La notizia è apparsa su diversi giornali e approfondita da più parti, provo qui a dare una sintesi per quanto sono riuscito a capirne (correggete le castronerie che sicuramente ci saranno) perché il tema di fondo che ne emerge è di portata immensa.
Alcuni giorni fa il Guardian e il New York Times hanno pubblicato un'inchiesta in cui si dimostra un uso quantomeno "scorretto" di dati raccolti da Facebook da parte dell'azienda Cambridge Analytica.
Questa azienda è specializzata nella raccolta e nell'analisi di big data estrapolati da Facebook: i like che mettono, dove li mettono, quanti ne mettono, i commenti che lasciano, a quali post, eccetera. Il tutto conduce poi alla realizzazione di profili psicometrici delle persone, tanto più precisi quanto maggiore è la mole di dati analizzata.
A questo si aggiunge il fatto che la società ha acquistato da altre società di data & information brokering l'accesso ad altri dati di tracciatura digitale provenienti dagli altri colossi del settore informatico, tipo Google o Amazon; parliamo quindi delle ricerche fatte in rete, gli acquisti, e via dicendo. Malgrado spesso queste informazioni siano vendute in forma aggregata o comunque anonima per ottemperare alle norme sulla privacy, vi sono ormai algoritmi statistici che consentono di tracciare profili abbastanza precisi a livello di singolo individuo.
Per dirla con le parole del creatore dell'algoritmo, Michal Kosinski, nel suo paper Computer-based personality judgments are more accurate than those made by humans copubblicato con Wu Youyou and David Stillwell:
CitaHow accurate is the computer, given an average person? Our recent estimate of an average number of Likes per individual is 227 (95% CI = 224, 230),‡ and the expected computer accuracy for this number of Likes equals r = 0.56. This accuracy is significantly better than that of an average human judge (z = 3.68, P < 0.001) and comparable with an average spouse, the best of human judges (r = 0.58, z = −1.68, P = 0.09). The peak computer performance observed in this study reached r = 0.66 for participants with more than 500 Likes.
Questa la presentazione della sezione commerciale del sito:
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Questa la presentazione della sezione politica del sito:
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Cambridge Analytica è stata fondata nel 2013 dal miliardario statunitense Robert Mercer, da sempre attivista politico nella destra americana (oltre 30 milioni di dollari di finanziamenti al GOP dal 2006), e uno dei principali finanziatori, nonché per un certo tempo vicepresidente, di questa società è Steve Bannon, consigliere e stratega elettorale di Donald Trump durante la campagna elettorale presidenziale 2016.
L'attività politica - intesa come di servizio a candidati che hanno deciso di avvalersi delle sue analisi - di Cambridge Analytica è ben documentata sulla sua pagina Wikipedia, si passa da svariate tornate elettorali americane, al referendum sulla Brexit, a diverse attività in Sud America, Europa, Asia e Africa.
Facciamo ora un passo di lato. Nel 2014 un ricercatore dell'università di Cambridge, Aleksandr Kogan, lanciò un'app, thisisyourdigitallife. Questa app consentiva di raccogliere dati sulle proprie azioni in rete, e costruire modelli previsionali del proprio comportamento. Una sorta di giochino "quanto ti conosci bene?". thisisyourdigitallife prevedeva il Facebook login: invece che creare un'identità specifica per la app, questa accettava le credenziali di autenticazione di Facebook. L'iscrizione era gratuita in senso monetario, ma in realtà veniva "pagata" nel senso che si acconsentiva irrevocabilmente a consegnare all'app una serie di dati personali salvati su Facebook. Ovviamente tali dati erano ben presentati nella schermata di accettazione delle condizioni.
Nel 2014, tuttavia, tra le condizioni di utilizzo c'era anche il fatto che facendo una simile operazione si consegnavano alla app anche i dati dei propri contatti, senza che questi ne fossero in alcun modo messi a conoscenza. Anche questo era nella schermata di accettazione delle condizioni, ma relegato in un angolino. Solo dopo diverso tempo Facebook rimosse questa possibilità, ritenendola troppo invasiva, ma nel frattempo Kogan riuscì a entrare in possesso dei dati dei suoi 300.000 iscritti e di tutte le loro reti di amici. I due quotidiani hanno stimato circa 50 milioni di persone coinvolte, anche se c'è chi ritiene queste valutazioni eccessive.
Il nocciolo dell'inchiesta arriva ora: violando i termini d'uso dei dati del proprio contratto con Facebook, Kogan vendette l'immensa mole di dati raccolta alla Cambridge Analytica. Facebook infatti non consente la condivisione dei dati raccolti con terze parti, pena la cancellazione immediata dell'account (oltre a eventuali azioni legali che però non riguardano tanto Facebook quanto gli utenti "truffati"), e per aziende che fanno della raccolta dati il loro business la cancellazione dell'account è una condanna a morte.
Nel caso della Cambridge Analityca, questa cancellazione, questa chiusura dei rubinetti, è arrivata in modo molto, troppo tardivo. Sospettosamente tardivo, a quanto pare. Secondo la fonte del Guardian, l'ex dipendente di Cambridge Analytica Christopher Wylie, almeno due anni. Nota di colore, Wylie è stato bannato da Facebook.
Facebook, in modo un po' infantile, ha fatto pressioni sui due quotidiani pregando/intimando di non usare la parola falla nella ricostruzione degli eventi; se però di baco informatico non si può parlare, il baco nelle condizioni d'uso c'era eccome, per non parlare della sospensione tardiva degli attori coinvolti in questa brutta storia.
Non voglio qui discutere di Trump o della Brexit, ma proprio di queste "falle".
Facebook ha scelto di fare business sull'uso dei dati personali dei propri iscritti, ma dimostra di non poter esercitare alcun controllo sull'uso di tali dati, e anzi di agire in maniera svogliata e ritardataria quando si tratta di chiudere determinati rubinetti.
E nell'attimo in cui società come Cambridge Analytica smettono di essere semplici raccoglitori di dati ad uso commerciale o elettorale, ma a loro volta iniziano a immettere dati su Facebook, dati opportunamente tarati per suscitare determinate reazioni - reali o fake news che siano - si ritrovano tra le mani un potere immenso.
E qui passiamo al tema finale: il modello di marketing del surveillance capitalism è sbarcato in politica, sollevando un vespaio di implicazioni etiche.
Il concetto di fondo è: se io posso interpretare il tuo pensiero, lo posso influenzare. Se lo posso influenzare, vinco le elezioni. Il tutto ad un livello molto più capillare e pervasivo rispetto ai comizi nelle piazze di pochi decenni fa. Possiamo quindi ancora parlare di democrazia?
E come uscire da una situazione del genere?
Soluzioni legali in termini di abuso di posizione dominante per i giganti della rete? Maggior tutela dei dati personali?
Soluzioni infrastrutturali, legati a ripensare internet in modo più congruo al suo spirito originario di rete decentrata?
Soluzioni sociali, tornando al buon vecchio Gramsci e alla sua educazione delle masse?
Non ho seguito la vicenda (in genere di FB non mi interessa granché) e considerato che neppure di politica mi interessa granché e che mi reputo abbastanza bravo ad intuire le bufale (fino ad ora lo sono stato, perlomeno) fatico un pó a capire su due piedi la gravitá della cosa. Perlomeno nel mondo occidentale.
Alla fin fine, si é reso piú potente e mirata la capacitá dei politici di abbindolare le persone. Un cinico potrebbe dire che é ció che fanno i politici, dopo tutto, e che se la democrazia ha retto alla stampa compiacente/corrotta, alla radio, alla tv (e noi qui qualcosa ne sappiamo) e ad internet 2.0 (e anche qui ne sappiamo qualcosa), sopravviverá anche a questo.
Vero anche che la propaganda "furba" ha fatto danni enormi nel '900, quindi non é che si puó del tutto ignorare la cosa. Semplicemente, invece di dire in piazza "100 mila posti di lavoro", ti diranno "1 posto di lavoro, ma per te" a lato del browser, tra la pubblicitá del caffé e quella del nuovo gioco a cui, a quanto pare, tutti giocano tranne te.
Sono certo che approfondendo la cosa potrei cambiare opinione. Peró la disponibilitá delle persone ad offrire i propri dati e le proprie abitudini ai vari servizi online mi lascia sempre alquanto perplesso, e non sono certo un paranoico della privacy o un cospirazionista...
EDIT: mi sono un pó informato leggendo il seguente articolo (a chi interessasse e non lo conoscesse): https://www.hwupgrade.it/articoli/web/5133/facebook-e-l-affaire-cambridge-analytica-che-cosa-sta-accadendo_index.html
Le indagini di mercato si facevano anche in era analogica. A livello politico lo studio del proprio collegio elettorale a tavolino si fa dai tempi del cucco. Facebook ha aumentato di parecchio le informazioni che raccoglie dagli utenti. Alla fine il giocattolone facebook noi pensiamo che sia gratuito ma i nostri dat sono il loro guadagno. Basta facebook e i dati che gli forniamo per vincere le elezioni? Assolutamente no. Come possiamo evitare di farci tracciare? Diventando a-social o meglio associali. Comunque se vogliono sapere le mie idee politiche più che facebook è meglio seguirmi su twitter!!
Da quel che ho capito le accuse principali (sia a Facebook, che alla Cambridge Analitica) sono due: Scambio illegale di dati sensibili e manipolazione psicologica degli utenti.
Si parla (CNN e BBC) in questo caso di campagne mirate di disinformazione, blackmailing e di vere e proprie truffe mirate a seconda del proprio profilo psicografico.
La raccolta dei dati sarebbe avvenuta in tutto il mondo, i dati raccolti già nel 2014 tramite quiz posti in modo tale da estrapolare dati non solo dei 270.000 partecipanti al gioco, ma anche di tutti i loro contatti/amici (e senza il consenso di questi ultimi).
Le campagne politiche sospette, che si nominano di frequente sono quelle degli USA, in cui si crede abbia avuto un ruolo anche la Russia, e la Brexit. Insomma, se si confermasse sono state influenzate le due votazioni più importanti degli ultimi anni. Ora io mi chiedo: possibile, che la Cambridge Analitica abbia influenzato anche le elezioni italiane? Diciamo p.es. il referendum costituzionale o le ultime politiche?
Il ricorso a stratagemmi poco puliti, la manipolazioni dei votanti è la solita scusa di chi ha perso le elezioni.. Leggendo il blog di maurizio blondet c' è anche un' altra lettura dei big data rubati a facebook.
https://www.maurizioblondet.it/altro-analytica-manipola-davvero-voto-usa/
In pratica la conoscenza delle persone mediante algoritmo si fa da parecchio.
Anche se non ho approfondito il discorso, a me sembra che l'unico illecito sicuro al momento sia la cessione dei dati degli utenti da parte del professore che ha sviluppato l'app, in violazione della licenza di Facebook. Forse gli si potrebbe anche contestare qualcosa circa il modo in cui hanno gestito i dati dei contatti, ma non ne sono sicuro (non so quali dati e quali sono i relativi termini della licenza).
Comunque sia non vedo perché stupirsi: il candidato é un prodotto da vendere, gli elettori solo un altro tipo di cliente. La pubblicitá mirata é di moda oggi, a qualcosa servirá. É troppo tardi per preoccuparsi degli effetti di queste manipolazioni, la politica é un mercato da molto, molto tempo. Almeno da quando esiste la democrazia.
Pare che la responsabilità di FB stia nel ritardo - due anni... - con cui ha affrontato il problema che stava, appunto, nei permessi che richiedeva l'app di cui parli.
Poi io non apprezzo affatto i social proprio per la loro invadenza. Ho un paio di fake account che mi permettono di accedere a contenuti leggibili solo se si è loggati. Avrò messo in tanti anno due-tre like e fatto un paio di interventi quindi sono una persona poco appetibile per le indagini di mercato di cui si sta parlando. Molto interessante quello che è riportato nel primo post e dovrebbe anche far riflettere.
Pare che mark abbia venduto un bel pò di azioni prima che scoppiasse lo scandalo.. Coincidenze? Non credo.. cit.
18 hours fa, ziowalter1973 dice:Il ricorso a stratagemmi poco puliti, la manipolazioni dei votanti è la solita scusa di chi ha perso le elezioni.. Leggendo il blog di maurizio blondet c' è anche un' altra lettura dei big data rubati a facebook.
https://www.maurizioblondet.it/altro-analytica-manipola-davvero-voto-usa/
In pratica la conoscenza delle persone mediante algoritmo si fa da parecchio.
Mi sembra riduttivo relegare tutto a una scusa per aver perso le elezioni. Quali elezioni poi? E chi si lamenterebbe della manipolazione? Cameron? La Clinton? Renzi? Non mi sembra che qualcuno di questi si sia lamentato (oh, e magari lo faranno anche eh), ma il problema non sono le elezioni, ma le osservazioni e manipolazioni delle masse, la rinascita della propaganda, ma a un livello più infido e più profondo.
Comunque mi sono letto l'articolo che hai postato e non sono d'accordo. Inanzitutto nell'articolo non c'é nessun riferimento da dove precisamente la i360 Themis prenda i suoi dati, ma sembra di capire, che siano dati di ricerca e di navigazione online, presi prevalentemente da PC.
Sicuramente 10 anni fa, erano all'avanguardia, ma spero per loro (la i360 Themis), che collaborino anche con i social media. Al giorno d'oggi, siamo sinceri, passiamo più tempo della nostra vita privata sui social o in una chat (ricordiamo che anche Whatsapp é di proprietà di Zuckerberg), che davanti ad un PC. Ed é indubbio che, trasferendo la nostra vita sociale in rete, presentiamo, a chi é capace di ricavarli, una mole di dati omnicomprensiva.
Un articolo della CNN di ieri spiegava, che i profili psicografici ci conoscono meglio di noi stessi, nel senso che la nostra percezioni di noi stessi, su quelle, che crediamo siano i nostri comportamenti o le nostre idee, spesso non corrispondo esattamente alla realtà, tendiamo a percepirci in modo diverso da come siamo. E sicuramente un attento studio dei social, i nostri hobby, la nostra cerchia di amici, i nostri movimenti geografici, il nostro interesse verso certi messaggi. Di conseguenza, colpendo i nostri punti più sensibili, siamo sicuramente facilmente influenzabili e/o manipolabili.
La conoscenza delle persone mediante algoritmo si fa da tanto tempo, ma da quando ci sono facebook e compagnia bella, siamo arrivati a dei nuovi livelli di controllo. Alcune banche (o quasi tutte ormai) consultano i profili online prima di dare un prestito. Ci sono algoritmi, che decidono se sei un cliente affidabile o meno. Se tanti dei tuoi amici online hanno problemi economici, é probabile che non te lo diano (anche qui ci sono degli algoritmi da usare). I dirigenti delle aziende, prima di assumere personale, si guardano i profili, per capire se sei uno spirito adattabile, se sei compatibile con i traguardi dell'azienda, ecc.
Ma ancora peggio della ricezione e la valutazione dati é quello che queste ditte poi ne fanno. Fino a che punto queste aziende usano facebook e soci per, influenzare le nostre necessità, ampliare le nostre paure, premiarci quando andiamo nella loro direzione. Insomma, fino a che punto la possibilità di manipolarci viene concessa al miglior offerente?
Questi sono i quesiti principali, che sono venuti alla luce di tutti (non sto dicendo che non c'erano prima) con questo scandalo.
Sono completamente d'accordo, ma penso che questo sia il "segreto di pulcinella". La pubblicitá lo fa da sempre, e da quando c'é il web, aziende come google analizzano i nostri dati e i nostri comportamenti tramite cookies per capire quali pubblicitá proporci. Se non sbaglio fino a poco tempo fa gli account gmail erano setacciati per conoscere meglio i nostri gusti e i nostri interessi, e lo stesso fa Facebook.
Quel che vedo io é solo che qualcuno ha gridato che il re é nudo. Ma lo é sempre stato, non vedo nulla di nuovo in tutto questo. Per affrontare la questione non basterebbe chiedere a MZ di presentarsi a rispondere a qualche domanda, dovremmo rivedere le basi stesse su cui si é fondato il web e i servizi connessi negli ultimi 15 anni.
Non é d'altronde lo stesso principio su cui si fondano le tessere fedeltá dei supermercati o dei negozi tipo Mediaworld? Offrire sconti in cambio di informazioni sulle nostre abitudini.
Possiamo chiedere a FB di essere piú vigile sul modo con cui vengono trattati i dati, ma alla fine é inutile illudersi: é proprio per cose come questa che quei dati vengono raccolti, ed é proprio grazie a questo che il web é quello che é, che FB é quello che é, etc etc. E aspettarci di creare compartimenti stagni in modo da accettare influenze commerciali ma non politiche, di farci spendere soldi in prodotti di cui non abbiamo bisogno ma non di farci votare per politici che non vogliamo, é una illusione pura e semplice.
@Timett figlio di Timett i candidati perdenti non rosicano in pubblico ma rosicano. Il rosicamento traspare dagli articoli di stampa dei giornalisti supporter del candidato sconfitto.
Il problema non è che questo avvenga: dagli affabulatori di folle delle agorà greche in avanti lo studio e la conseguente manipolazione della persona (clienete o elettore che sia) è pratica diffusa.
Il problema è la crescente sproporzione tra le parti, che rende il destinatario del messaggio sempre meno in grado di difendersi.
il problema di fondo è sempre uno: gli elettori non decidono come votare sulla base dei contenuti ma sulla base degli slogan elettorali e non approfondiscono mai le proposte dei vari candidati, i dati in questione aiutano semplicemente a creare questi slogan ma il problema sta a monte.
37 minutes fa, Lord Beric dice:Il problema è la crescente sproporzione tra le parti, che rende il destinatario del messaggio sempre meno in grado di difendersi.
Puó essere, non interessandomi alla politica, non sono in grado di fare valutazioni di questo tipo. Peró tu sembri darlo come dato di fatto, assioma da cui derivare il resto, Ad occhio questa invece dovrebbe proprio essere la tesi da dimostrare. Negli anni 80 si diceva la stessa cosa di chi possedeva i giornali, negli anni 90 di chi possedeva le tv. Ora di chi possiede i dati.
Sarebbe interessante sapere se esistono studi che cercano di comprendere quanto queste tecniche e tecnologie riescano effettivamente ad influenzare le scelte. Perché a meno che non si sbrodoli in percentuali a 2 cifre, mi sembra un apporto analogo alle altre forme viste fin'ora.
Beh, ma asserire in un paper scientifico - e di cui quindi tenderei a fidarmi per il discorso peer review - di aver realizzato un algoritmo che analizzando 300 like riesce a conoscere una persona meglio del suo partner mi sembra proprio la dimostrazione che cerchi.
Se io ho a disposizione una potenza di calcolo e un'intelligenza tale da poterti studiare per un mese, capirti meglio della tua famiglia, e fare la stessa cosa su milioni di persone contemporaneamente, ho dalla mia una potenza di fuoco difficilmente contrastabile.
Personalmente nell'excursus che hai fatto io il crescendo di pervasività ce lo vedo.
I social network hanno fatto fare un salto di qualità notevole a questo fenomeno, soprattutto perché l'utente medio da per scontato che la fonte originale di una notizia non è rintracciabile "perché chissà quante volte è rimbalzata" e quindi tende a fidarsi se quella notizia la posta un amico, un conoscente, una persona di cui semplicemente si fida. E generalmente ci si fida di chi la pensa come noi. E siamo circondati da persone che si comportano secondo lo stesso schema di ragionamento.
Se dieci anni fa io che dovevo introdurmi tra le maglie di una simile catena per influenzare il pensiero di un gruppo di persone dovevo fare un'elaborata operazione di social engineering, ora ho dei bot che lo fanno per me e lo fanno infinitamente meglio di come posso farlo io, perché possono individuare con precisione molto più alta il grimaldello necessario per farsi considerare affidabili.
Con questo non intendo dire che sia impossibile difendersi, solo che è via via sempre più difficile farlo.