Lo avrete sentito anche voi, pochi giorni fa è morta Inge Feltrinelli, da più parti definita a ragione "l'ultima grande regina dell'editoria" (l'altra era Elvira Sellerio), o "la rivoluzionaria dell'editoria", per le sue posizioni politiche mai nascoste (che comprare Feltrinelli significasse essere "di sinistra" non era un mistero per nessuno).
Da quasi tutte le parti emerge il ricordo di una grande donna, determinata e decisa, abile nel suo lavoro...da quasi tutte le parti: perché ci deve sempre essere chi "stecca nel coro", a torto o a ragione (più spesso a sproposito) e che, magari su basi reali, scatena un putiferio.
Si comincia con "Il Giornale", a firma di Alessandro Gnocchi:
Ieri la nostalgia si è impossessata dell'Italia. Nostalgia di Inge Feltrinelli, l'editrice morta giovedì scorso a 87 anni.
Nostalgia dei formidabili anni Sessanta e Settanta dei quali l'editrice è stata protagonista. Si spiegano così i servizi torrenziali in quasi tutti i Tg. Forse solo la dipartita di Giovanni Paolo II ha ottenuto una attenzione superiore (ma di poco). Sui giornali, pagine e pagine. Sfibranti coccodrilli di firme prestigiose che hanno intinto la penna nella melassa dei luoghi comuni. Inge era «la regina dell'editoria». La frase fatta è piaciuta così tanto da essere ripetuta in tutti i titoli dei telegiornali e dei quotidiani.
Per un giorno, i reduci del Sessantotto e dintorni si sono abbandonati senza ritegno alla celebrazione della propria giovinezza spacciata per l'epoca d'oro dell'Italia. Abbiamo così appreso quale fantastico momento siano stati gli anni Sessanta e Settanta. La ex meglio gioventù ha pianto Inge Feltrinelli ma ha anche approfittato della circostanza per tirare fuori dall'armadio il basco e l'eskimo. Ah, che rimpianto per i pomeriggi trascorsi sognando di combattere accanto a Ernesto Che Guevara in Bolivia e leggendo i manuali di guerriglia pubblicati da Feltrinelli. Ah, la personalità esuberante di Fidel Castro che gioca col pallone con Giangiacomo Feltrinelli mentre Cuba diventa un lager a cielo aperto. Ah, che bello vagare in bicicletta, senza pensieri, nella Pechino non ancora turistica dell'assassino Mao Tse Tung. Ah, che rammarico l'antifascismo duro e puro dei comunisti, noti paladini della libertà. E soprattutto che fascino i salotti della borghesia illuminata che abbracciava le cause rivoluzionarie, ponendo le basi per la propria estinzione. Proprio in quei salotti nacque Giovanni Leone: la carriera di un presidente di Camilla Cederna. Fu il grande bestseller della Feltrinelli di Inge nel 1978. L'inchiesta sul presidente della Repubblica era esplosiva. Leone fu costretto a dimettersi. Era pura diffamazione, come accertarono i magistrati in tutti i gradi di giudizio, ma perché ricordarlo? Il terrorismo rosso, le sprangate, i gambizzati, le esecuzioni, le bombe: per un giorno tutto dimenticato. Chi è nato all'inizio degli anni Settanta ha il cadavere di Aldo Moro, trucidato dalle Brigate Rosse, tra i primi ricordi del mondo oltre la porta di casa. Ma perché rovinare una bella storia con la verità?
Insomma, è stata una celebrazione conformista di un periodo che appare dominato dal conformismo. Anche la teoria delirante della superiorità antropologica della sinistra affonda le radici in questa melma che ha trascinato giù il Paese. Quegli anni ci lasciano in eredità una cultura italiana ridotta all'irrilevanza per assenza di dibattito; l'istruzione mediocre, dalle elementari alle università; un'editoria poco interessata al pluralismo delle opinioni; e uno stuolo di rivoluzionari in pantofole, che spesso lavorano per lo Stato. Ma non volevano abbatterlo? No, volevano occuparlo. Per sempre.
E non è neppure il peggio che si scrive...visto che i soliti leoni da tastiera l'accusano di essere stata una "schifosa che fomentava odio", che "sarà ricordata per il suo sprezzante ghigno tipico delle donne sinistre", la "vedova di un terrorista"...nonché di essere stata una "squallida ebrea" (bella quest'ultima: sei colpevole di essere nato questo o quello, come se lo avessi scelto tu...)
Peraltro, su yahoo si ricorda come "nel salotto Feltrinelli" si fosse brindato a champagne alla notizia dell'attentato ad Indro Montanelli....senza citare la fonte che afferma una cosa simile.
Andiamo con ordine su alcune cose, almeno?
Che piaccia o meno, Inge Schontal in Feltrinelli è stata una gran donna.
Premesso che non era colpa sua essere nata da un padre di origine ebrea (ma già non ebreo lui), questa sua condizione le era costata prima l'espulsione dal ginnasio di Goettingen, e poi la fuga e l'esilio in Olanda (più fortunata di Anna Frank, il suo non essere ebrea le permise di sopravvivere e non essere neppure arrestata). Lei e suo marito Giangiacomo avevano idee di sinistra, certo; e Giangiacomo morì mentre si apprestava a far saltare un traliccio proprio per dimostrare che anche loro, pur essendo ricchi, erano rivoluzionari disposti ad atti estremi (ed a pagarli, nel suo caso con la vita...). Erano gli anni '50 e '60, ossia quando la politica era qualcosa che correva sotto pelle, e gli scontri una cosa frequente; chi non si schierava era chiamato vigliacco, e che gli intellettuali tirassero a sinistra non era poi così strano, se si tiene conto che l'ombra lunga del fascismo faceva ancora paura. Anche l'Einaudi era una casa editrice schierata a sinistra.
Per tacere del fatto che Montanelli non era precisamente quello stinco di santo che si pretende, né l'intellettuale integerrimo e tutto d'un pezzo...anzi, su di lui ci sarebbe parecchio da dire, sui suoi cambi di bandiera ed'idea dimenticando i precedenti...
Con tutto ciò, si può negare che Inge Feltrinelli sia stata un'imprenditrice capace e di successo? La sua casa editrice è, a tutt'oggi, forse l'unica che sopravviva ancora in mano ai fondatori ed agli eredi diretti, e senza aver stretto alleanze o compiuto fusioni con altre...vorrà dire qualcosa?
E allora, perché bisogna sempre trovare il modo di dare addosso a qualcuno, o di mescolare sacro e profano?
Non ci si mette d' accordo sui vivi.. Figuriamoci con i morti. Alla fine dopo una vita di scontro politico tra una parte e l' altra ognuno rimane della sua idea e alla fine non è nemmeno obbligatorio o doveroso celebrare l' avversario. Ognuno continuerà a raccontare la sua opinione su inge feltrinelli durante gli anni. A destra se ne fregheranno altamente di ricordarla e a sinistra continueranno a celebrarla. Il resto del mondo andrà avanti lo stesso.