Musicisti, musicofoni, musicanti e/o semplici amanti della musica in generale, questo topic è dedicato a Voi!
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L'intenzione ultima di questa discussione è scrivere recensioni su album, cantanti, gruppi, artisti di qualunque genere e di qualunque epoca; Pentos è la sezione dedicata alla musica e pertanto non è importante scrivere dei dischi appena usciti o di prossima uscita.
Ciò che conta è che vi piacciano e vi abbiano trasmesso qualcosa che, a livello tecnico e/o emozionale, vorreste condividere con altri amanti della musica.
Anche il genere non è importante; Heavy Metal, Hard Rock, Rock, Blues, Jazz, Pop, Musica Classica, Country, Folk, Rap, Hip Hop...e relativi sottogeneri.
E' una iniziativa molto bella, tuttavia non sono sicuro di poter partecipare. Per la mia webzine Heavy Metal Heaven scrivo una recensione a settimana quando non due, tuttavia le mie recensioni sono molto approfondite e complesse, il che significa che sono molto, molto lunghe. Posso anche provare a postarne qualcuno, ma non sono molto sicuro che per un forum siano proprio la cosa più adatta, ecco. :) .
Beh, tu intanto prova a postare, poi si vedrà, ma comunque non c'è un limite di complicatezza e lunghezza. ;) Io provo a scrivere qualcosina domani, chissà come mi verrà.
Ser Matthews, scelgo te!!
Ah hai già risposto.. T_T
Sol da poco son giunto in queste terre, da una estrema ultima Thule. Un paese selvaggio che giace, sublime, fuori dal Tempo, fuori dallo Spazio.
All fled, all done, so lift me on the pyre. The feast is over and the lamps expire.
"I walked this land when the Tlan Imass were but children. I have commanded armies a hundred thousand strong.
I have spread the fire of my wrath across entire continents, and sat alone upon tall thrones. Do you grasp the meaning of this?"
"Yes" said Caladan Brood "you never learn."
La sintesi, mio malgrado, non è mai stata tra le mie virtù, quindi non temere di risultare vagametne "prolisso"
......purché tu non scriva un'intera pagina del forum fittamente e in carattere piccolo
Esordisco in questa discussione, andando subito a commentare un disco ambizioso di una delle mie band preferite.
Signore e signori:
SIREN CHARMS - IN FLAMES - 2014
Gli In Flames sono sicuramente una delle band più camaleontiche della scena metal degli ultimi 20 anni. Esordiscono con un Death Metal abbastanza incontaminato, se non da qualche venatura folk svedese (Lunar Strain, 1994), poi lanciano un nuovo genere, il Melodic Death Metal, che porta, gli influssi melodici europei nel classico Death Metal svedese (The Jester Race, 1996 e Whoracle 1997, in parte Colony, 1999). Dopo un breve periodo che strizza l'occhiolino al Thrash (in parte Colony, 1999 e Clayman, 2000), appaiono le prime influenze elettroniche (Reroute to Remain, 2002), che fanno storcere il naso ai fan della prima ora. Facendo un attimino di marcia indietro con Soundtrack to your escape, 2004 (per chi scrive, uno degli album peggiori della band), i nostri cambiano di nuovo rotta con Come Clarity (2006), dove per la prima volta si notano influenze metalcore americane. Con i successivi due album A Sense of Purpose (2008) e Songs of a Playground fading (2011) si assiste ad un progressivo allontanamento del Death per avvicinarsi a sonorità più vicine al metalcore, specilamene dopo l'abbandono di Jesper Strömblad, ultimo membro fondatore della band.
Questa premessa solo per spiegare quante volte questa band abbia cercato l'innovazione, rifiutandosi di ripetere delle sonorità già proposte, anche quando queste hanno fatto la fortuna della band, e anche a costo di scontentare lo zoccolo più duro dei fan. C'è chi li considera modiaoli (figurarsi dopo quest'ultimo cambio etichetta, che dalla Century Media li porta alla Epic/Sony), chi non li considera più metal, ma bisogna dare atto alla band la capacità di non guardare in faccia a nessuno.
Questo nuovo album, Siren Charms, ci porta quindi ancora a nuove sonorità. Il Death Metal è abbozzato quà e là, il resto sono canzoni rock elettroniche, che spaziano dal metalcore all' industrial, ricche di platter e piene di sonorità nuove e inesplorate per la band. Quello che colpisce fin da subito è il cantato. Anders Frìden abbandona quasi completamente l'ottimo growl dei primi album, lanciandosi quasi esclusivamente in linee vocali pulite alternate a screaming e a tratti parlate, che assomigliano addirittura ai momenti più psicotici di Marylin Manson.
Andando con ordine, già l'opener In Plain View inizia con un oscuro sampling, che viene intrecciato ad un massiccio riff di chitarra, che richiama il passato più recente della band. In generale, questo brano è uno di quei pochi, che si possono collegare ai lavori passati. Molto ricercata comunque la linea melodica vocale, Anders Frìden sembra in forma.
Con la seconda Everything's Gone, la band ci fa vedere che sa ancora pestare duro. Qui si ritrovano le ritmiche serrate del Death di Cloud Connected e Reroute to Remain. Purtroppo questo risulta essere anche uno dei brani più confusi dell'album, con un ritornello scialbo e senza particolare picco emotivo.
È con Paralyzed che si cambia decisamente rotta per il nuovo capitolo sonoro degli In Flames. Una chitarra quasi funkeggiante apre la canzone che presto si tramuta in una mid tempo molto ritmica, spiccata di sampler in cui le linee vocali pulite aprono ad un grandioso e sofferto ritornello.
Se con Paralyzed ci siamo decisamente allontanati dal Death, la seguente Through Oblivion arriva ai confini estremi di quanto si possa considerare metal. Il video del brano è uscito qualche giorno prima dell'uscita dell'album. Una mossa volta, visto che è la canzone più controversa in riferimento al passato della band. Atmosfere malinconiche si intrecciano con ottime linee melodiche infarcite di elementi elettronici (cosa che si può dire di tutti i brani, ma specialmente di quelli nella parte centrale dell'album). Il brano, che potrebbe risultare indigesto al primo ascolto, invece si rivela sfacettato e intrigante, anche se manca decisamente di potenza, ma finché resta un brano solo si può anche soprassedere.
Con With Eyes Wide Open si torna a sonorità leggermente più decise, ma in linea con gli ultimi due brani. Tanta melodia, assenza di growl, peccato per un assolo di chitarra ridotto all'osso, c'era potenziale per fare di più.
Siren Charms, la title track è per chi scrive brano migliore dell'album, incorona la nuova parentesi melodico-elettronica dei nostri. Brano che si apre con un irresistibile arpeggio di chitarra, che va subito a sposarsi con una batteria in controritmo. La voce di Friden ci accompagna in un crescendo emotivo fino all'ottimo ritornello. Un'altra canzone molto ritmica che sfrutta la precisione chirurgica del batterista Daniel Svensson e la usa come base per delle ricercate linee melodiche.
Con When The World Explodes si torna a regimi più duri. Chitarrone distorto e screaming aggiungono possenza ad una canzone che già di per sé è di struttura pesante. Sorprendente in questo frangente è l'inserimento della voce femminile in un ritornello insperatamente melodico. Semplice ma effettivo l'assolo di chitarra che ci riporta subito alla potenza vocale di Friden, che torna a darsi il cambio in modo conseguente fino alla fine di questo brano interessante.
Rusted Nail era il singolo apripista dell'album, IMHO cattiva scelta. Non perché il brano non piacesse, anzi, secondo me è un dei brani migliori dell'album, ma è troppo simile a quanto proposto dalla band nell'ultimo Sounds of A Playground Fading e non rende l'idea di questi nuovi In Flames. Qui ritroviamo infatti subito i riff e le ritmiche tipiche della band. Davvero ottima la scelta delle linee vocali, inserite con gusti tra i riverberi di chitarra. Canzone potente con un ritornello facile e tante aperture di chitarra melodiche. Quasi assente l'elettronica.
Il terzetto conclusivo ci regala altre emozioni, ma la parte migliore dell'album ce la siamo lasciata alle spalle. Dead Eyes rallenta decisamente il ritmo e lascia via libera ancora una volta alle linee vocali, in alternanza a quelle di chitarra. Stesso discorso per Monsters in a Ballroom, una canzone che risulta però un po' confusa nella sua inutile ricerca della potenza sonora.
Filtered Truth è una canzone che riassume un po' tutte le atmosfere dell'album. Tanto ritmo, samples, chitarre e voce che si scambiano duelli melodici, il tutto arricchito con un pizzico di potenza sonora e dello screaming. Questa è la nuova ricetta In Flames, prendere o lasciare!
In conclusione si può dire che questa nuova fase degli In Flames è sicuramente interessante. I punti di forza dell'album sono da una parte il cantato con Anders Friden che a quanto pare si sente a suo agio con qualsiasi tipo di sonorità e dall'altra le chitarre melodiche che gli fanno da controparte. Insomma i due songwriter, Frìden e il chitarrista Gelotte si impongono sul resto della band, anche se nel sottofondo troviamo, come in ogni album degli In Flames, una sezione ritmica impeccabile. Forse un po' troppo sotto tono le linee di basso, ma la batteria c'è. Non è in primo piano come in passato, ma dà quella spina dorsale necessaria, e spesso anche quella torsione e quella marcia in più ai brani. La perdita di potenza è sicuramente da riportare alla dipartita di Jesper Strömblad, che era il metallaro duro e puro della band. Forse in futuro si potrebbe coinvolgere di più l'ultimo entrato Niklas Engelin.
Nota a margine, l'album ha un eccezionale artwork, sembrano lavori di inchiostro (non me ne intendo di arte pittorica, giudicate voi) e dei motivi associati ai titoli delle canzoni. Veramene imponente la tartaruga di When The World Explodes, il sottomarino/squalo di Rusted Nail e la vetrata con tentacolo di Monsters in a Ballroom).
Gli In Flames sembrano quindi aver gettato le basi per qualcosa di nuovo, ma non facciamoci troppo l'abitudine, nel prossimo album potremmo trovarci altre carte in tavola.
Voto 7,5/10
Ecco, un livello di prolissità del genere può andare bene, ma non è vietato essere più sintetici.
Avevo scritto questa recensione l'anno scorso per il sito Given to Rock; è stata la mia prima opinione di un'album buttata in parole e scritta nero su bianco, pertanto, siate clementi Ho dovuto tagliuzzare qua e là qualcosina, perché altrimenti sarebbe stata un tantinello troppo lunghetta.....sono stata buona, vi ho persino risparmiato le tonalità delle varie songs....
Devo ammettere che negli ultimi anni ho rivalutato moltissimo Tobias Sammet e la sua musica; sia che si parli di Avantasia (progetto che mi è piaciuto fin dalla prima nota), sia che si parli, come in questo caso, di Edguy (band che ho sempre ascoltato letteralmente a “spizzichi e bocconi).
Premetto che mi piace il loro nuovo sound, è decisamente più maturo, più personale, più concreto rispetto ai primissimi album; e, non da ultimo, molto più vicino ai miei gusti rispetto ai lavori del passato.
Nonostante ciò cercherò di essere il più obiettiva possibile.
“Age of the Joker” è un'album che ho scoperto ben 2 anni dopo la sua pubblicazione, grazie ad un amico che me lo ha consigliato in tutte le salse, tanto che ho finito per acquistare la Limited Edition; due CD, copertina a mo' di booklet....bellissimo, esteticamente anche meglio di "The Mystery of Time" degli Avantasia (ovviamente mi riferisco anche in questo caso alla limited edition)! Le foto invece sono orribili, tutti e 5 hanno ancora quell'espressione da rockers arroganti e spaccatutto che si usava negli anni '80-'90...e Tobias sempre vestito alla stessa maniera! Ma vabbé......Veniamo al contenuto vero e proprio!
Per questo Age of the Joker Tobias e compagni meritano tanti bei thumbs up; sonorità giuste, canzoni trascinanti, accattivanti che fanno andare a ritmo senza quasi rendersene conto.... hanno una linea melodica molto diretta, ritornelli e riff orecchiabilissimi e coinvolgenti. In pieno stile Edguy dell'ultimo periodo (ma non solo); già con Tinnitus Sanctus c'era stata questa spaccatura in favore di sonorità sempre più hard&heavy a discapito del puro power (che a dirla tutta dopo un po' mi stufa pure), e devo dire che le loro canzoni ci hanno solo guadagnato sia in spessore sia in "credibilità". Non sono più dei ragazzini e si sente.
Il CD1 si apre con quello che è anche il primo singolo estratto da “Age of the Joker”, ovvero “Robin Hood”, di cui è anche stato girato un video piuttosto divertente e che, a mio avviso, riprende a pieno l'ironia insita nella canzone stessa: la prima strofa sembra quasi la descrizione della scena di un film ed il velo d'ironia di cui è permeato il brano non lascia capire chiaramente se “ci è o ci fa” (in pieno stile Edguy, come al solito). L'intermezzo fa molto “Iron Maiden style”, con tanto di coretto alla “Run to the Hills”. In definitiva canzone divertente ed allegra.
“Nobody's Hero”; grande ritornello, entra subito in testa. Mi lascia solo un po' perplessa il modo in cui l'assolo conclude prima di riprendere il chorus finale....bha, impressione mia, ma non è molto gradevole all'orecchio.
“Rock of Cashel”; bellissima. Rappresenta, a mio avviso, uno dei punti più alti dell'intero album. Riff medievaleggiante, una ritmica fantastica e molto dinamica; adoro le cadenze terzinate!
“Pandora's Box”; altra canzone in cui si avvertono altre contaminazioni musicali. Intro in southern rock style, a metà strada tra le sonorità alla “Blaze of Glory” di Bon Jovi e “l'hard-rock blues” degli Aerosmith, la cui influenza si mostra prepotentemente soprattutto nel solo e nel fraseggio di Tobias che lo apre. Il giro della strofa però mi ricorda a tratti il verse di “Sex Fire Religion” contenuta nel predecessore di “Age of the Joker”, “Tinnitus Sanctus”.
“Breathe”; è il brano in cui si avvertono maggiormente le reminiscenze del passato. Di stampo decisamente power, “Breath” scivola via veloce e piacevole: da notare il coro di “avantasiana memoria” che chiude l'intermezzo arpeggiato prima della reprise.
“2 out of 7”; adoro le lyrics di questa canzone! Ritornello bello aperto, bella la melodia. Irriverente al punto giusto. Canzone che mi piace ascoltare a tutto volume in macchina......
“Faces in the Darkness”; l'intro spiazza perché porta a credere di trovarsi davanti alla prima “ballad” del disco. Ipotesi subito abbandonata non appena entra il potente riff che apre veramente la canzone e che ci dà subito l'idea dell'impatto ritmico di questo brano. Le lyrics invece per me rappresentano una sorta di “antropomorfizzazione” della paura del buio e quindi dell'ignoto. Bellissima, anche questa da cantare a squarciagola.
“The Arcane Guild”; è l'altra canzone che più risente delle influenze power. Il solo ricorda molto gli Helloween, o anche i Rainbow.....solo un filo più veloci.
“Fire on the Downline”; dall'intro dolce e melodioso, questa track mostra i muscoli dopo il crescendo di batteria. E' una canzone che conquista poco alla volta, man mano che i secondi scorrono. Pregevole il gusto un po' “eighties” dato alla struttura melodica del ritornello, al tempo stesso dinamico e particolare grazie alla ritmica che alterna blocchi di battute da 4/4 e battute di 2/4.
“Behind the Gates to the Midnight Word”; è la mia preferita dell'intero lotto. Potente, piena ed oscura; mi piace tutto di questa canzone. Volendo fare un paragone un po' forzato con “The Mystery of Time”, ha lo stesso impatto sonoro e le stesse atmosfere un po' sinistre di “Black Orchid” ed una struttura con vari cambi di tempo e ritornelli aperti che fanno “salire” la canzone come in “The Great Mystery”. Adoro la ritmica, soprattutto nell'intermezzo, con questo crescendo tonale e questo pianoforte che portano alla reprise del riff iniziale e dello splendido ritornello ripetuto due volte prima della chiusura, caratterizzata dal “malefico” arpeggio di chitarra eseguito un tono sopra rispetto al resto della canzone. Una piccola suite encomiabile, davvero niente da dire.
“Every Night Without You”; la vera unica ballad di tutto l'album. Qui i casi sono due; o Tobias è davvero innamorato (ed in teoria così dovrebbe essere), oppure è innamorato dell'amore. Il nostro genietto di Fulda ha sempre avuto la grande dote di scrivere ballad stupende; questa, per inciso, è forse un po' troppo sdolcinata, sicuramente non la sua migliore, ma comunque si lascia ascoltare. E poi, a quale donna non piacerebbe sentirsi dedicare parole simili? Quasi nessuna....quasi; tant'è che la reputo il punto debole del disco, ma non perché sia una canzone brutta, anzi, il fatto è che a mio avviso lega poco con il resto dell'album.
“Age of the Joker” è un album davvero ben fatto, con lyrics ben congegnate e strutturato in modo che si abbia quasi una sorta di crescendo che da “Robin Hood” porta alla suite “Behind the Gates to the Midnight World” (o per lo meno è l'impressione che io ho avuto ascoltandolo). Chiudere con una ballata così “melensa” è un vero peccato; anche se mi rendo perfettamente conto che il “lentone” ci sta sempre e comunque e, a volte, è pure richiesto a furor di popolo!
Passando al CD2, ben più che degna di nota è “God Fallen Silent” che porta la firma di Jens Ludwig; se son tutte così le canzoni che scrive, Tobias dovrebbe lasciargli un po' più di spazio, eh!
Le altre canzoni contenute in questo “bonus CD” sono la divertente cover “Cum on Feel the Noize”, “Aleister Crowley Memorial Boogie”; le single versions di “Robin Hood” e “Two out of Seven” e la ballad “Standing in the Rain”, scritta da Tobias nel 2005 e che potrebbe tranquillamente fare da contraltare a “Every Night Without You”. Qui si canta di un'amore in corso, bello puro e duraturo, per contro, in “Standing in the Rain” si parla di un'amore finito, magari anche in malo modo.....Chi ha estratto il 2 di picche?
Voto:8
Best Song: Behind the Gates to the Midnight World, Two out of Seven, Faces in the Darkness, Rock of Cashel.
Skip Song: se proprio vogliamo trovarne una Every Night Without You.
I Paradise Lost! Ho a casa One Second, uno dei primi album che ho comprato, non l'ascolto da una vita! Non sapevo che facessero Doom, One Second era molto modaiolo quando uscì.
Comunque complimenti per le recensioni, Darklady mi piace molto l'idea delle Best Song e Skip Song, mi sa che inizio a farlo anch'io.
Abbiamo decisamente posto in alto l'asticella delle recensioni, ma anche un semplice commento è il benvenuto, eh! ;)
Io volevo postare una mia recensione, ma dopo le vostre mi vergogno come una ladra
È Frittella il nostro Re
Fa i pasticci, fa i bignè
Io ne mangio pure tre
È Frittella il nostro Re!!!
You're mine. Mine, as I'm yours. And if we die, we die. All men must die, Jon Snow. But first we'll live.
La cosa bella di essere guardiani? l'affetto con cui veniamo ripagati, ma anche il rispetto, la riconoscenza. E' un impegno che dà molto onore e tanta gloria (Cit @Maya )
NOOOOOOO!!!!
Fallo ti prego!!
Nessuno è qui per giudicare!!! Scrivi, scrivi Robyn, facci conoscere la tua musica.....un po' la conosciamo eh, .....però, va bene tutto quello che vuoi; scritto nel modo che vuoi, ci mancherebbe!
Nel post iniziale perché non mettiamo i link ai post delle recensioni? Io sto rielaborando (leggi:ampliando) alcune delle recensioni che avevo scritto per il MDM, spero di poter postare la prima a breve.
Direi che è un'ottima idea. :)
Siccome oggi sono di buon umore, posto un'altra recensione, nella fattispecie una di quelle che mi è piaciuto di più scrivere, se non altro perché mentre di solito il concept di un album lo accenno solo, qui sono riuscito a fondere il racconto del concept (che è IL concept heavy metal) e la parte musicale (il che la rende anche la più lunga che abbia mai scritto ! ).
Recensione: Queensrÿche - Operation: MIndcrime
Genere: heavy/progressive metal
Cos’è che rende un disco un masterpiece immortale e riconosciuto da tutti? Seppur sembri una domanda semplice, banale addirittura, pensandoci in realtà non è affatto facile rispondere, anzi, e probabilmente una risposta univoca ed oggettiva per ogni persona non esiste. Secondo la mio opinione, in ogni caso, ci sono tanti fattori che contribuiscono a rendere un capolavoro tale, ma uno dei maggiori è l’ispirazione, la capacità cioè di riuscire a rendere il proprio sound assolutamente perfetto ed efficace al massimo, qualcosa di impossibile senza talento ed impegno, ma che necessità anche di una certa dose di fortuna. Tra quelli che nonostante la difficoltà ci riuscirono, vi sono per esempio i Queensrÿche di fine anni ottanta: dopo la pubblicazione dell’EP omonimo (1983) e dei primi due dischi (The Warning dell’84 e Rage for Order dell’86), che già mostravano le ottime doti del gruppo, quest’ultimo riuscì a raggiungere un’alchimia ancora maggiore. Nel 1988 usciva così Operation: Mindcrime, disco estremamente ambizioso sia a livello di sonorità che a quello lirico e concettuale, ma che come vedremo, grazie all’eccelso stato di grazia raggiunto, riuscì comunque a diventare uno dei più grandi ed importanti dischi heavy metal di tutti i tempi, in maniera peraltro assolutamente meritata. In esso la band si proponeva in un sound che limava gli spigoli più sperimentali del predecessore e tornava ad esaltare il sound classic heavy metal degli esordi, senza dimenticarsi delle influenze che lo rendono a tutti gli effetti anche uno dei primi dischi progressive metal della storia, seppur nel senso primigenio del termine: niente componimenti complesse o di durate estreme e nessun inutile sfoggio di tecnica, quindi, solo atmosfere intense e cangianti. Se già di per sé questa proposta è interessante, il gruppo riesce a dare però anche di più: il songwriting è infatti perfetto in ogni passaggio, interludio, arrangiamento, ed il risultato è della musica che anche da sola, senza altro, risulta memorabile. Come se non bastasse, in ogni caso, a coronare il tutto vi è la storia che costituisce il fascinoso concept dietro al disco, un vero e proprio racconto di genere distopico che si rivela molto toccante ed in ogni caso decisamente forte (già solo impostare la recensione in modo di descriverla nel dettaglio è stata un bel pugno nello stomaco per me); senza ulteriore indugio, perciò, che la narrazione cominci.