MODERATORE MODE ON
Due cose:
1) Quante volte dobbiamo ripetervi, GIL, che se stai rispondendo a uno che ha scritto subito prima, non devi quotare il post? Cominciamo ad essere stanchi di queste ripetizioni...
2)Caro iosif, mostra maggiore rispetto per chi non la pensa come te. Non è che se uno non la pensa come te, allora automaticamente è uno che si beve le fandonie propinate dai media blutti e cattivi. Su questo forum vige la regola (che qualche furbetto pensa ogni tanto di violare e di farla franca) di rispettare le opinioni altrui, vedi di seguirla.
MODERATORE MODE OFF
OK. Scusa.
Il Rublo sotto quota 56.
Sembra che l'attacco finanziario messo in atto dagli USA per destabilizzare la Russia sia clamorosamente fallito.
Intanto il Cremlino si rafforza a livello internazionale:
http://news.russia.it/fondamentale-...e-iraniano.html
http://www.ansa.it/sito/notizie/eco...0d8bf816f7.html
Il Rublo da peggiore a migliore moneta al mondo in 3 mesi.
Sembra proprio che il "gigante dell'est" abbia assorbito e digerito le speculazioni occidentali:
Gli unici che ci hanno rimesso, in queste sanzioni volute dagli americani, sono gli europei Italia compresa:
http://www.panorama.it/economia/aziende/danni-sanzioni-russia-made-italy/
Posto un'analisi su uno scenario non troppo fantascientifico, credo sia meglio mantenersi amici i Russi.
Jim Rogers (socio di Soros) dichiara : é ora di disinvestire negli USA e investire in Russia :
Il debito pubblico russo è praticamente a zero, in confronto agli altri paesi del mondo
L’economia russa soffre per le sanzioni, ma la produzione industriale va a mille.
Grazie al crollo delle importazioni, la bilancia dei pagamenti russa è sempre fortemente positiva, anzi.
I capitali cominciano a rientrare, grazie anche alla capacità di alcuni paesi europei, che hanno impensierito parecchio i miliardari russi.
la Russia continua ad essere seduta su oltre il trenta per cento delle risorse complessive mondiali, e se laggiù non sono tutti ricchi come i sauditi è solo per via dell’inefficienza dei politici e delle follie del periodo comunista.
I frutti della scriteriata politica occidentale cominciano a dare i primi risultati.
Come era prevedibile la Russia cerca nuovi alleati:
Esercitazioni navali congiunte Russia-Cina nel Mediterraneo e ratifica dell'accordo sulla fornitura di gas Russo alla Cina.
Oggi sono incappato in un articolo dai contenuti apocalittici. Brevemente in Russia stanno lavorando ad un arma nuova che dovrebbe essere pronta tra il 2020 e il 2025, un arma pensata dico da menti folli per contrastare altre menti folli in America diciamo così. Infatti quest'arma è concepita solo per attaccare gli Stati Uniti come ultima risorsa se lo Zio Sam continuerà nella sua folle politica di contenimento e accerchiamento della Russia. Tale arma, una specie di superbomba nucleare se ho capito bene, verrebbe utilizzata per provocare o tsunami devastanti per entrambe le coste americane con distruzione per oltre 500 km nell'entroterra o per far eruttare un vulcano nelle Montagne Rocciose con distruzione totale del paese. Ciò sarebbe possibile per la struttura geofisica degli USA ma determinerebbe una mezza apocalisse mondiale di cui la Russia per le caratteristiche fisiche del sottosuolo e per la distanza dagli oceani di gran parte della sua popolazione ne verrebbe toccata in modo limitato. Ora tutto questo solo da menti folli può essere partorito quindi bisognerebbe fermarsi da entrambe le parti con queste pazzie e piantarla con queste lotte geopolitiche sconsiderate di Washington perché potrebbero finire molto male per tutti:
https://aurorasito.wordpress.com/2015/05/05/solo-con-le-forze-nucleari-i-brics-sopravviveranno/
Gil Galad - Stella di radianza
Ciò sarebbe possibile per la struttura geofisica degli USA ma determinerebbe una mezza apocalisse mondiale di cui la Russia per le caratteristiche fisiche del sottosuolo e per la distanza dagli oceani di gran parte della sua popolazione ne verrebbe toccata in modo limitato.
peccato che verrebbe toccata in modo assai meno limitato dall'arsenale atomico, batteriologico e chimico lanciato per rappresaglia dagli USA...
non mi sembra un piano folle (tipo 007 vs Spectre), direi scemo e basta.
Sì di questi tempi si cose pazze se ne leggono molte concordo. La cosa che da più fastidio e parlo di tutte le élite di potere è la loro superficialità nel pensare questi piani. Va bene siamo votati all'autodistruzione, oramai bisogna solo vedere di che moriremo e quando: catastrofi climatiche, siccità e desertificazione globale, pandemie o armi di distruzione totale? Sono pessimista ma come si fa a non esserlo con le classi dirigenti che abbiamo nel mondo, un mondo dove l'ONU non conta un piffero ed è solo uno specchietto di finta comunanza tra le nazioni ed uno stipendificio per funzionari altrimenti non utilizzabili in altro modo.
Gil Galad - Stella di radianza
Preparativi per la sfilata in occasione del 70° anniversario della vittoria che si celebrerà in tutta la Russia il 9 Maggio.
Come ogni anno in questa data tutta la Russia partecipa alla grande festa della vittoria.il culmine di questa festa,come da tradizione,saranno le parate militari che si terranno un pò in tutta la Russia.
Quest'ano sarà la più imponente di sempre, in 150 centri Russi si svolgeranno solenni marce militari alle quali parteciperanno circa 85.000 militari.
La più importante sarà sicuramente a Mosca dove sfileranno oltre 15.000 persone e saranno presentati oltre 200 nuovi dispositivi militari, circa il doppio rispetto allo scorso anno.
Molto interessante e spettacolare sarà la sfilata delle forze aeree con 143 aerei ed elicotteri, ma che renderà speciale questa parata saranno sicuramente i nuovi modelli dell'armamento Russo mai visti in pubblico come i carri Armat,Kurganets-25 e Boomerang a detti degli esperti sicuramente molto avanzati e con tecnologie rivoluzionarie come il moderno sistema di puntamento in grado di colpire obbiettivi ad oltre 6 miglia in piena notte.
http://it.rbth.com/societa/2015/05/06/verso_la_parata_della_vittoria_35727.html
Per chi fosse interessato aggiungo i link di 2 video delle prove effettuate presso un poligono Russo per l'occasione allestito come la Piazza Rossa.
Questa mattina si è svolta la spettacolare e immensa parata militare a Mosca per la celebrazione del' 70 anniversario della Grande Vittoria Patriottica sul nazismo, qui potete rivederla:
Gil Galad - Stella di radianza
[spoiler]Il 26 aprile la principale emittente televisiva nazionale della Russia, Rossija 1, ha intervistato il Presidente Vladimir Putin in un documentario sugli eventi recenti come l’adesione della Crimea, il colpo di Stato degli USA in Ucraina, e lo stato generale della relazioni con Stati Uniti ed Unione europea. Le sue parole erano sincere. E nell’intervento l’ex-dirigente del KGB russo ha sganciato una bomba politica nota dai servizi segreti russi da vent’anni. Putin ha dichiarato senza mezzi termini che a suo parere l’occidente sarebbe contento d’indebolire la Russia, farla soffrire e mendicare dall’occidente, qualcosa chiaramente cui il carattere russo non è disposto. Poi con un breve passo nel suo intervento, il presidente russo ha dichiarato per la prima volta pubblicamente ciò che l’intelligence russa sa da vent’anni, ma su cui è stata in silenzio finora, molto probabilmente nella speranza di una normalizzazione delle relazioni Russia-Stati Uniti. Putin ha dichiarato che il terrorismo in Cecenia e nel Caucaso russo, nei primi anni ’90, fu attivamente sostenuto dalla CIA e dai servizi segreti occidentali per indebolire deliberatamente la Russia. Ha osservato che l’intelligence russa FSB aveva documentato il ruolo occulto degli Stati Uniti, senza fornire dettagli. Putin, professionista dell’intelligence di altissimo livello, ha solo accennato nel suo discorso a ciò che è documentato in dettaglio da fonti non russe. Il rapporto ha enormi implicazioni rivelando al mondo la lunga agenda occulta dei circoli influenti a Washington per distruggere la Russia come Stato sovrano; un ordine del giorno che include il colpo di Stato neo-nazista in Ucraina e la greve guerra delle sanzioni contro Mosca. Quanto segue è tratto dal mio libro, Amerikas Heilige Krieg.
Le guerre cecene della CIA
Non molto tempo dopo che mujahidin finanziati da CIA e servizi segreti sauditi avevano devastato l’Afghanistan alla fine degli anni ’80, costringendo alla ritirata l’esercito sovietico nel 1989, e la dissoluzione dell’Unione Sovietica qualche mese più tardi, la CIA iniziò a cercare possibili luoghi nell’ex-Unione Sovietica dove i suoi “afghani arabi” potessero essere schierati per destabilizzare ulteriormente l’influenza russa nello spazio eurasiatico post-sovietico. Erano chiamati arabi afghani perché furono reclutati dagli ultraconservatori wahabiti di Arabia Saudita, Emirati Arabi, Quwayt e altrove nel mondo arabo in cui si pratica l’ultra-rigida visione wahabita dell’Islam. Furono portati in Afghanistan nei primi anni ’80 da una recluta saudita della CIA inviata in Afghanistan, Usama bin Ladin. Con l’ex-Unione Sovietica nel caos totale e allo sbando, l’amministrazione di George HW Bush decise di “colpirla quando era stesa a terra”, un triste errore. Washington riposizionò i suoi terroristi afghani per creare caos e destabilizzare l’Asia centrale e anche la Federazione Russa, in crisi profonda e traumatica per il collasso economico dell’era Eltsin. Nei primi anni ’90 la società di Dick Cheney, Halliburton, aveva esaminato le potenzialità petrolifere offshore di Azerbaigian, Kazakistan e dell’intero bacino del Mar Caspio. Si stima che la regione fosse “un’altra Arabia Saudita” del valore di diversi miliardi di dollari, sul mercato attuale. Stati Uniti e Regno Unito decisero di tenere quella miniera d’oro petrolifera fuori dal controllo russo con tutti i mezzi. Il primo obiettivo di Washington fu organizzare un colpo di Stato in Azerbaigian contro il presidente Abulfaz Elchibej ed installarne uno più amichevole al Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC) controllato dagli statunitensi, “il gasdotto più politico del mondo”, l’oleodotto da Baku in Azerbaijan attraversava la Georgia verso la Turchia e il Mediterraneo. All’epoca, l’unico oleodotto esistente da Baku era il gasdotto sovietico che attraversava la capitale cecena, Groznij, seguendo la rotta a nord, nel Daghestan della Russia e attraversava la Cecenia fino al porto russo sul Mar Nero di Novorossijsk. L’oleodotto era l’unico concorrente e maggiore ostacolo alla molto costosa rotta alternativa di Washington e dei giganti petroliferi inglesi e statunitensi. Il presidente Bush Sr. diede ai suoi vecchi amici della CIA il mandato di distruggere il gasdotto russo e creare un tale caos nel Caucaso che nessuna società occidentale o russa potesse considerare l’uso dell’oleodotto russo di Groznij. Graham E. Fuller, collega di Bush ed ex-vice direttore del Consiglio nazionale sull’intelligence della CIA, fu l’architetto chiave della strategia dei mujahidin della CIA. Fuller descrisse la strategia della CIA nel Caucaso nei primi anni ’90: “La politica per guidare l’evoluzione dell’Islam e aiutarlo contro i nostri avversari ha funzionato meravigliosamente bene in Afghanistan contro l’Armata Rossa. Le stesse dottrine possono ancora essere utili per destabilizzare ciò che resta del potere russo“.
La CIA assunse un veterano degli sporchi trucchi, il generale Richard Secord, per l’operazione. Secord creò una società di copertura della CIA, MEGA Oil. Secord fu condannato negli anni ’80 per il ruolo centrale nelle operazioni illegali armi e droga della CIA, l’Iran-Contra. Nel 1991 Secord, ex- viceassistente del segretario alla Difesa, sbarcò a Baku e costituì la società di facciata della CIA MEGA Oil. Era un veterano delle narco-operazioni segrete della CIA in Laos durante la guerra del Vietnam. In Azerbaigian creò una compagnia aerea che trasportò segretamente centinaia di mujahidin di al-Qaida di bin Ladin dall’Afghanistan all’Azerbaijan. Nel 1993, MEGA Oil aveva reclutato e armato 2000 mujahidin, mutando Baku in una base per le operazioni dei terroristi nel Caucaso. L’operazione segreta dei mujahidin del generale Secord nel Caucaso, scatenò il colpo di stato che rovesciò il presidente Abulfaz Elchibej e piazzò Hejdar Aliev, fantoccio più flessibile degli Stati Uniti. Un rapporto segreto dell’intelligence turco trapelato al Sunday Times di Londra confermò che “due giganti della benzina, BP e Amoco, inglese e statunitense rispettivamente e che formano l’AIOC (Azerbaijan International Oil Consortium), erano dietro il colpo di Stato”. Il capo dei servizi segreti sauditi, Turqi al-Faysal, dispose che il suo agente Usama bin Ladin, che inviò in Afghanistan all’inizio della guerra dei primi anni ’80, usasse l’organizzazione afgana Maqtab al-Qidamat (MAQ) per reclutare gli “arabi afghani” per ciò che stava rapidamente divenendo la jihad globale. I mercenari di bin Ladin furono utilizzati come truppe d’assalto di Pentagono e CIA per coordinare e sostenere le offensive musulmane non solo in Azerbaigian, ma anche in Cecenia e, in seguito, Bosnia. Bin Ladin si portò un altro saudita, Ibn al-Qatab, divenuto comandante o emiro dei jihadisti in Cecenia (sic!) e il signore della guerra ceceno Shamil Basaev. Non importa che Ibn al-Qatab fosse un saudita che parlava a malapena qualche parola di ceceno, per non parlare del russo. Sapeva chi fossero i soldati russi e come ucciderli.
La Cecenia poi era tradizionalmente una società prevalentemente sufi, un ramo apolitico dell’Islam. Ma la crescente infiltrazione dei terroristi sponsorizzati, ben finanziati e ben addestrati dagli USA per predicare la jihad o guerra santa contro i russi, cambiò l’inizialmente riformista movimento di resistenza cecena. Diffusero l’ideologia estremista di al-Qaida nel Caucaso. Sotto la guida di Secord, le operazioni terroristiche dei mujahidin si estesero rapidamente nel vicino Daghestan e in Cecenia, trasformando Baku in un punto del traffico di eroina afgana della mafia cecena. Dalla metà degli anni ’90, bin Ladin pagava i capi guerriglieri ceceni Shamil Basaev e Umar ibn al-Qatab diversi milioni di dollari al mese, la fortuna di un re nell’economicamente desolata Cecenia degli anni ’90, consentendogli di emarginare la maggioranza moderata cecena. I servizi segreti statunitensi furono profondamente coinvolti nel conflitto ceceno fino alla fine degli anni ’90. Secondo Yossef Bodansky, allora direttore della Task Force del Congresso degli Stati Uniti su terrorismo e guerra non convenzionale, Washington partecipò attivamente all'”ennesima jihad anti-russa, cercando di sostenere e potenziare le forze islamiste anti-occidentali più virulenti“. Bodansky rivelò in dettaglio l’intera strategia della CIA nel Caucaso, nella sua relazione, affermando che i funzionari del governo statunitense vi parteciparono, “Una riunione formale in Azerbaijan, nel dicembre 1999, in cui i programmi specifici per addestramento e equipaggiamento dei mujahidin in Caucaso, Centro/Sud Asia e mondo arabo, furono discusse e concordate, concludendosi con il tacito incoraggiamento di Washington agli alleati musulmani (principalmente Turchia, Giordania e Arabia Saudita) e ‘società di sicurezza private’ degli Stati Uniti… ad aiutare i ceceni e i loro alleati islamici nella primavera del 2000 e sostenerne la conseguente jihad per un lungo periodo… la jihad islamista nel Caucaso era un modo per privare la Russia di un oleodotto attivo attraverso la spirale di violenza e terrorismo“. La fase più intensa delle guerre cecene calò nel 2000, solo dopo la pesante azione militare russa che sconfisse gli islamisti. Fu una vittoria di Pirro che costò un enorme numero di vite e la distruzione di intere città. L’esatto bilancio delle vittime dal conflitto ceceno istigato dalla CIA è sconosciuto. Stime non ufficiali variano da 25000 a 50000 morti e dispersi, la maggior parte civili. Le perdite russe furono vicine a 11000, secondo il Comitato delle Madri dei soldati. Le major petrolifere anglo-statunitensi e agenti della CIA erano felici. Avevano quello che volevano: il loro oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, bypassando a Groznij il gasdotto della Russia. I jihadisti ceceni, sotto il comando islamico di Shamil Basaev, continuarono la guerriglia dentro e fuori la Cecenia. La CIA si riorientava nel Caucaso.
baku_pipelines_risultatoIl legame saudita di Basaev
Basaev era parte fondamentale della Jihad Globale della CIA. Nel 1992 incontrò il terrorista saudita Ibn al-Qatab in Azerbaijan. Dall’Azerbaijan, Ibn al-Qatab portò Basaev in Afghanistan per incontrare l’alleato, il saudita Usama bin Ladin. Il ruolo di Ibn al-Qatab era reclutare musulmani ceceni disposti a intraprendere la jihad contro le forze russe in Cecenia, per conto della strategia segreta della CIA per destabilizzare la Russia post-sovietica e garantire il controllo anglo-statunitense sul Caspio. Una volta tornati in Cecenia, Basaev e al-Qatab crearono la Brigata Internazionale Islamica (IIB) con denaro saudita e intelligence della CIA, coordinata dal collegamento saudita a Washington, l’ambasciatore e amico dei Bush principe Bandar bin Sultan. Bandar, ambasciatore saudita a Washington per oltre vent’anni, era così intimo della famiglia Bush che George W. Bush disse che il playboy saudita “Bandar Bush” era un membro onorario della famiglia. Basaev e al-Qatab fecero arrivare in Cecenia combattenti sauditi del ceppo fanatico wahabita dell’Islam sunnita. Ibn al-Qatab comandava coloro che erano chiamati “mujahidin arabi in Cecenia”, suo esercito privato di combattenti arabi, turchi e altri stranieri. Fu anche incaricato di creare campi di addestramento paramilitare nelle montagne del Caucaso della Cecenia, addestrando ceceni e musulmani delle repubbliche russe del Caucaso del Nord e dell’Asia centrale. La Brigata Internazionale Islamica finanziata da sauditi e CIA era responsabile non solo del terrorismo in Cecenia. Compì nell’ottobre 2002 il sequestro di ostaggi nel Teatro di Mosca, Dubrovka, e il raccapricciante massacro della scuola di Beslan del settembre 2004. Nel 2010, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite pubblicò il seguente rapporto sulla Brigata Internazionale Islamica di al-Qatab e Basaev: “La Brigata Internazionale Islamica (IIB) fu indicata il 4 marzo 2003… come associata ad al-Qaida, Usama bin Laden e taliban “partecipando a finanziamento, progettazione, supporto, preparazione e attuazione di atti o attività, in collegamento, in nome di, per conto o a sostegno di al-Qaida… La Brigata Internazionale Islamica (IIB) fu fondata e guidata da Shamil Salmanovich Basaev (deceduto) ed è collegata al Battaglione ricognizione e sabotaggio dei Martiri ceceni Rijadus-Salikhin (RSRSBCM)… e al Reggimento forze speciali islamico (SPIR)… La sera del 23 ottobre 2002, i membri di IIB, RSRSBCM e SPIR congiuntamente sequestrarono oltre 800 ostaggi al Teatro di Mosca (Dubrovka). Nell’ottobre 1999, emissari di Basaev e al-Qatab si recarono nella base di Usama bin Ladin, nella provincia afghana di Kandahar, dove bin Ladin accettò di fornire assistenza militare sostanziale e aiuti finanziari, e anche di prendere accordi per inviare in Cecenia centinaia di combattenti per lottare contro le truppe russe e perpetrare atti di terrorismo. Nello stesso anno, bin Ladin inviò ingenti somme di denaro a Basaev, Movsar Baraev (capo del SPIR) e al-Qatab, da utilizzare esclusivamente per l’addestramento militare, reclutamento di mercenari e acquisto di munizioni”. La “ferrovia terrorista” afgano-caucasica di al-Qaida, finanziata dall’intelligence saudita, aveva due obiettivi. Uno era l’obiettivo saudita di diffondere la fanatica jihad wahabita nell’Asia centrale dell’ex-Unione Sovietica. Il secondo era l’obiettivo della CIA di destabilizzare la Federazione Russa post-sovietica e farla collassare.
Beslan
Il 1° settembre 2004 i terroristi di Basaev e dell’IIB di al-Qattab presero più di 1100 persone in ostaggio, tra cui 777 bambini, nella Scuola Numero Uno (SNO) di Beslan, in Ossezia del Nord, repubblica autonoma nel Caucaso settentrionale della Federazione russa, vicino al confine della Georgia. Il terzo giorno della crisi degli ostaggi, mentre esplosioni furono sentite nella scuola, FSB e altre truppe russe d’élite assaltarono l’edificio. Alla fine, almeno 334 ostaggi furono uccisi, tra cui 186 bambini, con un numero significativo di feriti e dispersi. Fu poi chiaro dopo che le forze russe avevano gestito male l’intervento. La propaganda di Washington, da Radio Free Europe al New York Times e CNN, non persero tempo a demonizzare Putin e la Russia per la cattiva gestione della crisi di Beslan, piuttosto che concentrarsi sui legami di Basaev con al-Qaida e i servizi segreti sauditi. Ciò avrebbe denunciato al mondo le relazioni intime tra la famiglia del presidente degli Stati Uniti George W. Bush e la famiglia miliardaria saudita dei bin Ladin. Il 1 settembre 2001, dieci giorni prima degli attentati al World Trade Center e al Pentagono, il capo dei servizi segreti sauditi, il principe di cultura statunitense Turqi bin Faysal al-Saud che dirigeva l’ntelligence saudita dal 1977, e anche l’intera operazione dei mujahidin di Usama bin Ladin in Afghanistan e Caucaso, all’improvviso e inspiegabilmente si dimise, pochi giorni dopo aver accettato un nuovo mandato a capo dell’intelligence dal suo re. Non diede alcuna spiegazione e fu subito spedito a Londra, lontano da Washington. La cronaca degli intimi legami tra le famiglie bin Ladin e Bush fu insabbiata, in realtà del tutto cancellata con la motivazione della “sicurezza nazionale” (sic!) dalla relazione ufficiale della Commissione sull’11 settembre degli Stati Uniti. L’origine saudita di quattordici dei diciannove presunti terroristi dell’11 settembre a New York e Washington, fu anch’essa eliminata dal rapporto finale della Commissione 911 del governo degli Stati Uniti, pubblicata solo nel luglio 2004 dall’amministrazione Bush, quasi tre anni dopo i fatti.
Basaev si vantò di aver inviato i terroristi a Beslan. Le sue richieste includevano la completa indipendenza della Cecenia dalla Russia, che avrebbe dato a Washington e Pentagono un enorme pugnale strategico sul ventre meridionale della Federazione russa. Alla fine del 2004, a seguito del tragico dramma di Beslan, il Presidente Vladimir Putin ordinò una missione cerca e distruggi segreta all’intelligence russa, per dare la caccia ed eliminare i capi dei mujahidin di Basaev nel Caucaso. Al-Qatab fu ucciso nel 2002. Le forze di sicurezza russe scoprirono che la maggior parte dei terroristi ceceni, afgani ed arabi era fuggita. Si erano messi al sicuro in Turchia, membro della NATO; in Azerbaijan, quasi membro della NATO; in Germania, altro membro della NATO; a Dubai, uno dei più stretti alleati arabi degli Stati Uniti, e nel Qatar, strettissimo alleato degli Stati Uniti. In altre parole, i terroristi ceceni trovarono nella NATO un santuario.
energia_fig_vol1_001330_011F. William Engdahl è consulente di rischio strategico e docente, laureato in politica dalla Princeton University, è autore di best-seller su petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online New Eastern Outlook.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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Il nuovo incubo degli USA: India, Cina e Russia
MAGGIO 16, 2015 LASCIA UN COMMENTO
Svobodnaja Pressa RBTH 15 maggio 2015
La Russia avidamente spera nel riavvicinamento tra India e Cina, dopo la visita di alto profilo del primo ministro indiano Narendra Modi in Cina. Se le tensioni politiche tra India e Cina diminuiscono Russia, India e Cina (RIC) insieme inizieranno ad essere il motore economico e strategico del mondo, preoccupando gli Stati Uniti.modi-xi-759Il primo ministro indiano Narendra Modi s’è recato in Cina il 14 maggio per i negoziati con il Presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping. Nell’ambito della visita, Modi spera in una svolta nei rapporti con la Cina, finora ostacolata da disputa di confine e rivendicazioni territoriali. A giudicare dagli indicatori indiretti, la visita potrebbe essere la svolta nelle relazioni tra New Delhi e Pechino. Il programma della visita di Modi in Cina sarà tale che il primo ministro indiano sarà ricevuto dai massimi funzionari cinesi. Rompendo il protocollo, il presidente cinese s’è recato nella città natale di Xian, incontrando personalmente Modi non solo per un vertice durato più di 90 minuti, ma anche per un tour informale nei principali siti storici buddisti di Xian. È la prima volta che Xi riceve un leader fuori Pechino. Il gesto è visto come un serio tentativo di ridurre le differenze e “rafforzare la fiducia” tra i due Paesi. Il Presidente Xi risponde al gesto simile di Modi quando visitò l’India nel settembre scorso. Modi aveva ricevuto Xi nella sua nativa Ahmadabad. Il primo ministro indiano era a Pechino per incontrare il premier cinese Li Keqiang. La sua visita si conclude con un viaggio a Shanghai dove la delegazione indiana avrà dei negoziati con i rappresentanti degli ambienti economici cinesi. Per la Russia, il riavvicinamento tra India e Cina è una questione di fondamentale importanza. Per molto tempo, il concetto di triangolo strategico tra Russia, Cina e India è esistito, ma fino a poco prima non appariva particolarmente redditizio. Il RIC, come gruppo, è stato soprattutto un forum economico, senza molto da mostrare in termini strategici. Il conflitto tra Cina e India sui confini è irrisolto e sembra intrattabile. Con questa visita è probabile che alcune questioni saranno risolte e le difficoltà principali nell’integrazione economica dell’Eurasia potrebbero essere risolte. Ciò significa che Mosca dispone di nuove opportunità in Oriente. In questo contesto, la conversazione telefonica tra il presidente russo Vladimir Putin e il primo ministro indiano, il giorno prima della visita in Cina, è significativa. Secondo il servizio stampa del Cremlino, e un tweet di Modi, il primo ministro indiano ha confermato la partecipazione al prossimo vertice BRICS di luglio e al vertice della Shanghai Cooperation Organization a Ufa. Ha anche discusso con il Presidente su varie questioni russe connesse all’espansione del partenariato strategico e privilegiato russo-indiano. La settimana scorsa, Putin ha ricevuto il presidente cinese Xi a Mosca, dove più di 30 accordi sono stati firmati dai due leader.(FOCUS)CHINA-XI'AN-INDIAN PM-MODI-VISITING (CN)Svobodnaja Pressa (SP): Cosa significa il riavvicinamento tra i due giganti economici asiatici per la Russia?
“L’idea di un triangolo russo, cinese e indiano fu avanzato da Evgenij Primakov, alla fine degli anni ’90”, ha detto Aleksej Maslov, direttore del Centro di ricerca strategica sulla Cina presso l’Università russa dell’Amicizia dei Popoli e a capo del Dipartimento di Studi Orientali presso la Scuola Superiore di Economia. “Ma allora si pensava che la Russia avrebbe giocato un ruolo di primo piano nel ‘triangolo’. Ora è chiaro che la Cina avrà questo ruolo, cambiando l’intera situazione”, ha detto. “Bisogna capire che il rafforzamento del triangolo avverrà secondo il concetto cinese di nuova ‘Grande Via della Seta’. In altre parole, la Cina unirà i Paesi secondo un comune interesse, soprattutto economico”.
SP: In particolare quali progetti potrebbero unire India, Cina e Russia?
“Prima di tutto è il passaggio alle transazioni in valuta comune. È chiaro che tale valuta non apparirà domani, ma nel migliore dei casi tra 5-6 anni. È un progetto molto interessante. Inoltre, i nostri tre Paesi possono introdurre un sistema commerciale preferenziale e creare società miste. Probabilmente possiamo sviluppare rotte ferroviarie e aree commerciali comuni. In sostanza, oggi la Cina crea una nuova realtà politica, ed è Pechino che la controlla. Molto dipende da quanto efficacemente la Cina normalizzerà le relazioni con l’India. Non è facile considerando le rivendicazioni territoriali e il conflitto che causano, apparsi nelle precedenti trattative indiano-cinesi”.
SP: Pensa che Pechino ci riesca?
“Mi aspetto che la visita Modi concluda un accordo che congeli le dispute territoriali. Penso che la Cina adotterà misure economiche per dare all’India credito per sviluppare la propria industria. Devo dire che oggi l’India è un concorrente naturale della Cina per costi di produzione. E’ possibile che la Cina individui alcune imprese in India. Nel prossimo futuro inizieranno i lavori degli investimenti cinesi in strade e ferrovie nel nord dell’India. In sostanza, nel quadro del progetto Grande Via della Seta, Pechino spera di aver il controllo su un vasto territorio, dal Sud-Est asiatico al Caucaso. Questo concetto implica integrazione economica, cooperazione finanziaria e politica, logistica e infrastrutture comuni. Per ora questo concetto comprende i territori della Cina, più i Paesi vicini come le repubbliche dell’Asia centrale e i Paesi del sud-est asiatico. La Russia non l’ha ancora sottoscritto, ma ha detto che è pronta alla cooperazione nel quadro delle due unioni; la Via della Seta e l’Unione economica eurasiatica. (L’India non aderirebbe al progetto di Via della Seta)”.
SP: Si può dire che in questa situazione, sia particolarmente vantaggioso per la Russia volgersi a Est?
“Allo stato attuale, la Russia è il maggiore Paese che sostiene la “politica espansionistica della Cina”, rafforzando le nostre posizioni politiche ed economiche. D’altra parte, una serie di rischi e conflitti possono sorgere in futuro, che potranno essere risolti solo se la Russia potrà coinvolgervi ugualmente occidente e Oriente”, ha detto Maslov. “Tra Pechino e New Delhi c’è una disputa territoriale, derivante dalla (prima) guerra di confine sino-indiana nel 1962, che si concluse con la sconfitta dell’India”, osserva Andrej Ostrovskij, vicedirettore dell’Istituto di Studi Estremo Orientali, e membro dell’Associazione europea dei sinologi. “Come risultato, l’India ora occupa una parte del territorio cinese, nello Stato di Arunachal Pradesh, e la Cina una parte del territorio indiano, l’altopiano di Aksai Chin. Fino a quando tali dispute territoriali non saranno risolte, avere normali relazioni tra i due Paesi sarà piuttosto difficile. Tuttavia, questi problemi possono essere risolti a poco a poco, attraverso i negoziati. Prendiamo ad esempio le relazioni Russia-Cina. Nel 1964, quando Mao Zedong per la prima volta sollevò la questione del destino di 1,5 milioni di chilometri quadrati che la Russia zarista aveva preso alla Cina, il problema era ben lungi dall’essere risolto. Tuttavia nel 2004, 40 anni dopo, fu effettuata la demarcazione definitiva del confine russo-cinese. Data la buona volontà di entrambe le parti, i Paesi poterono perfettamente risolvere le questioni di confine. Non appena Cina e India risolveranno le loro dispute territoriali, tutte le altre questioni politiche saranno immediatamente risolte. Va detto che la soluzione del problema di confine è attesa da tempo, mentre i legami economici tra India e Cina si sviluppano molto rapidamente. Il volume del commercio estero India-Cina è paragonabile al volume degli scambi della Russia con la Cina, circa 100 miliardi di dollari. La cosa importante è che i problemi tra India e Cina saranno affrontati non solo nel formato BRICS ma anche nell’ambito della Shanghai Cooperation Organization (SCO), in cui la Russia ha un ruolo importante. Come sappiamo, Nuova Delhi ha presentato domanda di adesione alla SCO ed è del tutto possibile che durante il vertice SCO a Ufa, a luglio, sarà approvata la richiesta dell’India”.
SP: Che cosa costituiscono gli interessi economici comuni di India e Cina?
“Di particolare interesse sono i mercati di entrambi i Paesi, che sono enormi. Infatti, quasi tutta la produzione in surplus di cui la Cina è capace può essere venduta all’India, e viceversa. Inoltre, ci sono anche prodotti e servizi esclusivi dell’India o della Cina. In India sono prima di tutto i servizi di informazione e software, mentre la Cina spera di costruirvi una rete ferroviaria ad alta velocità”.
SP: Qual è il posto della Russia in queste due economie?
“Il nostro posto nell’economia cinese emerge dai 32 accordi firmati dal Presidente Xi durante la visita di maggio a Mosca. Secondo questi accordi, la Cina investirà nel nostro programma di sviluppo delle infrastrutture. Oltre alla ferrovia ad alta velocità da Mosca a Pechino, che sarà costruita nel 2023, abbiamo progetti infrastrutturali comuni in Asia, come ad esempio la costruzione della linea ferroviaria Kyzyl-Kuragino e il porto in Estremo Oriente. Inoltre la Cina fornisce alla Russia credito. Noi invece forniremo gas alla Cina per la via occidentale, così come 100 velivoli Sukhoj Superjet. L’India anche è interessata al gas russo. Il Paese è enorme e non dispone di risorse energetiche sufficienti. Sì, esistono problemi nell’organizzare la fornitura di gas, per esempio per il terreno difficile. Tuttavia, come i cinesi dimostrano con la costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità per il Tibet, ciò non è insormontabile”, ha detto Ostrovskij.new-railway_0909Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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Tra “Turkish Stream” e genocidio armeno: il doppio gioco della Turchia
MAGGIO 16, 2015 LASCIA UN COMMENTO
Andrej Rezchikov e Mikhail Moshkin, Rusvesna, 15 maggio 2015 – Fort Russ605x328putin_erdoganLa Turchia sembra essere seriamente offesa dalla Russia per la sua posizione sul genocidio armeno: dichiarazioni ostili, anche sulla Crimea, si susseguono. Le relazioni tra i due Paesi si raffreddano interessando il progetto, fondamentale per la Russia, del “Turkish stream“?
Il ministro degli Esteri turco Chavushoglu ha scoperto violazioni dei diritti umani in Crimea
Il ministro degli Esteri della Turchia Mevlut Chavushoglu ha detto che la delegazione turca informale, che ha visitato la Crimea, ha trovato segni di violazioni dei diritti umani. “In particolare, i tartari della Crimea continuano ad essere sotto pressione“, ha detto. Secondo il ministro degli Esteri, la delegazione informale era composta da due gruppi. “Uno ha incontrato le attuali autorità de facto della Crimea (così la Turchia sottolinea di non riconoscere la legittimità delle autorità della Crimea – ndr). L’altro si mescolava con la gente del posto studiando la situazione della popolazione, parlando con essa brevemente. Il rapporto sarà pubblicato in seguito“, ha promesso il ministro alla conferenza stampa del vertice dei ministri degli esteri della NATO, tenutosi nella città di Belek, nei pressi di Antalya. Le osservazioni di Chavushoglu sono strane, date le dichiarazioni dei membri della delegazione turca in visita in Crimea. Il 29 aprile, il capo della delegazione Mehmet Uskul, arrivato nella Repubblica per la visita di tre giorni, ha dichiarato di essere soddisfatto della situazione dei tartari della Crimea. “In due giorni la nostra delegazione ha incontrato il governo di Crimea, rappresentanti pubblici, visitato i luoghi di residenza dei tatari di Crimea“, riferiva RIA Novosti citando il capodelegazione. “Ciò che vedo oggi è incoraggiante, sono incredibilmente grato alla Crimea per l’ospitalità e, a sua volta, le invitiamo a visitare la Turchia“.
“Annessione illegale della Crimea”
Ancora più drammatiche le dichiarazioni di altri capi turchi. “L’annessione illegale della Crimea non può essere riconosciuta in alcun modo”, annunciava il primo ministro Ahmet Davutoglu alla riunione dei ministri degli Esteri della NATO. Come riportato da RIA Novosti, il primo ministro turco ha chiesto di sostenere l’Ucraina, “in modo che possa provvedere alla sicurezza del proprio popolo“. “Tendendo una mano all’Ucraina, non dobbiamo dimenticare le sofferenze del popolo della Crimea… tenersi in contatto con i tartari della Crimea e impedirne l’isolamento è fondamentale“, ha detto Davutoglu, il cui discorso è stato trasmesso sul sito web della NATO. Il ministro degli Esteri della Turchia Mevlut Chavushoglu, a sua volta ha detto, parlando alla stessa riunione, che le azioni della Russia contro Ucraina, Crimea e Georgia non possono essere considerate valide.
Alla Georgia hanno promesso un posto nella NATO
Il tema georgiano risuonò nel discorso del capo del ministero degli Esteri turco il giorno successivo. Chavushoglu ha detto che la Turchia sostiene l’adesione della Georgia alla NATO. “Ora abbiamo quattro Paesi candidati, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Macedonia e Georgia. E vogliamo che il vertice del 2016 abbia per scopo l’ampliamento (dell’Alleanza)”, ha detto Chavushoglu. Nota, su questo tema Ankara “mette il carro davanti ai buoi”. Il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, nella riunione dell’11 maggio a Bruxelles con il presidente georgiano Giorgi Margvelashvili, pur sottolineando che “la Georgia si avvicina alla NATO”, non ha chiesto alcuna scadenza specifica per l’eventuale adesione all’Alleanza. Il segretario generale della NATO non ha parlato dell’espansione dell’Alleanza in occasione della riunione ministeriale di Antalya. Ha tuttavia ammesso che “la NATO aumenta la presenza nella parte orientale dell’Alleanza, anche nella regione del Baltico“. Ciò che Stoltenberg chiama rafforzamento è “la reazione alle azioni della Russia in Ucraina” quale misura “di natura puramente difensiva”. “Le nostre azioni sono proporzionate e rispettano pienamente i nostri obblighi internazionali“, ha detto il segretario generale dell’Alleanza.
“A tal proposito un compromesso è impossibile”
E’ evidente che le dichiarazioni antirusse di Ankara, anche menzionando la politica “sbagliata” di Mosca in Crimea e Ucraina, fanno seguito alla visita del presidente russo Vladimir Putin a Erevan per il 100° anniversario del genocidio armeno. Il 24 aprile Putin ha visitato il memoriale Tsitsernakaberd, istituito nel ricordo della tragedia del 1915, e ha dichiarato che “non ci può essere alcuna giustificazione per ciò che è successo“. La Turchia, per cui la questione del riconoscimento del genocidio è il soggetto più doloroso, ha reagito immediatamente. “Nonostante tutti i nostri avvertimenti, il Presidente della Russia Putin ha descritto gli eventi del 1915 quale genocidio, cosa che non accettiamo e che condanniamo“. Ha detto la dichiarazione del ministro degli Esteri turco. “Perciò vi fu una conversazione tra i leader dei nostri due Paesi, Recep Tayyip Erdogan sapeva bene dei piani di Putin per visitare l’Armenia, è anche che il nostro Paese sarà rappresentato a livello molto alto, il 24 aprile, in Turchia“, ha detto ai giornalisti l’assistente del Presidente Putin Jurij Ushakov. Il segretario stampa del Presidente, Dmitrij Peskov, ha detto che la Russia apprezza le relazioni con la Turchia e non ritiene che la partecipazione del Presidente Vladimir Putin agli eventi commemorativi in Armenia influenzi negativamente queste relazioni. Tuttavia, tre giorni dopo, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha “ricordato” la Crimea. Il capo turco ha detto che la Russia dovrebbe essere ritenuta responsabile delle sue azioni in Crimea e Ucraina prima di condannare il massacro degli armeni da parte degli ottomani nel 1915. L’8 maggio, il quotidiano turco “Milliyet” ha riferito che il presidente Erdogan, in un incontro con degli storici turchi, non ha escluso la possibilità di richiamare l’ambasciatore a Mosca per la posizione della Russia sul genocidio armeno, almeno questo è stato sostenuto dallo storico Mustafa Armagan presente alla riunione. Ha riferito le parole del capo turco così: “il presidente ha detto di aver discusso al telefono la questione con Putin e gli ha detto che era deluso. Secondo lui, il nostro rapporto con Mosca è buono, si comprende con con il Presidente della Russia, ma a tal proposito è impossibile avere compromessi. Erdogan ha sottolineato che, se necessario, la Turchia richiamerà l’ambasciatore dalla Russia e ridurrà le relazioni diplomatiche al console generale o incaricato d’affari“.
Sulla via del Turkish stream
Il deterioramento delle relazioni tra Ankara e Mosca (almeno, a livello di retorica) è in forte contraddizione con la continua e approfondita cooperazione economica tra i due Paesi, soprattutto nel settore energetico. Il governo russo ha approvato il piano aggiornato dei gasdotti comprendente il “Turkish stream“. Il 9 maggio, la società italiana Saipem, appaltatrice della costruzione del gasdotto, ha riferito che Gazprom ha ordinato di avviarne i lavori di costruzione. Durante i negoziati preliminari tra il direttore di Gazprom Aleksej Miller e il ministro dell’Energia e delle Risorse Naturali della Turchia, Taner Yildiz, è stato deciso di avviare le operazioni del gasdotto nel dicembre 2016. Si presume che il gas del primo gasdotto, per un volume di 15,75 miliardi di metri cubi, andrà sul mercato turco. Come già spiegato al giornale “Vzglyad” dalla ricercatrice del Centro per la sicurezza euro-atlantica dell’Istituto di Relazioni Internazionali Julia Kudrjashova, il “Turkish stream” è molto vantaggioso per la Turchia, in quanto nel “South Stream” era solo uno Stato di transito, ed ora effettivamente depositerà il gas e potrà unirvi il gas del gasdotto TANAP (progetto in collaborazione con l’Azerbaigian). Il vantaggio per la Russia è evidente, se il progetto “Turkish stream” diverrà realtà, la questione dei rischi di transito del gas ai consumatori europei attraverso l’Ucraina perderà rilevanza. Un mese prima l’AD di Gazprom Aleksej Miller ha detto che il fallimento del vecchio progetto, “South Stream”, perseguiva uno scopo, conservare il transito del gas attraverso l’Ucraina all’Europa. “Se qualcuno pensa che, anche bloccando il “Turkish stream”, di raggiungere tale obiettivo, è in grave errore“, aveva detto Miller. L’attuazione del progetto (la capacità del nuovo gasdotto dovrebbe raggiungere i 63 miliardi di metri cubi) chiaramente infastidisce gli Stati Uniti. Come già indicato dal quotidiano “Vzglyad“, l’inviato speciale del dipartimento di Stato per gli affari internazionali dell’energia, Amos Hochstein, ha ammesso presso i Greci, ad Atene, che gli USA non vogliono un gasdotto russo attraversi la loro terra. Del volume totale di 63 miliardi di metri cubi, circa 50 sarebbero consegnati a un hub sul confine turco-greco. “Certo, gli Stati Uniti non vogliono questo gasdotto, come Hochstein ha onestamente e direttamente spiegato durante il nostro ultimo incontro“, ha ammesso il ministro per la Riforma industriale, Ambiente ed Energia della Grecia, Panagiotis Lafazanis. Il progetto del transito del gas russo ai clienti europei attraverso la Turchia e l’hub greco è stato reso possibile dall’accordo del dicembre dello scorso anno tra i Presidenti Putin e Erdogan.
La relazione non sarà sacrificata
Il direttore del centro di ricerca “Medio Oriente-Caucaso” Stanislav Tarasov ritiene che non sia necessario parlare di alcun raffreddamento delle relazioni russo-turche. Secondo lui, nel Paese s’è sviluppata una seria lobby pro-russa che, “con qualsiasi cambiamento di regime non sacrificherà i rapporti russo-turchi”. “I capi che fanno tali affermazioni non hanno alcuna visione politica. Non hanno futuro. Il benessere della Turchia dipende ora dalla Russia. È Vladimir Putin che può mantenere stabile il regime di Erdogan, che potrebbe perdere le elezioni parlamentari. La Turchia si trova nell’instabilità geopolitica. C’è una questione curda, una questione siriana, l’Iraq… Sono circondati da nemici e Chavushoglu vuole che la Russia diventi anch’essa nemica. E neanche lui avrà successo“, ha detto Tarasov al giornale “Vzglyad“. È convinto che il capo del Ministero degli Esteri turco abbia fatto dichiarazioni opportunistiche. Tarasov ha suggerito che tale retorica è stata preceduta da una serie di eventi. Prima di tutto il vertice della NATO a Antalya, così come la visita del segretario di Stato degli USA John Kerry a Sochi. A tal proposito, “Ankara s’è resa conto che le grandi potenze giocano senza di essa. I colloqui a Sochi non erano solo sull’Ucraina, ma anche su Yemen, Iraq, Siria. E la Turchia è direttamente coinvolta in tali processi. La Turchia voleva invadere la Siria, ma non le è stato permesso e la diplomazia turca è giunta a un punto morto, e le elezioni parlamentari di giugno sono imminenti. Da qui tali dichiarazioni contraddittorie“, ritiene l’esperto. Inoltre, l’analista politico è certo che le dichiarazioni antirusse di Chavushoglu testimonino il tramonto della sua carriera. Ha ricordato che la Turchia non ha aderito alle sanzioni occidentali contro la Russia. “Molti turchi sono assai contenti che la Crimea si sia unita alla Russia. Quando la diaspora dei tatari di Crimea in Turchia ha saputo che il flirt del Majlis del popolo tartaro di Crimea con Kiev era finto nel disastro, ha espresso il desiderio di tornare in Crimea. Sei milioni di persone possono approfittarne. Solo in Crimea saranno accettati come tatari di Crimea, in Turchia sono turchi“, ha detto.
La Turchia distrae l’occidente
Le dure critiche delle autorità turche nei confronti della Russia sono legate alla riunione dei ministri degli Esteri della NATO a Antalya, secondo la ricercatrice del Centro per la sicurezza euro-atlantica dell’Istituto di Relazioni Internazionali Julia Kudrjashova. “Dato che John Kerry arrivato qui ed ha avuto trattative con i rappresentanti delle autorità turche, la Turchia doveva in qualche modo sostenere politicamente la NATO”, ha detto al giornale Vzglyad. I negoziati dei ministri degli Esteri dell’Alleanza sono iniziati il 13 maggio, principale argomento discusso era la politica verso la Russia sulla situazione in Ucraina. Kudrjashova ha notato che il presidente turco ha anche rifiutato di recarsi in Russia per la Parata del Giorno della Vittoria”. Erdogan doveva ancora trovare qualche motivo per non parteciparvi. Dopo tutto, la Turchia è stata accusata dai Paesi occidentali di non adesione alle sanzioni, di sviluppare piani economici, per esempio il “Turskish stream“, ha detto l’esperta. “Al fine di distogliere l’attenzione dei Paesi occidentali, per difendersi dalle critiche per le relazioni economiche con la Russia, la Turchia doveva dimostrare che è politicamente schierata con l’occidente, sostiene i principi base della NATO, non supporta politicamente la Russia, condanna gli eventi in Crimea e Ucraina“. Criticare politicamente la Russia è ancora necessario. “Allora, Erdogan ha capitalizzato l’intervento di Putin sul genocidio armeno trovando una comoda copertura per condannare la Russia”, ha detto Kudrjashova. “Allo stesso tempo, la Turchia non potrà mai abbandonare gli interessi economici in Russia, è molto pragmatica e capisce che le sanzioni danno alla Turchia una possibilità“, ha detto l’esperta.
w645_risultatoTraduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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La visita di Kerry a Sochi: gli USA fanno marcia indietro sulla Crimea?
MAGGIO 15, 2015 3 COMMENTI
Alla fine ciò che è apparso con Kerry a Sochi è l’inevitabile fallimento della politica statunitense
Danielle Ryan Russia Insider 14/5/201511Non credo alla chiacchierata di John Kerry a Sochi. Non ancora, almeno. Sono passati due giorni dal suo incontro con Vladimir Putin nella località sul Mar Nero e finora non c’è stato alcun voltafaccia su un apparente ripensamento strategico sulla Russia. Ma mentre c’è motivo per un sano scetticismo, c’è anche motivo di (assai) cauto ottimismo. Kerry non ha esattamente premuto il tasto ‘reset’, come Hillary Clinton nel 2009, ma ha tenuto un nuovo e accurato contegno. Se i colloqui siano una svolta in questa cosiddetta ‘nuova guerra fredda’ è troppo presto per dirlo, ma ciò che è ovvio, e non importa come vadano, è che i colloqui sono una svolta, almeno della visione di Washington sulla crisi ucraina. Rinunciare a principi e varie “linee rosse” non è facile per la Casa Bianca, né per qualsiasi amministrazione, ma a volte va fatto. La Crimea presenta una situazione del genere. Il fatto che Kerry non abbia menzionato l”annessione’ della penisola alla conferenza stampa dopo i colloqui con Putin, non è passato inosservato, ed è forse il segno più eloquente che gli Stati Uniti affrontano una situazione di stallo in tale controversia. Naturalmente, non sappiamo cosa ha detto Kerry a porte chiuse, ma finora non ha mai perso l’occasione di tirare fuori pubblicamente la Crimea, quindi il fatto che ora non l’abbia fatto, probabilmente significa solo una cosa: l’amministrazione Obama si rende conto che le relazioni con la Russia vanno migliorate, essendone necessario l’aiuto (Stato islamico, Iran), tanto che a un certo punto deve rinunciare alla Crimea, se non altro per il fatto che, in definitiva, è un vicolo cieco. In sostanza, Washington rinuncerà alla Crimea perché la Russia non lo farà mai. Obama lo sa. Kerry lo sa. Victoria Nuland e la sua banda di biscottari lo sanno. Va solo capito come accettarlo e andare avanti con il minimo imbarazzo. Dopo tante minacce ed isterie, Washington assai difficilmente accetterà o riconoscerà pubblicamente la volontà della stragrande maggioranza dei crimeani. Forse non lo farà mai. Ma ci sono pesci più grandi da friggere nel mondo e la questione della Crimea lentamente si esaurirà finché nessuno in occidente se ne preoccuperà. Per la Russia, il risultato alla fine sarà la Crimea e alcuna punizione.
Non c’è dubbio che il viaggio di Kerry a Sochi abbia scosso certe piume a Kiev. Petro Poroshenko probabilmente ne sarà infastidito, ma ciò che non sembra colto è che lui, in ultima analisi, è irrilevante rispetto a Putin e alla Russia e che il nazionalismo estremo e fanatico nel suo Paese oggi non s’accordano per nulla con gli amanti della libertà occidentali. Infatti, dopo la Crimea è apparso il secondo più importante elemento della visita di Kerry in Russia, l’unico avvertimento pubblico di da Kerry a Poroshenko di “pensarci due volte” prima di riaccendere il conflitto ad oriente. È il primo riconoscimento reale di Washington che ci sono due parti in questa guerra, e che la colpa non va addossata interamente ai separatisti e al Cremlino. Infine, vediamo che Kerry a Sochi ha raccolto l’inevitabile risultato di una politica fallimentare. Washington ha cercato di fare qualche grande mossa sugli scacchi geopolitici dell’Ucraina, fallendo miseramente in ogni aspetto. Le sanzioni, che avrebbero dovuto paralizzare l’economia russa e indebolire il sostegno interno a Putin, hanno avuto un effetto minimo sull’economia (rispetto agli intenti) e un effetto opposto sulla popolarità di Putin; l’economia si è dimostrata notevolmente resistente a ciò che alcuni hanno definito addirittura ‘guerra economica’, e Putin è più popolare che mai. Si può solo immaginare sorpresa e sconcerto alla Casa Bianca su come tutto ciò abbia fallito. Inoltre, la retorica incendiaria volta ad isolare la Russia dal resto del mondo, sé dimostrata un altro fallimento, con la Russia che si rivolge a numerosi partner internazionali alternativi, Turchia, India, Cina e Brasile. L’amministrazione Obama ha enormemente sovrastimato la sua forza in Ucraina e sottovalutato la capacità della Russia di sostenere tutto ciò che gli è stato gettato addosso, almeno questa volta. Perciò la politica degli Stati Uniti è stato un disastro dall’inizio alla fine e, a un certo punto, va affondando.
Purtroppo, se tale cambio di tono non segna una sostanziale virata, potrebbe benissimo essere di breve durata. Dato il rapporto tra l’acrimoniosa Hillary Clinton e Vladimir Putin, potremmo vedere un altro famoso ‘reset’ se vincesse le presidenziali il prossimo anno. Ma questa volta l’errata definizione di reset potrebbe essere la parola più opportuna da usare fin dall’inizio. Non so se in un anno e mezzo la marcia indietro di Obama sull’Ucraina per salvarsi la faccia e distendere un po’ il grande gelo del 2014-15 basterà a far baciare Hillary e Vlad. La coppia s’è scambiata insulti ad un livello piuttosto insolitamente personale per due persone formatesi nell’arte della diplomazia. Da parte loro, i media occidentali sono stati insolitamente assai reticenti sul senso della visita di Kerry forse perché, come noi, in realtà non sanno nulla, anche se di solito non sono timidi nel speculare. Se il cordiale tono di Kerry a Sochi significa un cambio nei rapporti Washington-Mosca, i media tradizionali statunitensi finalmente troveranno modo di divincolarsi dal peso della propaganda con cui bombardano la gente da due anni, senza farlo sembrare una loro sconfitta. Dovranno anche fermarsi per riconsiderare la loro evangelizzazione della causa antirussa in generale. Ma dato tempo ed energia spesi per tale narrazione, non vi rinunceranno facilmente. Qualunque cosa accada, troveranno modo di spacciarla come vittoria di Obama. Kerry può ancora ritrarsi dai piccoli progressi compiuti a Sochi questa settimana, ma a questo punto si tratta solo d’indovinare, ma se lo facesse, apparirebbe chiaro che danneggerebbe più gli Stati Uniti che la Russia.
John Kerry e l'ambasciatore degli USA a Mosca John Tefft
John Kerry e l’ambasciatore degli USA a Mosca John Tefft
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
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Perché piangevo per la parata russa
MAGGIO 15, 2015 2 COMMENTI
F. William Engdahl New Eastern Outlook 13/05/2015
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
standard V Putin kremlin websiteQualcosa di straordinario non solo ha avuto luogo in Russia ma potrebbe avvicinare il nostro turbato mondo con un passo importante alla pace e allontanarlo dall’incombente nuova guerra mondiale. Di tutte le cose improbabili, ciò che è accaduto è stata la commemorazione nazionale russa dei 27, forse 30 milioni, di cittadini sovietici mai tornati dalla seconda guerra mondiale. Eppure, ciò che può essere descritto solo come spirituale, gli eventi del 9 Maggio, Giorno della Vittoria sul nazismo, svoltisi in tutta la Russia, ha trasceso il mero giorno della memoria del 70° anniversario della fine della seconda guerra mondiale nel 1945. E’ stato possibile vedervi emergere lo spirito degli eventi attuali, diverso da tutto ciò che l’autore abbia mai visto prima.
La manifestazione è stata straordinaria sotto ogni aspetto. C’era la sensazione, in tutti i partecipanti, di plasmare la storia in modo ineffabile. Non era il solito 9 Maggio per illustrare la forza militare della Russia. Sì, era caratterizzato dalla parata dei mezzi militari più avanzati della Russia, tra cui gli impressionanti nuovi carri armati T-14 Armata, i sistemi antimissile S-400 e gli avanzati jet da combattimento Sukhoj Su-35. E’ stato davvero impressionante vederli. La parte militare della manifestazione ha anche visto per la prima volta i soldati d’élite dell’Esercito di Liberazione Popolare della Cina marciare in formazione con i soldati russi, che di per sé dovrebbe far rabbrividire i falchi neoconservatori di UE e Washington, se avessero una spina dorsale da far rabbrividire. L’alleanza tra le due grandi potenze eurasiatiche, Russia e Cina, evolve a velocità fulminea in una nuova che cambierà la dinamica economica del nostro mondo da debito, depressione e guerre a crescente prosperità generale e sviluppo, se saremo abbastanza seri da contribuirvi. Durante la visita, il presidente cinese Xi oltre ad onorare in modo ben visibile la manifestazione della Vittoria russa e il suo significato per la Cina, ha incontrato separatamente Vladimir Putin e deciso che l’emergente Nuova Via della Seta del grande programma ferroviario ad alta velocità della Cina s’integrerà nella pianificazione e in altri aspetti dell’Unione economica eurasiatica formata da Russia, Bielorussia, Kazakistan e Armenia con diversi possibili candidati in attesa. Se può sembrare un passo ovvio, non era affatto certo finora. I due grandi Paesi eurasiatici ora hanno cementato gli enormi accordi su petrolio e gas, commerciali e di cooperazione militare, volti ad integrare pienamente le infrastrutture economiche. In seguito all’incontro con Xi, Putin ha detto alla stampa, “L’integrazione dei progetti eurasiatici Unione economica e Via della Seta significa raggiunge un nuovo livello di collaborazione implicante uno spazio economico comune continentale”. Il peggior incubo geopolitico di Zbigniew Brzezinski si compie, grazie alla stupida e miope strategia geopolitica di Brzezinski e della fazione guerrafondaia di Washington che ha chiarito a Pechino e Mosca che la loro unica speranza di sviluppo nazionale e libertà dai dettami dell’unica superpotenza Washington-Wall Street sia costruire un spazio monetario ed economico indipendente dal mondo del dollaro.
La sfilata del Bene
Ma la parte più straordinaria delle manifestazioni della lunga giornata, non è stato lo spettacolo del materiale militare in un momento in cui la NATO non solo fa tintinnare le sciabole contro la Russia, ma interviene militarmente in Ucraina per trascinare la Russia in una sorta guerra. Qual che è stato straordinario il 9 Maggio, alla Parata del Giorno della Vittoria, era la marcia del ricordo dei cittadini, un corteo simbolico conosciuto come marcia del Reggimento Immortale, una processione dalle strade di Mosca alla famosa e molto bella Piazza Rossa. La piazza, contrariamente alla credenza di molti occidentali, non si chiama così dal “Rosso” del bolscevichi, ma per opera dello zar Aleksej Mikhajlovich di metà 17° secolo, usando una parola russa che ora significa rosso. La parate del Reggimento Immortale avrebbe interessato dodici milioni di russi in tutta la Russia, contemporaneamente da Vladivostock a San Pietroburgo, passando per Sebastopoli nell’attuale Crimea russa. In un clima di rispetto e quiete, circa trecentomila russi, la maggior parte con foto o ritratti dei familiari mai tornati dalla guerra, camminavano nella bella e soleggiata giornata di primavera nel centro di Mosca, nella Piazza Rossa dove si trova la residenza del presidente, il famoso Cremlino. Vedere i volti di migliaia e migliaia di russi ordinari camminare, l’ottimismo sul loro futuro dai loro volti raggianti, giovani e anziani, veterani della Grande Guerra Patriottica, come è nota ai russi, hanno spinto l’autore a piangere in silenzio. Ciò che trasmettevano sorrisi e occhi di migliaia di manifestanti non era uno sguardo al passato, al dolore per gli orrori di quella guerra. Piuttosto, ciò che vidi così chiaramente nel corteo era il gesto di amorevole rispetto e gratitudine per coloro che diedero la vita affinché la Russia di oggi rinasca nuovamente, guardando al futuro e al centro dell’unica alternativa alla dittatura mondiale del Dominio a spettro totale del Pentagono e del sistema del dollaro che strangola con debito e frode. L’intera nazione russa emanava la sensazione di essere nel giusto e vittoriosa. Pochi popoli lo sono nell’odierno mondo. Quando le telecamere si avvicinarono al Presidente Vladimir Putin, anch’egli nella marcia, camminava libero tra migliaia di cittadini, con una foto del defunto padre che aveva combattuto in guerra e gravemente ferito nel 1942. Putin era circondato non da limousine blindate come ogni presidente degli Stati Uniti dall’assassinio di Kennedy, nel 1963, sempre che abbiano il coraggio di avvicinarsi a una folla. C’erano tre o quattro persone della sicurezza presidenziale vicino Putin, ma migliaia di russi ordinari a portata di mano di uno dei più influenti leader del mondo attuale. Non appariva alcun clima di paura.jxFiAPt11m7TWCRaCAQMCAEGrGWxchKhLe mie lacrime
Le mie lacrime vedendo i manifestanti silenziosi e Putin tra loro, sono la reazione inconscia di ciò che, a pensarci bene, era comprendere personalmente quanto oggi sia remota una qualsiasi cosa del genere nel mio Paese, gli Stati Uniti d’America, dalla marcia commemorativa in pace e serenità. Non ci sono state marce della “vittoria” dopo che le truppe USA hanno distrutto l’Iraq; l’Afghanistan o la Libia. Gli statunitensi oggi non hanno altro che guerre di morte e distruzione da commemorare e veterani che ritornano con traumi e avvelenamenti da radiazioni ignorati dal proprio governo. La trasformazione degli USA è avvenuta nei 70 anni dalla fine della guerra, una guerra in cui noi statunitensi e i russi, l’Unione Sovietica naturalmente, combatterono assieme per sconfiggere Hitler e il Terzo Reich. Oggi il governo degli Stati Uniti è schierato con i neo-nazisti in Ucraina per provocare la Russia. Ho riflettuto su quanto i miei connazionali siano cambiati in questi pochi decenni. Dalla nazione più prospera del mondo, centro di invenzione, innovazione, tecnologia, benessere, nel giro di settant’anni è riuscita a farsi rovinare da un branco di stupidi e ricchissimi oligarchi come Rockefeller, Gates, Buffett e loro accoliti della dinastia Bush. Tali oligarchi narcisisti non badano per nulla alla grandezza del popolo statunitense, ma lo vedono come mera base da cui realizzare il loro malato sogno di dominio mondiale. E lasciamo che ciò accada.
Vi svelo un segreto che ho scoperto di recente. Gli oligarchi statunitensi non sono onnipotenti; non sono certo i nuovi Illuminati come certuni cercano di convincerci. Non sono onniscienti. La fanno franca con i loro crimini perché glielo permettiamo. Siamo ipnotizzati dalla loro aura di potere. Eppure se accusassimo i vertici chiaramente e apertamente, “Questi stupidi aspiranti imperatori non hanno vestiti!”, il loro potere evaporerebbe come zucchero filato nell’acqua calda. Ciò li terrorizza. Ecco perché impiegano le Forze Armate degli Stati Uniti in Texas per organizzare esercitazioni contro i cittadini degli Stati Uniti; perché stracciano Costituzione e Carta dei Diritti dall’11 settembre; perché hanno creato il Department of Homeland Security e cercano di spaventare i cittadini per vaccinarli sull’Ebola o altro; perché cercano disperatamente di controllare la libera espressione delle idee politiche su Internet. Ora, quando rifletto sul vero stato degli USA oggi rispetto alla Russia, piango. Oggi l’economia degli Stati Uniti è in rovina, “globalizzata” dalle aziende mondiali di Fortune 500 e dalle banche di Wall Street. La loro industria affidata a Cina, Messico, e anche Russia negli ultimi 25 anni. L’investimento nella formazione dei nostri giovani è diventato uno scherzo politicamente corretto di cattivo gusto. Gli studenti universitari devono sprofondare nei debiti con le banche private, 1000 miliardi di dollari oggi, per avere un pezzo di carta chiamato laurea con cui cercare lavori inesistenti. Il governo di Washington è un bugiardo compulsivo che mente sul vero stato dell’economia da quando Lyndon Johnson, durante la guerra del Vietnam, ordinò ai dipartimenti Commercio e Lavoro di falsificare i dati per nascondere la stagnazione economica interna. Le conseguenze, seguite da tutti i presidenti, è che viviamo in un mondo fiabesco i cui i media mainstream ci dicono che siamo nel “sesto anno di ripresa economica” e abbiamo una mera disoccupazione del 5,4%. La realtà è che oltre il 23% degli statunitensi oggi è disoccupato, ma con accorti trucchi scompaiono dalle statistiche. Circa 93 milioni di statunitensi non hanno un lavoro regolare. Non è colpa di Obama o Bush, Clinton, Bush, Reagan o Jimmy Carter. E’ colpa nostra perché eravamo passivi; gli abbiamo dato il potere perché non crediamo in noi. Lasciamo ai miliardari decidere per noi chi sarà il nostro Presidente e Congresso, perché non crediamo di esserne degni. Per lo stesso motivo, i russi oggi, tra le sanzioni occidentali della brutale guerra economica e finanziaria e con una guerra della NATO in Ucraina che ha creato oltre un milione di profughi ucraini russofoni in Russia, fuggiti al sicuro nonostante la demonizzazione dei media occidentali del loro Paese, trasudano nuovo ottimismo sul loro futuro. Ciò che rende Vladimir Putin così straordinariamente popolare, con un’approvazione oltre l’83%, è che agisce sapendo di rappresentare l’anima russa secondo cui il popolo è buono, è corretto, è giusto, come lo è la stragrande maggioranza dei russi oggi. Ciò era nettamente visibile sui volti dei manifestanti del 9 Maggio. Si poteva sentire ciò che Putin sul podio dell’oratore sentiva quando guardava all’immensa folla. Era chiaro quando il Ministro della Difesa Shojgu, buddista russo-mongolo di Tuva, con rispetto e umiltà fece il segno della croce ortodossa a capo chino mentre passava attraverso la Torre del Salvatore del Cremlino affiancandosi a Putin. Come Viktor Baranets, noto giornalista russo ha detto: “In quel momento ho sentito che con il suo semplice gesto Shojgu ha sollevato tutta la Russia. C’era tanta bontà, speranza, nostro senso russo del sacro in quel gesto“. La leggendaria Anima russa si era manifestata il 9 Maggio ed è viva e vegeta, grazie. E perciò che ho pianto il 9 Maggio, guardando centinaia di migliaia di russi pacifici attraversare la loro capitale, la città che ha sconfitto gli eserciti di Napoleone e di Hitler. Mi ha commosso profondamente guardarli camminare lentamente e liberamente nella Piazza Rossa accanto alla residenza del loro Presidente, mentre la Casa Bianca di Washington è circondata da barriere di cemento, filo spinato e guardie armate. Lo si vedeva negli occhi dei russi per strada: sapevano che erano nel bene. Non buoni perché i loro padri o nonni erano morti sconfiggendo il nazismo. Lo erano perché erano orgogliosi di essere russi, fieri del loro Paese dopo tutte le devastazioni degli ultimi decenni, dell’ultimo saccheggio sostenuto dagli Stati Uniti durante la Shock Therapy di Harvard negli anni ’90, nell’epoca di Eltsin. Ho pianto essendo profondamente commosso da ciò che ho visto in questi russi ordinari e per quello che vedo distrutto nel mio Paese. Noi statunitensi abbiamo perso il senso del giusto e forse anche di esserlo di nuovo. Abbiamo accettato il male, uccidiamo in tutto il mondo, odiamo noi stessi e i nostri vicini, abbiamo paura, viviamo in un clima di guerra razziale e siamo disprezzati per tutto ciò nel mondo. Ci sentiamo tutt’altro che bene con noi stessi, perché siamo in una sorta d’ipnosi indotta da tali oligarchi narcisisti. L’ipnosi, tuttavia, può essere cancellata nelle giuste circostanze. Dobbiamo solo volerlo.
Poscritto:
L’ultima volta che piansi per un evento pubblico fu nel novembre 1989 quando cadde il Muro di Berlino e i tedeschi di est e ovest ballarono insieme sul simbolo della divisione della Guerra Fredda tra Est e Ovest, con l’Ode alla gioia di Beethoven che risuonava. Il cancelliere tedesco fece un discorso al Bundestag proponendo l’idea di una ferrovia ad alta velocità che collegasse Berlino a Mosca. Ma la Germania non era abbastanza forte, libera da sensi di colpa della guerra, da respingere la pressione di Washington. L’architetto di quella visione, Alfred Herrhausen, fu assassinato dalla ‘Frazione Armata Rossa’ di Langley, Virginia. La Russia fu deliberatamente gettata nel caos dalla terapia d’urto del FMI e dalla criminale famiglia Eltsin. Oggi il mondo ha una nuova, molto più bella possibilità di realizzare il sogno di Herrhausen, questa volta con Russia, Cina e d Eurasia. Ecco cos’era così bello nella Parata del 9 Maggio.
6F. William Engdahl è consulente di rischio strategico e docente, laureato in politica dalla Princeton University è autore di best-seller su petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online “New Eastern Outlook“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora[/spoiler]
Gil Galad - Stella di radianza
Al via la costruzione del ponte di Kerch che consentirà di unire la Crimea alla Russia.
Il ponte, sognato dagli Zar, da Hitler e da Stalin diventa realtà grazie a Putin, con esso si intende rilanciare l'economia della Crimea e consolidare il controllo sul mare di Azof e sulla foce dei grandi fiumi della Russia.
Il progetto che dovrebbe essere realizzato entro il 2018 avrà un costo stimato di 3 miliardi di dollari e 19 km. di lunghezza e sarà formato da 4 corsie per auto e TIR e 2 linee ferroviarie.
http://www.limesonline.com/rubrica/annessa-la-crimea-alla-russia-ora-serve-il-ponte-di-kerch
Ottima notizia Josif, lì le cose le realizzano in poco tempo non come da noi dove con il Ponte sullo Stretto hanno fatto un valzer di promesse e annunci ridicoli. Intanto Mosca rinforza tutte le sue frontiere meridionali, dalla Crimea al Caucaso alla frontiera tajka con l'Afganistan per evitare infiltrazioni di estremisti islamici e spie americane:
Gil Galad - Stella di radianza
Interessante pezzo di Escobar sulle potenzialità difensive russe e sui pericoli che l'Europa corre in caso di confronto diretto NATO Russia:
http://www.libreidee.org/2015/05/mosca-non-teme-la-nato-e-il-vero-sconfitto-sara-leuropa/
Gil Galad - Stella di radianza