di carne. Quotidiani e contenitori televisivi di vario genere e natura hanno trasformato il fatto di cronaca in una pietanza da servire a più non posso. La vita della giovane Sara è stata studiata al milllimetro. Lei violata fisicamente da uno zio deviato e criminale, ma torturata mediaticamente da sciacalli che hanno analizzato le sue insicurezze di ragazzina attruibuendovi un peso smisurato. Le sue conversazioni su Facebook sono diventate l'indizio quasi provante di una vita dissoluta che la ragazza stava già vivendo lontana dalla famiglia. I suoi abiti, i suoi trucchi, i suoi sms, gli amori inconfessati e quelli dichiarati negli sms, persino nel suo diario resi pubblici. Mentre il suo corpo giaceva in un fosso, il suo alterego mediatico, creato appositamente dai media affinché la storia fosse più appetibile, più interessante continuava a crescere. Ora piccola lolita, ora giovane dissoluta disposta a lasciarsi alle spalle la famiglia per non ben precisati amori. Mentre lo zio assassino e violentatore fingeva di trovare il telefonino della nipote scappata o rapita da "estranei", e soprattutto mentre la madre della ragazza invitava la polizia a indagare anche in famiglia, la stampa e la tv si avviavano alla scena madre del romanzo così creato. Nella più casuale eppure precisa e puntuale delle situazioni televisive, la conduttrice tv annuncia alla madre della ragazza in collegamento dalla casa dell'assassino, che si vocifera di un cadavere ritrovato. La donna, sul cui volto il primo piano spera di cogliere la reazione a queste notizie, prima nega e poi rispondendo alla chiamata della polizia (come fa la conduttrice a sapere prima della madre?!?), apprende della sorte della figlia. L'affondo al corpo della vittima è così definitivo. Sarah con la sua morte ha così nutrito quella tv sciacalla che ora manda in loop il volto dello zio quando pochi giorni prima finge lacrime per la nipote che invece aveva assassinato. Il giorno dopo gli ultimi brandelli di Sarah vengono divisi e condivisi da qualsiasi talk che occupi la televisione italiana. Taranto è assaltata da corrispondenti di ogni testata pronti a testimoniare la nuova realtà, il nuovo mostro. E' quasi una festa mediatica, certo consona all'evento, ossia con volti tirati di dolore. Conduttrici bislacche e giornalisti che fino a pochi giorni prima mostravano con noncuranza testimonianze dell'altra Sarah, quella mediatica ora invece si vestono a lutto, perché questa è la vita e la liturgia televisiva questo richiede.
Sarah è stata uccisa due volte, ma per motivi che ignoro, gli assassini quando sono in massa diventano incolpevoli. Lo zio pagherà, d'altra parte lo chiede persino sua figlia, i giornalisti invece andranno avanti per la loro strada, alzeranno il naso per aria in cerca di nuova carne da macello e si nutriranno di altre carcasse.
Povera, povera Italia.
Addio Got
"Lo scempio ha due teste"
Ho avuto la fortuna di non vedere Chi l'ha visto?, ma il comportamento della trasmissione è stato vergognoso.
Già la notizia della morte in diretta è oscena e - passatemi il termine - pornografica, ma la giornalista che insiste nel fare domande senza dimostrare un briciolo di sensibilità umana, anzi eccitata per lo scoop, è semplicemente mostruosa.
Invece che dilaniarsi per Santoro o per Freccero, spero che il cda RAI prenda provvedimenti su episodi come questi.
C'è un gran proliferare di gruppi facebook che chiedono misure esemplari contro lo zio di Sarah. Alcune di queste misure non sarebbero sbagliate nemmeno nei confronti degli sciacalli dell'informazione. E mi scuso con i veri sciacalli per questo paragone.
Grazie al cielo nemmeno io ho visto quella trasmissione.
E' inconcepibile fare cronaca, e soldi (perché lo scoop fa alzare l'audience) in questo modo; ed è sconcertante appurare che ormai tutti i vari organi di stampa e TV ragionano con questi biechi principi. Non è più importante riferire in modo oggettivo quanto accade in Italia, bisogna per forza trasformarlo in uno show; tanto che, a guardare il video di "Chi l'ha visto?" postato da Beric a me viene quasi da pensare che la cosa fosse organizzata, o pilotata in qualche modo. Il che sarebbe ancora più aberrante.
concordo, è stato l'ennesimo caso di una lunga serie... e sarà sempre peggio, temo. Come dimenticare poi le ore e ore di servizi aberranti di studio aperto (e degli altri tg e programmi che ormai lo ricalcano)? Ricorderò sempre il fantastico "Sara ha barrato nel calendario i giorni che mancavano alla data della sparizione... probabilmente un indizio!" Forse perchè dopo non ha più potuto barrarli? :unsure:
Povera, povera Italia.
Parto da questa piccola frase, per esprimere un concetto. Mi pare che questo modo di concepire i media, questa invadenza che non lesina neppure sul macabro sia ormai qualcosa di costante più o meno in tutte le società occidentali. Mi viene in mente il caso di Meredith Kercher che mediaticamente parlando sta appassionando non solo il nostro Paese ma anche USA e GB, tanto che ora si è deciso di farne un film; ma si potrebbero citare tanti altri casi celebri internazionali.
Il punto secondo me è che nella nostra epoca si sta affermando un concetto di privacy sempre più labile e sfumato, con una prepotente voglia diffusa di condividere esperienze e racconti personali. La telecamera una volta faceva paura, ora quasi la si desidera ardentemente. Ed è solo uno degli aspetti. Pensando a FB per esempio, mi sorprende di quanta gente riporti nella propria bacheca moltissime informazioni personali o emozioni private non curandosi del fatto che queste potrebbero essere facilmente sottratte da estranei. Potrebbe essere anche esibizionismo (e la nostra società ha fatto un salto in avanti in questo), ma penso sia anche una sorta di assuefazione a questo tipo di costume. L'essere umano del XXI secolo ha semplicemente un concetto di privato che è differente da quello di una persona del secolo scorso.
Per quanto riguarda "Chi l'ha visto", ho visto il pezzo incriminato ed effettivamente c'è stato un eccesso che poteva essere evitato. Ovvio che un programma che si occupa di persone scomparse non può non parlare del caso (nel passato numerose persone sono state ritrovate grazie a loro), ma quando la risoluzione della vicenda era ormai nota bisognava interrompere bruscamente la trasmissione. Tanto più che RAI3 fa parte del servizio pubblico. La conduttrice secondo me ha una responsabilità relativa, essendosi trovata in mezzo a una situazione non prevista (che però si poteva prevedere), ma chi comanda davvero sarebbe dovuto intervenire per fermare quella che è davvero una brutta pagina del servizio pubblico.
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
Mi pare che questo modo di concepire i media, questa invadenza che non lesina neppure sul macabro sia ormai qualcosa di costante più o meno in tutte le società occidentali.
Non solo concordo ma faccio notare che questo modo di concepire i media è ormai consolidato da oltre vent'anni.
La trasmissione "Chi l'ha visto" è nata alla fine degli anni '80 del secolo scorso ed ha sempre fatto leva sulla spesso compiaciuta disponibilità (evidentemente diffusa già allora) di parenti ed amici degli scomparsi a lasciar ficcanasare le telecamere nelle proprie vite e a lasciar imbastire delle vere e proprie minifictions imperniate sulla persona da cercare.
"Chi l'ha visto" è forse l'unica trasmissione del genere di quell'epoca sopravvissuta fino ai giorni nostri ma la sua longevità dovrebbe dirla lunga su quanto sia redditizio in termini di audience il binomio "TV del dolore/voyeurismo"; credo che il fenomeno sia qualcosa di analogo alla pornografia, anche se rispetto ad essa gode di una molto minore riprovazione sociale.
Vi invito a leggere in merito il commento di Massimo Gramellini su "La Stampa"
brutta storia...
a me personalmente interessa, non dico proprio zero, ma quasi.
ho letto i titoli del giornali, finita là.
se c'è tutta questa "pornografia mediatica" è perchè alla gente interessa.
magari interesserebbe "in modo diverso", rispettoso, umano, blablabla, ma interessa.
invece a me non interessa... e non capisco come a tanta gente possa interessare.
emotivamente? impiccherei il colpevole al primo ulivo sulla Bari-Taranto e finita lì.
giuridicamete? caxxi del Pm del salento
giornalisticamente? titolo e occhiello, nulla più.
trovo ipocrita questo criticare studio aperto, chi l'ha visto e compagnia, senza sottolineare la morbosa attrazione che questi eventi esercitano sulle masse.
lo "stile" dei vari giornalisti d'assalto è solo la punta dell'iceberg.
trovo ipocrita questo criticare studio aperto, chi l'ha visto e compagnia, senza sottolineare la morbosa attrazione che questi eventi esercitano sulle masse.lo "stile" dei vari giornalisti d'assalto è solo la punta dell'iceberg.
Queste cose secondo me vanno sempre in entrambe le direzioni: da una parte già di per sè le masse sono portate a essere guardone e spettegolone, anche su queste cose. Dall'altra i media le assecondano più che abbondantemente e le abituano ancora di più a esserlo.
Dovrei quotare tutti per quanto detto prima...non ce n'è lo spazio. Concordo con tutti.
perché questo tristissimo caso è diventato solo l'ennesimo esempio di un giornalismo cannibale, dove non importano più né i sentimenti delle persone coinvolte né la verità dei fatti, ma solo presentare le cose nella luce più morbosa e accattivante per un pubblico che già rivela la sua pochezza tenendo alti gli ascolti degli pseudo-reality e simili; perché è l'altro ennesimo esempio dell'ipocrisia degli pseudo-giornalisti che prima vanno a caccia della notizia sensazionale, della lacrima, del qualcosa di non detto, e poi piangono lacrime di coccodrillo davanti all'eccesso che hanno compiuto; perché in fondo è vero che questa faccenda non mi tocca più di tanto, per quanto mi faccia orrore l'idea di uno zio che ci prova con la nipote per poi ucciderla, ma se la ragazza non fosse stata tanto giovane e tarantina (la città di mia moglie) forse non ci avrei badato troppo.
Non ho guardato Chi l'ha visto, ne ho rivisto la parte incriminata dopo, dopo aver sentito raccontare la vicenda a Radio24; ho ascoltato Federica Sciarelli difendersi a La7 ed i commenti del tg di Mentana. Posso concedere alla conduttrice il beneficio del dubbio (rispetto alla premeditazione), ma non si può giustificare la trasmissione portata avanti in quel modo. si sarebbe potuto far cadere la linea del collegamento, giustifacarsi con il pubblico a casa per una presunta caduta di linea o simili, ed intanto avevrtire il giornalista presente sul posto con altri mezzi...non è stato fatto, e forse sto parlando col senno di poi. Accetto l'idea che la trasmissione in sé sia utile e sia l'ultima rimasta a portare avanti battaglie importanti, e che non vada sospesa, ma ritengo che debba essere ritarata, togliendo di mezzo tutta quella parte "spettacolare" che si è vista.
La cosa più triste di tutte è che ora se ne parla tanto... dopo il processo, se pure ci si arriverà, non se ne ricorderà più nessuno...fino al prossimo mostro ed al prossimo omicidio...
Riguardo la vicenda di quella povera ragazza c'è ben poco da commentare: una delle tante (purtroppo) storie di mostri all'interno della famiglia che è andata oltre la molestia. Spero solo che per quella bestia non ci sia alcun sconto di pena perchè non trovo infermità mentale nell'avere il sangue freddo di occultare in quel modo il cadavere ancora caldo della ragazza dopo averne abusato.
PEr quanto concerne lo sciacallaggio mediatico a cui si è assistito, si assiste e si assisterà in questi giorni:
concordo con quanto è stato detto prima. L'Italia è ormai un paese abituato a farsi gli affari (per non usare altro termine) degli altri e più privati sono, meglio è. C'è qualcosa di morboso nel cercare particolari privati delle vittime: una semplice frase o un sms che è identico a quello che si legge nei diari o nei cellulari di altre centomila ragazzine...però essendo legato a un delitto fa audience, come se fosse la cosa più rara del mondo.
La vita privata di Sarah in certi momenti diventa più importante della sparizione stessa...perchè? Forse fa sentire importanti sapere che era una normale adolescente? Forse questo aiuterà a trovarla?
Non credo, e non lo trovo giusto. Come non trovo giusta l'intromissione nella vita delle famiglie...anche se sono proprio loro ad acconsentire (in parte manipolati in un momento di crisi? solo in parte, credo, basterebbe poco a stare in casa e a tenere lontano le telecamere).
Che cosa provoca questo negli italiani? Ci fa empatizzare con la vittima e la famiglia? Ci sentiamo più vicini a loro e siamo spinti a seguire qualsiasi cosa riguardante il caso? Probabile...per buona parte degli italiani funziona così: a me francamente bastano i servizi dei tg secchi e crudi...lo stato delle indagini e basta. Giusto l'appello dei genitori...ma sapere che Sarah cancellava i giorni passati del calendario non mi serve a niente e mi dà anche fastidio il fatto che lo sbattano anche come notizia importante.
Per quanto riguarda il caso "Chi l'ha visto?". Ho visto (scusate la vicinanza dei due visto...anzi sono 3) il video incriminato. Mi viene difficile pensare che sia una cosa "voluta" dalla conduttrice...lei si è trovata quelle notizie in diretta e le ha dette. Probabilmente ha sbagliato...ma si è ripresa subito dopo dicendo qualcosa tipo "Se si vuole allontanare o blocchiamo il collegamento". Non ho dubbi che qualche altro conduttore avrebbe detto invece "Ci vuole raccontare quali sono i suoi sentimenti in questo momento?"
Francamente vedere il giorno dopo Studio Aperto che fa il servizio per chiedere scusa sull'intromissione della privacy di Sara e della sua famiglia e mettere come immagini incriminate anche quelle della trasmissione rai è stato come se Robert avesse dato dell'ubriaco a Ned.
Ho trovato questo articolo oggi su repubblica.it che mi sembra ottimo per questo topic, sia perchè scritto bene sia perchè tratta proprio quello di cui stiamo parlando qua (il giornalismo cannibale di oggi) inquadrandolo nel più ampio contesto dell'importanza rivestita dalle notizie sul crimine in Italia. L'ho trovata una lettura molto interessante, specialmente il riferimento al male italiano del localismo: http://www.repubblica.it/cronaca/2010/10/1...73/?ref=HREC1-5.
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/10/1...2/?ref=HREC1-12
A me è venuto un piccolo dubbio: e se il tizio, colpevole anche lui, stesse in realtà coprendo qualcun altro che lo ha mandato avanti come capro espiatorio (peraltro perfetto, vista la condanna in diretta)?
In effetti molte cose non quadrano nella confessione dello zio.....e le indagini sono ancora al vaglio degli inquirenti: il caso e tutt'altro che risolto, mi sa.
Questa povera ragazzina non ha pace neppure adesso che è morta.
E lo scempio mediatico prosegue.....
Spero di non buttare benzina su un fuoco che non ha bisogno di combustibile....combustibile, peraltro, gettato in tale tanta copia che per non esserne nauseati bisogna davvero chiamarsi Vespa o Sposini (con tutta l'ipocrisia del suo "io non capisco questo interesse per la vicenda"...), o essere uno dei tanti morbosi che fanno il "tour dell'orrore" per le strade di Avetrana. Ma ritengo che questo editoriale di Mario Calabresi meriti di essere letto e condiviso.
Esiste un gesto antico di pietà che mi torna in mente continuamente in questi giorni, è quello di coprire il corpo di chi è morto in un luogo pubblico. Lo si fa con un lenzuolo bianco, una coperta, un qualunque indumento che protegga almeno il volto e il busto di chi ha perso la vita rimanendo esposto su un marciapiede, in mezzo alla strada, su una spiaggia o in un campo.
È un gesto codificato dal mondo greco, almeno venticinque secoli fa (anche Socrate si copre il volto mentre muore), e non serve soltanto a proteggere i morti dallo sguardo dei vivi ma anche noi stessi, i vivi, dalla vista della morte. È il limite del pudore, del rispetto, è il simbolo della compassione e della capacità di fermarsi.
Oggi si è fatta strada in Italia una strana concezione dell'informazione che si potrebbe sintetizzare in un gesto: quello di sollevare il lenzuolo e spingere tutti a fissare quello che c’è sotto. Molti restano incollati all’immagine terribile, altri sfuggono, alcuni cominciano a provare disgusto.
Ieri mattina - grazie al lavoro dei nostri giornalisti - abbiamo avuto gli audio degli interrogatori di Avetrana, le voci di Michele e Sabrina Misseri, con la confessione dettagliata e tormentata da parte dello zio dell’omicidio di Sarah Scazzi. Non era mai capitato di avere la possibilità di ascoltare in tempo reale un interrogatorio, divulgato fuori da ogni regola prima ancora dei rinvii a giudizio e di qualunque decisione della magistratura.
Ci siamo chiesti cosa farne e se metterli subito sul sito web, sicuri di fare un record di contatti. Ne abbiamo discusso e abbiamo deciso di buttarli, perché non aggiungevano nulla a quello che avete già letto fino a oggi, perché non servivano a chiarire nulla e perché potevano essere utili solo a solleticare le morbosità, a infilare la testa più in fondo nel pozzo.
Ne abbiamo avuto conferma poche ore dopo, mentre stavo cominciando a scrivere queste righe, quando una trasmissione televisiva per famiglie - pagata con il canone e in orario pomeridiano - ha cominciato a mandarne in onda frammenti audio accompagnandoli con un dibattito osceno e surreale.
Chiariamo subito un punto: queste voci non raccontano niente di diverso o di nuovo rispetto a quanto è stato scritto finora. Ma allora - si potrebbe obiettare - dov'è il problema? Credo che esista una sostanziale differenza tra il riportare un fatto, il raccontarlo mettendolo nel suo contesto esatto o invece nel gettarlo in faccia a chi ascolta senza alcuna mediazione. E' in quella differenza che è nato il giornalismo, che ha trovato un senso e una ragione d'esistere.
Ci sarà un motivo se da decenni all'inizio di un processo la Corte si ritira per decidere se possono entrare i fotografi (in caso di decisione negativa negli Stati Uniti entrano in azione i disegnatori) o le telecamere in Aula. Succede perché la delicatezza di un caso o la necessità di frenare una deriva emozionale può richiedere attenzioni superiori.
Qui da noi, da tempo ormai, è saltato tutto (questo dibattito in parte lo abbiamo già fatto nei mesi scorsi quando era in discussione la legge sulle intercettazioni) e così si trovano disponibili le voci dei presunti assassini mentre vengono interrogati, come le intercettazioni telefoniche un momento dopo essere state registrate.
Per anni il nostro mestiere è stato quello di cercare di ottenere una notizia in più, la frase di un interrogatorio, il racconto del tono di una voce. L'imperativo - sano e comprensibile - era quello di pubblicare tutto quanto era possibile raccogliere. Era una sfida continua con chi invece le cose doveva proteggerle e non divulgarle perché questo gli imponevano ruolo e mestiere. Poi qualcosa si è rotto: la porosità attuale, in cui si è inondati di carte e ora anche di audio, richiede un comportamento nuovo, ci impone di scegliere e anche di buttare via. Non è qualcosa che strida con il compito di un giornalista, se il motto stampato sulla prima pagina del New York Times («Tutte le notizie che vale la pena pubblicare») prevede che ci sia una selezione che scarti ciò che non vale. Dobbiamo continuare a raccontare e a svelare senza sosta, dandovi ogni elemento utile a comprendere (come facciamo anche oggi con i due articoli sul giallo di Avetrana), ma rifiutando di farci casse di risonanza di ciò che trasforma noi e voi in «guardoni».
Proprio in America mai si sognerebbero di divulgare l'audio di un interrogatorio, anche se hanno messo da tempo in rete le telefonate dell'11 settembre, ritenendo che questo servisse a ricordare il dramma, ma mai è stato mostrato un solo cadavere dei morti delle Torri. Perché non si tratta di censurarsi, ma di valutare e di non far prevalere soltanto il criterio degli ascolti, del numero di copie vendute o dei click su internet.
Lo stesso accade appunto con le immagini: certe foto di morti - da Mussolini ai coniugi Ceausescu -, così come alcuni filmati - penso alla bava agli angoli della bocca di Forlani durante gli interrogatori di Mani Pulite - sono state determinanti per un passaggio storico, hanno segnalato una rottura. Così le immagini di un terremoto hanno il compito di far capire le dimensioni di una tragedia ma indugiare sui cadaveri, mostrare brandelli di corpi, volti maciullati non serve a nulla, se non a trasformarci in megafoni dell'orrore.
Sono convinto esista un limite e ieri passava per la diffusione di quei file audio, per questo penso sia tempo di tornare a rispettare quel lenzuolo bianco. Altri lenzuoli invece il giornalismo deve continuare a sollevare e sono quelli che rivelano gli scandali, le corruzioni e le criminalità, che fanno meno circo e meno audience e amerebbero il silenzio.