Dici? Io penso che se non fosse stato rifiutato da Catelyn avremmo avuto una persona abbastanza diversa. La natura di fondo e cioè incline a questioni abbiette ed ambizioni materiali, non sarebbe cambiata, ma sarebbe stata più sopita. Non a caso da ragazzo ha messo a rischio la sua vita contro Brandon, pur sapendo che quello scontro avrebbe potuto simboleggiare non solo la conclusione della sua esistenza, ma anche la parola fine su ogni tipo di ambizione e crescita futura. Al momento i sentimenti per Cat, nel presente, sono ininfluenti, sono un ricordo passato in cui ogni tanto si crogiola e che, come dici, poca presa ha su di lui a livello positivo. Ma quanto accaduto in passato è una delle tante molle che hanno scatenato il mostro dalle ideologie dubbie di adesso. Condivido su Varys. L'idea è quella di tante nefandezze per uno scopo nobile, per la giustizia dei poveri. Il risvolto meraviglioso è che ciò potrebbe essere solo l'ultimo, più percettibile, inganno teatrale dell'eunuco.
Su Ditocorto in quanto più reale hai certamente ragione. E difatti si potrebbe ricondurre il ''Chi'' ad uno ed il ''Cosa'' all'altro. Littlefinger è un'identità definita, con i suoi fallimenti e successi personali. Varys è una sorta di maschera, un teorema senza appartenenza, una faccia senza legami, che potrebbe lasciar spazio a tutto e al suo diretto contrario. Da un punto di vista analitico il caso più interessante è sicuramente quello di Petyr, le cui azioni si possono condividere o meno, ma lo rendono un colosso da questo punto di vista.
« I did what I thought was right. » Jon Snow
« There are no men like me. Only me. » - Jaime Lannister
« No one can protect me. No one can protect anyone. It's true, I am a slow learner, but I learn. Winterfell is Our Home, we have to fight for it. » - Sansa Stark
« Leave one wolf alive and the sheep will never be safe. » - Arya Stark
« A good act does not wash out the bad, nor a bad act the good. » - Stannis Baratheon
Take my Heart when You go _ Take Mine in It's Place.
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via, dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale. Ed io avrò cura di te.
Bellissimo thread e bellissimi interventi, davvero.
Cosa aggiungere? E' già stato detto molto più di ciò che avrei saputo dire io, e meglio. Allora, faccio una cosa un po' azzardata: butto lì una semplice sensazione. Che quindi potrebbe anche essere una cantonata enorme, eh; perchè non ha basi oggettive e non è un discorso razionale, è puramente "di pelle".
E questa sensazione è che Baelish, ossessionato dai desideri, dall'ambizione, ci viva dentro. Varys ha anche lui aspirazioni e obiettivi, altrettanto potenti, se non ancora di più (perchè non persegue una meta individuale, edonistica o narcisistica, ma qualcosa di più astratto ed alto, un'impresa di portata molto più grande); ma è come se allo stesso tempo riuscisse a esserne fuori, a guardarli -e perseguirli- dall'esterno.
Nel senso che, per il niente che sappiamo di lui, dà l'idea di riuscire a conservare un distacco quasi glaciale da quegli obiettivi ai quali sta, comunque, dedicando ogni azione, ogni parola, ogni passo, l'intera vita. Che questo sia la sua arma in più, rispetto a Baelish, è già stato detto; ma trovo che sia anche per questo che ci trasmette una sottile ma costante inquietudine, oltre che per il fatto che è impenetrabile e imperscrutabile, che è un libro chiuso di cui vediamo si e no il titolo, e intanto qualcosa ci dice che potrebbe essere falso o finto pure quello: perchè non riusciamo ad identificarci in lui. Per identificarci -o, al contrario, per porci contro di lui- avremmo bisogno di qualche emozione, di qualche indizio, di qualche spiraglio; di qualcosa di umano. Invece, quasi non riusciamo neanche a farci un'opinione, di lui; a schierarci pro o contro. Perchè non ci dà appigli; è un monolite di marmo uniforme, inscalfibile e non scalabile, liscissimo e verticale. E' un personaggio costruito con una maestria ed un virtuosismo estremi, forse uno dei capolavori dell'autore, dal punto di vista puramente tecnico. Martin lo tiene molto sulla scena, ce lo fa vedere spesso in azione e lo fa parlare a lungo, e mai in modo banale; ci fa intendere -almeno questo- che ha un suo senso di giustizia -che però, intuiamo in qualche modo, più a livello di sensazione che su un piaoìno razionale, non escluderebbe la possibilità di sacrificare senza battere ciglio cose e persone, quando lo ritenesse necessario per un fine superiore- e che rispetta una persona come Ned, pur sapendosi agli antipodi da lui come metodi ed emozioni. Ci racconta persino un fatto -saliente e di impatto fortissimo sul lettore- del suo passato. Eppure... eppure, niente: cerchi di capirlo, e senti solo le tue unghie che scivolano sul marmo, senza trovare appiglio.
Sì, ed è in quest'ottima analisi che emerge il vantaggio di Varys. L'ignoto. Egli è quasi una metafora, un qualcosa di astratto e teatrale che si nasconde e si espone nella narrazione stessa. Per questo è un passo avanti ed è anche per questo che da un profilo puramente d'indagine la figura di Littlefinger riscontri aspetti più vicini alla concezione umana. Egli è di base fallibile, soggiogato dalla sua umanità, dal suo gioco di ambizioni e possessioni, dal suo desiderio egoistico che ribolle e lo porta a non aver considerazione positiva di soggetto alcuno. Anche nei loro piani, così speculari, ma altrettanto simili nel pragmatismo di fondo, vi è la differenza sostanziale verso la pedina e i gli oggetti del gioco.
Per LF c'è solo sottovalutazione e deprezzamento del prossimo. Vi è solo disprezzo e la sicumera di una facile superiorità intellettuale in una posizione da visionario. Varys, tra una maschera e l'altra, non è esente dal constatare un determinato senso dell'onore. Per questo credo che, per quanto non abbia alcuna intenzione di salvare Ned da solo o di sacrificare i propri piani per lui, egli abbia comunque una sincera stima per la sua natura, ammettendo sì un'ingenuità di fondo in Eddard, ma al tempo stesso riconoscendogli spessore umano.
Varys è esente da qualunque influenza personale. Non ha simpatie, non ha antipatia vere e proprie. Non ha la sopravvalutazione di sé. Non ha probabilmente neanche pulsioni del genere. E' Pirandelliano.
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19 hours fa, Stella di Valyria dice:Per identificarci -o, al contrario, per porci contro di lui- avremmo bisogno di qualche emozione, di qualche indizio, di qualche spiraglio; di qualcosa di umano. Invece, quasi non riusciamo neanche a farci un'opinione, di lui; a schierarci pro o contro.
Almeno dal punto di vista interno dei pg, va detto che proprio per l'ignoto e la mancanza di "caratteristiche umane" che circondano Varys, viene in qualche modo temuto e guardato con diffidenza dai pg che frequentano la corte di KL, e questo secondo me è un po' l'anticamera dello schierarsi contro di lui.
Cosa che non si può dire di Baelish, del quale nessuno si preoccupa, eccetto Tyrion.
Dal punto di vista mio di lettore, mi schiero contro di lui proprio per la caratterizzazione poco dettagliata del personaggio in se.
Colgo l'occasione del up al thread:
Nei libri e nella serie tv entrambi i due pg ci vengono mostarti in maniera diversa nelle loro interazioni(al netto della diversa caratterizzazione). Nei libri leggiamo come Varys e LF siano si a contatto l'uno con l'altro nelle vicende di KL, ma avendo pochissime interazioni l'uno con l'altro, legate principalmente al loro far parte del concilio ristretto. La mia impressione è stata che sebbene l'uno con l'altro sanno di essere giocatori, tendano a ignorarsi nel conseguimento dei loro scopi.
Mentre in GOT...
Spoiler su tutta la saga
... ci viene mostrato fin dalla prima stagione una sorta di competizione aperta e esplicita tra i due(vedasi i ritrovi stagionali nella sala del trono) e un totale scomparire di questa rivalità quando i due si allontanano da KL. Cosa che non fa che aumentare il mio "WTF" nei confronti di D&D per come hanno trattato questi due personaggi.
Faccio un discorso da lettore, non un'analisi (che del resto è già stata fatta da altri, splendidamente, e a cui non saprei aggiungere nulla):
Riguardo a Littleringer, non a caso dopo pochi episodi (il tradimento di Ned, sicuramente; ma forse per qualche segnale più sottile, un'istinitvo senso di diffidenza ed antipatia nei suoi confronti si provavano già molto, molto prima) ci si forma un'opinione chiarissima di lui, e da lì in poi questa rimane invariata (tra l'altro, è uno di quei personaggi che non evolvono: lui, i Bolton e Vargo Hoat sono ciò che più si avvicina al "cattivo" della narrativa tradizionale; e guarda caso sono immutabili, fissi. E non è certo un appunto fatto a Martin: il lettore ha bisogno di qualche riferimento fisso; e soprattutto, un romanzo in cui tutti i personaggi cambiassero posizione e persino personalità sarebbe un caos surreale e al limite del ridicolo. E comunque, anche nella realtà, saper cambiare, crescere, è una capacità di pochissimi. Anche perchè è maledettamente difficile... e ne so qualcosa ). Le sue pulsioni sono talmente "umane" (nel senso negativo della parola) da renderlo quasi trasparente, nel senso che riesci a vedergli dentro persino quando non hai la più pallida idea di cosa stia tramando: non vedi il piano, ma vedi, chiarissimamente e con certezza, l'uomo e la sua bruttezza. Non sai cosa farà e come, ma sai con certezza che sarà qualcosa di infame.
Varys... ripeto, è un monolite di marmo che non dà al lettore nessun appiglio, Se ci provi, senti solo lo stridio delle tue unghie che scivolano, non fanno presa da nessuna parte. Perchè non ha nessuna incrinatura, fessura, spiraglio. E' un enigma assoluto. E anche quando ti sembra di intravedere qualcosa -la sua devozione all'idea del Bene del Regno, il suo appoggio a Ned proprio quando tutti gli altri gli hanno voltato le spalle, la narrazione della violenza della sua infanzia e di come, da lì, dal basso che più in giù non sarebbe stato possibile, ha iniziato la sua scalata, con cinismo e determinazione, "all'inizio vendendo quello che mi era restato da vendere" (frase di una crudezza estrema, soprattutto se pensi che si riferisce, probabilmente, ad un ragazzino rimasto da solo, non ad un adulto)- hai sempre il sottile timore che non sia del tutto così, che dietro ci sia quacos'altro... o che tu stia vedendo non uno spiraglio dentro Varys, ma solo un riflesso o un gioco di luci su quella lastra di marmo liscissimo.
E Martin è stato maglistrale nel costruire la coppia di personaggi, anzichè uno solo dei due (ragiono sempre da lettore): LF da solo sarebbe stato troppo vicino al villain classico, il cattivone-infido-serpe-traditore. Scritto splendidamente, ma pur sempre molto classico nella sostanza. Dall'altra parte, un Varys da solo sarebbe stato, almeno per me, troppo criptico, troppo ostico per il lettore. Per un romanzo breve non sarebbe stato un problema, ma per 5000 pagine e passa, un lettore ha bisogno, anche, di qualcosa di più immediato, trasparente, afferrabile. Il personaggio criptico, inconoscibile anche dopo 5000 pagine, è bello se non è l'unico; ma il lettore ha bisogno anche di qualcuno su cui si possa fare un'opinione netta, con -o contro- cui si possa schierare.
Per inciso, curioso come anche Varys sia uno di quegli innumerevoli personaggi di Asoiaf che hanno dovuto costruire se stessi dopo una menomazione fisica. Segnato dalla violenza e sofferenza: in quanto a dolore fisico, se ci pensiamo, sarà stato più o meno quanto il Mastino; e anche lui in un'età in cui avrebbe avuto il sacosanto diritto di godersi ancora qualche ultimo scampolo di innocenza ed inconsapevolezza della durezza della vita. Ed entrambi hanno subito un tipo di violenza che non si è limitata, negli effetti, al dolore atroce e disumano: hanno subito una crudeltà ancora maggiore, perchè sono stati segnati a vita, cambiati per sempre, in un modo che li taglierà fuori a priori dalla possibilità di condurre un percorso di vita "normale".
Solo che, a differenza di molti degli altri -non del Mastino, ma nel caso di questo un lettore abile riesce a ricostruire moltissimo dagli indizi che Marin gli offre- il suo terribile cammino di caduta, trauma, distruzione subita e ricostruzione di sè è avvenuto prima dell'inizio della narrazione: e anche questo contribuisce a renderlo, per il lettore, sconosciuto ed inconoscibile.
Ma chissà se (però è solo un'ipotesi, con V. non possiamo fare altro) anche la sua quasi disumana impermeabilità alle emozioni non sia stata, come per il Mastino, una disperata reazione di difesa, un modo per portarsi sull'altra sponda della vita: quella dove non ci sono sentimenti che possano essere feriti o fragilità che possono essere raggiunte dalla sofferenza: in fondo, avrebbe perfettamente senso. Soltanto che la corazza del Mastino ha alcune fessure, attraverso le quali il senso di umanità lo raggiungerà ancora (tramite Sansa, nella cui vulnerabilità e ingenuità totalmente senza difese rivedrà se stesso prima dell'orrore); quella che Varys si è costruita, è un monolite inattaccabile.
Siamo nel campo delle pure ipotesi, ma avremmo trovato due possibili "molle" che hanno amplificato e rafforzato la determinazione di due persone già, evidentemente, ambiziose di loro (almeno LF; di V non sappiamo): la sublimazione di una pulsione frustrata e la reazione ad un trauma devastante.
(Mi risparmierei la lettura pseudo-psicanalitica -non so nulla di psicanalisi, solo quei quattro luoghi comuni che si sentono spesso, e poi magari non sono neanche veri- di un V. determinato a cercare il potere come "sostituto" di un altro tipo di "potenza" fisica. Oltretutto non mi piacciono queste letture stile "Freud for dummies", che riconducono l'origine di qualsiasi cosa bellissima o orribile l'essere umano faccia più o meno sempre alla stessa sfera; veramente è una cosa che mi infastidisce e voglio proprio sperare che non sia così. I nostri cervelli saranno al 95% chimica, e anche le nostre personalità; ma voglio proprio sperare che ciò che facciamo -da Hitler a Michelamgelo- non sia solo questione di quattro ormoni in croce frustrati /repressi /sublimati eccetera. Sarebbe veramente riduttivo... e sono convinta che un Varys sia infinitamente più di questo.
Qualunque "cosa" sia: perchè, di fatto, dopo 5000 pagine di Asoiaf, ancora non ne abbiamo idea)
Bellissime riflessioni. Secondo me ha ragione Jon Snow a sottolineare come entrambi vengano da situazioni di disagio. Ditocorto (o se preferite Littlefinger) ha vissuto la sua vita presso una delle famiglie più nobili di Westeros, per poi scoprire che non sarà mai veramente uno di loro ed essere allontanato; Varys è un "nessuno" (come ama ricordare), viene dai bassi fondi di una delle città libere (probabilmente Lys), è stato venduto a un uomo che l' ha brutalmente mutilato, ha vissuto l' esperienza concreta della fame, fino a diventare uno degli uomini più potenti del continente occidentale. Ma mentre Ditocorto fa del proprio individualismo un ideologia, Varys sacrifica il suo essere come individuo a ciò che lui chiama "il bene del reame" e finisce per mostrarsi veramente solo quando rivela la sua ideologia a Kevan: "E' vissuto fra i pescatori, ha lavorato con le mani, ha nuotato nei fiumi, cucito le reti e imparato a lavarsi i vestiti, se necessario. Sa pescare e cucinare, e suturare una ferita, sa che cosa significa avere fame, essere braccato, avere paura". Varys vuole mettere un re che abbia vissuto in prima persone le sue stesse sofferenze, le sofferenze della gente umile come lui, e per farlo non esita un attimo a sacrificare gente che in realtà lui stima (come Ned e Kevan). Cerca di raggiungere la pace attraverso il caos, è cinico e idealista al tempo stesso. Varys recita costantemente un ruolo perchè ciò che conta non è Varys ma la sua missione. Ditocorto invece non finge mai (aveva detto chiaramente a Ned "non fidarti di me"), è completamente concentrato su se stesso, a tal punto che anche l' amore per Cat assume sfumature egoistiche (morta la madre ci prova con la figlia, come se a lui non interessasse Cat ma l' idea di Cat). Non è un caso che i piani di Ditocorto si concentrano esclusivamente sulla valle, mentre Varys ha un giro d' azione molto più vasto. Ditocorto si tiene stretto i suoi ricordi, sembra quasi bloccato alla sua infanzia a Delta delle acque, eppure finisce per ammazzare l' ultima persona che lo legava a quel periodo ( Lysa Arryn) e così facendo ammazza anche il giovane Petyr. Varys è completamente preso dal suo ruolo, ma conserva la sua umanità. Tra i due quello che preferisco è sicuramente quest' ultimo, ma è una questione di gusti.
"Gli dei esistono" ripetè a se stessa. "E anche i veri cavalieri. Tutto questo non può essere una menzogna".
Comitato Pro Brandon Stark; Comitato S.P.A. Salvate il piccolo Aemon (in difesa del figlio di Mance, del figlio di Gilly e di tutti gli altri bimbi di ASOIAF); Comitato QUANDO C'ERA LUI (Meglio Tywin di quella psicopatica di sua figlia); Comitato A.T.P.A. (Aemon Targaryen pro-pro-prozio dell'anno); Comitato E.S.S.S. (Eddard Stark Santo Subito); Comitato E.T.S.T. (Eddison Tollett li seppellirà tutti); Comitato M.E.F.H. (Martin esci fuori Howland) gemellato con M.E.F.W. (Martin esci fuori Willas); Comitato T.M.G.M.S. (Theon Mezzo Greyjoy Mezzo Stark); Comitato Y.L.J.E.M. (Ygritte levati, Jon è mio), Comitato T+S: Tyrion+Sansa (possibilmente a regnare su Castel Granito); Comitato Pro Jojen e Meera Reed; Comitato G.M.S.S. (Giù le mani da Sansa Stark); Comitato L'unico Vero Aegon (ovvero l'Egg delle novelle);
Bellissime osservazioni, @Figlia dell' estate! (a proposito: ciao ). Mi piacciono molto tutte, anche quelle su LF, adulto e convinto di avere ben altre aspirazioni, di aver percorso una strada lunghissima dai tempi in cui era un ragazzino insignificante di una casata povera finito, quasi per sbaglio, in mezzo a persone di ceto, prestanza e potere enormemente maggiori: è arrivato a partecipare, addirittura in prima persona, al Gioco Del Trono, ma in realtà una parte di lui è ancora "bloccata" ai tempi di Delta Delle Acque, frustrazione compresa, Cat compresa. E il fatto che, però, in tutti questi anni sia arrivato a considerarla ormai più come idea che come persona (anche se, guardacaso, fingendo di esserle amico manda suo marito, quello che ha preso il posto che lui avrebbe voluto, al patibolo, quindi il gusto fisico, materiale, della vendetta lo assapora eccome), potrebbe persino, con un po' di buona volontà, dare un vago senso al fatto che, pur ossessionato da Sansa, non esita a darla in pasto a un altro uomo, e pure un uomo come Ramsay. (In realtà, penso che più che alto questa sia solo una enorme incongruenza di D&D; ma con questa lettura possiamo renderla già più accettabile).
Ma la parte che mi piace ancora di più è quella su Varys:
3 hours fa, Figlia dell' estate dice:finisce per mostrarsi veramente solo quando rivela la sua ideologia a Kevan: "E' vissuto fra i pescatori, ha lavorato con le mani, ha nuotato nei fiumi, cucito le reti e imparato a lavarsi i vestiti, se necessario. Sa pescare e cucinare, e suturare una ferita, sa che cosa significa avere fame, essere braccato, avere paura". Varys vuole mettere un re che abbia vissuto in prima persone le sue stesse sofferenze, le sofferenze della gente umile come lui (...). Cerca di raggiungere la pace attraverso il caos, è cinico e idealista al tempo stesso. Varys recita costantemente un ruolo perchè ciò che conta non è Varys ma la sua missione.
Bella davvero!
Sì, se Varys è autentico in ciò che professa, significa che egli ha tratto un giovamento indiretto dalla sofferenza subita. Ha colto l'essenza del dolore, assorbendone il risvolto didattico. Come ci dice egli stesso, nonostante l'invito a morire che gli fa lo Stregone, egli sceglie la ripicca più grande verso coloro che vivono di sola ambizione e prevaricazione: sceglie di vivere, di dimostrare come l'ultimo tra gli ultimi possa trovare un suo scopo, una sua utilità, una sua dimensione. Ed in questo dolore, pur non esentandosi da un disprezzo di fondo verso la natura abbietta della maggior parte degli esseri umani, riesce a rimanere lucido, non privandosi della capacità di soppesare il valore morale e razionale degli altri.
Pertanto uomini come Ned, così differenti e così dediti ad un qualcosa di idealmente puro, lo incuriosiscono. Egli riesce quasi a percepirne ed apprezzarne il valore in generale, tuttavia questo riconoscimento non è un atto magnanimo. E' solo onesto con sé stesso e la situazione, ma è parimenti disposto a compiere atrocità e sacrifici per raggiungere lo scopo. La differenza è che ha una visione d'insieme.
Per contro, Littlefinger è proteso in avanti, è irrisorio, la sua visione è perennemente influenzata dalla tracotanza che lo porta a sopravvalutarsi, a gioire del fallimento e della caduta altrui. Egli è abile, ma è al tempo stesso focalizzato solo sulla sua grandezza. Una grandezza di sé che lo porta spesso a sbagliare le proporzioni sugli altri, attribuendo loro un valore così infimo da pensare che non possano impensierirlo.
Per Littlefinger tutto è umanamente futile, ma le futilità relazionali sono per lui utilità sotto il profilo del gioco del trono. Umanamente è una sorta di parassita che sopravvive divorando la società e gli elementi che la compongono.
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Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via, dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale. Ed io avrò cura di te.
Stella di Valyria, non credo (a proposito ciao anche a te ) e ti spiego perchè: nella serie viene spiegato che Ditocorto non sa nulla su Ramsey, perchè lui è un bastardo legittimato da poco. Oltretutto io ho notato una cosa: alla fine della quarta stagione si vede una Sansa coi capelli tinti, sicura di sè, sensuale, ormai padrona della situazione assieme a Ditocorto, quindi penso che originariamente D&D volessero seguire gli sviluppi del libro, anticipando anche qualcosa di WOW, poi hanno deciso improvvisamente di cambiare, eliminando tutto la parte della valle, bloccando lo sviluppo di Sansa e facendo fare a Ditocorto la figura dell' idiota. Per quanto riguarda i libri: il rapporto tra Sansa e Ditocorto è molto ambiguo (lui la vede come una figlia e allo stesso tempo come un amante), penso che se lei lo rifiutasse sul piano sentimentale, allora lui non ci penserebbe due volte a vendicarsi (e in tal caso spero che Sansa abbia la meglio).
"Gli dei esistono" ripetè a se stessa. "E anche i veri cavalieri. Tutto questo non può essere una menzogna".
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