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LA NOTTE DI OSSIAN
G di GIL GALAD
creato il 12 aprile 2004

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Inviato il 12 aprile 2004 18:31 Autore

LA NOTTE di OSSIAN

 

 

I° CANTO

 

Trista è la notte, tenebrìa s'aduna,

Tingesi il cielo di color di morte:

Qui non si vede nè stella, nè luna,

Che metta il capo fuor dalle sue porte.

Torbido è 'l lago, e minaccia fortuna,

Odo il vento nel bosco a ruggir forte.

Giù dalla balza va scorrendo il rio

Con roco lamentevol mormorìo.

Su quell'alber colà, sopra quel tufo,

Che copre quella pietra sepolcrale,

Il lungo-urlante ed inamabil gufo

L'aer funesta col canto ferale.

Ve' ve':

Fosca forma la piaggia adombra:

Quella è un'ombra:

Striscia, sibila, vola via.

Per questa via

Tosto passar dovrà persona morta:

Quella meteora de' suoi passi è scorta.

Il can dalla capanna ulula e freme,

Il cervo geme - sul musco del monte,

L'arborea fronte - il vento gli percote;

Spesso ei si scuote - e si ricorca spesso.

Entro d'un fesso - il cavriol s'acquatta,

Tra l'ale appiatta - il francolin la testa.

Teme tempesta - ogni uccello, ogni belva;

Ciascun s'inselva - e sbucar non ardisce;

Solo stridisce - entro una nube ascoso

Gufo odioso;

E la volpe colà da quella pianta

Brulla di fronde

Con orrid'urli a' suoi strilli risponde.

Palpitante, ansante, tremante

Il peregrin

Va per sterpi, per bronchi, per spine,

Per rovine,

Chè ha smarrito il suo cammin.

Palude di qua,

Dirupi di là,

Teme i sassi, teme le grotte,

Teme l'ombre della notte;

Lungo il ruscello incespicando,

Brancolando

Ei strascina l'incerto suo piè.

Fiaccasi or questa or quella pianta,

Il sasso rotola, il ramo si schianta

L'aride lappole strascica il vento.

Ecco un'ombra, la veggo, la sento;

Trema di tutto, nè so di che.

Notte pregna di nembi e di venti,

Notte gravida d'urli e spaventi!

L'ombre mi volano a fronte e a tergo:

Aprimi, amico, il tuo notturno albergo.

 

II° CANTO

 

Sbuffa 'l vento, la pioggia precipitasi,

Atri spirti già strillano ed ululano,

Svelti i boschi dall'alto si rotolano,

Le fenestre pei colpi si stritolano.

Rugghia il fiume che torbido ingrossa:

Vuol varcarlo e non ha possa

L'affannato viator.

Udiste quello strido lamentevole?

Egli è travolto, ei muor.

La ventosa orrenda procella

Schianta i boschi, i sassi sfracella:

Già l'acqua straripa,

Si sfascia la ripa,

Tutto in un fascio la capra belante,

La vacca mugghiante,

La mansueta e la vorace fera

Porta la rapidissima bufera.

Nella capanna il cacciator si desta,

Solleva la testa,

Stordito, avviva il foco spento: intorno

Fumanti

Stillanti

Stangli i suoi veltri: egli di scope i spessi

Fessi riempie, e con terrore ascolta

Due gonfi rivi minacciar vicina

Alla capanna sua strage e rovina.

Là sul fianco di ripida rupe

Sta tremante l'errante pastor.

Una pianta sul capo risuona,

E l'orecchio gli assorda e rintrona

Il torrente col roco fragor.

Egli attende la Luna,

La Luna che risorga,

E alla capanna co' suoi rai lo scorga.

In tal notte atra e funesta

Sopra il turbo e la tempesta,

Sopra neri nugoloni

Vanno l'ombre a cavalcioni.

Pur è giocondo

Il lor canto sul vento:

Che d'altro mondo

Vien quel novo concento.

Ma già cessa la pioggia: odi che soffia

L'asciutto vento, l'onde

Si diguazzano ancora, ancor le porte

Sbattono: a mille a mille

Cadon gelate stille

Da quel tetto e da questo. Oh! oh! pur veggo

Stellato il cielo: ah che di nuovo intorno

Si raccoglie la pioggia; ah che di nuovo

L'occidente s'abbuja.

Tetra e' la notte e buja

L'aer di nembi è pregno:

Ricevetemi, amici, a voi ne vegno.

 

III° CANTO

 

Pur il vento imperversa, e pur ei strepita

Tra l'erbe della rupe: abeti svolvonsi

Dalle radici, e la capanna schiantasi.

Volan per l'aria le spezzate nuvole,

Le rosse stelle ad or ad or traspaiono,

Nunzia di morte l'orrida meteora

Fende co' raggi l'addensate tenebre.

Ecco posa sul monte: io veggo l'ispida

Vetta del giogo dirupato, e l'arida

Felce ravviso e l'atterrata quercia.

Ma chi è quel colà sotto quell'albero,

Prosteso in riva al lago

Colle vesti di morte?

L'onda si sbatte forte

Sulla scogliosa ripa, è d'acqua carca

La piccioletta barca:

Vanno e vengono i remi

Trasportati dall'onda

Ch'erra di scoglio in scoglio: oh! su quel sasso

Non siede una donzella?

Che fia? l'onda rotante

Rimira,

Sospira,

Misero l'amor suo! misero amante!

Ei di venir promise,

Ella adocchiò la barca,

Mentre il lago era chiaro: oh me dolente!

Oimè questo è 'l suo legno!

Oimè questi i suoi remi!

Questi sul vento i suoi sospiri estremi!

Ma già s'appresta

Nuova tempesta,

Neve in ciocca

Fiocca, fiocca,

Biancheggiano dei monti e cime e fianchi;

Sono i venti già stanchi,

Ma punge l'aria, ed è rigido il cielo:

Accoglietemi amici, io son di gelo.

 

IV° CANTO

 

Vedi notte, serena, lucente,

Pura, azzurra, stellata, ridente;

I venti fuggiro,

Le nubi svaniro,

Si fan gli arboscelli

Più verdi e più belli;

Gorgogliano i rivi

Più freschi, e più vivi;

Scintilla alla Luna

La tersa laguna.

Vedi notte, serena, lucente,

Pura, azzurra, stellata, ridente.

Veggo le piante rovesciate, veggo

I covoni che il vento aggira e scioglie,

Ed il cultor che intento

Si curva e li raccoglie.

Chi vien dalle porte( )

Oscure di morte,

Con piè pellegrin?

Chi vien così leve

Con vesta di neve,

Con candide braccia,

Vermiglia la faccia,

Brunetta il bel crin?

Questa è la figlia del signor sì bella,

Che pocanzi cadéo nel suo bel fiore.

Deh t'accosta, t'accosta, o verginella,

Lasciati vagheggiar, viso d'amore.

Ma già si move il vento, e la dilegua;

E vano è che cogli occhi altri la segua.

I venticelli spingono

Per la valle ristretta

La vaga nuvoletta:

Ella poggiando va;

Finchè ricopre il cielo

D'un candidetto velo,

Che più leggiadro il fa.

Vedi notte, serena, lucente,

Pura, azzurra, stellata, ridente.

Bella, notte, più gaja del giorno:

Addio, statevi amici, io non ritorno.

 

V° CANTO

 

La notte è cheta, ma spira spavento,

La Luna è mezzo tra le nubi ascosa:

Movesi il raggio pallido e va lento,

S'ode da lungi l'onda romorosa.

Mezza notte varcò, che 'l gallo io sento:

La buona moglie s'alza frettolosa,

E brancolando pel bujo s'apprende

Alla parete, e 'l suo foco raccende.

Il cacciator che già crede il mattino,

Chiama i suoi fidi cani, e più non bada;

Poggia sul colle, e fischia per cammino:

Colpo di vento la nube dirada;

Ei lo stellato aratro a sè vicino

Vede che fende la cerulea strada:

Oh, dice, egli è per tempo, ancora annotta

E s'addormenta sull'erbosa grotta.

Odi, odi!

Corre pel bosco il turbine,

E nella valle mormora

Un suon lugubre e stridulo;

Quest'è la formidabile

Armata degli spiriti,

Che tornano dall'aria.

Dietro il monte si cela la Luna

Mezzo pallida e mezzo bruna:

Scappa un raggio, e luccica ancora,

E un po' po' le vette colora:

Lunga dagli alberi scende l'ombra,

Tutto abbuja, tutto s'adombra:

Tutto è orrido, e pien di morte:

Amico, ah non tardar, schiudi le porte.

 

IL SIGNORE

 

Sia pur tetra la notte, ululi e strida

Per pioggia o per procella,

Senza luna, nè stella;

Volino l'ombre, e 'l peregrin ne tremi;

Imperversino i venti,

Rovinino i torrenti, errino intorno

Verdi-alate meteore; oppur la notte

Esca dalle sue grotte

Coronata di stelle, e senza velo

Rida limpido il cielo,

È lo stesso per me: l'ombra sen fugge

Dinanzi al vivo mattutino raggio,

Quando sgorga dal monte,

E fuor dalle sue nubi

Riede giojoso il giovinetto giorno:

Sol l'uom, come passò, non fa ritorno.

Ove son ora, o vati,

I duci antichi? ove i famosi regi?

Già della gloria lor passaro i lampi.

Sconosciuti, obliati

Giaccion coi nomi lor, coi fatti egregi,

E muti son delle lor pugne i campi.

Rado avvien ch'orma stampi

Il cacciator sulle muscose tombe,

Mal noti avanzi dagli eccelsi eroi.

Sì passerem pur noi; profondo oblio

C'involverà: cadrà prostesa alfine

Questa magion superba,

E i figli nostri tra l'arena e l'erba

Più non ravviseran le sue rovine.

E domandando andranno

A quei d'etade e di saper più gravi:

Dove sorgean le mura alte degli avi?

Sciolgansi i cantici,

L'arpa ritocchisi,

Le conche girino;

Alto sospendansi

Ben cento fiaccole;

Donzelle e giovani

La danza intreccino

Al lieto suon.

Cantore accostisi,

Il qual raccontimi

Le imprese celebri

Dei re magnanimi,

Dei duci nobili,

Che più non son.

Così passi la notte,

Finchè il mattin le nostre sale irraggi.

Allor sien pronti i destri

Giovani della caccia, e i cani, e gli archi.

Noi salirem sul colle, e per le selve

Andrem col corno a risvegliar le belve.


Gil Galad - Stella di radianza





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