Buongiorno barrieristi filosofi frequentatori di Approdo! Vorrei qualche parere su una questione che mi sembrava scontata la prima volta che l'ho sentita, ma che già dopo un paio d'ore mi ha fatto venire parecchi dubbi.
Post lungo lo so, ma cerco di spiegare bene quello che vorrei trovare nelle risposte.
Allora, per la seconda volta in questi mesi mi è arrivato l'invito a iscrivermi a Plastic Radar di Greenpeace; immagino sappiate tutti di cosa si parla: in pratica un invito a chiunque abbia uno smartphone (quindi a chiunque) a contribuire ad un database di 'avvistamenti' di rifiuti (nello specifico plastica) in mare. Con prova fotografica.
L'iniziativa è confermata (all'inizio pensavo ad una bufala o ad una sparata pubblicitaria). Il programmino sembra anche ben fatto, invitante, facile da usare. Il costo-dati di spedire una fotografia è ormai irrisorio: è una cosa che potrebbe prendere piede facilmente.
La mia risposta a questi inviti 'non sono sicura' mi ha guadagnato occhiate perplesse: 'ma come, a te che piace il mare!' ^^'
Ora, il problema della plastica in mare è grave, anzi gravissimo, e finalmente ce ne siamo accorti. Scommetto che qualunque persona minimamente informata qui dentro ha pulito una spiaggia almeno una volta, firmato petizioni per multe maggiori a chi butta rifiuti in acqua, smesso di lanciare i resti dell'aperitivo dalla scogliera anni fa e, si spera, cominciato a portarsi dietro borracce riusabili invece di bottigliette da abbandonare.
Però questa iniziativa non chiede a ciascuno di limitare il consumo di plastica. Non chiede a ciascuno di usare quanta plastica vuole ma buttarla tutta nel cassonetto (occhio, l'iniziativa sarebbe concentrata sulla plastica monouso e non riciclabile, anche se le modalità di partecipazione imho non permettono di distinguere).
Non chiede nemmeno di trovare il coraggio di denunciare chi butta plastica in mare, se ne incontra.
Chiede esplicitamente di segnalare il produttore di questa plastica. Se la foto inviata non mostra benissimo il marchio sul rifiuto la segnalazione non vale.
In sostanza, quando e se ci saranno abbastanza 'prove', l'azione finale dovrebbe essere agire contro, diciamo, la Coca Cola ... perchè sono state raccolte 273618746387238 fotografie di bottiglie di Coca Cola in acqua. Non ho capito bene che azione nemmeno a rileggere tutti i comunicati: crociata mediatica (*) forse, ma non è quello che mi interessa di più.
Come dire: io singolo non sono capace di vivere civilmente. Io collettività non sono capace di costringere questo singolo a vivere civilmente. Quindi agisco dove sono capace, su un soggetto che non è non astratto ma nemmeno una persona, e lo faccio anche se forse non è lì la responsabilità.
E' giusto?
E' mai stato fatto in altri contesti? Se si, ha mai funzionato? Con che danni e benefici, e per chi?
E' la nostra ultima possibilità per limitare un tipo di reato che obbiettivamente è piuttosto difficile da ascrivere ai veri responsabili?
Forse è sbagliata la premessa che la responsabilità sia tutta del singolo che inquina, e non anche di chi crea la possibilità di inquinare?
Morale ed efficacia a parte, che conseguenze psicologiche ha, secondo voi, il fatto stesso di spedire queste foto? E' un incentivo alla condivisione compulsiva sui social, come i like di 'supporto' ai post indignati sulle notizie tristi?
E' possibile che dopo aver doverosamente spedito quattro foto di bottiglie di plastica ... la persona che le ha fotografate si senta in pace con la coscienza, convinta di aver risolto il problema, e si dimentichi di raccoglierle (personalmente si, penso che sia possibile)?
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(*)
Lo spirito di questa iniziativa è legata esplicitamente a quest'altra: Nei mesi scorsi Greenpeace ha lanciato una petizione (no-plastica.greenpeace.it), sottoscritta da più di un milione di persone in tutto il mondo, in cui si chiede ai grandi marchi come Coca-Cola, Pepsi, Nestlé, Unilever, Procter & Gamble, McDonald’s e Starbucks di ridurre drasticamente l’utilizzo di contenitori e imballaggi in plastica monouso.
Questa iniziativa ha senz'altro lo scopo di raccogliere abbastanza materiale per documentare l'entità del danno raggiunto dalla troppa plastica che non viene smaltita come si dovrebbe fare. A cercare di spiegare come e perchè sia importante riciclare la plastica e perchè non la si debba abbandonare dove capita lo spiegano già comuni, vari enti pubblici, le aziende per lo smaltimento dei rifiuti, e questo in caso non basti il comune buonsenso. E a denunciare chi inquina e sporca, quello rispecchia il senso civico di ognuno.
4 hours fa, Neshira dice:Chiede esplicitamente di segnalare il produttore di questa plastica. Se la foto inviata non mostra benissimo il marchio sul rifiuto la segnalazione non vale.
Questa cosa mi lascia un pò perplesso. Se la cosa vuole "svergognare" i grandi marchi circa la quantità di plastica che utilizzano può anche avere un senso, anche se ormai quasi tutte le aziende, grandi e meno grandi sono impegnate da qualche anno ad utilizzare sempre meno plastica nei loro imballaggi e contenitori in favore di materiali biodegradabili. E comunque, non è la Coca Cola che prende e butta la bottiglia vuota per terra, su una spiaggia, in mezzo ad un bosco (discariche vere e proprie anche quelle, qui dalle mie parte fino a pochi anni fa era una disperazione, in certe zone).
4 hours fa, Neshira dice:E' giusto?
E' mai stato fatto in altri contesti? Se si, ha mai funzionato? Con che danni e benefici, e per chi?
E' la nostra ultima possibilità per limitare un tipo di reato che obbiettivamente è piuttosto difficile da ascrivere ai veri responsabili?
Forse è sbagliata la premessa che la responsabilità sia tutta del singolo che inquina, e non anche di chi crea la possibilità di inquinare?
Giusto, non lo so, efficace francamente ne dubito.
Sono anni che vediamo le campagne pubblicitarie e di sensibilizzazione più disparate, ma non mi pare che il problema dell'inquinamento sia in fase di risoluzione o di diminuzione. Vediamo foto e dati su vere e proprie isole fatte di plastica che "viaggiano" negli oceani, di animali morti intossicati o feriti da detriti e/o sostante sversate nell'ambiente, per non parlare dei rischi che corriamo noi umani. Ma il problema la maggior parte delle persone non lo vede finchè non lo sperimenta di persona, in qualche modo. E cambiare atteggiamento anche dopo l'esperienza non è sempre scontato.
Chi sporca e chi "permette" di sporcare hanno ciascuno una parte di colpa, anche se il singolo e la collettività che formano i singoli fanno la parte maggiore.
Iniziative di questo tipo non credo possano servire a granchè, sfortunatamente. Ma premiarle con la partecipazione credo sia comunque una cosa da fare.
Come detto, è una iniziativa con luci e ombre. Sicuramente fare pressione sui produttori perché usino sempre meno materiali non riciclabili/riusabili è meritorio, ma effettivamente d'altra parte potrebbe avere una funzione autoassolutoria sull'utilizzatore finale [cit. Ghedini] di tale plastica.
Se quella plastica esiste può anche essere colpa di Coca Cola, ma se finisce nella pancia di una tartaruga sicuramente no. E iniziative del genere forse fanno perdere di vista questa seconda parte del messaggio.
Sono completamente d'accordo. Anzi, aggiungo che mi sembra piuttosto pretestuoso.
Penso che, anche se più lungo, lavorare sulla coscienza collettiva sia più produttivo e meritorio. E' la domanda che genera l'offerta. Oggi più che mai. Ci sono tante aziende che stanno lavorando in ottica di economia circolare, riduzione di packaging realizzati con derivati dal petrolio, recupero delle materie prime riutilizzabili dai prodotti esausti ecc. Lo fanno per coscienza propria, ma anche perché i consumatori sono più sensibili rispetto a questo tema e presto, aver fatto o meno determinate scelte, per un'azienda potrebbe fare la differenza sul mercato.
In teoria come iniziativa non avrebbe senso.
Non è il produttore dell'imballaggio o chi lo impiega per confezionare a buttare plastica in giro. Sarebbe questione di inciviltà.
In pratica trovo la cosa utile, perché se venisse impiegata la documentazione ottenuta in una pubblicazione, vedere principalmente alcuni marchi tra i rifiuti potrebbe produrre un danno di immagine e stimolare le imprese a non usare plastica.
Come dire, noi inquiniamo ma poi ci indigniamo nel vedere le isole di plastica e ce la pigliamo col produttore.
Non so quanto sia lecito, ma secondo me potrebbe ottenere effetti positivi.
" Sono io la tempesta, mio lord. La prima tempesta e l'ultima "
Volevo essere il re del mare, ma all'anagrafe sbagliarono una lettera