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CAPITOLO SU ARYA
di Lord Beric
creato il 26 dicembre 2003

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Lord Beric
Custode dei Corvi Messaggeri
Guardiani della Notte
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Lord Beric
Custode dei Corvi Messaggeri



Guardiani della Notte

25163 messaggi
Inviato il 26 dicembre 2003 21:19 Autore

Sono giusto reduce da un viaggetto su westeros.org, e tra le news mi sono imbattuto in questo...

 

Direi moooolto interessante...

 

Ora mi getto nella lettura, ci sentiamo!!


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Lord dei Pan di Stelle - Lord Comandante dei Peluche

The best fantasy is written in the language of dreams. It is alive as dreams are alive, more real than real... for a moment at least... that long magic moment before we wake.
Fantasy is silver and scarlet, indigo and azure, obsidian veined with gold and lapis lazuli. Reality is plywood and plastic, done up in mud brown and olive drab.
Fantasy tastes of habaneros and honey, cinnamon and cloves, rare red meat and wines as sweet as summer. Reality is beans and tofu, and ashes at the end.
Reality is the strip malls of Burbank, the smokestacks of Cleveland, a parking garage in Newark. Fantasy is the towers of Minas Tirith, the ancient stones of Gormenghast, the halls of Camelot.
Fantasy flies on the wings of Icarus, reality on Southwest Airlines.
Why do our dreams become so much smaller when they finally come true?
We read fantasy to find the colors again, I think. To taste strong spices and hear the songs the sirens sang. There is something old and true in fantasy that speaks to something deep within us, to the child who dreamt that one day he would hunt the forests of the night, and feast beneath the hollow hills, and find a love to last forever somewhere south of Oz and north of Shangri-La.
They can keep their heaven. When I die, I'd sooner go to Middle-earth.

 

[George R. R. Martin]

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Aegon Targaryen
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Aegon Targaryen
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A

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Inviato il 26 dicembre 2003 21:27

Fantastico prima c'era solo il riassunto, ora abbiamo il capitolo intero.

 

E via che si va a vedere


L
Lady delle Foglie
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Lady delle Foglie
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L

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Inviato il 26 dicembre 2003 22:21

fantastico! volete che traduca?



Lord Beric
Custode dei Corvi Messaggeri
Guardiani della Notte
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Lord Beric
Custode dei Corvi Messaggeri



Guardiani della Notte

25163 messaggi
Inviato il 26 dicembre 2003 23:31 Autore

Sììììììììììììììì, sarebbe meraviglioso!! Potresti davvero???

 

 

^_^:wacko::lol::lol::lol::lol:


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Lord dei Pan di Stelle - Lord Comandante dei Peluche

The best fantasy is written in the language of dreams. It is alive as dreams are alive, more real than real... for a moment at least... that long magic moment before we wake.
Fantasy is silver and scarlet, indigo and azure, obsidian veined with gold and lapis lazuli. Reality is plywood and plastic, done up in mud brown and olive drab.
Fantasy tastes of habaneros and honey, cinnamon and cloves, rare red meat and wines as sweet as summer. Reality is beans and tofu, and ashes at the end.
Reality is the strip malls of Burbank, the smokestacks of Cleveland, a parking garage in Newark. Fantasy is the towers of Minas Tirith, the ancient stones of Gormenghast, the halls of Camelot.
Fantasy flies on the wings of Icarus, reality on Southwest Airlines.
Why do our dreams become so much smaller when they finally come true?
We read fantasy to find the colors again, I think. To taste strong spices and hear the songs the sirens sang. There is something old and true in fantasy that speaks to something deep within us, to the child who dreamt that one day he would hunt the forests of the night, and feast beneath the hollow hills, and find a love to last forever somewhere south of Oz and north of Shangri-La.
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[George R. R. Martin]

J
John Redwyne
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John Redwyne
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Inviato il 27 dicembre 2003 9:31

Siiiii!!!

Lady delle Foglie sei mitica!!! ^_^


L
Lady delle Foglie
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Lady delle Foglie
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L

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Inviato il 27 dicembre 2003 13:53

io lo faccio volentieri, ma c'è l'avviso di copyright...

 

"No part of this text may be reproduced or transmitted in any form or by any means, electronic or mechanical, including photocopying, reposting, recording, or by any information storage and retrieval system, without express written permission of the author. "

 

non è che si va incontro a dei guai pubblicancolo? comunque la traduzione non è contemplata tra i divieti quindi spero che non ci siano problemi!


A
Aegon Targaryen
Confratello
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Aegon Targaryen
Confratello

A

Utente
3418 messaggi
Inviato il 27 dicembre 2003 13:59

Conviene stare attenti, anche perchè secondo me la traduzione è compresa nelle forme vietate.

 

No parts of this text may be reproduced or trasmitted IN ANY FORM or by any means e poi si parla di REPOSTING

 

L'ideale sarebbe tradurlo (e per questo ti ringrazio molitssimo Lady) e poi farlo passare per e-mail.

 

Zitti zitti, quatti quatti.


L
Lady delle Foglie
Confratello
Utente
440 messaggi
Lady delle Foglie
Confratello

L

Utente
440 messaggi
Inviato il 27 dicembre 2003 14:09

non so se IN ANY FORM si riferisca anche alla traduzione, oppure solo ai metodi di diffusione...ma non si sa mai...

moderatori, che dite?


H
Howland Reed
Confratello
Utente
4826 messaggi
Howland Reed
Confratello

H

Utente
4826 messaggi
Inviato il 27 dicembre 2003 14:18

grazie, sia a Lord Beric che ha scovato il capitolo( vuoi forse fregareil lavoro a Gil?), sia a Lady che lo tadurrà( se è possibile).


G
GIL GALAD
Confratello
Utente
3945 messaggi
GIL GALAD
Confratello

G

Utente
3945 messaggi
Inviato il 31 dicembre 2003 19:20

Ehi!!! Beric non mi fregare il ruolo di Navigatore "ufficiale" del Forum (Scherzo!!) :figo::blush::blush:

Abbiamo già tradotto l'intero capitolo su Dany e postato e addirittura Jaquen lo messo in un file per poterlo scaricare sempre nel Topic sul Capitolo di Dany Tradotto, quindi non vedo problemi a tradurre anche quello su Arya. :blush::blush::blush::blush::blush::blush::blush::wacko:


Gil Galad - Stella di radianza





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Lord Beric
Custode dei Corvi Messaggeri
Guardiani della Notte
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Lord Beric
Custode dei Corvi Messaggeri



Guardiani della Notte

25163 messaggi
Inviato il 01 gennaio 2004 15:37 Autore
Ehi!!! Beric non mi fregare il ruolo di Navigatore "ufficiale" del Forum (Scherzo!!)

 

Sorry sorry!! :figo:

 

Per quanto riguarda la traduzione, ho chiesto ad un amico che studia giurisprudenza, non divrebbero esserci troppi problemi!


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Lord dei Pan di Stelle - Lord Comandante dei Peluche

The best fantasy is written in the language of dreams. It is alive as dreams are alive, more real than real... for a moment at least... that long magic moment before we wake.
Fantasy is silver and scarlet, indigo and azure, obsidian veined with gold and lapis lazuli. Reality is plywood and plastic, done up in mud brown and olive drab.
Fantasy tastes of habaneros and honey, cinnamon and cloves, rare red meat and wines as sweet as summer. Reality is beans and tofu, and ashes at the end.
Reality is the strip malls of Burbank, the smokestacks of Cleveland, a parking garage in Newark. Fantasy is the towers of Minas Tirith, the ancient stones of Gormenghast, the halls of Camelot.
Fantasy flies on the wings of Icarus, reality on Southwest Airlines.
Why do our dreams become so much smaller when they finally come true?
We read fantasy to find the colors again, I think. To taste strong spices and hear the songs the sirens sang. There is something old and true in fantasy that speaks to something deep within us, to the child who dreamt that one day he would hunt the forests of the night, and feast beneath the hollow hills, and find a love to last forever somewhere south of Oz and north of Shangri-La.
They can keep their heaven. When I die, I'd sooner go to Middle-earth.

 

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A
ALBIONE
Confratello
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2154 messaggi
ALBIONE
Confratello

A

Utente
2154 messaggi
Inviato il 07 gennaio 2004 15:48

Grazie a tutti per la traduzione! Non vedo l'ora di leggerlo!!! :figo:


L
Lady delle Foglie
Confratello
Utente
440 messaggi
Lady delle Foglie
Confratello

L

Utente
440 messaggi
Inviato il 07 gennaio 2004 20:27

CE L'HO FATTA FINALMENTE!

ho pronta la traduzione...

se l'amico di Lord Beric dice che non ci sono problemi io la posto...

MODERATORI: se pensate che la cosa sia a rischio toglietela e vedremo di diffonderla in altro modo!

 

ARYA

 

La luce ardeva debole e lontana, bassa sull’orizzonte, attraverso la foschia marina.

"Sembra una stella," disse Arya.

"La stella che ci guida a casa," disse Denyo.

Suo padre stava gridando degli ordini. I marinai si muovevano su e giù per i tre grandi alberi e lungo il cordame, ammainando le pesanti vele color porpora. Sotto di loro, i rematori si piegavano su due lunghe file di remi. Il ponte si inclinò, scricchiolando, quando la Figlia del Titano virò a tribordo e cominciò a cambiare direzione.

La stella che ci guida a casa. Arya era in piedi a prua, con una mano posata sulla polena decorata, una fanciulla che portava una cesta di frutti. Per un attimo si concesse di fingere che quella davanti a lei fosse la sua casa.

Ma era una cosa stupida. La sua casa non c’era più, i suoi genitori erano morti, e tutti i suoi fratelli uccisi, tranne Jon Snow sulla Barriera. Era là che lei voleva andare. Lo aveva detto al capitano, ma nemmeno la moneta di ferro lo aveva convinto. Arya sembrava non riuscire mai a raggiungere le mete che si prefiggeva. Yoren aveva giurato di portarla a Grande Inverno, ma lei era finita ad Harrenhal e Yoren era finito morto. Quando era fuggita da Harrenhal per raggiungere Delta delle Acque, Lem, Anguy e Tom Sette l’avevano fatta prigioniera e portata alla collina cava. Poi il Mastino l’aveva rapita, e trascinata alle Torri Gemelle. Arya lo aveva abbandonato morente accanto al fiume, e si era diretta a Padelle Salate, sperando di prendere una nave per il Forte Orientale sul mare, e invece…

Forse Braavos non è poi così male. Syrio era di Braavos, e forse anche Jaquen potrebbe essere lì. Era stato Jaquen a darle la moneta di ferro. Non era stato propriamente suo amico come lo era stato Syrio, ma d’altra parte, quali veri amici aveva mai avuto? Non ho bisogno di amici, finché ho Ago. Accarezzò con il pollice l’elsa della spada, desiderando, desiderando…

A dire la verità, Arya non sapeva cosa desiderare, non più di quanto sapesse che cosa l’attendeva presso quella luce distante. Il capitano le aveva dato un passaggio, ma non aveva tempo per parlare con lei. Alcuni membri dell’equipaggio la evitavano, altri le davano doni – una forchetta d’argento, guanti senza dita, un cappello di lana floscio con toppe di cuoio. Un uomo le aveva insegnato a fare i nodi da marinaio, un altro le faceva assaggiare sorsi di vino di fuoco. Quelli che si comportavano in modo amichevole erano soliti indicarsi con le dita e dire il proprio nome finché Arya non lo ripeteva, anche se nessuno di loro le aveva mai chiesto il suo nome. La chiamavano Salata, perché era salita a bordo a Padelle Salate, accanto alla foce del Tridente. Era un nome come un altro, pensava Arya.

L'ultima delle stelle della notte era svanita... ma all'orizzonte rimangono ancora due luci. "Ora sono due stelle".

"Due occhi," disse Denyo. "Il Titano ci vede."

Il Titano di Braavos/. La Vecchia Nan le aveva raccontato molte storie sul Titano a Grande Inverno. Era un gigante alto come una montagna, e ogni volta che Braavos era in pericolo si risvegliava e accendeva il fuoco nei suoi occhi, e le sue grandi membra si stendevano cigolando mentre entrava nel mare per fare a pezzi i nemici. “I Bravoosiani gli danno da mangiare la carne tenera delle fanciulle nobili", diceva la Vecchia Nan, e Sansa squittiva sempre in modo stupido. Ma Maestro Luwin diceva che il Titano era solo una statua, e le storie della Vecchia Nan erano soltanto storie.

Grande Inverno è bruciata e in rovina, si disse Arya. La Vecchia Nan e Maestro Luwin erano morti, e molto probabilmente anche Sansa. Non le serviva a nulla pensare a loro. Tutti gli uomini devono morire. Ecco cosa significavano le parole che le aveva insegnato Jaqen H'ghar quando le aveva dato la moneta di ferro. Da quando aveva lasciato Padelle Salate aveva imparato un po' di braavosiano, le parole per dire per favore, grazie, mare, stella e vino di fuoco, ma la prima cosa che aveva imparato era che tutti gli uomini devono morire. Gran parte dell’equipaggio della Figlia del Titano conosceva i rudimenti della Lingua Comune, essendo spesso di passaggio a Vecchia Città, Approdo del Re o Maidenpool, ma solo il capitano e i suoi figli la parlavano abbastanza bene da parlare con lei. Denyo era il più giovane dei figlio, un ragazzino di dodici anni paffuto e sempre allegro che si occupava della cabina di suo padre e aiutava il fratello maggiore nei conti.

"Spero che il vostro Titano non sia affamato”, disse Arya.

"Affamato?" ripetè Denyo, confuso.

"Non importa”. Anche se il Titano mangiava davvero la carne delle fanciulle Arya non aveva paura di lui. Era tutta pelle e ossa, non certo un cibo adatto a un gigante, e poi aveva quasi undici anni, praticamente una donna fatta. E poi Salata non è nobile. "Il Titano è il dio di Braavos?”, chiese, “Oppure venerate i Sette?”

"Tutti gli dei sono onorati a Braavos." Il figlio del capitano amava parlare della propria città quasi quanto amava parlare della nave di suo padre. “I tuoi Sette Dei hanno un tempio qui, il Tempio-oltre-il-Mare, ma solo i marinai di Westeros li adorano”.

Non sono i miei dei. Erano gli dei di mia madre, e hanno permesso che i Frey la assassinassero alle Torri Gemelle. Si chiese se avrebbe trovato un parco degli dei a Braavos, con un albero-diga. Forse Denyo lo sapeva, ma non poteva chiederlo a lui. Salata veniva da Padelle Salate, e che cosa poteva saperne una ragazzina di Padelle Salate degli antichi dei del nord? Gli Antichi Dei sono morti, si disse, così come mamma, papà, Robb, Bran e Rickon, tutti morti. Tanto tempo prima, suo padre le aveva detto che quando soffia il vento gelido, il lupo solitario muore mentre il branco sopravvive. E’ l’esatto contrario. Arya, il lupo solitario, era ancora viva, mentre i lupi del branco erano stati presi, uccisi e scuoiati.

"I Cantori della Luna ci hanno portato a questo rifugio, dove i Draghi di Valyria non potevano trovarci”, disse Denyo. “E’loro il tempio più grande. Noi veneriamo anche il Padre delle Acque, ma questa casa viene costruita da capo ogni volta che prende moglie. Il resto degli dei abitano insieme su un'isola al centro della città. E’ la che troverai il... il Dio dai Mille Volti”.

Gli occhi del Titano sembravano più brillanti ora, e più distanti l’uno dall’altro. Arya non conosceva questo Dio dal Mille Volti, ma se esaudiva le sue preghiere forse poteva essere il dio che cercava. Ser Gregor, ripeté, Dunsen, Raff Dolcecuore, Ser Ilyn, Ser Meryn, Regina Cersei. Ne rimangono solo sei, ora. Joffrey era morto, il Mastino aveva ucciso Polliver, e lei aveva ucciso personalmente Messer Sottile, e il suo stupido scudiero brufoloso. Non lo avrei ucciso se non mi avesse afferrata. Il Mastino era morente quando lo aveva abbandonato sulle rive del Tridente, bruciato dalla febbre delle sue ferite. Avrei dovuto dargli il dono della misericordia, e trafiggergli il cuore.

"Salata, guarda!" Denyo la prese per il braccio e la fece voltare. “Vedi? Laggiù!”, indicò.

La foschia si diradò davanti a loro, le sue cortine divise dalla prua della nave. La Figlia del Titano si fece strada attraverso le acque grigio-verdi con ali porpora svolazzanti. Arya sentiva le grida dei gabbiani sopra di lei. Nel punto indicato da Denyo, una scogliera di roccia si ergeva improvvisa dal mare, coperta da pini-soldato e abeti. Ma esattamente davanti a loro, torreggiante sul un’apertura della roccia, si ergeva il Titano, con occhi sfavillanti e i lunghi capelli verdi che ondeggiavano nel vento.

Le sue gambe poggiavano sui lati della scogliera, un piede su ciascuna riva, le sue spalle si innalzavano sopra le rocce. Le gambe erano scolpite nella solida roccia, lo stesso granito nero delle rocce su cui poggiava, ma attorno ai fianchi indossava un gonnellino di bronzo verde. La sua armatura era anch’essa di bronzo, e la sua testa era coperta da un mezzo elmo con cresta. I suoi capelli erano fatti di corde di canapa tinte di verde, e grandi fuochi bruciavano nelle cavità degli occhi. Una mano poggiava sulla scogliera di sinistra, con le dita di bronzo strette attorno a una sporgenza di pietra; l’altra mano era sollevata, e stringeva l'elsa di una spada spezzata.

E’appena più grande della statua di Re Baelor ad Approdo del re, si disse Arya mentre erano ancora in mare aperto. Ma mentre la nave si avvicinava al punto in cui le onde si infrangevano contro la scogliera, la statua diventava sempre più grande. Riusciva a sentire il padre di Denyo gridare ordini a gran voce, e su tra le corde, gli uomini stavano ammainando le vele. Passeremo sotto le gambe del Titano remando. Arya vide le feritoie per gli arcieri nella grande armatura di bronzo, e le macchie scure sulle spalle della statua dove nidificavano i gabbiani. Girò la testa per guardare in alto. Baelor il Benedetto non gli raggiungerebbe il ginocchio. Potrebbe scavalcare con un passo le mura di Grande Inverno.

Poi il Titano ruggì.

Il suono era potente quanto il Titano era grande, un terribile lamento cigolante, così forte da coprire persino la voce del capitano e il rumore delle onde contro le scogliere. Migliaia di gabbiani si alzarono in volo tutti insieme, e Arya trasalì, arretrando finché non si accorse che Denyo stava ridendo. “Avverte l’arsenale del nostro arrivo, tutto qui”, gridò, “Non devi avere paura”.

"Non ho avuto paura," ripose Arya."Solo, era molto forte”.

Il vento e le onde portavano la Figlia del Titano ora, guidandola verso il canale. Le sue file di remi si muovevano dolcemente, accarezzando la bianca schiuma del mare mentre passava sotto l'ombra del Titano. Per un momento sembrò che si sarebbero schiantati contro le rocce. Raggomitolata accanto a Denyo sulla prua, Arya sentiva il sapore del sale quando la schiuma le finiva in viso. “I Bravoosiani nutrono il Titano con la carne tenera delle ragazzine di lignaggio”, le sembrò di sentir dire nuovamente alla Vecchia Nan, ma lei non era una ragazzina, e non aveva paura di una stupida statua.

Nonostante questo, tenne la mano sull’impugnatura di Ago, mentre passavano sotto le gambe del Titano. All’interno delle sue grandi cosce di pietra si aprivano feritoie per gli arcieri, e quando Arya si voltò per osservare la coffa sull'albero maestro passare abbondantemente sotto le gambe del Titano, vide altri buchi per l'olio bollente e visi pallidi che li osservavano da dietro sbarre di ferro.

E poi, erano passati.

L’ombra si diradò, le scogliere irte di pini si aprirono, il vento cadde, e si trovarono all’interno di una grande laguna. Davanti a loro si ergeva una grande montagna, uno sperone di roccia che spuntava dal mare come un pugno chiodato, dai bastioni armati con scorpioni, catapulte e trabucchi."L’Arsenale di Braavos," disse Denyo, orgoglioso come se lo avesse costruito lui. "Possono costuire una galea da guerra in un giorno”. Arya poteva vedere dozzine di galee ai moli e pronte per il varo. Le prue dipinte di molte altre facevano capolino da numerosi capannoni di legno lungo le coste rocciose, come segugi in un canile, magri, feroci e affamati, in attesa che il corno del cacciatore li chiamasse fuori. Cercò di contarle, ma erano troppe, e oltre la curva della costa vide altri e altri porti e capannoni e moli.

Due galee erano venute loro incontro. Sembravano volare sul pelo dell’acqua come libellule, i loro remi che scintillavano. Arya udì il capitano gridare qualcosa e i due capitani rispondere, ma non comprese le parole. Un grande corno suonò. Le galee si misero una su ciascun lato, così vicine che Arya poteva sentire il suono attutito dei tamburi al loro interno, bum bum bum bum bum bum bum bum , come il battito di un cuore.

Poi le galee furono dietro di loro, così come l’arsenale. Davanti a loro si apriva un vasto bacino di acqua verde, increspato da onde che lo rendevano simile a vetro colorato. Al suo centro sorgeva la vera e propria città, un caos di cupole, torri e ponti, verdi, rossi e blu. Le cento isole di Braavos in mezzo al mare.

Maestro Luwin le aveva insegnato qualcosa su Braavos, ma Arya aveva dimenticato quasi tutto. Era una città piatta, quello si vedeva anche da lontano, non come Approdo del Re sulle sue tre alte colline. Le uniche colline erano quelle che avevano innalzato gli uomini con mattoni e granito, bronzo e marmo. C’era qualcos’altro che mancava, anche se le occorsero alcuni istanti per capire cosa. Questa città non ha mura. Ma quando lo disse a Denyo, lui rise di lei. “Le nostre mura sono fatte di legno, e dipinte di porpora”, le disse. “Le nostre galee sono le nostre mura. Non ce ne servono altre”.

Il ponte scricchiolò dietro di loro. Arya si voltò e vide il padre di Denyo in piedi dietro di loro con un grande mantello di lana porpora. Il capitano-mercante Ternesio Terys non aveva barba nè baffi, e portava i capelli grigi tagliati corti a incorniciare il suo viso quadrato e bruciato dal sole e dal vento. Durante la traversata Arya lo aveva visto spesso scherzare con l'equipaggio, ma quando si accigliava gli uomini fuggivano da lui come davanti a una tempesta. Ora era accigliato. “Il nostro viaggio è terminato”, disse ad Arya. “Ci dirigeremo al porto Chequy, dove gli ufficiali del Signore del Mare saliranno a bordo per ispezionare le nostre merci. Ci vorrà una mezza giornata, ma tu non hai bisogno di aspettare. Raccogli le tue cose. Farò calare una scialuppa, e Yorko ti porterà a riva."

A riva. Arya si morse il labbro. Aveva attraversato il mare stretto per arrivare lì, ma se il capitano glielo avesse chiesto, lei avrebbe preferito restare a bordo della Figlia del Titano. Salata era troppo piccola per maneggiare un remo, lo sapeva, ma poteva imparare a manovrare le corde, ammainare le vele, dirigere una nave attraverso i grandi mari salati. Denyo l’aveva portata sulla coffa una volta, e lei non aveva avuto neanche un po’ di paura, Anche se il ponte da lassù sembrava piccolissimo. So anche fare di conto, e pulire le cabine.

Ma la galea non aveva bisogno di un altro mozzo. E poi le bastò guardare il viso del capitano per capire quanto fosse ansioso di sbarazzarsi di lei. Così Arya si limitò ad annuire. “A riva", disse, anche se significava solo stranieri.

"Valar dohaeris." Il capitano si portò due dita alla fronte. “Ti prego di ricordare Ternesio Terys e il servizio che ti ha reso."

"Lo farò," disse Arya a bassa voce. Il vento le strattonava il mantello, insistente come un fantasma. Era tempo di andare.

Raccogli le tue cose, aveva detto il capitano, ma non erano poi molte. Oltre ai vestiti che indossava, aveva il suo piccolo sacchetto di denari, i doni che le aveva fatto l'equipaggio, la daga al suo fianco sinistro, e Ago a quello destro.

La barca fu pronta prima di lei, e Yorko era già ai remi. Anche lui era figlio del capitano, ma era più grande di Denyo e non altrettanto amichevole. Non ho detto addio a Denyo, Pensò, mentre scendeva nella scialuppa. Si chiese se lo avrebbe mai più rivisto. Avrei dovuto dirgli addio.

La Figlia del Titano divenne più piccola dietro di loro, mentre la città si ingrandiva a ogni colpo di remi di Yorko. Alla loro destra si intravedeva un porto, un intrico di moli e attracchi affollati di panciute baleniere di Ibben, navi cigno delle Isole dell'Estate, e più galee di quante Arya riuscisse a contare. Alla sua sinistra, più lontano, c'era un altro porto, oltre un punto in cui la terra era sprofondata e spuntavano cime di edifici dall'acqua. Arya non aveva mai visto tante costruzioni tutte insieme in un solo posto. Approdo del Re aveva la Fortezza Rossa e il Grande Tempio di Baelor e la Fossa del Drago, ma Braavos sembrava avere un numero di templi, torri e palazzi ancora più grande. Tornerò ad essere un topo, pensò cupamente. Proprio come ero ad Harrenhal prima di scappare.

La città da lontano sembrava un'isola, ma mentre si avvicinavano, Arya vide che in realtà si trattava di molte isolette l’una accanto all’altra, collegate da ponti di pietra arcuati che sovrastavano innumerevoli canali. Oltre il porto scorse stradine con case di pietra grigia, costruite così vicine che si appoggiavano quasi l’una sull’altra. Ad Arya sembravano strane, alte quattro o cinque piani e sottili, con tetti di mattoni, simili a cappelli a punta. Non vide alcun tetto di paglia, ma solo alcune case di legno simili a quelle di Westeros. Non ci sono alberi, capì. Braavos è tutta di pietra, una città grigia nel mare verde.

Yorko guidò la scialuppa a nord dei porti, lungo un grande canale, una larga via d’acqua che portava diritta verso il cuore della città. Passarono sotto l’arcata di un ponte di pietra, decorato con centinaia di pesci e crostacei scolpiti. Un secondo ponte apparve davanti a loro, questo decorato con tralci e foglie di vite, e poi un terzo, che li osservava con migliaia di occhi dipinti. Ai lati del canale principale si aprivano altri canali minori, e altri ancora più piccoli da quelli. Alcune case erano costruite sopra i canali, notò Arya, rendendoli simili a tunnel. Barche sottili scivolavano tra di essi, a forma di serpenti marini con teste dipinte e code rialzate. Non avevano remi, ma erano governate con dei pali, da uomini che stavano in piedi a poppa avvolti in mantelli grigi, verdi e marroni. Vide anche grandi chiatte cariche di casse e barili, sospinte da venti barcaioli ai lati, e strane case galleggianti con lanterne di vetro colorato, tende di velluto e statue di bronzo. In lontananza, oltre case e canali, risaltava una grande strada di pietra sopraelevata, sorretta da tre possenti ordini di archi che si perdevano nella foschia del sud. “Cos'è quella?” domandò Arya a Yorko, indicandola. “Il fiume d’acqua dolce”, le rispose lui. “Porta acqua fresca dalla terraferma, sopra le paludi e gli acquitrini. Acqua buona e fresca per le fonti.”

Arya guardò dietro di sè e vide che il porto e la laguna erano scomparsi. Due file di grandi statue adornavano le rive del canale, solenni uomini di pietra in lunghe vesti di bronzo, sporchi degli escrementi degli uccelli marini. Alcuni portavano libri, altri pugnali, altri martelli. Uno teneva una stella dorata nella mano alzata. Un altro reggeva un vaso di pietra riversando un flusso d’acqua infinito nel canale. "Sono dei?”, chiese Arya.

"Signori del Mare”, disse Yorko. "L’Isola degli Dei è più avanti. Vedi? Sei ponti più avanti, sulla sponda destra. Quello è il tempio dei Cantori della Luna”.

Era una delle costruzioni che Arya aveva visto dalla laguna, una possente massa di marmo bianco sormontata da una grande cupola d’argento le cui finestre di vetro mostravano tutte le fasi della luna. Ai suoi cancelli stavano due fanciulle di marmo, alte quanto i Signori del Mare, che sorreggevano un architrave a forma di mezzaluna.

Oltre ad esso si ergeva un altro tempio, un edificio di pietra rossa severo come una fortezza. Sulla sua torre quadrata ardeva un fuoco su un braciere di ferro, venti metri più in alto, mentre alle sue porte ardevano fuochi più piccoli. “Ai preti rossi piace il fuoco”, le disse Yorko. “Il loro dio è il Signore della Luce, R'hllor il Rosso."

Lo so. Arya ricordava Thoros di Myr nella sua vecchia armatura scompagnata e le sue vesti consunte, così scolorite che più che rosso sembrava un prete rosa. Eppure il suo bacio aveva riportato indietro Lord Beric dalla morte. Guardò la casa del dio rosso passare oltre, chiedendosi se anche i preti braavosiani potevano fare la stessa cosa.

Poi passò una grande struttura di mattoni ricoperta di licheni. Arya l’avrebbe potuta scambiare per un magazzino, se Yorko non le avesse detto diversamente: “Questo è il Rifugio Sacro, dove onoriamo gli dei minori che il mondo ha dimenticato. Alcuni lo chiamano Il Formicaio*". Un piccolo canale correva tra le mura coperte di licheni del Formicaio, deviando verso destra. Passarono oltre un tunnel e poi furono di nuovo all'aperto. Sempre nuovi templi comparivano alla loro vista.

"Non sapevo che ci fossero così tanti dei”, disse Arya.

Yorko grugnì. Passarono una curva e sotto un altro ponte. Sulla sinistra apparve una colina rocciosa con sulla cima un tempio senza finestre. Una scalinata conduceva dalle sue porte fino a un molo coperto.

Yorko tirò i remi a bordo, e la barca si fermò dolcemente contro i piloni di pietra. Afferrò per un attimo un anello di metallo per tenere ferma la barca. “Ti lascio qui”.

Il porto era in ombra, i gradini ripidi. Il tetto di mattoni neri era a punta, come quelli delle case lungo i canali. Arya si morse il labbro. Syrio veniva da Braavos. Forse ha visitato perfino questo tempio. Forse ha salito questi stessi gradini. Si afferrò a un anello e saltò sul molo.

"Conosci il mio nome," disse Yorko dalla barca.

"Yorko Terys."

"Valar dohaeris." Yorko si diede una spinta con il remo e ritornò sulle acque profonde. Arya lo guardò allontanarsi verso la direzione da cui erano giunti, fino a quando non sparì nelle ombre del ponte. Quando lo sciacquio dei remi si fu smorzato, Arya poté quasi udire il battito del proprio cuore. Improvvisamente fu in un altro luogo...di nuovo ad Harrenhal con Gendry, forse, o con il Mastino nelle foreste del Tridente. Salata è una bambina sciocca, si disse. Io sono un lupo, e non avrò paura. Accarezzò l’elsa di Ago per farsi coraggio e si inoltrò nelle ombre, facendo due scalini alla vota così che nessuno avrebbe potuto dire che aveva paura.

Sulla cima trovò un portone a due ante di legno intagliato, alta quasi quattro metri. L’anta sinistra era fatta di legno di albero diga, pallido come ossa, quella più a destra di ebano lucido. In mezzo c’era una luna intagliata; d’ebano sulla parte di albero diga, di albero diga sull’ebano. Le ricordava un po’ l’albero del cuore nel parco degli dei di Grande Inverno. Le porte mi stanno guardando, pensò. Spinse entrambe le ante con le mani, ma nessuna si mosse. Chiuse e sbarrate. "Lasciatemi entrare, stupidi”, disse. “Ho attraversato il mare stretto”. Strinse la mano a pugno e picchiò sul legno. “Jaquen mi ha detto di venire. Ho la moneta di ferro.” La estrasse dalla bisaccia e la tenne sollevata. “Vedete? Valar morghulis”.

Le porte non risposero, ma si aprirono.

Si aprirono verso l’interno silenziosamente, non mosse da mano umana. Arya fece un passo avanti, poi un altro. Le porte si chiusero dietro di lei, e per un momento non vide nulla. In pugno stringeva Ago, anche se non ricordava di averla estratta.

Alcune candele bruciavano sui muri, ma la loro luce era così fioca che Arya poteva a malapena vedere i propri piedi. Qualcuno stava sussurrando, troppo piano perché lei potesse distinguere le parole. Udì dei passi leggeri, cuoio sulla pietra, una porta si aprì e si richiuse. Acqua, sento dell’acqua.

Lentamente i suoi occhi si abituarono all’oscurità. Il tempio sembrava più grande all’interno di quanto le era apparso da fuori. I templi di Westeros avevano sette lati, con sette altari per i sette dei, ma qui c'erano ben più di sette dei. Molte statue si trovavano lungo le pareti, imponenti e minacciose. Attorno ai loro piedi ardevano candele rosse, simili a stelle distanti. La statua più vicina raffigurava una donna di marmo alta quasi quattro metri. Dai suoi occhi sgorgavano vere lacrime, riempiendo il vaso che aveva tra le braccia. Accanto a lei c’era un uomo con la testa di leone, seduto su un trono, d’ebano. Dall’altro lato c’era un grande cavallo impennato di bronzo e ferro. Poi c’era un enorme volto di pietra, un infante pallido con una spada, una ossuta capra nera delle dimensioni un aurochs,** un uomo incappucciato che si appoggiava a un bastone. Le altre le apparivano solo come sagome indistinte nella penombra. Tra gli dei erano nascoste delle alcove in ombra, qualcuna illuminata da una candela.

Silenziosa come un’ombra, Arya si mosse attraverso le panche di pietra, con la spada in pugno. Il pavimento era anch’esso di pietra, non di marmo levigato come quello del Grande Tempio di Baelor, ma più ruvido contro i suoi piedi nudi. Oltrepassò alcune donne che parlavano a bassa voce. L’aria era così calda e densa che sbadigliò. Sentiva l’odore delle candele. Era un odore insolito, e pensò che si trattasse di un qualche strano incenso... ma addentrandosi sempre più nel tempio, si accorse che profumavano di neve, aghi di pino e stufato caldo. Odori buoni, Pensò Arya, e si sentì un po’ più coraggiosa. Abbastanza coraggiosa da rinfoderare Ago.

Al centro del tempio trovò l’acqua che aveva sentito; una pozza larga tre metri, nera come l’inchiostro e illuminata debolmente da piccole candele rosse. Accanto ad essa sedeva un giovane avvolto in un mantello d’argento, che piangeva silenziosamente. Arya lo vide immergere una mano nell’acqua, mandando ondine scarlatte lungo la superficie. Quando ritrasse la mano si succhiò le dita una a una. Forse ha sete. C’erano coppe di pietra lungo il bordo della pozza. Arya ne riempì una e gliela offrì, così che potesse bere. "Valar morghulis," disse lui. "Valar dohaeris," rispose lei.

Lui bevve avidamente, poi lasciò cadere la coppa nell’acqua con un debole plop. Poi si alzò in piedi vacillando, tenendosi le mani sul ventre. Per un momento Arya pensò che sarebbe caduto. Solo in quel momento si accorse della macchia scura che si espandeva sul suo abito. “Sei ferito”, gridò, ma l’uomo non le prestò attenzione. Barcollò verso il muro, strisciando dentro un’alcova su un duro letto di pietra. Arya si guardò intorno, e vide altre alcove. In alcune c’erano vecchi che dormivano.

No, sembrò sussurrarle all’orecchio una voce vagamente familiare. Sono morti, o morenti. Guarda con gli occhi.

Una mano le toccò un braccio.

Arya si voltò di scatto, ma si trattava solo di una bambina; una bambina pallida avvolta in una tunica con cappuccio che pareva un bozzolo, nera sul fianco destro e bianca su quello sinistro. Sotto il cappuccio c'era un viso magro e scarno, guance scavate, e occhi scuri che sembravano piattini. "Non afferrarmi", l'avvertì Arya. "Ho ucciso l'ultimo ragazzo che mi ha afferrata".

La bambina disse alcune parole che Arya non capì.

Scosse la testa. “Non parli la Lingua Comune?”

Una voce dietro di lei disse. “Io la parlo”.

Ad Arya non piaceva il modo in cui continuavano a coglierla alla sprovvista. L’uomo incappucciato era alto, e indossava una versione più grande della tunica che portava la bambina. Al di sotto del cappuccio si intravedeva soltanto lo scintillio rosso delle candele nei suoi occhi. "Cosa è questo luogo?", gli chiese Arya.

"Un luogo di pace." La sua voce era gentile. “Sei al sicuro qui. Questa è la casa del Bianco e del Nero, bambina mia. Anche se tu sei troppo giovane per cercare il favore del Dio dai Mille Volti."

"E’ come il dio del sud, quello con sette volti?”

"Sette? No. Ha più volti di quanto tu possa contarne, piccola, tanti quante le stelle che sono in cielo. A Braavos, gli uomini adorano gli dei che vogliono...ma alla fine di ogni strada aspetta Lui-Che-Ha-Mille-Volti. Sarà lì anche per te, un giorno, non temere. Ma non devi affrettarti verso il suo abbraccio."

"Sono venuta solo per cercare Jaqen H'ghar."

"Non conosco questo nome."

Il cuore di Arya le sprofondò nel petto. "Veniva da Lorath. I suoi capelli erano bianchi da una parte e rossi dall’altra. Mi ha detto che mi avrebbe insegnato dei segreti, e mi ha dato questa". La moneta di ferro era stretta nella sua mano. Quando aprì le dita, era incollata al suo palmo sudato.

Il prete osservò attentamente la moneta, ma non accennò a toccarla. Anche la bambina dagli occhi grandi la stava guardando. Finalmente l’uomo incappucciato disse, “Dimmi il tuo nome, bambina”.

"Salata. Vengo da Padelle Salate, sul Tridente"

Sebbene non potesse vedere il suo viso, in qualche modo Arya capì che stava sorridendo. "No", disse lui. "Dimmi il tuo nome".

"Pulcino," rispose stavolta.

"Il tuo vero nome, bambina."

"Mia madre mi ha chiamata Nan, ma tutti mi chiamano Donnola-"

"Il tuo nome."

Arya deglutì. "Arry. Mi chiamo Arry."

"Ci siamo quasi. E ora la verità?"

La paura uccide più della spada, si disse. "Arya." La prima volta lo sussurrò. La seconda lo disse ad alta voce. “Io sono Arya, della Casa Stark."

"Lo sei," disse l’uomo, "ma la Casa del Bianco e del Nero non è posto per Arya della Casa Stark”.

"Per favore," disse lei. "Non ho un posto dove andare."

"Hai paura della morte?"

"No." Si morse il labbro.

"Vediamo." Il prete abbassò il cappuccio. Sotto di esso non c’era un volto, bensì un teschio ingiallito con alcuni brandelli di pelle ancora attaccati alle guance, e un verme bianco che si contorceva in un’orbita vuota. “Baciami, bambina", gracchiò, con una voce secca e roca come un rantolo.

Pensa di farmi paura? Arya lo baciò dove sarebbe dovuto essere il naso e prese il verme dal suo occhio per mangiarlo, ma svanì come un’ombra nella sua mano.

Anche il teschio stava svanendo, e al suo posto comparve un vecchio, dal volto più gentile che Arya avesse mai visto, e le sorrise. “Nessuno aveva mai tentato di mangiare il mio verme prima d’ora”, disse. “Devi essere affamata, bambina”.

Sì, pensò Arya, ma non di cibo.

 

 

 

 

Note:

 

 

* la parola originale è warren, che alla lettera significa “terreno infestato dai conigli”, “garenna", “quartiere densamente popolato”…perciò ho pensato di tradurlo con Formicaio. Non so quale scelta farà il traduttore ufficiale, ma il senso credo sia quello.

 

** aurochs: è un qualche animale fantastico del mondo di Martin? Io non l’ho trovato!


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Aegon Targaryen
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Aegon Targaryen
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Inviato il 07 gennaio 2004 22:58

Grande Ladyyyyyyyyyyy!!!!!!!!!

 

 

 

Grazie mille


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ALBIONE
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ALBIONE
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Inviato il 08 gennaio 2004 15:18

Stupendo!!! L'ho letto tutto d'un fiato!!! Grazie mille LadyDelleFoglie!!! :trooper:


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