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La questione meridionale ancora oggi
A di Aegon il mediocre
creato il 21 agosto 2018

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Aegon il mediocre
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Inviato il 21 agosto 2018 16:43 Autore

 

"Se al Nord c'è la cassa integrazione, al Sud ci deve essere la pensione di invalidità"

 

Con questa provocatoria osservazione, nel 1984, Ciriaco De Mita si esprimeva circa l'intervento statale nella questione meridionale. (Ed il signore aveva allora vasta esperienza della macchina statale, degli interventi a favore del meridione e di sistema clientelare.)

 

Analizzando questa frase ad effetto si osserva una dicotomia che consente di evidenziare rapidamente il divario che nell'opinione pubblica separa le due aree geografiche.

  • Cassa integrazione: Ad un territorio viene attribuito un ammortizzatore sociale atto a tutelare le retribuzioni dei lavoratori ed i posti di lavoro in situazioni di sofferenza aziendale. I presupposti sono: esistenza di posti di lavoro, volontà di mantenere la continuità aziendale, intervento statale coerente e trasparente.
  • Pensione di invalidità: All'altro viene ricondotto uno strumento assistenzialista del perimetro della previdenza, istituito per garantire il sostentamento di una particolare categoria. I presupposti sono: esborso da parte della fiscalità collettiva, sostegno alla sopravvivenza individuale e alla domanda da consumo interno, impiego di uno strumento mirato in sostituzione di misure generali contro la povertà inefficienti.

 

Da un lato si ha la lubrificazione di un meccanismo in grado di camminare sulle proprie gambe, dall'alto il tentativo di rattoppare un barcone in perenne affanno con sistemi piuttosto "punk" e al limite (spesso varcato) della legalità , laddove le misure strutturali ed i progetti di lungo termine hanno sistematicamente prodotto risultati insufficienti.

 

Si parla di questione meridionale fin dall'unità d'Italia e la rincorsa del Sud al livello di sviluppo del Nord, che non è mai cessata, era un tratto del raggiungimento dell'unità nazionale.

Da allora ad oggi si sono susseguiti provvedimenti, investimenti, ministeri e commissioni ad hoc, ma sembra che il traguardo sia ancora lontano.

 

30 anni dopo la frase di De Mita, Carlo Cottarelli segnalava al governo Renzi che le pensioni di accompagnamento in alcune regioni meridionali erano erogate ad una percentuale di persone abbondantemente sopra la media nazionale. Percentuali dovute principalmente ad un maggiore tasso di non autosufficienza, solito presentarsi in aree a minore grado di istruzione e di sviluppo economico. Lo stesso Cottarelli segnalava inoltre che il fenomeno è associato al distorto uso delle prestazioni di invalidità civile che viene fatto al Sud, in veste di ammortizzatore sociale, in alternativa ad efficaci politiche di contrasto della povertà.

Il centro studi Itinerari Previdenziali, nel suo report per il bilancio del sistema previdenziale del 2016 (il più recente disponibile), fornisce, tra le altre cose, dati circa le prestazioni di invalidità civile (pensione e accompagnamento). Il 52% delle prestazioni è destinato al meridione, il 18% al centro, il 30% al Nord. Considerando la popolazione delle tre aree il dato è più informativo: al Nord è erogata una prestazione ogni 100 abitanti, al Centro 1 ogni 69,7 e al Sud una ogni 43 persone. 

 

Nello stesso rapporto è possibile vedere che alcune casse previdenziali non sono solite fornire dati, tipo quella dei deputati, dei senatori etc.. e tipo quella dei dipendenti della Regione Sicilia. Leggendo questa cosa, personalmente non trovo nulla di male, ma percepisco quel retrogusto di opacità e scarsa trasparenza che mi richiama alla mente i vari scandali per forestali, falsi invalidi, doppie triple indennità, insomma tutto quel circo che ha consentito ai media di alimentare l'immagine di un Meridione piuttosto ballerino e furbettino nei confronti delle casse della cosa pubblica. Non ne voglio parlare sennò finisco il post tra un mese, ma facciamo che ci siamo capiti. 

 

Dal Rapporto annuale 2018 dell'ISTAT circa l'anno precedente si evince che il tasso di disoccupazione al Sud (19,4%) è il triplo di quello del Nord (6,4%) e circa il doppio di quello del centro (10%). L'occupazione si è attestata al 66,7% al Nord, al 62,8% nel centro, al 44% al Sud.

Anche nell'uscita dalla crisi si notano due velocità differenti. Mentre Centro e Nord raggiungono e superano i livelli di occupazione del 2008, il Sud resta indietro del -4,8%, pur vedendo crescere il proprio PIL (discorso disuguaglianze e distribuzione reddito, sorvolo).

Mentre al Nord la quota di valore aggiunto realizzata nell'industria è pressoché al livello di quello della Germania (25,7%), al Sud sta al 12%. Viceversa il 29 % del valore aggiunto meridionale proviene da settori non di mercato (difesa, istruzione, sanità, pubblica amministrazione), mentre al Nord è il 16 %. 

In pratica il Sud lavora molto per lo Stato, o ribaltando la prospettiva è lo Stato che dà parecchio da lavorare al Sud. Tipo sul sito del Ministero della difesa leggo ora che il 71% del personale dell'esercito italiano proviene da Meridione ed Isole.

 

Senza contare l'asimmetria della qualità dei servizi, a partire dalla sanità (mi ricordo del caso emblematico di un oncologo del Pascale di Napoli fattosi operare a Milano per un tumore alla prostata). Un altro dato interessante in cui mi sono imbattuto è che chi nasce in Calabria o Sicilia ad esempio ha una prospettiva di vita fino a 4 anni inferiore rispetto a chi nasce a Nord.

 

 

Dati e spunti per andare a parare nell'inizio di questo topic. Visto che potrebbe avere confini molto larghi, cerco di restringerli adducendo qualche quesito indicativo.

So bene che toccherebbe partire dal Regno delle due Sicilie, ma proviamo a restare il più possibile vicini al presente o comunque agli ultimi decenni

 

Ad oggi:

  • Quali ritenete essere i motivi che non hanno ancora permesso al Sud di uniformarsi al Centro-Nord (includo il centro per abbassare l'asticella) in termini di sviluppo, servizi e prospettive per i propri abitanti?
  • Cosa pensate dell'intervento statale teso a colmare il gap? Necessario o ininfluente? Sincero o propagandistico? Troppo o poco?  (piani di sviluppo, incentivi, investimenti, opere, peso della pubblica amministrazione etc...) 
  • Vi è una matrice culturale che ancora oggi separa Nord e Sud?
  • Quali ritenete siano i punti su cui fare leva? (economici, sociali, enti locali, governo centrale...)

 

Ovviamente non propongo un questionario, ma solo spunti di riflessione.

 


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" Sono io la tempesta, mio lord. La prima tempesta e l'ultima "

 

Volevo essere il re del mare, ma all'anagrafe sbagliarono una lettera

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Mar
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Inviato il 28 agosto 2018 17:55

« Che esista una questione meridionale, nel significato economico e politico della parola, nessuno più mette in dubbio. C'è fra il nord e il sud della penisola una grande sproporzione nel campo delle attività umane, nella intensità della vita collettiva, nella misura e nel genere della produzione, e, quindi, per gl'intimi legami che corrono tra il benessere e l'anima di un popolo, anche una profonda diversità fra le consuetudini, le tradizioni, il mondo intellettuale e morale. »

(Giustino Fortunato)
 

 

Potrei offrire come spunto di riflessione una certa prospettiva di davvero ampio respiro, ma lo dico fin da subito non posso in alcun modo rispettare questa indicazione   " So bene che toccherebbe partire dal Regno delle due Sicilie, ma proviamo a restare il più possibile vicini al presente o comunque agli ultimi decenni "  se voglio che il mio discorso abbia un minimo filo e un senso.
 
Prima di tutto alcune considerazioni, forse banali o forse le uniche ancore in un mare di relativismo, per inquadrare il fenomeno storicizzandolo e comparandolo.
 
Punto 1 : 
Per almeno 1 millennio il così detto "Sud" (d'Italia, d'Europa) è stato il luogo più avanzato al mondo; in quell'epoca (diciamo dal VII sec. a.c.), lungo le coste campane, siciliane, pugliesi, greche (senza dimenticare altri luoghi oggi funestati da miseria, instabilità ecc. come le coste nord Africane e il corso del Nilo, la Mesopotamia) si sono sviluppate e hanno dominato alcune delle civiltà più importanti della Storia. Per secoli e migliaia di anni mentre il non plus ultra dell'umanità aveva il suo fulcro lungo le coste mediterranee (ok si, al pari della Cina), nelle attuali aree più ricche e prospere (nord Europa, nord America), non c'erano altro che cacciatori seminomadi ricoperti di pellicce che vivevano su palafitte in mezzo al fango. Dico questo per avere una visione il più possibile completa delle vicissitudini umane, variando le condizioni variano le necessità. Ad esempio uno dei fondamentali bisogni di ogni comunità umana è sempre stata l'acqua e questo difficilmente cambierà ma nel campo dello sfruttamento energetico i cambiamenti si sono fatti sempre più rapidi, se nell'epoca delle civiltà classiche e per svariati secoli era indispensabile la manodopera degli schiavi, nel xix secolo lo è stato il carbone, nel XX secolo il petrolio, nel xxi l'energia nucleare, nel xxii magari sarà la manodopera dei robot, o le alghe dell'oceano o la roccia lunare...

Punto 2 : 
Qualche tempo fa nel topic sulle (presunte) Incongruenze Tecnologiche in ASOIAF sostenevo che il progresso e lo sviluppo non è quasi mai stato uniforme nel tempo e nello spazio. Come dicevo, a situazioni (o cause) diverse corrispondono realtà(o conseguenze) differenti. Ora, la disparità tra una data area X e una Y non è affatto questione solo italiana, o europea, ma mondiale (con tutte le motivazioni e specifiche del caso). Le grandi città, sia che si tratti di Babilonia, Atene, Roma antica che Londra o New York, hanno sempre attratto le popolazioni dalle campagne (ben prima delle rivoluzioni industriali e della conseguente necessità di avere contadini convertiti in masse di operai). La migrazione da aree più "depresse" verso zone più favorevoli è una costante in natura, forse una delle caratteristiche umane per antonomasia. La verità è che l'eccezione sarebbe proprio riscontrare un livello omogeneo, diffuso di benessere (o malessere); al contrario un certo gap è sempre stato assolutamente naturale così nel passato come nel presente alle più diverse forme di organizzazione umana. Limitatamente al giorno d'oggi, se negli attuali "mega stati" (federali ecc) come Usa, Cina, Russia, Brasile, Canada &co è scontato trovare contesti molto vari tra loro, anche in Paesi a noi molto simili e vicini le cose vanno allo stesso modo. La ricca Germania ha il suo personale "Sud" nei lander orientali dell'ex DDR ; l'UE ha una questione (sud)orientale nell'integrazione delle economie dei paesi un tempo oppressi dall'Urss e il Patto di Varsavia.
 
Punto 3 :
Il Nord Italia, la Pianura Padana, il bacino idrografico del Po è un'area geografica molto simile climaticamente, fisicamente, urbanisticamente a specifiche regioni avanzate d'Europa. Penso ad esempio alle terre bagnate dal corso del Reno, quindi la Francia orientale, i Paesi Bassi, la Germania occidentale. Di conseguenza anche sotto altri aspetti (la demografia, l'industrializzazione, ecc) ci sono forti somiglianze. Mi spingerei fino a dire che il Piemonte, Torino e il Po appena nato sono la versione italiana della Baviera (anch'essa ai "piedi dei monti"), di Monaco (anch'essa terza città per importanza del Paese) e del Danubio (il fiume più importante della Regione). La Lombardia è la Renania Settentr.-Vestfalia (densità simile, 400 vs 500 ab/km2), l'hinterland milanese è la Ruhr. Venezia ovviamente è Amsterdam. Il Sud Italia d'altro canto ha caratteristiche molto diverse, più simile alle penisole e isole greche o al limite a quella iberica, anche in questo caso climaticamente, morfologicamente eccetera (corsi d'acqua dalla portata irregolare, territorio attraversato da rilievi collinari semi desertici). Proprio con queste zone condivide i principali indicatori economici (pil, reddito pro capite, tasso di disoccup.).
 
 

Ok, ma allora la locuzione "Questione Meridionale" ? 

Indica, nella storiografia italiana, la situazione di difficoltà del Mezzogiorno rispetto alle altre regioni del Paese e il conseguente dibattito circa le ragioni che avrebbero determinato e, con il trascorrere del tempo, aggravato tale situazione di sottosviluppo economico e sociale fin dal costituirsi dello Stato unitario (inevitabilmente, per esserci una questione nord/sud, deve esserci la coesistenza di entrambi sotto lo stesso tetto) e tornata poi in voga esattamente 1 secolo dopo, col boom economico degli anni 60 del 900 . Il divario si estende anche a molti aspetti socio-culturali che investono i più diversi argomenti e comportamenti sociali nella penisola. L'origine delle differenze è controversa, ma Gramsci individuava in esse la massima contraddizione storica e sociale del paeseTuttavia qualora esistesse una spiegazione definitiva, la sua interpretazione varierebbe e vale lo stesso per una soluzione, a causa delle relative implicazioni ideologiche e politiche. Con tale rompicapo si sono confrontati studiosi di ogni tipo (italiani e stranieri, liberali e marxisti ecc.), tante Italie differenti (Monarchica, Fascista, Prima Rep., Seconda Rep.) e negli anni si è provato di tutto (interventi diretti e indiretti dello Stato, tra finanziamenti e agevolazioni o incentivi, tra assistenza e promozione, leggi speciali ad hoc, "grandi opere").

 

Bisognerebbe approfondire ognuna delle complesse vicende che hanno caratterizzato i 160 anni di Italia unita, qui elencate in maniera sintetica:

  • Nell'immediatezza post-Unitaria si procedette alla "Piemontesizzazione" (nel campo fiscale, commerciale, amministrativo, penale e civile) della Penisola ma conseguenza fu scaricare una pressione (non solo economica) insostenibile per le arretrate realtà meridionali. Ad esempio ignorando la povertà delle campagne o lo stato delle infrastrutture, furono imposte tasse superiori a quanto il territorio potesse pagare. Oltretutto la partecipazione al voto era per censo, quindi i deputati del Sud rappresentarono più spesso le istanze dei proprietari terrieri latifondisti che della popolazione . Doveva ancora nascere una riflessione organica sui problemi strutturali alla base delle differenza (Meridionalismo).
     
  • Il peggioramento delle condizioni di vita e la disillusione portarono al fenomeno passato alla storia come Brigantaggio (comunque già endemico), che assunse i connotati di una vera e propria guerra civile (prima di quella del 1943-1945). Lo Stato italiano impiegò circa 120.000 soldati per la repressione (con n. di morti superiore a quello delle 3 guerre d'indipendenza), "vincendo" al prezzo di una tendenziale estraneità e ostilità allo Stato che si sarebbe ancor più radicata nel Mezzogiorno
  • I contrasti (latenti già al termine del 1860-61, aggravatisi dopo l'annessione di Roma e la nascita dell'Impero Tedesco di Bismarck e Guglielmo a scapito di Napoleone III, 1870-71 e  infiammati ulteriormente da interessi coloniali contrastanti in Tunisia ) che portarono a una vera e propria guerra economica con la Francia – maggiore cliente del Meridione agrario di allora – inflissero un duro colpo all’agricoltura e in quegli anni ('80 dell'800) la reazione alle nuove condizioni economiche e sociali del Mezzogiorno produsse un movimento emigratorio torrenziale.
    N.B. non si arresta nemmeno nell'attualità il notevole spostamento di laureati e professionisti meridionali,  emigrazione intellettuale che impoverisce ulteriormente il substrato sociale e culturale delle regioni meridionali
     
  • Ci si mise anche il Protezionismo, per salvaguardare la nascente industria nazionale (al Nord,) a danno delle esportazioni agricole (del sud); teniamo conto che l'Italia è un Paese di seconda industrializzazione e la mancanza di materie prime (ferro e carbone) ne ha rallentato lo sviluppo industriale. 
  • Durante la 1a Guerra Mondiale il relativo sviluppo del Nord, fondato sull'industria, venne favorito dalle commesse belliche, mentre al Sud il richiamo alle armi dei giovani lasciò di fatto nell'incuria i campi.
     
  • Nel Ventennio Fascista gli investimenti furono distribuiti secondo criteri volti a produrre o consolidare il consenso verso il regime e nel contempo, a non ledere gli interessi di quei ceti, latifondisti e piccolo-borghesi, che costituivano lo zoccolo duro del fascismo nel Meridione. La Mafia non fu del tutto sradicata, tanto che si alleò con gli Anglo-Americani durante la 2a Guerra Mondiale fornendo informazioni strategiche e legittimazione morale agli invasori in cambio del controllo civile del sud Italia. 
     
  • Nel Dopoguerra, quando il Governo si ritrovò a prendere provvedimenti legislativi o a negoziare accordi internazionali in ambito economico (ad es. col Belgio, manodopera in cambio di materia prima), l'attenzione si diresse ancora alle industrie del Nord. Senza beneficiare le Regioni d'origine dei minatori emigrati, essendo le fabbriche prevalentemente ubicate nelle aree settentrionali della Nazione.
  • Durante la Prima Repubblica i Governi destinarono fondi allo sviluppo del Mezzogiorno (Cassa del Mezzogiorno) e la mafia investì i propri proventi illeciti in attività legali. Ma tali movimenti finirono, rispettivamente, a dirottare denaro pubblico e a riciclare i proventi di crimini, non a finanziare imprese produttive e spesso gli investimenti statali vennero utilizzati male (ricorso a prassi clientelari nelle assunzioni, nessuna enfasi sulla produttività, corruzione). Queste pratiche malsane, dette "assistenzialistiche", ebbero come conseguenza la profonda alterazione delle leggi di mercato e l'aborto di ogni possibile sviluppo economico delle aree più depresse del paese. I capitali privati italiani di base evitavano il Sud, considerando che ogni investimento effettuato in chiave produttiva, non sovvenzionato dallo Stato, fosse destinato alla perdita.

    Con la crisi istituzionale dei primi anni '90, si ebbe l
    a grande diffusione al Nord di tendenze revisionistiche dell’unità nazionale, determinando una comprensione assai inferiore, se non una ripulsa delle esigenze del Mezzogiorno, visto come scaturigine ed emblema dei ‘mali’ in cui era precipitato il sistema politico italiano. Ovviamente ignorando del tutto i grandi sacrifici del Meridione e la fondamentale importanza dei cittadini meridionali stessi in favore e per la prosperità del Nord.
     
  • Nel Presente, ancora vari problemi strutturali impediscono un deciso progresso economico: la carenza d'infrastrutture, i ritardi della P.A., l'emigrazione di tanti giovani, l'infiltrazione della malavita organizzata. Anche l'UE finanzia progetti a carattere sociale, ecologico o culturale, ma queste iniziative non sono di natura tale da creare meccanismi di autofinanziamento e "produzione di ricchezza" (direbbe Piero Angela). Spesso questi fondi non vengono neanche sfruttati (!) perchè i progetti non sono presentati proprio, o non lo sono nei termini e nelle modalità indicate.

"Nel 21° sec., era della globalizzazione, dei mercati interdipendenti, dell’economia della conoscenza, l’ottica necessariamente si allarga e nello stesso tempo si fa più selettiva. Da una parte, i mercati di riferimento non sono più quelli locali o nazionali, ma il mercato europeo e la sua apertura verso l’Est e verso il Mediterraneo. Dall’altra, le logiche dello sviluppo possibile sono sempre più strettamente intrecciate al territorio, alla valorizzazione delle energie endogene, alla nascita e alla crescita dei distretti, alla messa in rete – reti imprenditoriali e istituzionali, reti di fiducia – delle iniziative. Si fa strada un meridionalismo nuovo, pragmatico, meno dirigista e più attento alle peculiarità positive che il Sud può esprimere, alle potenzialità che, fra luci e ombre, la società civile meridionale manifesta. Si rifiuta l’idea che il Mezzogiorno abbia bisogno di politiche ‘speciali’. Si sostiene invece che servono modulazioni territoriali, non solo per il Sud, di una coerente politica nazionale, in un’Italia che fa parte, per la scelta europea, di un insieme più vasto, con vincoli e con opportunità, e che, per la sua posizione geografica, è un ponte naturale fra l’Europa e il Mediterraneo."
(Treccani)


 

Passando al dibattito sulla Questione, si possono grossomodo distinguere tre approcci storiografici principali, che ricalcano a grandi linee dibattiti ideologici e politici più ampi. Nessuno dei 3 comunque è esente da punti deboli e contraddizioni, nè l'eventuale verità di uno esclude totalmente gli altri due, i confini sono più sfumati di quanto si pensi.
  • L'interpretazione deterministica "tutto ha una causa, niente è casuale", vede nella demografia e nella geografia del sud le origini, spesso insormontabili, della povertà nella quale si trova il Meridione.  Filosoficamente il determinismo è quella concezione per cui in natura nulla avviene per caso, invece tutto accade secondo ragione e necessità. Ontologicamente indica il dominio della necessità causale in senso assoluto e nega quindi nel contempo l'esistenza del caso.
    Punto debole : pur essendo una teoria fondata sulla "oggettiva" realtà fisica (come fai a negare ciò che è?) ignora totalmente implicazioni etiche e morali. Infatti è facilmente strumentalizzabile (dal razzista di turno) e portata agli estremi conduce dritta dritta a tesi come l'inferiorità genetica delle popolazioni del sud Italia. Anche l'estremo opposto non è il massimo, essendo interpretabile come la massima causa di giustificazione per l'apatia e l'ignavia
    N.B.  Esiste anche la tesi secondo cui l'arretratezza del meridione sarebbe dovuta al cosiddetto familismo amorale, un tipo di società basata su una concezione estremizzata dei legami familiari, che va a danno della capacità di associarsi e dell'interesse collettivo

 

  • La storiografia "moderna", proposta a partire dai vari Gramsci e Salvemini (il persistere della miseria come componente essenziale del capitalismo, basato sulle dualità sfruttatore - sfruttato, sviluppo - sottosviluppo, anche su base geografica.) tende a valorizzare l'originalità del Sud e ad attribuirne l'impoverimento alle politiche perseguite dal nuovo Stato Unitario. Si sostiene che
    prima dell'Unità non ci fossero sostanziali differenze economiche tra Sud e Nord e che la q. m. emerse durante il processo di formazione e di assestamento del mercato nazionale. Essa, con i suoi vizi d'origine, acquistò un'acutezza sempre maggiore nel corso dello sviluppo capitalistico dell'economia italiana, complicandosi a mano a mano di nuovi fattori sociali e politici.
    Punti deboli : Primo, tanto per iniziare ha il solito difetto interpretativo marxista di attribuire all'avvento del Comunismo e del Capitalismo ogni bene o ogni male possibile, come se prima di allora l'esistenza dell'uomo fosse stata dominata da tutt'altre logiche.
    Secondo, deresponsabilizza la "vittima" essendo di fatto un capro espiatorio , attribuisce all’Unità i mali del Mezzogiorno, ed è un classico per un Popolo (tutto quello italiano eh) assuefatto nel corso dei secoli alla costante dominazione straniera; solito miraggio nostalgico del "si stava meglio quando si stava peggio".  Per giunta questa tesi revisionista, che vedrebbe il Sud ostile ai Savoia dopo l'Unità, non spiega il fatto che durante il referendum Monarchia / Repubblica del 1946, fu proprio il Sud a votare a grande maggioranza in favore della Monarchia Sabauda, e che per oltre un ventennio i Partiti Monarchici ottennero consensi soprattutto nel Meridione . Ancora, la teoria dello sviluppo del Nord a danno del Sud, in particolare il fatto che il cosiddetto triangolo industriale “Torino-Milano-Genova” si sarebbe sviluppato economicamente sottraendo risorse al Meridione, non spiega come le province del Nord-Est e dell'Italia Centrale si siano sviluppate economicamente nel tempo in maniera prossima o superiore ad alcune aree industriali del suddetto triangolo.
    Terzo,  lo stesso Gramsci attribuì il manifestarsi della Questione meridionale principalmente ai molti secoli di diversa storia dell'Italia meridionale : 

    « La nuova Italia aveva trovato in condizioni assolutamente antitetiche i due tronconi della penisola, meridionale e settentrionale, che si riunivano dopo più di mille anni.
    L'invasione longobarda aveva spezzato definitivamente l'unità creata da Roma, e nel Settentrione i Comuni avevano dato un impulso speciale alla storia, mentre nel Mezzogiorno il regno degli Svevi, degli Angiò, di Spagna e dei Borboni ne avevano dato un altro.
    Da una parte la tradizione di una certa autonomia aveva creato una borghesia audace e piena di iniziative, ed esisteva una organizzazione economica simile a quella degli altri Stati d'Europa, propizia allo svolgersi ulteriore del capitalismo e dell'industria.
    Nell'altra le paterne amministrazioni di Spagna e dei Borboni nulla avevano creato: la borghesia non esisteva, l'agricoltura era primitiva e non bastava neppure a soddisfare il mercato locale; non strade, non porti, non utilizzazione delle poche acque che la regione, per la sua speciale conformazione geologica, possedeva.

    L'unificazione pose in intimo contatto le due parti della penisola. »


     
  • La storiografia classica ; nl sito istituzionale per il 150° dell'Unità è esposta la tesi del "divario di partenza".Tale corrente maggioritaria sostiene che le differenze tra le diverse aree della Penisola fossero già nette al momento dell'Unità: l'agricoltura intensiva della pianura Padana, l'impulso alla costruzione di strade e ferrovie del Piemonte, e il ruolo del commercio e della finanza vengono contrapposti all'impostazione simil-feudale che caratterizzava il Regno delle Due Sicilie, basata su livelli inferiori di tasse e basse spese per le infrastrutture, la proprietà della terra concentrata tra pochi possidenti che la tenevano a latifondo, o improduttivamente controllata dalla Chiesa, con una produzione di grano sufficiente al solo autoconsumo. Ne gli aristocratici avevano interesse a investire nel migliorare le tecniche produttive o in colture più redditizi. Le infrastrutture assolutamente scarse (pare che la sola Lombardia avesse il doppio dei km di ferrovie rispetto all'intero Sud); le spese dello Stato Borbonico erano rivolte in stragrande maggioranza alla Corte od alle forze armate, incaricate di proteggere la ristrettissima casta dominante del regno, lasciando pochissimo agli investimenti per opere pubbliche, sanità ed istruzione. In altre parole "se poco chiedeva ai suoi sudditi, pochissimo spendeva per essi e questo pochissimo spendeva anche male…”. Le cause del problema meridionale derivano dalle numerose vicende politiche e socio-economiche attraverso le quali il Meridione è passato nei secoli: la mancanza di un periodo comunale, suscitatore di energie spirituali e produttive; la persistenza di monarchie straniere incapaci di creare uno stato moderno; il dominio plurisecolare di un baronaggio detentore di tutti i privilegi; la persistenza del latifondo; la quasi sistematica alleanza tra monarchie straniere e nobiltà sulla base del mantenimento del regime feudale; essa, oltre ad alimentare i privilegi di classe, determinò una mentalità statica, un'atmosfera di servilismo che contribuì molto all'ignoranza e alla miseria del popolo, impedì la formazione di una borghesia attiva, intraprendente creatrice di ricchezza ed animatrice di nuove forme di vita politica.
    Punto debole : in questo caso l'esatto opposto della tesi precedente; forte della pesante verità storica alle proprie spalle, non menziona lo sfruttamento e il trattamento di favore del Nord rispetto al Sud e così facendo non smentisce affatto le critiche a quanto accaduto nell'era dell'Italia unita.

 


A margine, segnalo questi due articoli del Sole 24 Ore : 


Disoccupazione  "Nord Est come la Germania, il resto della penisola come Spagna e Grecia. Lombardia e Veneto formano i confini di quella fetta d’Italia che viaggia con le regioni europee in cui c’è più lavoro. Per il resto, siamo fermi alla Garlic Belt. Ovvero la fascia dell’aglio, a rappresentare quei Paesi che ne fanno un ingrediente fondamentale della loro cucina." 
 

Tav e non solo: servono infrastrutture per crescere discorso valido per il Settentrione, figuriamoci per il Sud. Tante cifre e paragoni interessanti.

"It may be a reflection on human nature, that such devices should be necessary to control the abuses of government. But what is government itself, but the greatest of all reflections on human nature? If men were angels, no government would be necessary. If angels were to govern men, neither external nor internal controls on government would be necessary. In framing a government which is to be administered by men over men, the great difficulty lies in this: you must first enable the government to control the governed; and in the next place oblige it to control itself".

Federalist No. 51, The Structure of the Government Must Furnish the Proper Checks and Balances Between the Different Departments, in The Federalist Papers, a collection of essays written in favour of the new Constitution as agreed upon by the Federal Convention, September 17, 1787

Alexander Hamilton, James Madison, John Jay

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sharingan
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sharingan
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Inviato il 28 agosto 2018 20:41

Intanto complimenti a @Mar per l'analisi storica, schematica ed esaustiva allo stesso tempo ed utile a dare spunti di riflessione sui quali ragionare.

 

La grande difficoltà nell'affrontare un dibattito di questo tipo risiede nel rischio di cadere nelle semplificazioni politiche di comodo che si intrecciano a revisionismi e alterazioni provenienti da più parti che non hanno di certo facilitato una serena analisi storiografica.

 

Inizialmente gli storici post-risorgimentali e la classe dirigente legata alla corte sabauda avevano tutto l'interesse a presentare il Risorgimento come un evento epocale e semplicissimo da leggere: ci sono dei buoni che liberano degli oppressi soggiogati da dei cattivi. I buoni sono i piementosi, i sovrani sardi e tutto il pantheon degli eroi risorgimentali; gli oppressi sono tutti i popoli che sono costretti malgrado a vivere sotto l'autorità di un sovrano straniero; i cattivi tutti i monarchi stranieri che sfruttano le povere genti italiche. Questa impostazione ha sostanzialmente retto fino alla caduta del Regno d'Italia ed è stata poi riveduta e corretta in era repubblicana: i miti risorgimentali non venivano più messi in discussione ma venivano piuttosto depotenziati, posti sullo sfondo rispetto ai nuovi miti della Resistenza. Il nuovo Stato non poteva cancellare del tutto quello vecchio ma doveva comunque dare l'idea di essere qualcosa di nuovo e migliore; al massimo si cercavano di salvare quei personaggi del Risorgimento che potevano in qualche modo essere associabili ideologicamente alla Liberazione (Garibaldi, Mazzini).

 

In questo contesto il Sud è sempre stato il punto più ostico e delicato, anche perchè quello con il maggior numero di contraddizioni sia interne, sia rispetto al resto dello Stato.

 

Grossomodo i governanti italiani (settentrionali e meridionali) hanno deciso di gestire il Mezzogiorno in questo modo: sostegno ai potentati locali in cambio di una sorta di pax meridionalis. Lo Stato italiano, conscio di non essere in grado di controllare questo territorio con metodi ordinari (e nemmeno con quelli straordinari) sceglie consapevolmente di attuare una sorta di voto di scambio su larga scala che implica l'assegnazione di denaro (gestito da potentati locali) in cambio di voti per il partito che assicura queste elargizioni. Questo sistema è passato pressochè indenne a tutte le fasi della storia italiana, assumendo varie forme sia legali che criminali.

 

Da qui escono anche le due interpretazioni più estreme, che sono poi le più rozze e meno ragionate, quelle con una finalità politica talmente evidente da stupire come possano essere credute e che relego al rango di fake news:

 

1) Meridione più povero perchè inferiore per natura/indole --> è il refrain che per buona parte della sua storia è stato il fulcro dell'ideologia leghista. L'Italia non cresce perchè c'è una parte parassitaria (parassitaria per indole) che la tiene bloccata.

 

2) Meridione più povero perchè da sempre vessato dal nord predatore --> seppur al sud non sia mai esistito qualcosa di analogo alla Lega Nord, questa convinzione è ben più radicata ed estesa dei 3-4 simpatizzanti neoborbonici che si trovano in rete. Si tratta di una concezione uguale e contraria a quella leghista (esiste anche il razzismo anti-settentrionale) che ha la controindicazione di fornire al cittadino meridionale una sorta di perenne alibi e crea a sua volta lo stereotipo autoavverante del meridionale lamentoso che chiede sempre soldi allo stato.

 

Le ipotesi per cui si sia verificato tutto questo sono state ben esposte sopra e in definitiva non credo esista una risposta finale che spieghi tutto con completezza.

 

Quello che ho notato a livello socio-politico è questo. Gli stati moderni occidentali si basano tutti sul concetto di democrazia rappresentativa; io elettore voto un partito x o un candidato x il quale (se vincitore) andrà poi in un Parlamento nazionale e potrà o non potrà fare anche i miei interessi. Il parlamentare quindi  rappresenta la cittadinanza elettrice, porta alla discussione alcune istanze che stanno a cuore ad una determinata comunità, ma non ha in alcun modo il potere di tradurre con assoluta certezza il voto ricevuto in un bene concreto, nè può farlo per ogni singolo elettore del suo seggio elettorale. L'elettore dovrà quindi sperare che aver votato il partito x o il candidato x gli porti generici benefici che in qualche modo possano essere positivi anche per il singolo elettore. 

 

Al di sotto di Roma però mi pare che vi sia una certa difficoltà ad introiettare del tutto il sistema della democrazia liberale e si rimane per certi versi in una sorta di limbo democratico-aristocratico, dove il cittadino-elettore sente maggior fiducia nel capobastone di turno, colui che controlla il territorio e che, grazie a questa sua azione, potrà più efficacemente soddisfare il singolo interesse della singola comunità. Il rapporto elettore-eletto qui non è più impersonale ma diventa quasi un rapporto familiare-familistico basato sul do ut des. Questo spiega per esempio come un politico come Mastella, in un'epoca dominata dall'iconoclastia verso i vecchi  politici, riesca tutt'oggi ad esercitare quel pezzetto di potere locale (ma di esempi se ne potrebbero fare a centinaia).

 

In sostanza, è come se il sud non abbia mai del tutto accettato la transizione tra l'Antico Regime/Stato feudale e la democrazia liberale e lo Stato non abbia nemmeno fatto più di tanto per modificare questo. L'alleanza con i potentati di turno, che altro non sono che delle vestigia distorte di un'era antica, continua a essere la modalità preferita per governare il Mezzogiorno con poche eccezioni alla regola. La Mafia ne rappresenta l'estremo peggiore, la politica clientelare quello istituzionale. 


 

« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »

 

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Inviato il 31 agosto 2018 18:43

Visto che i contributi che mi hanno preceduto si sono soffermati principalmente sull’analisi storica del problema e visto che non credo avrei granché da aggiungere in merito, preferisco partire dall’analisi odierna del problema. Del resto, è questa la realtà che dobbiamo affrontare e su cui riflettere primariamente, per quanto l’analisi sulle dinamiche passate possa essere utile a identificare le cause e fare una riflessione di più ampio respiro, in seconda battuta. Certo non dobbiamo neanche perderci in essa (e non sto dicendo che non sia rilevante!). Gli aspetti storici possono sicuramente guidarci nell’inquadrare l’evoluzione della questione, ma altresì va riconosciuto che l’evoluzione è un continuo divenire e può significativamente modificare le dinamiche nel tempo. Come ci ricorda Questo articolo di alcuni mesi fa del Sole 24 ore, il dualismo Nord-Sud di un tempo si è modificato, configurando il Nord in maniera più omogenea e quindi limando le differenze che intercorrono tra l’area occidentale e orientale ed estendendosi in molte aree del centro. 

 

Quindi un buon modo per osservare qual è la realtà del divario tra Centro-Nord e Sud credo sia partire dal rapport annuale dello Svimez, che illustra la situazione del triennio 2015-17 con riferimenti anche alla situazione pre-crisi (Qua trovate il materiale per maggiore approfondimento). Per chi legge non dirò niente di nuovo, visto che le anticipazioni di questo studio sono già state presentate nel corso del mese dai maggiori quotidiani nazionali.
I dati di questo studio mostrano un lato positivo, ovverosia che nel triennio in questione la crescita economica delle due aree è stata simile, quindi il tessuto produttivo del Sud dimostra una certa resilienza e capacità di performance. Questi risultati sono dovuti essenzialmente agli investimenti privati perché con la crisi e le politiche di austerity sono venuti meno i fondi pubblici. Senza questi e in vista della situazione economica mondiale di questo anno e del successivo, la capacità di ripresa del Sud è considerata a rischio: nonostante la ripresa non sono stati ristabiliti i livelli pre-crisi che vanno quindi ad acuire il gap pre-esistente tra le due zone.
Il generico trend di ripresa del Sud, al suo stesso interno ha una certa eterogeneità. C’è anche da rilevare che la buona performance del settore edilizio, trainata particolarmente da Puglia e Calabria, risente anche dell’effetto da conclusione programma quadro europeo dove si spende tutto ciò che resta per non doverlo restituire al mittente, e che le buone performance relative al turismo risentono anche della situazione geopolitica del Mediterraneo. L’analisi va fatta nell’ambiente reale, però va considerato che ogni programma quadro è settennale e che non ci si possa auspicare criticità nel Mediterraneo perché giovano al turismo nazionale. Nelle isole, ha un certo peso sulla performance l’esportazione di prodotti da raffinazione petrolifera. E sappiamo quanto questo tipo di industria possa portare occupazione ma apra una serie di problematiche sui territori in cui questa si insedia. Mi viene in mente la Saras di Sarroch: una realtà che crea impiego ma nella cui area sono state riscontrate anche dall’ISS percentuali di leucemie e patologie tumorali ben sopra la media dell’intera regione. 
Sud ma non solo Sud. La disomogeneità nella ripresa si rileva essere estesa anche ad alcune regioni del Centro, quali l’Umbria e le Marche.
Rispondendo, dunque, a una delle domande poste da Aegon, sembra evidente che sia necessario un intervento statale che è mancato negli ultimi decenni e che, al momento continua a mancare. C’è bisogno di riprendere a fare politiche serie e pianificate nel tempo con un’ottica che guardi alle peculiarità delle diverse zone, non in ottica propagandistica, ma in ottica pro-attiva con obiettivi chiari e misurabili. 
-->   Qua ci accorgiamo di un primo problema: quale parte politica possa avere l’interesse di caricarsi la responsabilità di impostare dei programmi che vadano oltre il tempo di governo e quindi i cui risultati saranno poi goduti da una squadra diversa?
E, secondariamente, quale squadra diversa saprà prendersi carico della responsabilità di portare avanti programmi iniziati da governi precedenti, invece di distinguersi con la solita operazione di rottura e ribaltamento dalle politiche precedenti per poter poi strumentalizzare l’esperienza precedente?
Il tutto ovviamente in un quadro storico governativo in cui i governi durano fino ad un massimo di 5 anni, ma è un attimo che cadono o si rimpastano.
Infine, in questo momento storico, è apprezzabile, se non altro dal punto di vista dell’immagine, l’istituzione di un Ministro per il Sud, ma si dovranno vedere i fatti, come le istanze a cui dovranno rispondere i 5S per il Sud sapranno coniugarsi alle istanze che la Lega porterà avanti per il Nord, nell’auspicio che ci siano personaggi in grado di farne una sintesi - hegelianamente parlando. Non nego un certo scetticismo.

 

Passando poi all’aspetto sociale, un tratto drammatico della situazione del Meridione investe la questione occupazionale ed il divario tra diritti e servizi rispetto al resto del paese. Per quanto l’occupazione abbia una debole crescita, questa non è sufficiente a raggiungere nuovamente i livelli pre-crisi e si contraddistingue come crescita di lavoro precario. 
Un ulteriore dato allarmante è la stratificazione per età dei lavoratori al Sud: l’incremento degli occupati riguarda la fascia over 55. A differenza del noto film, si può dire che il Mezzogiorno non è un paese – passatemelo – per giovani.
Infine, la crescita del lavoro a bassa retribuzione, qualificazione e part time involontario, oltre alla disoccupazione stessa, hanno innalzato sia i livelli di povertà, sia contribuito ad alimentare la categoria dei cosiddetti working poors.
-->   L’analisi di questo triennio ci dice che la contribuzione, per avere efficacia, deve essere attuata in un tempo lungo come misura certa su cui le aziende possano instaurare una strategia, non nell’ottica della riconferma annuale com’è avvenuta. Altrimenti sono preferibili altri tipi di misure che assicurino una stabilità su cui basare delle strategie.
-->    Non si può ignorare che, a questo risultato, abbiano contribuito le politiche instaurate a partire dal Governo Monti, quali la Legge Fornero, lo stop al turnover nelle PA, la diminuzione dei fondi pubblici per ricerca ed istruzione. Nonostante queste decisioni avessero anche delle ragioni fondanti all’epoca, non è peregrino iniziare un discorso che porti a loro modifiche, o misure altre che portino ad un’inversione della rotta.
-->    Anche ripensare alla direzione intrapresa attraverso le significative modifiche alla regolamentazione del mondo del lavoro iniziate a partire dalla Legge Biagi in avanti potrebbe non essere un male, visto che, a livello più generale e nazionale, il dualismo occupazionale ha origine in questo processo.

 

Per quanto riguarda i servizi e i diritti, a livello socio-assistenziale per l’infanzia, anziani, e disabili, e più in generale la sanità stessa, le prestazioni arrivano a essere sotto lo standard minimo nazionale, arrivando a causare un’emigrazione sanitaria da regioni in cui questa è a livelli insoddisfacenti (e.g. Calabria, Campania, Sicilia) verso regioni più performanti (e.g. Lombardia, Emilia-Romagna). Come ho probabilmente già ribadito in altri topic, pensare che la casualità del luogo di nascita all’interno di uno stesso paese esponga i vari soggetti a una maggiore/minore aspettativa di vita o di riuscita delle cure per una stessa malattia è sconcertante, oltre alle spese aggiuntive che il solo spostamento verso realtà più serie implica. Lo stesso divario di prestazione tra Centro-Nord e Sud investe anche il resto dei servizi erogati dal pubblico impiego.
Il divario spazia poi anche alle infrastrutture. Basti pensare alla qualità della rete stradale, o alla frequenza dei trasporti pubblici. Per esulare dalle statistiche e fare un piccolo excursus di realtà, per quanto non si dovrebbe confondere la percezione soggettiva con l’oggettività di una statistica, a mio modestissimo avviso, l’idea di pagare un pedaggio per qualsiasi autostrada al di sotto di Bologna mi causa del disagio interiore. Stessa cosa se penso alle possibilità di mobilità che un cittadino di un paese di una regione nel Centro-Nord ha (una corsa ogni ora od ogni due ore verso il capoluogo di provincia e tutte le fermate annesse e connesse è solitamente prevista), contro quelle di un cittadino residente in un paese del Sud (una corsa al mattino presto, una a metà giornata per gli studenti – se va bene -, e una il tardo pomeriggio per chi lavora).
-->    L’intervento statale centralizzato ma poi declinato diversamente e magari pure controllato seriamente nei vari territori in questo caso mi sembra più che dovuto sia per migliorare le condizioni dei cittadini, sia per incentivare le attività produttive che in assenza di infrastrutture e servizi vedranno nel territorio poca attrattiva. In casi come questi, credo che non si possa non concordare con quegli intellettuali che, nel tempo, hanno ritenuto che una situazione del genere si sia venuta a creare perché fosse confacente a degli interessi nel tempo. E ovviamente non sto parlando del Nord cattivo. Qua si può inserire il discorso storico della borghesia locale parassitaria che vive alle spalle della restante popolazione e distorce i vari servizi in senso clientelare non sempre nei confini della legalità. 


Una tale situazione sociale contribuisce a creare quell’implosione demografica che caratterizza in generale tutta l’Italia e, in particolare, il Sud. Il saldo demografico è negativo. Ovviamente, in assenza di servizi all’infanzia e alla genitorialità (e non parlo assolutamente del bonus bebé che ritengo essere uno specchietto per le allodole), chi approccia la questione con serietà, pondera bene l’opportunità di generare in questo tipo di ambiente. Inoltre, in presenza di un tale ambiente occupazionale e in assenza di elementari servizi e diritti per cui le tasse vengono comunque pagate, non stupisce che la popolazione cerchi una miglior sorte nelle regioni più a Nord, se non all’estero. Né stupisce che anche gli immigrati mostrino questo stesso trend. Ovviamente, la popolazione composta dalle fasce più anziane e meno pesante all’interno del sistema Italia si farà poi portatrice di interessi che innescano il famoso processo “cane che si mangia la coda”, a meno di un intervento esterno che riequilibri la situazione.


"And now at last it comes. You will give me the Ring freely! In place of the Dark Lord you will set up a Queen. And I shall not be dark, but beautiful and terrible as the Morning and the Night! Fair as the Sea and the Sun and the Snow upon the Mountain! Dreadful as the Storm and the Lightning! Stronger than the foundations of the earth. All shall love me and despair!”

 

She lifted up her hand and from the ring that she wore there issued a great light that illuminated her alone and left all else dark. She stood before Frodo seeming now tall beyond measurement, and beautiful beyond enduring, terrible and worshipful. Then she let her hand fall, and the light faded, and suddenly she laughed again, and lo! she was shrunken: a slender elf-woman, clad in simple white, whose gentle voice was soft and sad.

 

“I pass the test”, she said. “I will diminish, and go into the West and remain Galadriel.”

 

***

 

"A ruler needs a good head and a true heart," she famously told the king. "A cock is not essential. If your Grace truly believes that women lack the wit to rule, plainly you have no further need of me." And thus Queen Alysanne departed King's Landing and flew to Dragonstone on her dragon Silverwing. [...] The queen died of a wasting illness in 100 AC, at the age of four-and-sixty, still insisting that her granddaughter Rhaenys and her children had been unfairly cheated of their rights. "The boy in the belly," the unborn child who had been the subject of so much debate, proved to be a girl when born in 93 AC. Her mother named her Laena. The next year, Rhaenys gave her a brother Laenor. 

 

 

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