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Goyassel La Zucca visto e raccontato dagli altri
G di Goyassel La Zucca
creato il 23 gennaio 2005

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Goyassel La Zucca
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Inviato il 23 gennaio 2005 17:58 Autore

Goyassel La Zucca visto dagli altri forumisti.

(Piccola antologia - dall'agosto del 2000 ai giorni nostri)

 

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Inviato il 23 gennaio 2005 18:00 Autore

I. Goyassel La Zucca visto da Mastro Titta

 

1) Intervista (falsa e, come sempre, inutile) a Goyassel La Zucca

di Mastro Titta

 

Goyassel La Zucca mi attende all'ingresso della sua villa di campagna. E' un uomo anziano, canuto, con due grandi occhi chiari sul volto abbronzato. Quando mi vede mi afferra la mano con entrambe le sue e mi avvicina a se baciandomi come ormai fanno solo i ministri russi e i gentiluomini siciliani. Mi presenta a suo figlio A. "Questo è Mastro Titta " gli dice orgoglioso "anche lui odia Berlusconi".

"Veramente, io…" cerco di ribattere, ma Goyassel è già partito col suo motivo preferito "Lo fermeremo. Insieme lo fermeremo. Non è vero?"

Bella campagna! Dico, cercando di cambiare discorso. "Bella? Meravigliosa. Oggi è meravigliosa, ma avreste dovuto vederla come si era ridotta, caro Mastro Titta. Io e mio figlio A. abbiamo dovuto dar fondo a tutte le nostre energie e ai nostri risparmi per farla ritornare così, come era un tempo. Vede la villa. Un tempo era ancora più bella, col suo splendido blasone sull'uscio. Ma adesso, con gli uomini di Berlusconi…

"Cosa c'entra Berlusconi?

Tutti gli amministratori locali erano un tempo contadini. Alcuni erano miei contadini o, al massimo, in mezzadria. Questa terra ha dato loro da mangiare. Dovrebbero amarla quanto l'amo io, anzi di più. Invece la detestano. Dicono che è d'ostacolo al piano regolatore, alle loro assurde opere pubbliche. Vogliono espropriare le piante che hanno piantato i loro nonni, vogliono cementare gli uliveti e le vigne che sono state il pane e il companatico dei loro padri. Odiano me. Odiano la mia terra, perché odiano le loro radici. Questi sono, in questa provincia, gli uomini di quel palazzinaro di Berlusconi…

Io taccio. Lui mi dice "..sono stanco. Vuole venire con me a vedere "Grande Fratello"?

Il figliolo lo prende sottobraccio per accompagnarlo di fronte al televisore. Poi ritorna da me. "Vi vuole bene a tutti voi di POL" mi dice "come se foste anche voi di famiglia…".

So cosa intende dirmi. Non faccia il Boia, Mastro Titta, lo so che potreste prenderlo in giro…Io faccio un cenno d'intesa.

Anche questa volta l'ascia del boia resterà a riposare sul ceppo. Come sempre, peraltro. Accetto la frutta che A. mi porge. La frutta della terra di Goyassel La Zucca. E comincio a sbucciala e a mangiarla. Velocemente. Avidamente. Prima che arrivi Berlusconi a portarsi via tutto.

MT

 

(20.11.2000)


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Goyassel La Zucca
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Inviato il 23 gennaio 2005 18:04 Autore

II. Goyassel La Zucca visto da Cirno di Polipao

 

1) Dal Salotto dello Zio Cirno - Prima lettera (apocrifa) di Goyassel: la morte della cucurbita moscata

di Cirno di Polipao

 

L'Avvocato Goyassel La Zucca mi ha inviato uno straziante messaggio privato, che non posso fare a meno di divulgare.

Spero che non me ne vorrà.

 

Caro Cirno Polipaide,

Soffro di sofferenza tale da non sofferire di non parteciparla a un sodale, cosicché soffrendo, per simpatia intendo, condivida, alleviandola, la mia sofferta pena.

Il punto è che mi è morta una amatissima Cucurbita Moscata, Simbolo e Cimiero del mio Casato, che io amorosamente coltivavo nel letamaio che sta accanto all'orticello, superstite pertinenza della mia ormai cadente magione.

Era bella la pianta, e prometteva fiori e frutti copiosi, a maggior onore del Casato dei La Zucca. Accanto, già spuntavano piantine di Cucurbita Maxima e Cucurbita Pepo: esse, al contrario della Moscata, non erano soccombute.

Eppure non mancava il nutrimento. Pensate che la mia fantesca a ore (non posso permettermene una fissa e così devo tollerare questa, che viene quando vuole ed è orribile, aspra e guercia) quasi ogni mattina svuota nel già grasso letamaio il bugliolo, reso necessario dal fatto che da tre mesi la latrina domestica è inutilizzabile per avaria. E voi sapete quanto le zucche amino i nutrimenti naturali...

Mi sono chiesto il perché di questa disgrazia così ...selettiva. Non è infatti pensabile che una piantina muoia e le altre, contigue e simili, godano di ottima salute.

Qui gatta ci cova, mi sono detto.

Ho allora ripiantato nel letamaio, esattamente allo stesso posto, un'altra pianticella di Cucurbita Moscata, che avevo fatta germogliare in un vaso collocato vicino alla stufetta a legna che riscalda il mio spartano giaciglio.

Sull'imbrunire, mascheratomi da spaventapasseri (cappello a pandizucchero, vecchia giacca rattoppata e copiosa paglia legata a coprirmi volto ed estremità) mi sono collocato nell'orto in posizione acconcia.

L'attesa è stata lunga, e l'umidità della notte è penetrata nelle mie vecchie e scricchiolanti ossa (soffro da allora di una fastidiosa sciatica). Ma ne è valsa la pena.

Verso le ore tre un'ombra furtiva è scivolata nell'orto, è penetrata nel letamaio (sacrando perché aveva pestato una odorosa sostanza fecale) e si è avvicinata alle pianticine. Accesa una torcia elettrica, ha individuato la Cucurbita Moscata e, ferocemente, sadicamente, l'ha irrorata con il contenuto di una fiaschetta.

"Altolà, Accorruomo" ho gridato attraverso la maschera di paglia, tentando di afferrarlo per un braccio. L'effetto è stato sorprendente. L'ombra, terrorizzata, ha tentato di fuggire ma dopo pochi passi ha calcato il rastrello che avevo abbandonato per terra, azzeccandosi in grifo l'inevitabile bastonata.

Mi sono avvicinato, quasi anchilosato, al sicario gemente e, al lume della sua torcia elettrica, mi sono avveduto trattarsi di L. B., Segretario della Locale Sezione DS.

Non mi dilungo. Lo sciagurato ha confessato di aver compiuto il misfatto in odio alle mie "velleità nobiliari", così le ha chiamate, che egli riteneva indegne della mia conclamata militanza ulivista e dannose alla causa proletaria.

L'ho lasciato andare (che altro dovevo fare, peraltro si era rotto il naso e due denti) e mi sono ricoverato nella mia stanza fredda e buia, preda di una duplice crisi: personale e politica.

Che devo fare? sostituire la piantina con un'altra? perseverare nella mia militanza, tradendo a questo punto il retaggio dei miei Maggiori?

Aiuto Cirno, sto perdendo la mia identità, sono disperato.

 

Anch'io, amici miei Postatori, sono imbarazzato. Che fare? Cosa consigliare al povero Goyassel?

Ho pensato che potrebbe essere il momento buono per convincerlo a cambiare militanza, aderendo alla CDL. Mi sembrerebbe però poco cavalleresco l'approfittare della sua presente debolezza.

Ecco perché ho deciso di pubblicare la missiva. Goyassel, prossimo Senatore, non può essere lasciato solo. Confortiamolo, consigliamolo tutti assieme. Potrà così, lenito il dolore, scegliere la sua nuova via.

Porgo nel contempo al caro, infelice Goyassel le mie più sentite condoglianze.

Sen. Cirno, figlio di Polipao patrizio di Megara.

 

(POL.com, 9.3.2001)


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xaytar
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xaytar
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Inviato il 23 gennaio 2005 18:31

Devo ammettere di provare una spiccata simpatia per il personaggio di questi due spezzoni...

anche se mi risulta difficile capire dove inizia la realtà e finisce la fantasia :P


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Ser Loras Tyrell
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Ser Loras Tyrell
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Inviato il 23 gennaio 2005 19:11

Wow adoro ste cose Goyassel ;) Fa molto moscarda,davvero di buon gusto :)

 

/me condivide il commento di Ale

 

 

 

 

 

:lol:


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Goyassel La Zucca
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Goyassel La Zucca
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Inviato il 24 gennaio 2005 4:31 Autore

II. Goyassel La Zucca visto da Cirno di Polipao

 

2) Dal Salotto dello Zio Cirno - Seconda lettera (apocrifa) di Goyassel: la ferita è ancora aperta

di Cirno di Polipao

 

Signor Cirno, scrivo a Lei ma soprattutto ai viandanti dei Forum di POL che frequento (pochi), quelli che mi stimano e mi vogliono bene. Non La annovero tra questi.

L’ignobile lettera apocrifa che Lei ha scorrettamente divulgato mi ferisce ancora. Avevo deciso di abbandonare i Forum, sentendomi divenuto uno squallido zimbello.

Lei mi aveva, infatti, dipinto quale vecchio tardo, miserabile, vegetante in indecorosa miseria tra un letamaio ed un covile privo persino dei più elementari servizi igienici.

La mia governante, signora Viola, era stata da Lei ritratta quale vecchia e feroce megera.

La storia poi, anche se non priva di un certo afflato umoristico, aggiungeva alla pietà il ridicolo.

Si, signor Cirno, Lei ferì in tal modo la legittima suscettibilità e l’onore di un anziano Possidente, di modesta agiatezza ma di vita specchiata, la cui famiglia conobbe, certo, tempi migliori ma il cui presente è decoroso e rispettabile.

Niente letamai, niente covili da pecore, niente alterchi da avvinazzati.

Sono un anziano Professionista che non esercita più ma è stato, Le assicuro, un buon Avvocato, dalle cause non sempre perdute.

La saggezza dell’età ebbe infine il sopravvento sul legittimo sdegno, ed ho ricominciato a frequentare i Forum, anche se non con la precedente assiduità.

Non per questo La considero diversamente da quello che ha dimostrato di essere: un sadico sicario, che sotto l’usbergo dell’umorismo cela la sua vera entità.

Detto questo, e sentendomi più sollevato, renderò giustizia a me stesso, descrivendo quale sono e dove abito. Inoltre, per restituire dignità al mio vulnerato simulacro, racconterò un episodio accadutomi domenica scorsa, ben diverso da quello falsamente descritto da Lei, signor Cirno.

Vivo a Roma e non in campagna, dove peraltro possiedo alcuni terreni, vigne e qualche rustico. Il palazzotto avito è stato da tempo ristrutturato e lottizzato da mio cognato malanima, facendo parte della quota ereditaria di mia sorella Giulia. Un vero delitto.

Le mie proprietà, ora gestite principalmente (sotto la mia supervisione) da mio figlio Alfredo, volenteroso ma non sempre all’altezza con i guai che mi combina, sono sparse in una zona della campagna romana che non indicherò, per motivi di privacy. La principale è denominata “Mastro Eugheneio”, ottima vigna convenientemente attrezzata e irrigata.

Come vede, signor Cirno, non sono povero anche se non pretendo d’essere ricco. Devo, infatti, mantenere anche la famiglia di mio figlio, che mi costa non poco.

Come ho detto, vivo a Roma, in una villetta d’epoca liberty, in un quartiere vecchiotto ma residenziale, molto decoroso. Il blasone zucchesco si trova qui, un po’ eroso dal tempo ma sempre leggibile. Non ho orto, ma un piccolo giardino, ove la signora Viola coltiva anche erbe aromatiche, quali salvia, rosmarino, erba cipollina, basilico, aglio e astragalo. Zucche, niente. Letamai, nessuno.

Ho passione per piante ornamentali e fiori, che coltivo in una piccola serra e nei vani più luminosi della casa.

Possiedo anche due gatti e un canarino.

Sono di media statura, magro, con superstiti capelli bianchi e gli occhi chiari. Poiché claudico leggermente con la gamba destra, eredità di una trascorsa flebite, mi aiuto con un bastone d’ebano con manico d’argento a foggia di civetta, eredità di mio nonno Ezechiele.

Sono anziano, ma non dirò quanto. Non sono sposato. Non esercitando più la professione, vivo della mia rendita (dedotto il mantenimento di Alfredo e famiglia, che non mi costa poco) e di una modesta pensione.

Non ho vizi, avendo da tempo raggiunto la pace dei sensi ed essendo astemio, e i miei unici passatempi sono la televisione, la lettura ed il vecchio PC, residuato dello Studio Legale del quale ero contitolare.

Ho così reso giustizia alla mia figura, che da ora sarà meglio conosciuta da tutti.

Una figura normale, dignitosa, come ve ne sono tante. Ma non ridicola.

L’immagine deve però essere resa viva, vitale.

Non sono un’icona. Racconterò pertanto un episodio che non è tale, diciamo uno spaccato di vita di ogni giorno, la mia mattinata di domenica. Una mattinata come tante, ricca di piccole cose, di incontri consumati dal tempo, di parole ripetute, di avvenimenti minori.

Una mattinata come tante già trascorse, come poche, forse, da trascorrere.

 

E’ domenica, mi sono alzato verso le 9, ero andato a letto tardi sabato sera, colpa del PC e della televisione. La signora Viola sfaccendava, rumorosamente come sempre, intenta alle pulizie. Viene quattro volte la settimana, gli altri giorni mi arrangio da solo.

Mi sbarbo, faccio un po’ di toletta, mi vesto e scendo per il caffè. E’ una bella giornata romana di prima Primavera, soleggiata e ventosa. Il cielo azzurro è solcato da un volo do corvi.

Il caffè è pronto. Saluto la signora Viola ed esco, per la rituale passeggiata.

Il copione prevede: acquisto dei giornali all’edicola d’angolo, attraversamento della strada (al passaggio pedonale, con qualche cautela), secondo caffè al bar-hostaria, “La Conventicola”, dove sicuramente troverò qualche conoscente, pensionato come me, per la conversazione e il commento delle notizie (da leggersi sui giornali, ovviamente: compro il Tempo e L’Unità. Altri ne troviamo al bar.

Ed ecco la sorpresa. Trovo un vecchio conoscente che non vedevo da molto tempo, un Colonnello dell’Esercito di stanza, se ben ricordo, alla Cecchignola.

Lo saluto, mi riconosce, mi dice di essere in pensione da circa un anno.

Mi chiede come passo le mie giornate, gli chiedo come passa le sue.

In modo simile al tuo, mi dice.

Mi alzo alle 7, sono abituato così. Sai, noi militari...mia moglie, di solito, dorme ancora. Mi sbarbo, mi vesto, esco. Compro i giornali, faccio colazione al bar. Leggo le principali notizie. Proprio come te. Solo che, se è giorno feriale (sabato escluso), verso le 9 prendo il tram e vado a fare un paio di ore di attività sessuale.

Fa una pausa, sorbendo il cappuccino.

Sono sbalordito. Attività sessuale? dico. Complimenti! alla tua età! e... dimmi....dove? con chi?

Ma che hai capito! replica infastidito.

Vado a rompere i co***oni agli ex colleghi che sono ancora in servizio.

Mi alzo, lo saluto, me ne torno a casa.

La giornata non è più bella come prima. Sembra quasi...invecchiata, innanzi tempo.

La signora Viola se ne sta andando, ha finito le sue faccende.

Sor Avvocato, ha telefonato il sor Alfredo, mi dice. Ha detto che è andato al Mastro, e che la gelata dei giorni scorsi ha rovinato tutte le vigne. Ha detto che si è dimenticato di pagare l’assicurazione.

Mi sento improvvisamente molto stanco.

Arrivederla, sora Viola. Ci vediamo martedì.

Mi stendo sul canapé. Apro il giornale. C’è un titolo su sei colonne, caratteri cubitali. RUTELLI DICE: VINCEREMO!

Beato lui, penso. Beate le sue illusioni.

Il telefono suona, non rispondo. Non ne ho voglia.

E’ domenica, è una giornata di prima Primavera.

 

Suo: Goyassel La Zucca.

 

Ricevo e pubblico. La lettera di Goyassel La Zucca è molto diversa da quella, apocrifa, che io mi sono permesso di divulgare.

Non l’aveva presa bene.....questa seconda missiva appare certamente autentica. Se poi sia anch’essa apocrifa, non lo so: rimetto il caso al vostro giudizio e, soprattutto, a quello dell’ottimo Goyassel.

Spero che da ora in poi il nostro amico scenda dall’Aventino e torni a postare con l’entusiasmo e l’impeto minimalista di un tempo.

In ogni caso il nostro Salotto si arricchisce di un’altra perla, prova che è stata una buona idea istituirlo.....le lettere pervengono numerose, ma non tutte potranno essere pubblicate. Ad maiora!!!

 

Saluti a tutti!!

 

Zio Cirno.


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Pon84
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Inviato il 24 gennaio 2005 4:45

Decisamente... irresistibilmente... non lo so!! Non ci ho capito gran che... è a metà tra una presa in giro e uno spaccato di vita quotidiana e, non posso non dirlo, scritto con grande stile e un'ironia sottile ed evidente al tempo stesso. Insomma ripeto... decisamente... irresistibilmente... non lo so. Ma mi piace.


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Goyassel La Zucca
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Goyassel La Zucca
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Inviato il 08 febbraio 2005 17:40 Autore

II. Goyassel La Zucca visto da Cirno di Polipao

 

3) Dal Salotto dello Zio Cirno - Terza lettera (apocrifa) di Goyassel: dall'Oltretomba...

di Cirno di Polipao

 

Carissimo Zio,

 

La situazione in cui mi trovo è strana assai. Sono morto, e vi narrerò come, eppure dal limbo nel quale giaccio posso comunicare, posso leggere e scrivere, posso provare passioni umane se pur attutite dal distacco.

So bene che i malevoli insinuano che io sia stato un clone, di più: un personaggio fittizio creato per dar corpo alle frustrazioni ed alle aspirazioni mediatiche del mio presunto ed asserito autore.

Nulla di tutto ciò. Fui generato, non creato, a simiglianza di colui che mi dette i natali ma ora vivo di morte propria e posso provare emozioni mie, avere ricordi, rimpianti e desideri miei.

Ho soprattutto una missione da compiere, ma di ciò parlerò in seguito.

Cirno Polipaide, diletto tra i nemici miei, ti voglio raccontare ora, proprio in questo preciso momento, le ragioni ed il modo della mia dipartita.

Che ero, anzi sono, vecchio lo sai, ed è cosa usuale che i vecchi muoiano.

Tuttavia io avevo ancora fibra robusta ed alquanti anni da campare. Non era il mio momento, insomma.

Tutto avvenne lo scorso autunno, subito dopo la vendemmia. I miei vigneti avevano una volta tanto reso bene, e pagate le spese (inclusi i debiti di quel co***one di mio figlio Alfredo al quale più per rassegnazione che per fiducia ho affidato la conduzione dei miei poderi), mi era restata disponibile una modesta sommetta.

Decisi perciò di festeggiare invitando a cena le poche persone che saltuariamente si interessano di me: mio figlio Alfredo e sua moglie Luana, la mia fedele fantesca a ore Nicolazza (in funzione anche di cuoca), il locale Segretario del DS (col quale avevo fatto la pace dopo l’increscioso incidente della cucurbita e del letamaio), il farmacista dott. Facocero e il Segretario Comunale.

Avevo per l’occasione acceso il fuoco nel vecchio camino situato nel tinello della mia diroccata dimora: il fuoco diffondeva un chiarore soffuso, creando magiche ombre danzanti sulle parete scrostate.

L’illuminazione era romanticamente assicurata da alcune candele steariche (l’ENEL, alla quale avevo pur pagato le bollette arretrate, non aveva ancora riattivato il contatore).

Il menù era semplice e tradizionale. Abbondante vino dal mio feudo diletto, il Mastro Eugheneio, ribollita di pane casereccio (la Nicolazza si era procurata i necessari seccherelli in casa dei contadini ove lavorava come bracciante, sostenendo che le servivano per le galline), coscia di pecora al forno (il pastore sig. Cucuzza mi aveva donato una sua pecora defunta per incidente stradale) e per finire, torta sabbiosa (una specialità della Nicolazza, di ingestione particolarmente disagevole).

Finito che ebbimo di mangiare e prima della rituale partita a mercante in fiera, accesi la televisione alimentata a batteria (unico mio svago moderno assieme al vecchio computer Olivetti) per ascoltare le notizie.

Su Canale 5, c’era [...] quel tipo ambiguo dell’on. Vito che polemizzava con aria saccente cercando, con scarso successo, di rintuzzare talune giuste critiche avanzate dagli on.lì Rutelli e Violante circa, se ben ricordo, il conflitto di interessi e le 7 bugie elettorali.

Eravamo tutti disgustati, a parte la Nicolazza che come il solito non ne capiva una mazza (per far rima) e mio figlio Alberto, tutto intento ad estrarsi, con le dita, le filacce di carne di pecora che gli erano rimasti incastrate tra i denti guasti.

Rivolto a lui, per distoglierlo da quel disgustoso maneggìo, dissi a gran voce: “Alfredo, basta con Vito, son meglio la Quercia e l’Ulivo”. E spensi la TV.

La cena ebbe conseguenze funeste.

Durante la notte ebbi difficoltà di digestione, la pecora mi tornava su con rigurgiti continui. Dovete sapere, infatti, che soffro, anzi soffrivo, di ernia iatale.

Poi venne la febbre. Dovetti rimanere a letto per circa 20 giorni, con la Nicolazza che veniva ad assistermi quando poteva. Il medico condotto dr. Spirochetta, un fottuto democristiano del CDU, mi ordinò sali inglesi e due enteroclismi al sapone di Marsiglia che si rivelarono, invero, risolutivi.

Non appena mi sentii un po’ meglio, venne a trovarmi Alfredo.

Protestava di essere stato molto occupato e insisteva perché andassi a “vedere la sorpresa” che mi aveva preparata.

Mi schermii, forse presago di una catastrofe, ma alla fine dovetti cedere. Caricatomi sulla vecchia 600 multipla, Alfredo mi condusse al mio adorato podere Mastro Eugheneio.

Orrore. Tutte le buone vigne erano state estirpate, ed al loro posto erano stati piantati ulivi di seconda scelta (in un terreno dove mai l’ulivo aveva dato frutto) e quercioli intisichiti. Inutile dire che l’impianto di irrigazione, per il quale stavo pagando ancora il mutuo, era distrutto.

Sentii la vita sfuggirmi e le gambe piegarsi, mentre lo sciagurato Alfredo diceva tutto trionfante: Papà, ho fatto quello che hai ordinato tu, basta con i viti, molto meglio ulivo e quercia! Sono stato bravo?

Sprofondai in un pozzo senza fine, cadendo senza peso verso una luce fioca all’estremità del tunnel. Poi persi conoscenza.

Quando mi risvegliai, capii che ero morto. O almeno non più vivo: assolto dai bisogni corporali potevo (e posso) aggirarmi senza peso e senza essere scorto nei luoghi ove avevo vissuto. E’ notevole il fatto che posso scrivere, manovrare il PC, telefonare e, ovviamente, parlare ed emettere suoni vari. Di notte sento il bisogno di riposare, e mi rifugio, in soffitta, dentro un vecchio baule appartenuto a mio zio prete, ora felicemente defunto. Ero e sono insomma divenuto una sorta di ectoplasma telecinetico!

Mi sono chiesto il perché di tale situazione crepuscolare a metà tra morte e vita. La risposta mi è ora chiara nella mente, di una chiarezza assoluta e adamantina. Ho una missione da compiere.

Una missione che è insieme politica, etica e sociale. Chi me l’abbia conferita non so, ma è bruciante in me l’urgenza di assolverla.

Tutti i forumisti sanno che fui uomo di sinistra, dispregiatore di tutte le ideologie di destra e di colui che oggi le sostanzia nel nostro infelice Paese, intendo il Cavalier Silvio, proprietario di televisioni, capitali immensi e anime vendute.

Mi chiedevo, in vita, come mai gli italiani, dopo aver assaporato un lustro di buon governo dell’Ulivo, illuminato e capace di traghettarli in Europa, avessero potuto votare un governo di destra, dotandolo di una maggioranza parlamentare tale da poter fare il bello e, soprattutto, il cattivo tempo.

Il perché ora mi è palese, così come il rimedio. La mia missione è il predicarli, il rivelarli a tutti, con l’autorevolezza del soprannaturale.

Il punto di partenza è che un voto legittimo è tale in quanto diretto ad eleggere un governo buono; è illegittimo se inteso a stabilire un governo rio. Il principio fondamentale è che i voti si pesano, non si contano.

Discende da tali assunti, evidentemente dettatimi da un Forum trascendente, che il voto espresso dal corpo elettorale in occasione delle ultime elezioni politiche e regionali è ILLEGITTIMO!

Ne consegue altresì che i voti espressi in favore della coalizione di sinistra, essendo di gran lunga più pesanti di quelli espressi per la destra, anche se meno numerosi, valgono di più, e rappresentano la vera maggioranza.

Che si deve fare quando un governo illegittimo si impossessa del potere?

Abbatterlo, al più presto e con qualunque mezzo. Uomini, anzi Grandi Italiani ispirati e saggi, quali Rutelli, Fassino, Dalema, Castagnetti, Veltroni e tanti altri lo hanno ben compreso, ed hanno iniziato una nobile battaglia, in Parlamento, nelle Piazze, nelle Aule di Giustizia ed in ogni altra sede nazionale e internazionale per attingere tanto luminoso scopo.

Meritano più aiuto e sostegno.

Il tempo stringe. Il governo si trova alle prese con un rebus (per lui) insolubile: se non riforma pensioni e lavoro esce dall’Europa, se li riforma esce dall’Italia, scacciato dai Sindacati. Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, Cavalier Silvio!

Solo un legittimo Governo di Sinistra potrà sciogliere l’enigma.

Forza allora, uniamo gli sforzi per affrettare l’inevitabile crisi! La Sinistra deve andare al potere prima della naturale scadenza elettorale per varare una nuova legge specifica, che garantisca la necessaria, futura stabilità: i voti espressi per i partiti della coalizione di sinistra varranno il doppio.

Capito? Semplice e soprannaturale.

Dall’Aldiquà vi scrive il vostro devotissimo;

Avv. Goyassel La Zucca.

- - - - - -

 

Che dirvi, cari amici del Salotto? Una lettera siffatta non mi era ancora capitata. Cose…dell’altro mondo!!!

Un novello Messia virtuale ed ectoplasmico si è rivelato sotto le spoglie del buon Goyassel.

E’ egli veramente morto? Sono confuso, non so darmi una risposta. Tuttavia ciò che predica mi pare abbia già un certo riscontro sulla scena politica. E non solo politica.

I vostri commenti saranno pertanto opportuni e graditi.

Vostro Zio Cirno.

 

(s.d.)


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xaytar
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xaytar
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Inviato il 09 febbraio 2005 1:43

Mitico Goyassel!!! Veramente carini questi brani, fanno pure riflettere :figo:

 

(non voglio trasformarlo in un discorso politico, ma in effetti certe cose del governo farebbero trasformare in ectoplasmi o peggio...)


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