Contrariamente a quanto scritto nel retro del libro, questo volumetto non è un diario di bordo, nè lo si può realmente definire un "grande classico della letteratura di guerra".
In realtà è più un poema epico, scritto dal giovane guardiamarina Yoshida Mitsuru, come omaggio ai compagni caduti durante l'ultima missione della nave da battaglia (corazzata) Yamato. Difatti l'autore usa il bungotai, un linguaggio letterario, e impiega l'alfabeto katakana, che da al testo di per sè, al colpo d'occhio, già quasi una spetto solenne.
Yoshida non si perde in mille spiegazioni tecniche, anzi, non ne da proprio. Il libro è più un insieme delle sensazioni dell'autore in quei drammatici frangenti, dall'attesa per la partenza verso l'ultima missione, alle ondate di attacchi aerei, al salvataggio dei naufraghi da parte delle unità di scorta. Poco si capisce della nave stessa, la varie posizione del guardiamarina si intuisco, più che altro.
Errori poi nella traduzione (uno grossissimo: le portaerei Amagi e Katsuragi vengono definiti "incrociatori"), rendono ancora più arduo identificare gli spostamenti. Da quel che ho capito - lo dico per i "puristi" dell'arte navale - il posto di combattimento di Yoshida era alla stazione radar collocata sotto la direzione del Tiro Antiaereo, nel torrione principale, a sua volta posta sotto il telemetro da 15cm. Nelle fasi finale dell'affondamento invece il guradiamarina sarà nella plancia corazzata (quella posta subito dietro al pezzo sopralelevato da 15,5cm), vicino all'Amm. Ito, comandante in capo del gruppo navale.
Affondata la Yamato, insieme all'incr. leggero Yahagi e quattro degli otto CC.TT. di scorta, Yoshida sarà tratto in salvo dalFuyutsuki, che lo riporterà in Giappone.
Quindi, dicevo, pochissime spiegazioni tecniche, ma moltissino sentimento. Quello che più si apprezza, a mio parere, è la descrizione dei compagni di viaggio, i loro sentimenti. Soprattutto traspare la mentalità giapponese a tutto tondo, la mentalità di combattenti pronti a fare il proprio dovere fino in fondo, ma non certo a buttar via le proprie vite senza uno scopo. Significative, in tal senso, saranno le parole del T.V. Usubuchi.
Il titolo prende spunto da un fatto: tra un'esercitazione e l'altra effettuate sotto costa, una vedetta della Yamato grida "fiori di Ciliegio": tutti sulla nave sgomitano per essere in prima fila, afferrano i binocoli, tutti cercano di imprimersi nella mente l'immagine delicata dei boccioli, petalo per petalo.
E' un'immagne suggestiva, indicazione anche della poeticità interiore del popolo giapponese.
Concludo, per non annoiarvi: è un testo bellissimo, valido sia come resoconto militare, am anche come indagine sull'uomo stesso, e sulla cultura giapponese.
Merita veramente di essere letto!
Se lo acquistate su internet, Addio Ciliegi in Fiore è scontato. Io l'ho preso tramite Tuttostoria
Ciao!
Grazie per l'indicazione, corro subito a vedere.