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L'infanzia e la morte
di Lord Beric
creato il 09 dicembre 2009

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sharingan
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Inviato il 09 dicembre 2009 22:28

La religione invece,io credo,è un'imposizione. ^_^

 

Come tutto il resto. Ragionando così, sarebbe meglio prendere il bambino abbandonarlo nei boschi e chi si è visto si è visto. Libero da condizionamenti e sovrastrutture sociali crescerà sicuramente più mentalmente aperto e progressista. :D

 

La storia dell'anima che va in cielo o del nonno che si addormenta hanno sempre funzionato (e poi chi l'ha detto che è un'illusione?). Che si continui così. Le pippe mentali sull'anima e Dio, religione e imposizione se li farà da grande.


 

« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »

 

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Metal Duchess
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Inviato il 09 dicembre 2009 22:30

Mah...io mi ricordo che quelle poche volte che mi dicevano "è andato in cielo" io mi chiedevo:su che pianeta? ^_^

Poi sono punti di vista...

:D


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Ser Balon Swann
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Ser Balon Swann
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Inviato il 09 dicembre 2009 22:36
Mah...io mi ricordo che quelle poche volte che mi dicevano "è andato in cielo" io mi chiedevo:su che pianeta?

 

e quando ti raccontavano del Valhalla no? non chiedevi in che Pianeta/Stato si trovava?

 

boh, è possibile che ci siano bambini senza fantasia, ma sono molto rari...

 

 

 

 

e comunque quando crolla Babbo Natale (o Gesù Bambino) crolla anche tutto il resto ^_^


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Erin
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Inviato il 09 dicembre 2009 22:37

 

La storia dell'anima che va in cielo o del nonno che si addormenta hanno sempre funzionato (e poi chi l'ha detto che è un'illusione?). Che si continui così. Le pippe mentali sull'anima e Dio, religione e imposizione se li farà da grande.

 

^_^ :D semplice, preciso e chiarissimo ^_^ ^_^ Mi trovi perfettamente d'accordo


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Lochlann
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Lochlann
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Inviato il 09 dicembre 2009 22:38

e comunque quando crolla Babbo Natale (o Gesù Bambino) crolla anche tutto il resto :D

ehi ehi andiamoci piano eh..

io a Babbo Natale ci credo fermamente!! ^_^


Sol da poco son giunto in queste terre, da una estrema ultima Thule. Un paese selvaggio che giace, sublime, fuori dal Tempo, fuori dallo Spazio.

All fled, all done, so lift me on the pyre. The feast is over and the lamps expire.

200s6pw.jpg

"I walked this land when the Tlan Imass were but children. I have commanded armies a hundred thousand strong.

I have spread the fire of my wrath across entire continents, and sat alone upon tall thrones. Do you grasp the meaning of this?"

"Yes" said Caladan Brood "you never learn."

2ajc9r8.jpg

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Inviato il 09 dicembre 2009 22:55

Infatti era la stessa cosa con Valhalla:quella religiosa,o comunque dell'ultraterreno,è stata una cosa che ho sviluppato col tempo!

Io credevo alle fate e ai folletti! ^_^

Comunque,ripeto:è questione di punti di vista,non di fantasia(che si manifesta in maniera diversa da persona a persona e da bambino a bambino,naturalmente).


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Tyrion Hill
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Tyrion Hill
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Inviato il 10 dicembre 2009 0:27

Beric, complimenti per il topic (e vedo che in effetti hai scatenato il finimondo).

 

La prima cosa che mi è venuta in mente è la seguente esperienza: camminavo per il lungomare del Lido di Venezia, avrò avuto 17 anni. Improvvisamente, dietro a una siepe che nascondeva il giardino di una casa, ho sentito la voce squillante di un bambino che diceva:

A me piacciono gli animali, perché, poverini,
muoiono!

Sono rimasto impietrito. Mi sono fermato, e sono restato lì a fissare il marciapiede, senza fiato. Mi sono reso conto che questo bambino pensava alla morte come a qualcosa che non ci appartiene, che succede solo agli animali. Lui si riteneva ancora immortale.

 

E forse è vero: noi, d'istinto, ci riteniamo immortali. Basta vedere come ci comportiamo. È questa la cosa. E allora, quando ci accorgiamo che la gente attorno a noi muore, inventiamo (o accogliamo) la religione e la sua promessa di vita eterna.

 

Quando mio figlio era ancora molto piccolo, è capitato che dovessi affrontare il tema della morte. Mio figlio era un bambino sveglio: ha imparato a parlare molto tardi (cosa spiegabile, visto il bombardamento di lingue diverse che lo circondava - tedesco, italiano, inglese, la mamma croata...) però ha imparato a contare molto presto. Un giorno eravamo in auto, lui sul suo piccolo sedile per bambini montato su quello grande, e non diceva una parola da un bel po'. Stava zitto, con l'espressione concentrata. Avrà avuto quattro anni. A un certo punto alza lo sguardo, e dice: "Papà." Gli chiedo che cosa c'è. E lui, con aria solenne: "Lo sai? I numeri non finiscono mai."

 

Aveva scoperto l'infinito. Era chiaro che con questo bambino potevo già cominciare a fare discorsi seri. Che gioia! ^_^

 

In una discussione (lui ormai aveva sei anni) mi sono trovato a rispondere a sue domande sulla vita, da dove viene, eccetera. Allora gli ho detto che gli animali cambiano, si adattano, evolvono, e noi siamo una specie di scimmia. E le scimmie vengono da un altro animale precedente, eccetera. E lui: "Ma da dove viene quell'animale precedente?" E io, "Da un altro animale prima di lui," e poi gli anfibi, i pesci, i molluschi... e infine il "fango": da questo fango era nato questo primissimo essere unicellulare, non si sa bene come. "Ma il fango da dove viene?" A questo punto ero in imbarazzo: "Da altro fango, da pietre, da materia." "Ma tutto questo, da dove viene, cosa c'era prima?" A questo punto ho avuto una illuminazione: "C'è chi dice che c'è un Essere Superiore, fatto di pura coscienza, che ha creato tutto questo, gli ha dato un inizio. Tu che ne pensi?" Lui è rimasto silenzioso per un momento, poi ha detto: "Non è vero: secondo me è sempre esistito tutto."

 

E infine la morte. L'ho chiesto a lui, non l'ha chiesto lui a me. Mi ha risposto (sei anni): "Quando una persona muore, è morta e basta. È tutto finito. Tu cosa ne pensi?" "Io penso... che non lo sappiamo," gli ho detto.

 

Oggi mio figlio ha 18 anni. Lo vedo un po' troppo perso dietro ai videogames. È un tipo di ragazzo estremamente attraente (per le ragazze), ma le evita, per timidezza credo (sono sicuro che omosessuale non è - non mi darebbe fastidio se lo fosse, sia chiaro). È molto serio. Molto (troppo) sicuro dei suoi giudizi. Sa che dovrà morire, e che questa vita è un mero accidente. Attende che passi. Non so che dire: a volte essere un po' stupidi aiuta a vivere la vita un po' meglio. Io alla sua età scopavo come un riccio! Essere idioti è un gran pregio.



Lord Beric
Custode dei Corvi Messaggeri
Guardiani della Notte
25171 messaggi
Lord Beric
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Inviato il 10 dicembre 2009 9:52 Autore

La prima cosa che mi è venuta in mente è la seguente esperienza: camminavo per il lungomare del Lido di Venezia, avrò avuto 17 anni. Improvvisamente, dietro a una siepe che nascondeva il giardino di una casa, ho sentito la voce squillante di un bambino che diceva:

A me piacciono gli animali, perché, poverini,
muoiono!

Sono rimasto impietrito. Mi sono fermato, e sono restato lì a fissare il marciapiede, senza fiato. Mi sono reso conto che questo bambino pensava alla morte come a qualcosa che non ci appartiene, che succede solo agli animali. Lui si riteneva ancora immortale.

 

E forse è vero: noi, d'istinto, ci riteniamo immortali. Basta vedere come ci comportiamo. È questa la cosa. E allora, quando ci accorgiamo che la gente attorno a noi muore, inventiamo (o accogliamo) la religione e la sua promessa di vita eterna.

 

Ecco, credo che Tyrion qui abbia centrato il tema che mi stava a cuore.

 

Anche io ho avuto modo di constatare che un bambino concepisce la morte come qualcosa di estraneo, che non lo sfiora, che non gli interessa.

 

La morte di una formica, di una zanzara, ma anche la notizia dell'attentato a Baghdad, in genere, lo lasciano pressoché indifferente. Chi muore è qualcun altro, qualcuno di nebuloso, di lontano, di diverso da lui.

 

Invece, la morte di una persona cara fa sperimentare al bambino, a mio parere, un triplo impatto: da un lato, come diceva giustamente Joramun, la perdita. Il nonno non c'è più. In seconda battuta, la definitività: il nonno non è partito per un viaggio da cui poi torna, ma la sua assenza è totale e permanente. Infine, l'ineluttabilità: poiché il nonno è "io da vecchio", ogni cosa finirà in quel modo. Io non vivrò per sempre, la morte mi riguarda.

 

Ma ancora più della morte, credo io, è lo stesso processo dell'invecchiamento che colpisce profondamente il bambino. Il diventare grandi è una cosa, che in genere viene presentato e visto come un processo positivo. L'invecchiare è tutt'altro. Nel primo caso il processo è di crescita e maturazione, il secondo è, o viene visto, come degradazione. Questo in special modo in casi di nonni molto anziani o ahimé malati.

 

Se da un lato, quindi, capisco che al bambino sia utile far passare il messaggio che la morte, malgrado tutto, non è qualcosa di definitivo (il nonno vola con gli angeli, Mufasa - grazie Balon per gli esempi - ti protegge dal paradiso dei leoni) e non è una separazione totale (un giorno, da qualche parte, ci ritroveremo tutti insieme), dall'altro questa spiegazione mi pare incompleta. Edulcora la morte, ma non da spiegazioni sulla vita, sul processo per arrivare alla morte. Credo che un bambino, nella sua acuta semplicità, sia in grado di fare due semplici domande: "Perché si muore?", "Perché si invecchia?"

 

La divinità che chiama a sé il suoi figli può rispondere (imho supercifialmente) alla prima domanda, di certo non alla seconda, a mio parere.

 

Su questo tema, credo che l'ambiente extra-familiare non sia di molto aiuto. Il "mondo degli adulti" è ossessionato dalla giovinezza e dalla giovanilità, che si mostri una foto di Sophia Loren o una pubblicità di creme antirughe. La fobia del deterioramento delle proprie capacità e della conseguente lotta per contrastarlo o mascherarlo è percepibile e palpabile, credo, anche per un bambino. Che, mettendo in relazione però la signora che usa l'Algasiv e improvvisamente addenta mele e si rotola felice nella neve, e il nonno mancato da poco, rischia di confondersi tra invecchiamento e morte, inestricando le due cose e vivendo la crescita come una strada senza ritorno che porta alla scomparsa finale. La favola e la sindrome di Peter Pan possono trovare una raffazzonata spiegazione alternativa a quella ufficiale in questa paura.

 

Di fatto, il tema della morte e dell'invecchiamento mi pare trattato con maggiore serenità proprio dall'universo infantile. Oltre ai già citati esempi di Balon tratti da Bambi e il Re Leone, gli stessi fumetti Disney offrono paradossalmente vere perle da questo punto di vista.

Paradossalmente perché nei fumetti i personaggi vecchi nascono vecchi, i giovani rimangono giovani, e questo è ciò che permette al bambino, che nel frattempo ha la pessima idea di crescere, di discernere la realtà dalla finzione. Eppure in collane di storie come la Saga di Reginella, i Racconti intorno al Fuoco o Life and Times of Scrooge McDuck il lettore viene messo a confronto con l'invecchiamento e con la morte, con una delicatezza ed una dolcezza da veri maestri (stiamo parlando di Rodolfo Cimino e Don Rosa) e senza dorature che edulcorino il significato della morte o del passare del tempo.

Personalmente mi ritengo fortunato ad avere avuto accesso a simili descrizioni del passare del tempo o della scomparsa di persone care, e mi chiedevo in effetti quanto i bambini di oggi possano contare su "aiuti" del genere.


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Lord dei Pan di Stelle - Lord Comandante dei Peluche

The best fantasy is written in the language of dreams. It is alive as dreams are alive, more real than real... for a moment at least... that long magic moment before we wake.
Fantasy is silver and scarlet, indigo and azure, obsidian veined with gold and lapis lazuli. Reality is plywood and plastic, done up in mud brown and olive drab.
Fantasy tastes of habaneros and honey, cinnamon and cloves, rare red meat and wines as sweet as summer. Reality is beans and tofu, and ashes at the end.
Reality is the strip malls of Burbank, the smokestacks of Cleveland, a parking garage in Newark. Fantasy is the towers of Minas Tirith, the ancient stones of Gormenghast, the halls of Camelot.
Fantasy flies on the wings of Icarus, reality on Southwest Airlines.
Why do our dreams become so much smaller when they finally come true?
We read fantasy to find the colors again, I think. To taste strong spices and hear the songs the sirens sang. There is something old and true in fantasy that speaks to something deep within us, to the child who dreamt that one day he would hunt the forests of the night, and feast beneath the hollow hills, and find a love to last forever somewhere south of Oz and north of Shangri-La.
They can keep their heaven. When I die, I'd sooner go to Middle-earth.

 

[George R. R. Martin]

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Inviato il 10 dicembre 2009 11:14

....Leggendo il racconto di Tyron mi sono quasi commossa!!! ^_^

Bel percorso,quello che ha fatto tuo figlio!Condivido in pieno il modo in cui hai affrontato il discorso con lui.

Spesso è meglio avere un approccio più disponibile coi figli(come hai fatto tu) piuttosto che uno duro e intransigente(come è successo a me).

Poi anche questo dipende,come ho già detto diverse volte,dal carattere del bambino e dei genitori,dalla tradizione culturale e dalla forma mentis.

Anche il fatto che i genitori siano separati o meno ha importanza:sono siura che se ci fosse stato anche mio padre con me e i miei fratelli,forse avremmo avuto un approccio diverso alla morte a ala vita in generale.

E non si tratta di mancanza di fantasia,cm diceva qualcuno:anche se non si vede il morto nella stellina in cielo,ma in un cassa sotto un tumolo di terra,non vuol dire che il bambino non interpreti in maniera persoonale e fantasiosa la vicenda.

 

Poi certo,il bambino,finchè nn lo tocca una morte che veramente lo colpisce,non potrà avere una concezione della morte e si sentirà onnipotente;ma,per fortuna,le esperienze arrivano per tutti.

 

A proposito di quello che diceva Lord Beric sulla vecchiaia,condivido anche qui:non avrei saputo dire di meglio! :stralol:


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Meera
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Inviato il 10 dicembre 2009 14:28

Credo che un bambino, nella sua acuta semplicità, sia in grado di fare due semplici domande: "Perché si muore?", "Perché si invecchia?"

La divinità che chiama a sé il suoi figli può rispondere (imho supercifialmente) alla prima domanda, di certo non alla seconda, a mio parere.

Queste sono domande esistenziali per cui le risposte possono essere giuste o sbagliate ma non nei termini di vero/falso. È la natura stessa delle domande che fa sì che non ci sia una risposta che vada bene per tutti, per cui anche se personalmente non trovo che la religione o la spiritualità rispondano alle mie domande, magari per mio figlio non è così. Per me ad esempio la morte e la vecchiaia sono dati di fatto che bisogna imparare ad accettare come parte del ciclo vitale, ma non so se "siamo tutti collegati nel grande cerchio della vita" può essere una risposta valida per tutti.

 

storie come la Saga di Reginella, i Racconti intorno al Fuoco o Life and Times of Scrooge McDuck
*.* dovrebbero farle leggere a scuola

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Alekseij Targaryen
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Inviato il 29 gennaio 2010 10:32

Sinceramente sono un pò combattuto :unsure: Nel senso che capisco che un bambino non possa comprendere certe cose o che comunque possa restare turbato dalla "cruda realtà", però penso sia in parte sbagliato riempirgli la testa di troppe favolette (anche se a fin di bene, diciamo).

 

Io posso raccontare la mia esperienza personale. Mio nonno morì quando avevo 6 anni, ero davvero molto legato a lui, quindi vi lascio immaginare il mio stato d'animo. Ricordo che mia madre (pur essendo credente) non mi parlò di Dio o di Paradiso: mi disse solo che, dovunque fossi andato, mio nonno sarebbe stato sempre con me finché io continuavo a volergli bene.

Quando riuscii a "elaborare il lutto", passato qualche tempo parlammo ancora della morte. Lei mi fece capire che non era qualcosa da temere, perchè è parte dell'esistenza... Anche se nessuno è mai tornato dall'Aldilà per dirci cosa ci attende. Mi disse che non serve pensare a quando moriremo, ma che dobbiamo pensare a tutte le cose buone e belle che possiamo fare prima di morire per rendere felici noi stessi e le persone che ci circondano.

 

Ad oggi sono grato a mia madre per essere stata sincera con me: certo, ha avuto molto tatto e non mi ha parlato in termini filosofici, ma non ha mentito o dato false speranze. Credo sia anche per questo che, negli anni seguenti, tutte le volte che avevo delle grandi domande ("come nascono i bambini?", "cos'è la droga?"... Sono due di quelle che ricordo) sono tornato da lei.


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