Allora apro questa discussione incentrata sulla Russia come nazione, il paese più grande geograficamente del mondo e potenza in ascesa ed in conflitto con l'Occidente. Si intende discutere qui di relazioni tra questo grande paese e il resto del mondo da un punto di vista politico, economico, storico e strategico tralasciando ad altro topic l'ultima crisi che ha rovinato i rapporti con gli USA ed direi alcuni paesi europei. Si faranno analisi e confronti sulle relazioni con il mondo e sullo stato della situazione interna alla Russia ancora in transizione dal crollo dell'URSS. La Russia non è al momento una democrazia questo appare chiaro e viene governata con pugno duro dal suo Presidente talvolta con atti autoritari e limitando la libertà di espressione delle opposizioni e dei media. Tuttavia l'altra faccia della medaglia vede un paese che negli oltre 15 anni di potere di Vladimir Putin ha ripreso il posto di grande potenza mondiale sullo scacchiere internazionale e la sua voce è ritornata importante in molte questioni cruciali dell'attualità. Dall'Iran, alla Siria, alla Libia ai BRICS e in molti altri scenari la posizione della Russia è divenuta rilevante e talvolta decisiva. Per circa un decennio dalla fine dell'Unione Sovietica la Russia, allora governata da uno Eltsin malato debole e controllato da oligarchi corrotti che hanno per anni depredato lo Stato dei suoi beni, è stato un paese sull'orlo del colasso economico e forse della disintegrazione come entità statuale. Per questo serviva il cosidetta uomo forte i quella fase per sistemare una situazione alquanto difficile. Come disse una volta Gorbacev, l'ultimo leader sovietico, Putin non aveva il tempo all'inizio di pensare alla democrazia ma come un elefante in una cristalleria doveva mettere in riga gli oligarchi che tenevano il paese per le p**** e rimettere in sesto una nazione sbeffeggiata e umiliata nel mondo. Ha fatto questo con autoritarismo non c'è dubbio ma ha ridato orgoglio al popolo russo abbacchiato, ai servizi segreti e alle forze armate che per anni erano state abbandonate a se stesse. Come patriota Putin è stato un ottimo Presidente ma dopo 8 anni di potere doveva abbandonare e lasciare. Invece con un giochetto istituzionale per 4 anni si è fatto sostituire da un figurante come Medvedev al Cremlino mentre le redini del potere da Premier ha continuato a tenerle ben strette e successivamente è tornato Presidente allungando i mandati da 4 a 6 anni con una modifica alla Costituzione. Sempre più il suo potere si è mutato in un regime quasi personale dai risvolti talora oscuri e misteriosi, ma il suo gradimento nel popolo russo è ancora altissimo e con il ritorno della Crimea è arrivato all'apice. Neppure le sanzioni di cui la Russia è oggetto da un anno hanno scalfito la sua popolarità come sperava l'Occidente e questo forse sta a dimostrare che dopotutto la Russia è una nazione che ama storicamente l'uomo forte, il leader duro e puro. Certo per secoli hanno conosciuto prima con gli Zar e poi con il comunismo governanti autoritari ma i 9 anni di presunta democrazia con Eltsin (direi oligarchia della peggior specie) dal 1991 al 1999 non vengono rimpianti pressoché da nessuno in Russia. Questo in qualche modo significa che forse la Russia non è assimilabile ai nostri standard democratici occidentali e che dovrà seguire la sua strada. Vi è in questo ultimo periodo una riscoperta dei valori tradizionali delle credenze popolari del passato, dell'antica spiritualità religiosa con una Chiesa Ortodossa sempre più forte dopo la rinascita dal buio ateismo di Sato comunista che mettono la Russia in contrapposizione con un occidente sempre meno privo di valori morali autentici e con una Chiesa Cattolica e direi anche Protestante caduta sull'orlo dell'abisso della perdita dei valori. Qui s'innesta pertanto il confronto tra due visioni contrapposte che il business per anni ha nascosto limando le differenze e addormentando le coscienze, ma lo scontro ora non può essere più rimandato. Uno scontro pericoloso tra potenze nucleari e con sullo sfondo un altro giocatore di primo piano la Cina. La Russia allontanandosi per nostra (soprattutto) e sua colpa dall'Europa si sta sempre più avvicinando a Pechino ed anche la nascita dell'Unione Euroasitica con Bielorussia, Kazakhistan e Armenia a cui presto si associeranno anche Kighizistan e Tagikistan dimostra che Mosca sta scegliendo l'Asia. Un grave errore? Ma per chi? Quello che è sicuro è che noi Europa noi UE avremo solo ripercussioni negative, già le abbiamo ed infatti la Germania, la Francia e persino noi Italia stiamo tentando forse in ritardo di invertire la marcia. Questa almeno è la mia analisi iniziale e la mia opinione, ora sono aperto al dialogo in un confronto civile e rispettoso con tutti coloro che saranno (spero tanti) interessati al tema.
Gil Galad - Stella di radianza
Come Mercosur e Unione eurasiatica sfidano gli USA e l’egemonia del dollaro
Di fronte all’offensiva imperiale lanciata da Washington contro la Russia e i governi democratici in America Latina, il partenariato strategico tra Mercosur e l’Unione eurasiatica emerge quale elemento chiave nella difesa della sovranità e della costruzione di un ordine mondiale multipolare sempre più lontano dall’orbita del dollaro e meno incentrato sull’economia degli Stati Uniti. Le strategie di contenimento economico promosse da Washington contro Mosca e Caracas precipitano la riconfigurazione delle alleanze nel sistema globale. Sebbene la Russia si trovi geograficamente nell’emisfero settentrionale, la sua agenda diplomatica prevede stretti legami con le economie emergenti. Lo stesso vale per l’America Latina, regione che secondo il ministro degli Esteri Sergej Lavrov è destinata a divenire pilastro fondamentale nella costruzione dell’ordine mondiale multipolare. Indubbiamente, i legami della Russia con l’America Latina si approfondiscono rapidamente. Secondo la banca dati sul commercio delle Nazioni Unite (ONU Comtrade, nell’acronimo in inglese), gli scambi tra Mosca e America Latina hanno raggiunto la cifra record di 18,832 miliardi di dollari nel 2013, un importo 3 volte superiore rispetto al 2004 (Brasile, Venezuela, Argentina, Messico ed Ecuador sono i 5 partner più importanti dell’orso russo in America Latina). Vi sono fondamentali complementarità economiche. Le esportazioni russe verso l’America Latina si concentrano per oltre il 50% in fertilizzanti, minerali e combustibili. Mosca invece acquista dai Paesi latinoamericani soprattutto prodotti agricoli, salumi e componenti elettronici. Secondo le proiezioni dell’Istituto per l’America Latina dell’Accademia delle Scienze Russa, il commercio bilaterale raggiungerà i 100 miliardi entro il 2030, con un incremento di oltre il 500%. Tuttavia, vi sono molte sfide all’orizzonte. Il contesto recessivo dell’economia globale, la tendenza deflazionistica (prezzi in calo) nel mercato delle materie prime (soprattutto petrolio), il rallentamento in Asia e le sanzioni economiche imposte da Stati Uniti e Unione europea, rivela l’urgente necessità di aumentare i termini delle relazioni diplomatiche tra Russia e Paesi dell’America Latina.
In conseguenza del calo degli scambi tra Russia ed Unione europea, l’America Latina emerge come sorta di mercato sostitutivo ricevendo allo stesso tempo investimenti high-tech. A questo proposito, vi sono i notevoli programmi d’investimento del Consorzio Petrolifero Nazionale (formato da Rosneft, Gazprom Neft, LUKoil, TNK-BP eSurgutneftegas) previsti in Brasile, Argentina, Venezuela, Guyana e Cuba, tra gli altri Paesi. Inoltre, vi è una vasta gamma di possibilità per costruire alleanze scientifico-tecnologiche, da un lato, promuovendo lo sviluppo industriale in America Latina e, dall’altro lato, aiutare a diversificare le esportazioni di Mosca attualmente concentrate sugli idrocarburi. La lunga stagnazione dell’attività economica globale e l’aumento dei conflitti interstatali per garantirsi l’approvvigionamento di materie prime essenziali (petrolio, gas, metalli, minerali, terre rare e così via) per riprodurre il capitale, promuove la costruzione di alleanze strategiche tramite accordi commerciali preferenziali, investimenti congiunti nel settore energetico, trasferimento tecnologico, cooperazione tecnico-militare, ecc. Nella stessa prospettiva, il rapporto strategico bilaterale della Russia con diversi Paesi dell’America Latina (Argentina, Brasile, Cuba, Ecuador, Nicaragua, Venezuela, etc.), cerca d’espandersi nella regione sudamericana attraverso la punta di diamante dell’Unione Eurasiatica (formata da Russia, Bielorussia, Kazakistan, Armenia e Kirghizistan). Mentre il Presidente Vladimir Putin propose nel 2011 (in un articolo pubblicato sul quotidiano ‘Izvestija‘) di convertire l’Unione eurasiatica in un meccanismo di collegamento tra la regione Asia-Pacifico e l’Unione europea, l’assedio imposto alla Federazione Russia dalla NATO ha annullato temporaneamente tale possibilità. Di conseguenza, l’Unione eurasiatica supera i confini continentali creando zone di libero scambio con la Cina in Asia, l’Egitto in Africa del Nord e il Mercato comune del Sud (Mercosur comprendente Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela) in America Latina.
Negli ultimi anni, la relazione strategica tra Unione eurasiatica e Mercosur rappresenta la maggiore scommessa della Russia nella regione sudamericana sull’integrazione regionale: entrambi i blocchi hanno una superficie di 33 milioni di chilometri quadrati, una popolazione di 450 milioni di abitanti e un PIL combinato di oltre 8,5 miliardi di dollari (11,6% del PIL globale in termini nominali). La relazione strategica ha due grandi obiettivi. In primo luogo, ridurre la presenza di Stati Uniti e Unione europea sui flussi extraregionali del commercio e degli investimenti. In secondo luogo, accelerare il processo di de-dollarizzazione globale attraverso l’uso delle monete nazionali come mezzo di pagamento. La realizzazione di un sistema di pagamenti alternativi alla Società per la telecomunicazione interbancaria e finanziaria internazionale (SWIFT, nell’acronimo in inglese) da parte della Russia (la Cina ha recentemente annunciato il lancio di un sistema di pagamento proprio, che potrebbe essere operativo a settembre), così come l’esperienza dell’America Latina con il sistema unico di compensazione regionale (SUCRE) per attutire gli shock esteri sulla regione, sono la prova del ruolo crescente di entrambe le parti nella creazione di nuovi istituzioni e meccanismi finanziari abbandonando l’orbita del dollaro. Senza dubbio, di fronte all’assalto economico e geopolitico dell’imperialismo USA, le economie emergenti eludono il confronto diretto con la regionalizzazione. In breve, Unione eurasiatica e Mercosur dovrebbero concentrare i loro sforzi su una maggiore cooperazione finanziaria e una parallela articolazione di un fronte comune in difesa della sovranità nazionale e dei principi del diritto internazionale.
In conclusione, la relazione strategica tra Unione eurasiatica e Mercosur ha la grande opportunità di presentare al mondo la risposta positiva di entrambi i blocchi all’aggravarsi della crisi economica attuale e, quindi, contribuire in modo decisivo a minare dalle fondamenta l’egemonia del dollaro.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
Gil Galad - Stella di radianza
Si sarebbe finalmente arrivati a capire i motivi dell'assenza di 11 giorni di Putin e delle altre alte cariche di Governo: in pratica c'è stato un tentato e fallito tentativo della NSA americana di introdursi nei sistemi di sicurezza russi per impadronirsi dei codici segreti. Inoltre il 15 Marzo è stato simulato a partire dalla Gran Bretagna un attacco nucleare contro la Russia, altro che le baggianate di una presunta malattia o morte dovuta a colpo di Stato a Mosca di Putin. Qui continuano a giocare con il fuoco e prima o poi succederà qualche catastrofe irreparabile, ci sono pazzi in giro.....
http://www.eutimes.net/2015/03/russia-warns-state-of-war-exists-as-uk-nukes-prepare-first-strike/
Gil Galad - Stella di radianza
ITALIA IN GUERRA CONTRO LA RUSSIA (?)
da controinformazione.it
Pochi in Italia leggono determinate riviste tecniche, anzi militari. Peccato. Il 28 dicembre 2014, in ossequio ai voleri di Washington platelmente ossequiati dal primo ministro pro tempore Matteo Renzi (uno non votato dal popolo sovrano ma imposto dal Napolitano), 4 cacciabombardieri Typhoon italiani, armati con bombe a caduta libera, missili aria-aria e cannoni mauser bk 27, sono atterrati in Lituania, a Siauliai. I velivoli da guerra tricolore provengono dal 4° stormo di Grosseto, dal 36° di Gioia del Colle e dal 37° di Trapani, affiancati da personale del comando logistico e del Cofa (Comando operativo delle forze aeree). Fatto ancora più inquietante è che il colonnello Marco Bertoli, comandante del distaccamento italiano di ben 96 militari dell’arma azzurra subordinati alla NATO, ha dichiarato alla rivista Aeronautica & Difesa (numero 341- marzo 2015, pagina 44):
«Cambieremo i piloti a rotazione ogni mese scegliendoli tra i più esperti ma anche tra i giovani. L’unica condizione importante è che siano tutti combat ready, per essere in grado di svolgere la loro missione».
Ora i militari italiani, senza che il Parlamento abbia autorizzato una missione di guerra non annunciata ufficialmente, sono a capo, per volere della NATO, del Baltic Air Policing (polizia aerea sul Baltico), dopo l’acuirsi delle tensioni in Ucraina fomentate dal Pentagono e dalla Central Intelligence Agency. Per la cronaca, la Russia non è ostile all’Italia e non ha dichiarato guerra al nostro Paese.
I vetusti Typhoon (velocità massima Mach 2) risalenti al 1994 fronteggiano i Mig 31, caccia intercettori, ossia da combattimento che sfrecciano a Mach 2,8 e oltre.
Come mai il novello inquilino del Quirinale, Sergio Mattarella, a capo delle forze armate nostrane – con un passato di ministro della difesa (silente sulla vicenda dell’uranio impoverito targato a stelle e strisce, che ha fatto ammalare a morire tanti soldati italiani) durante la guerra scatenata dal patto atlantico contro la Jugoslavia, e che ha visto la partecipazione diretta nei bombardamenti delle forze armate tricolori – tace, dinanzi alla palese violazione dell’articolo 11 della Costituzione? Oltretutto, l’Italia è un obiettivo sensibile in caso di conflitto bellico con la Russia, poiché in violazione del trattato di non proliferazione nucleare (TNP) sottoscritto anche da Italia e Stati Uniti d’America nel 1968, e ancora una volta senza alcuna autorizzazione del Parlamento nostrano, ospita a Ghedi ed Aviano, un arsenale di ordigni nucleari modello b61, di proprietà United States of America. Chi paga e quanto costa esportare la guerra fuori dai propri confini nazionali? Ovviamente, i soldoni sono sganciati dalla collettività; vale a dire che a pagare sono sempre quei fessi dei contribuenti italidioti, mentre l’eterodiretto governicchio in carica ha sottratto risorse per ben 4 miliardi di euro alla sanità pubblica mentre le scuole pubbliche cadono a pezzi, nonostante le promesse nel 2009 della Gelmini, sotto il governo del piduista Berlusconi tessera gelliana numero 1816 (come ha stabilito la Corte d’Appello di Venezia con sentenza poi passata in giudicato).
Non a caso, il 20 gennaio 2015, non secoli fa, la commissione difesa della Camera, conseguente a quello positivo del Senato risalente allo scorso dicembre, ha espresso parere favorevole ad un finanziamento di ben 5,4 miliardi di euro per fornire alla Marina militare nuove unità dual use (ovvero anche per fare la guerra). Infatti, i pattugliatori polivalenti d’altura sono stati concepiti per assolvere sia compiti militari che di sorveglianza delle aree marittime. L’unità anfibia multiruolo è in grado di soddisfare un ampio spettro di missioni: da quelle belliche alle operazioni nazionali e internazionali. Il tutto alla voce della legge di stabilità 2014 varata dall’esecutivo di Matteo Renzi. A proposito: date un’occhiata alla direttiva di guerra emanata e, dunque, in vigore, dal ministro della Difesa italiana.
Gil Galad - Stella di radianza
Il libro: CAPIRE LA RUSSIA
E' da poco uscito uno splendido volume sulla Russia: Capire la Russia. Correnti politiche e dinamiche sociali nella Russia e nell’Ucraina postsovietiche, Zambon, 2015
Ne pubblichiamo qui la prefazione di Giulietto Chiesa pregando i nostri lettori di acquistarlo e leggerlo. Ne vale la pena. Una grande opera che aiuta il lettore italiano a districarsi nella conoscenza del paese più grande del mondo e, forse, il più bello.
Mai come in questo momento l’idea, il problema, di “conoscere la Russia” è importante, decisivo per la pace mondiale. Non perché la Russia costituisca una minaccia, ma perché coloro che hanno lanciato l’offensiva contro la Russia – un’offensiva che si propone la sua distruzione– non hanno una cultura (politica, etica, storica) in grado di misurare i pericoli dell’impresa che si accingono a realizzare. Mi riferisco, naturalmente, agli Stati Uniti d’America, che di questa impresa sono gl’ideatori e i principali propugnatori. E che, in un ricorso storico davvero agghiacciante, si apprestano a ripetere le gesta di quei russi, tutti riassunti nella tragicomica figura di Boris Eltsin, che disfecero l’Unione Sovietica.
Le affermazioni contenute in queste prime dieci righe – quattro per la precisione – sono tutte, in varia misura, contro-corrente, cioè contro le idee che il mainstream va spargendo a piene mani, tout azimutdirebbero i francesi, dal 1989, l’anno fatale della caduta del famoso e famigerato Muro di Berlino. Dunque sarà mio compito argomentare in dettaglio ciascuna di esse. Che sarà il mio modesto contributo e accompagnamento di questo libro, che le tocca quasi tutte.
Dirò subito che i materiali raccolti e commentati da Paolo Borgognone sono il ritratto di un’epoca di transizione concettuale, e sono, al contempo, la fotografia di una totale vittoria e di una totale sconfitta. La vittoria è quella dell’Impero; la sconfitta è non solo quella del comunismo, o del “socialismo reale” che dir si voglia, ma dell’intera storia della sinistra mondiale così come si è dipanata nel corso degli anni che vanno dalla fine della Seconda Guerra Mondiale ai tempi nostri. Della sconfitta qui si parla molto, e ne parlerò anch’io. Della vittoria si può dire subito – anticipando le argomentazioni di merito – che è lo spartiacque tra una vertiginosa salita e una rovinosa caduta. La vertiginosa salita è quella dell’Impero. Quanto rovinosa sia la sua caduta è ancora da vedere, così com’è da vedere su chi, tra gli abitanti di questo nostro pianeta, questa rovina si rovescerà. Ma poiché la vittoria è stata travolgente e vertiginosa, coinvolgendo gran parte del pianeta, la sua caduta non potrà che essere rovinosa. Anche perché – aggiungo – c’è un grande quantitativo di dati che indicano che non avverrà lentamente, nemmeno gradualmente, ma piuttosto si presenterà come un collasso o, per meglio dire, come una serie di collassi.
Perché ho fissato la data del 1989 come spartiacque? Perché esso è stato il momento della vittoria. Il momento in cui la vittoria fu percepita come completa. Che fu subito considerata come definitiva all’interno dei confini del “miliardo d’oro”. Terminava il sistema del comunismo; terminava la grande paura dell’Occidente e dell’America. Fukuyama decretava la fine della storia e tutti apparvero contenti. Sia in Occidente che in Russia.
Situazione fantasticamente favorevole, quella in cui i vincitori e gli sconfitti (in grandissima parte) provano gli stessi sentimenti di liberazione da un incubo.
Ecco, il dato paradossale, incongruo, è proprio questo: come mai, nel momento della vittoria, della liberazione dalla paura, l’Occidente capitalistico, guidato con mano fermissima e implacabile dagli Stati Uniti, scatena un formidabile attacco ideologico, culturale, politico, diplomatico, militare contro un nemico che ha appena dichiarato come non più esistente, debellato, liquidato, addirittura “per sempre”?
I festeggiamenti per la “caduta del Muro” non sono mai terminati da allora. Continuano tutt’ora e, si presume, continueranno ancora per qualche tempo, di anniversario in anniversario. Ma, tra un lancio di fuochi d’artificio e un altro, non cessa – anzi si accresce – l’incongruenza. Il 1989 dice infatti molte cose simultaneamente e non tutte così in linea le une con le altre. Dice, per esempio, che l’America è stata più forte dell’Unione Sovietica, ma non spiega l’attuale presenza della Russia sulla scena mondiale. Dice, per esempio, che il capitalismo ha demolito il socialismo, ma non spiega perché il mondo di oggi non è affatto sicuro, né pacificato. Non spiega soprattutto un dato inquietante per l’Occidente trionfatore: come mai, sparito il nemico principale, cui venivano attribuite tutte le colpe, in quanto “Impero del Male”, non sono spariti i problemi? Fino a quel momento la tenuta dell’unità dell’Occidente era stata determinata dalla paura dell’Oriente, impersonata dall’Unione Sovietica. Era in nome di quella paura che le élite di Stati Uniti ed Europa si erano cementate tra loro: per fare fronte a una minaccia percepita come mortale. Ma, sparito il nemico, divenne subito necessario costruirne un altro, artificialmente. E questa necessità derivava dal presentarsi di una crisi gigantesca, di tipo nuovo e inedito, le cui cause non potevano essere addebitate a un nemico esterno. Dunque, per evitare che qualcuno si facesse venire in testa idee improprie e inaccettabili, come ad esempio quella che esisteva, da qualche parte, un virus interno al capitalismo globalizzatore, in grado di mettere a repentaglio la sua sopravvivenza, occorreva creare un altro nemico esterno.
Va detto che, in Occidente, vi fu chi aveva indicato l’esistenza di quel virus, e ne aveva delineato con precisione le sue caratteristiche. Non erano “di sinistra”. Ma costoro furono messi in un angolo, isolati, irrisi, prima di poter fare danni maggiori. Mi riferisco al Club di Roma e all’opera collettiva, intitolata “I limiti dello sviluppo”, che vide la luce all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso. Il virus era appunto rappresentato da quei “limiti”. Che erano invalicabili ma erano incompatibili con l’ideologia della crescita infinita. Per questo vennero cancellati “sulla carta” e nascosti allo sguardo delle moltitudini, poiché non si poteva parlare di limiti a chi era destinato a divenire consumatore compulsivo. Non era ammessa questa “bestemmia” alle orecchie di chi sarebbe stato presto privato di ogni possibilità di reazione di fronte al corso infausto degli eventi che si stavano preparando.
Cancellati sulla carta non significava cancellarli dal mondo reale. Ma, nel frattempo, il mondo reale era stato opportunamente trasformato in Matrix, e gli stessi suoi creatori avevano già ceduto alla tentazione di credere che quel mondo fosse la nuova realtà alla quale tutto e tutti avrebbero dovuto adattarsi: la natura e gli uomini.
Eliminata dunque – attraverso il controllo della comunicazione e delle menti – l’interpretazione e l’anticipazione della gigantesca crisi di sistema che si stava preparando, restava aperta solo l’opzione di creare un nuovo nemico. Naturalmente esisteva anche l’opzione razionale, consistente nel prendere atto dei limiti dello sviluppo, che erano incompatibili con la prosecuzione della crescita infinita, e procedere a un ridisegnamento dell’architettura internazionale che permettesse di gestire una transizione “multipolare” verso un equilibrio tra Uomo e Natura. Ma i centri di guida dell’Occidente, il suo “ponte di comando” erano mentalmente agli antipodi di una tale prospettiva. Avevano appena sgominato un’alternativa empirica, per quanto imperfetta, al loro dominio, e non erano certo inclini a creare, essi stessi, un’alternativa razionale ad esso. Per questo fu “necessario” inventare il nuovo nemico: “verde” al posto di quello “rosso”; islamico al posto di quello comunista.
Fu l’11 settembre 2001. Tutto l’Occidente divenne, in quel momento, l’America, e il cemento venne rinforzato con l’avvio della “guerra infinita” contro il terrorismo internazionale. Guerra che è in corso da 13 anni e che è
in evidente e continua intensificazione, sebbene la connotazione del termine terrorismo venga di volta in volta modificata dalle circostanze. È dunque necessario documentare le quattro affermazioni collocate all’inizio di questo scritto. Cominciando dalla prima. La Russia è “una minaccia”?
E, eventualmente, per chi? I dati ci dicono che la Russia è un paese capitalistico e, giuridicamente parlando, è una democrazia liberale. Dal punto di vista istituzionale si può affermare senza tema di smentita, che è uno “Stato di diritto”. Un diritto relativo – si può convenire – ma sempre uno Stato di diritto. Del resto, con i tempi che corrono, con le radicali modificazioni in corso del concetto di Stato di diritto (si prenda ad esempio il modello europeo, partito con l’idea di farne una democrazia, finito con una pratica autoritaria), e con le trasformazioni da tempo in atto negli Stati Uniti, dove il Patriot Act è in effetti uno stravolgimento autoritario dei principi fondanti della stessa democrazia americana. Dunque, con i tempi che corrono, pretendere che la Russia sia uno Stato di diritto perfetto, è davvero un’idea fuori di ogni logica, per non dire una pretesa insensata e prepotente. Dunque dovremmo concludere, di primo acchito, che la Russia non è un “altro da sé” rispetto all’Occidente. Per altro il crollo dell’URSS, come spesso si dimentica di ricordare, fu seguito da una vera e propria colonizzazione della Russia da parte delle idee, e delle forme di organizzazione politica e
sociale, dell’Occidente. La Russia eltsiniana divenne addirittura parte integrante dell’Occidente, al punto da essere accolta in tutte le sue istituzioni fondamentali: il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, il G-8 e poi il G-20. A momenti si riusciva perfino a farla entrare nella NATO e passi importanti in quella direzione furono compiuti, con il consenso di una parte maggioritaria dell’élite moscovita degli anni ’90.
Eppure non c’è alcun dubbio che la Russia odierna sia concepita dai circoli occidentali come un nemico, cioè come una minaccia. E quando parlo di “circoli occidentali” sono costretto dai fatti a includere in essi tanto la destra quanto la sinistra europea. Borgognone ha dedicato a questa singolarità – delle sinistre europee, passate dall’anti-sovietismo all’antirussismo, cioè alla russofobia – numerose pagine, facendo spesso riferimento all’analisi di Costanzo Preve. Io non intendo approfondire questi temi perché in quell’analisi mi riconosco in buona parte. Il fatto è, però, che la Russia odierna costituisce una “oggettiva” minaccia ai progetti di costruzione di un “nuovo secolo americano”. Sottolineo il termine “oggettiva” perché la Russia attuale, la sua dirigenza attuale, non avrebbe avuto alcuna intenzione (cioè non c’è nessuna “soggettività” avversaria) di entrare in conflitto con l’Occidente. I suoi oligarchi sono interconnessi inestricabilmente con la finanza occidentale. La capitalistizzazione della Russia è avvenuta in forme violente e in tempi brevissimi, ma ha comunque permesso a quei capitali di integrarsi ormai stabilmente nel mercato globale.
Dove sono stati accolti con grande entusiasmo. I modelli di azione economico finanziaria dei grandi centri finanziari mondiali, a cominciare dalla City of London, e da Wall Street sono stati legge per il business russo. I sistemi di calcolo interno alla economica russa sono a tutt’oggi quelli di Master Card e di Visa, le banche russe sono soggette al sistema SWIFT come tutte le altre banche del mondo.
Come può essere “nemico” un soggetto internazionale tanto “integrato” nel sistema globale dell’Occidente? La risposta, a mio giudizio, è una sola. La Russia odierna è sicuramente tutto quello che ho fin qui elencato. Ma non è “soltanto” questo. Il “questo” è una parte nemmeno essenziale. È una corrente di superficie, un’increspatura marginale. Le “correnti profonde” sono tutt’altra cosa; si muovono, quando si muovono, con altre dinamiche, in altre direzioni, spesso imprevedibili. Lo stesso Vladimir Putin, che pure è stato all’origine di tutti questi cambiamenti superficiali, che pure è stato portato al potere dagli oligarchi che a loro volta obbedivano ai comandi della finanza mondiale, non era e non è soltanto “questo”. Gli ci è voluto un discreto gruzzolo di anni perché se ne accorgesse lui stesso. E siamo ora giunti al momento in cui, pena la sua stessa sopravvivenza fisica, oltre che politica, egli non può più essere “questo”.
La “colpa” non è sua. Mi verrebbe da citare qui alcuni dei momenti topici del Guerra e Pace di Lev Tolstoj. Là dove, tornando sulla sua visione degli eventi storici e la sua sprezzante sottovalutazione del ruolo delle personalità nella storia, descrivendo il vecchio Kutuzov alla vigilia della storica battaglia di Borodino, scriveva queste straordinarie riflessioni: “ … capiva come sia impossibile a un solo uomo dirigere centinaia di migliaia di uomini che lottano contro la morte, e sapeva che le sorti della battaglia sono decise non dagli ordini del comandante in capo, non dal luogo dove stanno le truppe (…) ma da quella inafferrabile forza che si chiama lo spirito delle truppe, ed egli vigilava su questa forza e la guidava, per quanto era in suo potere”.
Mutatis mutandis e usciti dalla metafora militare, Vladimir Putin è stato condotto, più che condurre lui stesso, da quella “inafferrabile forza” che è riemersa zampillando fuori non dal cuore della Russia, ma dalla Crimea, in quel momento ancora dentro l’Ucraina divenuta corpo estraneo e ostile. Il colpo di stato organizzato dagli Stati Uniti in Ucraina, attraverso l’uso spregiudicato dei nazisti ucraini e dopo la ventennale opera di edificazione della russofobia portata avanti dai quattro presidenti della storia dell’Ucraina indipendente postsovietica, ha acceso nei russi di Crimea una fiamma che era stata spenta trent’anni prima e che nessuno pensava sarebbe tornata a brillare.
E la richiesta di “tornare in patria”, da parte di quella frazione di popolo russo che si sentiva, ed era, minacciata fisicamente, non poteva essere rifiutata. E fu quella scintilla che accese le regioni sud-orientali dell’Ucraina, piene di russi, anch’essi in pericolo. E che accese infine la grande massa dei russi, risvegliati anch’essi dal letargo in cui erano stati tenuti. Risvegliati dalla scoperta, davvero strana per molti, specie per le giovanissime generazioni, prive di ogni nostalgia, che l’Occidente non li ama. Non li ama anche se hanno accattato tutto il peggio dell’Occidente, e se ne sono sentiti parte.
Fino a che l’Occidente non ha smesso il suo volto benevolo di “Impero del Bene”, e non ha cominciato a ucciderli. Dopo Euromaidan e dopo la risposta crimeana, c’è stata Odessa, e il massacro del Donbass: molto oltre, molto più in là delle tutto sommato morbide discriminazioni antirusse del Prebaltico. Molto oltre le “vendette” anti-russe e anti-sovietiche di molte parti della ex Unione Sovietica: si è giunti alla pulizia etnica vera e propria, brutale, nazista, contro la comunità più numerosa e storicamente importante della nazione che sconfisse il nazismo. Troppo per essere sopportato in silenzio dalla Russia.
Dire che gli Stati Uniti non hanno la capacità di comprendere le radici profonde della storia dei popoli, non significa altro che tradurre in dati politici contemporanei la brevità della loro storia. La loro globalizzazione ha nutrito l’illusione che tutti i popoli potessero essere piegati con la tecnologia. Ma anch’essa è troppo breve – la sua storia intendo dire – per poter attingere alle profondità. La globalizzazione non poteva marciare “con il passo dell’Uomo”. La crisi dell’Occidente consiste anche in questo: che la sua scienza, formidabile motore di ogni tipo di cambiamenti, ha prodotto con la separazione dei saperi, con la settorializzazione dei saperi, con la specializzazione esasperata che la tecnologia comporta, una sterminata massa di “scienziati stupidi”, ciascuno capace di operare miracoli sul suo centimetro quadrato di sapere, e incapace al tempo stesso di vedere il prato in cui opera. Di questi scienziati stupidi fanno parte anche i leader politici e la loro corte di politologi, ai quali tutti, o quasi, manca la capacità di percepire le grandi forze che, volta a volta, impersonano lo “spirito del tempo”. L’America, nel momento più acuto della sua crisi, ha finito per risvegliare lo spirito addormentato della Russia. E ora, dopo averla sconfitta e assorbita – dopo avere creduto di averla sconfitta e assorbita – se la trova di fronte tutta intera, e risvegliata. Putin la sta ora interpretando.
Forse le energie di questa Russia non basteranno per avere ragione dell’immensa potenza che la tecnologia occidentale ha prodotto, e che si muove con una sua propria inerzia, appunto tecnologica. Forse sarà questa inerzia che produrrà la guerra, per la quale è stata costruita. Ma la Russia nata in Crimea ha ora la forza di chi non ha terreno su cui arretrare ulteriormente.
E, dietro di sé potrebbe improvvisamente trovare l’alleanza degli altri sei miliardi di individui che devono ancora essere asserviti. Zbigniew Brzezinski aveva individuato il problema molto tempo fa, alla metà degli anni ’80, quando ancora esisteva l’Unione Sovietica e nessuno poteva nemmeno immaginare che, in meno di cinque o sei anni, l’URSS si sarebbe dissolta come neve al sole sotto i colpi di maglio del sistema comunicativo-informativo controllato dagli Stati Uniti. Brzezinski può essere, a buon diritto, considerato il demolitore principale dell’Unione Sovietica.
Ben più, a mio avviso, di Papa Wojtyla, fatto santo per meriti che non ebbe. Brzezinski aveva capito perfettamente che il compito principale che l’Impero aveva di fronte a sé non consisteva nell’abbattere l’URSS. Quello era l’obiettivo numero uno. Ma, dopo avere raggiunto quello, egli comprese che l’Impero si sarebbe trovato di fronte un secondo e più decisivo compito: quello di abbattere la Russia. L’Impero non avrebbe potuto tollerare l’esistenza di un partner così grande, meno che mai di un partner dotato di un sistema di armamenti in grado di mantenere l’equilibrio, cioè di delimitare il potere sterminato dell’Impero stesso.
La Cina era, in quella fase, in formidabile ascesa, ma nell’ipotesi della scuola Brzezinski, essa appariva maneggiabile, omogeneizzabile, assorbibile all’interno dello schema globalizzatore americano. Soprattutto non eraancora un antagonista strategico militare. Avevano previsto, a Washington, che essa sarebbe diventata il “pericolo principale per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America”, ma un ventennio dopo, attorno al 2017. Il corso della storia ha però ristretto il tempo tra la fase due, demolizione della Russia, e la fase tre, il conto finale con la Cina. Cioè c’è stato un accidente della storia che ha impropriamente accorciato la parentesi tra le due tappe. Costringendo il gendarme mondiale ad affrontarle quasi insieme … Da qui il senso dell’urgenza e del disordine con cui stiamo entrando in guerra.
Ma l’iniziativa è indubbiamente quella degli USA ed è visibile a occhio nudo. Qui la Russia di Putin non è affatto all’offensiva, come si cerca di presentarla agli occhi del mondo. La crisi ucraina è stata organizzata per infliggere un colpo mortale alla Russia (e all’Europa). La Russia però costituisce, con la sua stessa presenza “fisica”, con le sue stesse gigantesche dimensioni, con l’immensa ricchezza di materie prime, con i suoi spazi agricoli potenziali, con le sue quantità d’acqua potabile, un obiettivo straordinariamente appetibile. E ora inaspettatamente più determinato a difendersi.
Dunque l’Impero, che è in crisi a causa dei “limiti allo sviluppo” e che è in crisi perché l’evidenza dimostra che non è più un “impero” (perché non è più in grado di comandare tutti, a cominciare dalla Cina) si trova obbligato, per la natura stessa di entrambe queste crisi, ad attaccare e a distruggere non uno solo ma i due antagonisti principali. Sia per mostrare che esso è ancora Impero, sia per procurarsi i mezzi per la sua esistenza futura. Lo sta facendo in tutta fretta. Più in fretta di quanto avesse preventivato di fare.
Perché il fattore Cina e già fin troppo visibile. Il 2017, si può dire, è arrivato “prima del previsto”. Il fattore “limiti” aleggia ormai nelle menti di molti, ma è per il momento sullo sfondo: i “ministeri della propaganda”, noti come i media occidentali, sono per il momento riusciti a nasconderlo agli occhi delle grandi masse popolari dell’Occidente. Ma l’urgenza di imminenti collassi – che i centri di ricerca americani già percepiscono con chiarezza, pur mantenendone segrete le fonti e le cause – impone un’accelerazione.
È una corsa contro il tempo. La capitale dell’Impero ha scelto la Russia come l’obiettivo da demolire per primo. Poi verrà la Cina. Per questo ha bisogno di sottomettere l’Europa in modo definitivo e irreversibile. L’attacco, condotto mediante l’Ucraina, è simultaneamente contro la Russia e contro l’Europa. I segnali sono convergenti. I fronti sono tutti aperti: dal califfato iracheno e siriano, alla Palestina cancellata da Israele, all’Ucraina. Per raggiungere questi obiettivi non si bada ai mezzi. Perfino il nazismo diventa utile, perfino il fantasma di Al Qaeda. Ma la vittoria implica lo sterminio del nemico, non più la sua sottomissione.
Bertolt Brecht scrisse, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, una specie di vaticinio che si sta inverando sotto i nostri occhi: quando la democrazia scolorirà in nazismo, allora avrà il volto dell’America.
Giulietto Chiesa
Gil Galad - Stella di radianza
Scrive FORBES non la Pravda che secondo la loro analisi ad un anno da ritorno della Crimea alla Russia i crimeani sono ben lieti di aver scelto Mosca a Kiev:
A quanto pare "gli USA e l'UE vogliono salvare i crimeani da se stessi, ma i crimeani sono contenti di dove sono". Lo riporta la rivista statunitense Forbes, citando due sondaggi interamente occidentali.
Nel giugno 2014 un primo sondaggio, condotto da Gallup, chiese alla popolazione della Crimea se il risultato del referendum del 16 marzo riflettesse l'orientamento della gente. L'82,8% delle persone partecipanti al sondaggio rispose affermativamente. Se esaminato dal punto di vista etnico, il risultato fu che il 93,6% dei russi hanno dichiarato di ritenere il referendum legittimo. Ma altrettanto rispose il 68,4% degli ucraini. Questi ultimi affermarono anche che lo standard di vita era migliorato con l'ingresso della Crimea in Russia, con una percentuale pari al 73,9%, mentre solo il 5,5% della popolazione crimeana di etnia ucraina dichiarò il contrario. E tutto questo a soli tre mesi da quella che tutti i media occidentali chiamarono "annessione".
Poco meno d'un anno dopo, nel febbraio 2015, un sondaggio condotto dall'Istituto tedesco GfK ha rivelato che gli atteggiamenti non sono cambiati. Alla domanda "Lei approva l'"annessione" russa della Crimea?" l'82% degli intervistati ha risposto "sì, sicuramente", mentre l'11% ha ha dichiarato "sì, nel complesso"; "registra le seguenti risposte: 82% dice "sicuramente sì". Solamente il 2% degli intervistati ha risposto "no". Il sondaggio registra, inoltre, che un ulteriore 2% ha dichiarato di non avere un'opinione a tal riguardo, mentre il 3% non ha espresso la propria posizione.
Aggiungiamo gli interessanti dati dei tartari, minoranza etnica del paese. In Crimea l'etnia tartara rappresenta circa il 10% della popolazione. Solamente il 4% della popolazione di origine tartara ha dichiarato di non approvare l'"annessione" della Russia, mentre il 55% ha affermato che Kiev avrebbe dovuto riconoscere il referendum in conformità al diritto internazionale. Il 24% ha detto che il voto referendario si è svolto "sotto una pressione", evidentemente di natura politica o militare.
Il sondaggio di Gfk ha anche interrogato la popolazione sul ruolo dei media sulla situazione politica della Crimea. Solo l'1% degli intervistati afferma che i media ucraini "hanno dato un'informazione del tutto corretta", mentre il 4% ritiene che i media ucraini siano stati "più spesso veritieri che ingannevoli".
Sulla base di questi dati, Forbes trae quindi queste conclusioni: "Entrambi i sondaggi sono stati realizzati da media occidentali. Si direbbe fuor di dubbio che una grande maggioranza di crimeani non pensa di essere stata ingannata votando per l'annessione, bensì che la vita, per loro e i propri cari, sarà migliore in Russia che non in Ucraina".
E, sempre Forbes conclude: "L'Occidente dovrà infine riconoscere che la gente di Crimea ha il diritto di autogovernarsi. A meno che tutti noi crediamo che entrambi i sondaggi sono stati compiuti in presenza di agenti dell'FSB (polizia russa ndr) armati di tutto punto".
Leggi tutto: http://it.sputniknews.com/mondo/20150323/157974.html#ixzz3VDZfX847
Gil Galad - Stella di radianza
Da PandoraTv con Giulietto Chiesa, ecco perché la Russia non deve intervenire in Ucraina:
Gil Galad - Stella di radianza
Quasi nessuno qui credo abbia simpatie per Putin e pur stando con la Russia su molti temi e appassionato della sua Storia pre URSS neppure il sottoscritto certo non lo ama, tuttavia quando uno fa una cosa buona bisogna dirlo e apprezzarlo. Putin e tutto il governo hanno deciso di tagliarsi lo stipendio e aumentare le pensioni sociali a 3mln di persone del 10%. La cosa è ancora più da sottolineare ora che il paese è in difficoltà economiche. Naturalmente la misura ha obiettivi politici sul mantenimento dell'alto consenso che Putin ha presso i russi. Dico solo che se un uomo autoritario adotta provvedimenti per i deboli questo da ancora più rabbia che nei paesi democratici come il nostro invece i pensionati vengano al contrario sempre prevaricati. E' una cosa che a me colpisce:
Gil Galad - Stella di radianza
La Russia si ritira dopo le mosse occidentali dal trattato sulle armi convenzionali, informazioni da AffarInternazionali un portale sulla cui credibilità nessuno credo abbia da ridire:
Gil Galad - Stella di radianza
La Russia assume la presidenza dei Brics
La Russia assume la presidenza dei Brics
Si aveto letto la notizia. I Brics stanno assumendo sempre più e dico per fortuna un ruolo di contropotere verso l'arroganza USA di dettare legge a tutti e tutto. Anche la nascita della nuova Banca di sviluppo voluta dalla Cina a cui aderiscono anche gli altri paesi Brics e numerosi altri Stati (anche l'Italia ha chiesto pensate di entrare) costituisce un importante alternativa al FMI e alle sue regole capestro. Iosif ti interessi di Russia?
Intanto la Russia posizionerà nuovamente i missili balistici verso i paesi come Spagna, Polonia e Romania che installeranno strutture americane del cosidetto sistema antimissile AbM:
Mosca avvisa l’Europa: tutti i paesi che installeranno il sistema USA antimissile ABM, diventeranno in automatico bersagli dei missili balistici russi
di Valentin Vasilescu
In un’intervista ad una pubblicazione danese, Mikhail Vaeli, ambasciatore russo a Copenaghen, ha dichiarato che tutti i Paesi che entreranno a far parte del sistema di difesa missilistica degli Stati Uniti in Europa, diverranno automaticamente bersaglio dei missili balistici russi.
Gli Stati membri della NATO che hanno installato sul proprio territorio elementi del sistema ABM degli USA sono attualmente la Turchia (radar d’allerta AN/TPY-2), la Spagna (che ha ospitato presso la base navale di Rota tre cacciatorpediniere AEGIS degli USA), la Polonia e la Romania (sistemi missilistici balistici).
In apparenza la reazione adirata del diplomatico russo sembrerebbe ingiustificata, visto che, secondo le dichiarazioni dei funzionari statunitensi, il sistema balistico antimissile statunitense in Europa avrebbe in apparenza una finalità difensiva. In realtà Sergej Rjabkov, viceministro degli Esteri russo, è di diverso avviso e sostiene che i sistemi antimissile che verranno installati in Romania e Polonia violano il trattato sulle “Intermediate Nuclear Forces” (INF). Si riferisce al trattato firmato da Stati Uniti e Unione Sovietica nel 1987 che portò alla eliminazione dei missili balistici a corto e medio raggio (500-5.00 km), così come dei missili da crociera terrestri. Grazie a questo trattato, gli Stati Uniti ritirarono e smantellarono dal Regno Unito, dal Belgio, dai Paesi Bassi, da Italia e dalla Germania 846 missili con testate nucleari Pershing-1b, Pershing-2 e BGM-109G Tomahawk. Lo stesso avvenne con i 1846 missili balistici sovietici TR-1, OTR-23 e R-12 (presenti in Polonia, Cecoslovacchia, Germania e Bulgaria), R-14 (3700 km) e RSD-10 (5500 km).
1. Cosa vogliono i russi?
Dopo 28 anni, sotto il pretesto del cosiddetto scudo ABM, gli statunitensi imbrogliano reintroducendo in Romania e Polonia missili da crociera in terrestri BGM-109G Tomahawk, in grado di colpire Mosca e altri obiettivi nella parte europea della Russia. Questo tipo di missili furono rimosso dall’Europa, secondo il Trattato INF. Lo scudo ABM statunitense situato a Deveselu, in Romania, che sarà operativo entro la fine del 2015, è un complesso AEGIS composto da un radar AN/SPY-1D da rilevamento, inseguimento e puntamento e un sistema di lancio dei missili a celle verticali VLS Mk-41. Il centro di comando e controllo è collegato alla rete satellitare e alla rete dei radar navali, terrestri ed AWACS delle forze armate statunitensi. Sulle celle di lancio verticale di Deveselu, gli esperti militari russi affermano che solo 24 saranno utilizzate per lanciare missili antibalistici SM-3. Le cellule rimanenti saranno usate per lanciare missili da difesa aerea e 8 missili da crociera Tomahawk. Vedi: Youtube.com/watch – Youtube.com/watch
Il sistema AEGIS delle navi da guerra degli Stati Uniti
Il binomio radar AN/SPY-1 – cellule verticali Mk-41 di Deveselu è identico a quello degli incrociatori della classe Ticonderoga e dei cacciatorpediniere classe Arleigh Burke degli Stati Uniti. Il sistema di lancio Mk-41 è costituito da diversi moduli, ciascuno con 5-8 lanciatori verticali singoli, montato sul ponte dei caccia (90 celle) e degli incrociatori (122 cellule). Il sistema di lancio verticale VLS Mk-41 è prodotto dalla Lockheed con la possibilità di scegliere tipo di missile: antinave, anti-som, superficie-superficie o da crociera, incapsulato nei contenitori per il sistema di lancio, consentendo rapida e continua reazione a varie minacce. Possono essere lanciati a caldo, con l’immediata accensione del motore del missile, o a 20-30 metri dopo l’espulsione dal sistema di lancio, avviando poi il motore del missile. La sezione della difesa antiaerea del sistema di lancio verticale VLS Mk-41 sulle navi degli Stati Uniti (composto da 30-40 celle) è armata con tre tipi di missili: RIM-174/Standard Missile-6 ERAM (370 km di gittata), RIM-156A/Standard Missile-2 (190 km di gittata) e RIM-7 Sea Sparrow (19 km di gittata). La sezione balistica del sistema è armata di missili balistici RIM-161/Standard Missile-3/1b derivati dal RIM-156A/SM-2, con un peso di 1500 kg, lunghezza di 6,6 m, diametro di 34 cm, gittata di 500 km e quota di 160 km. La sezione antisom e d’attacco strategico è armata con missili-siluro antisom RUM-139 ASROC (22 km di gittata), missili da crociera Tomahawk e missili superficie-superficie RGM-165/Standard Missile-4 con gittata di 280 chilometri a Mach 3,5.
Questo è armato con testate nucleari in miniatura W80 da 50 kt, pesa 1500 kg e ha lunghezza di 6,6 m, diametro di 34 cm, gittata di 1300-2500 km, velocità di crociera di 880 km/h ed ha un costo di 1,2 milioni di dollari. Nei primi 5-10 secondi, lo stadio a combustibile solido lancia e accelera il missile, dopo di che le ali vengono dispiegate e la propulsione fornita da un motore a reazione, come avviene per gli aerei. Il microprocessore integrato provvede alla navigazione inerziale a 50-100 m con correzioni via GPS del modulo di memoria TERCOM (Terrain Contour Matching), consentendo la mappatura del terreno sorvolato e di confrontarlo con i dati di volo utilizzando un radioaltimetro. La testata del missile con guida di precisione ha un mini-radar che permette al missile, una volta giunto sul bersaglio, di rilevarlo, identificarlo e distinguere gli ostacoli
4. Quali sono i rischi e i benefici per la Romania?
A che serve lo scudo ABM degli USA nel territorio della Romania, sapendo bene che esiste il rischio di esporre la popolazione a rappresaglie convenzionali o nucleari dalla Russia? La mia opinione è che la Romania non ha modo di violare il Trattato sulle forze nucleari intermedie (INF), per il semplice motivo che non ne fa parte. Anche il Viceprimo ministro della Russia Dmitrij Rogozin, ex-ambasciatore russo presso la NATO ed esperto, ha ammesso che lo status della base USA di Deveselu permette a malapena ai soldati di entrarvi. Anche il Capo di Stato Maggiore Generale dell’esercito romeno, un esercito della NATO, non potrà mai visitare il centro di comando e controllo, semplicemente perché la base di Deveselu è una base statunitense, non della NATO. D’altra parte, a causa della situazione internazionale e della cattiva gestione delle risorse economiche, umane e finanziarie dei governi succedutisi in Romania negli ultimi 25 anni, dopo la caduta di Nicolae Ceausescu, migliaia di industrie sono state smantellate e rottamate, e parte della ricchezza nazionale è finita all’estero. In tali circostanze, il bilancio della difesa non ha permesso l’acquisto di armi moderne in questi anni. Così, la difesa aerea della Romania si basa su circa 20 batterie di missili sovietici a corto e medio raggio, e 20-24 aerei da combattimento MiG-21, tutti vecchi 44 anni. L’efficacia di questi missili ed aeromobili, in una situazione di grande presenza di aerei moderni che operano con intensi disturbi elettronici, è zero. Al contrario, lo scudo ABM degli Stati Uniti di Deveselu, attraverso la sua sezione da difesa antiaerea, coprirà gran parte del territorio della Romania con missili di nuova generazione.
Il nuovo radar SBX degli USA è un fallimento
La difesa missilistica USA sarebbe destinata a proteggere i paesi europei dagli ‘Stati canaglia’, ma gli analisti russi credono che in realtà si volta contro la Russia.
Il radar navale in banda X, sviluppato e progettato dal Pentagono e che dovrebbe divenire l’elemento centrale del sistema di difesa missilistica degli Stati Uniti, si rivela inefficace secondo il Los Angeles Times. “Se la Corea democratica lanciasse un attacco a sorpresa, il Sea-Based X-Band Radar, SBX in breve, dovrebbe individuare i missili, inseguirli e guidare i missili-intercettori degli Stati Uniti per distruggerli“, secondo il giornale. “In realtà, il gigantesco radar galleggiante è un flop da 2,2 miliardi di dollari, secondo un’indagine del Los Angeles Times.
Anche se può rilevare oggetti lontani, il suo campo visivo è così stretto che sarebbe di scarsa utilità contro ciò che gli esperti considerano l’attacco più probabile: una serie di missili intervallati da esche”, afferma l’articolo. “SBX avrebbe dovuto essere operativo dal 2005. Al contrario, è stato quasi sempre sotto naftalina a Pearl Harbor, nelle Hawaii” secondo il Los Angeles Times. Tuttavia, “non solo il progetto è uno spreco di denaro dei contribuenti, ma ha creato un vuoto nella difesa della nazione“, osserva il giornale. La Missile Defense Agency statunitense ha speso circa 10 miliardi di dollari per programmi inefficaci, negli ultimi anni, secondo il giornale. Almeno altri tre progetti si sono rivelati inutili come il laser aeroportato per distruggere missili nemici subito dopo il lancio (progetto chiuso nel 2012 e costato 5,3 miliardi dollari), l’Intercettore a energia cinetica (chiuso nel 2009 dopo sei anni di lavori costati 1,7 miliardi dollari) e il Multiple Kill Vehicle (programma accantonato dopo quattro anni di lavori costati 700 milioni di dollari).
Fonte: Reseau International
Gil Galad - Stella di radianza
Si mi interesso di Russia perchè amo questo paese, amo questo popolo, la sua storia, la sua cultura, la sua arte ma specialmente perchè è l'unica nazione che ha il coraggio di contrastare gli USA che in nome della "loro" democrazia seminano morte e distruzione in ogni angolo del pianeta.
Ben vengano i BRICS e ben venga la Banca di Sviluppo con la speranza che servano a spezzare la sottomissione all'america.
Si mi interesso di Russia perchè amo questo paese, amo questo popolo, la sua storia, la sua cultura, la sua arte ma specialmente perchè è l'unica nazione che ha il coraggio di contrastare gli USA che in nome della "loro" democrazia seminano morte e distruzione in ogni angolo del pianeta.
Ben vengano i BRICS e ben venga la Banca di Sviluppo con la speranza che servano a spezzare la sottomissione all'america.
Parole Sante! Siamo coincidenti pressoché su tutto. La Russia avrà anche fatto errori e commesso anche cose disdicevoli ad esempio in Cecenia ma oggi se non avesse difeso un pezzo del suo territorio avremo un califfato fondamentalista islamico nel Caucaso. A volte noi europei in fila come scolaretti dietro il maestro Zio Sam non capiamo le conseguenza delle nostre mosse. Ora in Ucraina con il nostro appoggio c'è un regime peggiore molto peggiore del precedente con inclinazioni e collusioni neonaziste piacciamo non piaccia è così. Se questo corso dall'Ucraina si diffondesse in mezza europa orientale cosa faremmo mi domando? Già paesi come Ungheria (al potere), Slovacchia, Romania e Finlandia presentano movimenti e partiti di ispirazione neonazista ne vogliamo altri? Dovremo essere tutti con la Russia nella lotta contro questo rigurgito invece per puro revanscismo da Guerra Fredda e perché qualcuno al di là del mare sente che il suo dominio planetario frana stiamo con personaggi inquietanti e pericolosi. L'Unione Sovietica era un totalitarismo ma senza il sacrificio di 25 ml di suoi abitanti ora avremo gli eredi di Hitler (forse suo figlio chissà...) a oscurare il mondo con le tenebre naziste. Per questo anche solo un vento un pericolo dovrebbe essere tenuto d'occhio ma al contrario noi gli diamo spinta. Spero che non dovremo pentircene amaramente.
Gil Galad - Stella di radianza
Discorso che non fà una grinza, purtroppo siamo rimasti in pochi a ragionare con la nostra testa. I più bevono come oro colato le fandonie propinate quotidianamente dai nostri media, pagati dal potere.
MODERATORE MODE ON
Due cose:
1) Quante volte dobbiamo ripetervi, GIL, che se stai rispondendo a uno che ha scritto subito prima, non devi quotare il post? Cominciamo ad essere stanchi di queste ripetizioni...
2)Caro iosif, mostra maggiore rispetto per chi non la pensa come te. Non è che se uno non la pensa come te, allora automaticamente è uno che si beve le fandonie propinate dai media blutti e cattivi. Su questo forum vige la regola (che qualche furbetto pensa ogni tanto di violare e di farla franca) di rispettare le opinioni altrui, vedi di seguirla.
MODERATORE MODE OFF