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FRAMMENTI DEL LAY OF LEITHIAN
G di GIL GALAD
creato il 14 ottobre 2003

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Inviato il 14 ottobre 2003 19:51 Autore

ATTENZIONE!!!!!!!!

 

 

 

 

 

 

FRAMMENTI DEL LAY OF LEITHIAN DI J.R.R. TOLKIEN

 

 

Il Lamento di Leithian

 

 

Intonò un canto di stregoneria:

forare, violare, fellonia,

E svelare, scoprire, tradire.

Ma Felagund, senza basire,

Rispose, questo cercando di dire:

Resistere contro il potere,

E fedeltà e segretezza tenere

Come torre, e liberi stare:

Di cangiare e forma mutare;

Lacci elusi, trappole infrante,

Carceri aperte, catene schiante

Avanti e indietro andavano i canti,

Girando, oscillando, via via più tonanti.

Saliva la voce, Felagund resisteva

E la magia e la potenza metteva

Di tutti gli Elfi in ciò che diceva.

Ed ecco dolci nel buio gli alati

Dal Nargothrond cantare beati

E più lontana la voce dell'onda

Di là, in Occidente, lungo la sponda,

La spiaggia di perle, degli Elfi la terra.

S'accrebbe il buio, infuriava la guerra

In Valinor. Rosso sangue scorreva

Accanto al Mare, e il Noldor uccideva

Il Marinaio, e rubava le navi,

Le navi bianche, leggere e soavi;

Dal porto salpava. E gemono i venti,

Urlano i lupi coi ladri fuggenti.

Mormora il ghiaccio del Mare alle foci.

Soffrono in Angband pene atroci

Gli schiavi. Tuono, fuoco ardente -

E Finrod crolla abbattuto, perdente.

 

Canto della Dipartita

Addio, mia terra, addio nordico cielo

Benedetto poiché in esso lo stelo

Spuntò, e poi lieve corse

Sotto la Luna, e sotto il Sole sorse,

Di Lúthien l'Usignola,

Bella che a dirlo non basta parola.

Rovini pure il mondo tutto quanto

E sia dissolto in ogni membro, e infranto

Ricada nell'abisso atemporale:

La sua struttura sol per questo vale -

Sera, mattino, cielo, terra, mare -

che Lúthien lo ha potuto contemplare

 

 

I Corni di Ylmir (da La Caduta di Gondolin)

Tuor ricordò in una canzone cantata al proprio figlio Eärendel le visioni che le conchiglie di Ylmir una volta chiamarono ai suoi occhi al tramonto nella Terra dei Salici

 

 

Fu nella Terra dei Salici dove l'erba è lunga e verde

Stavo pizzicando le corde della mia arpa, ed un vento si insinuò non visto

E stava parlando nelle cime degli alberi, mentre le voci delle canne

Stavano sussurrando flebili mormorii mentre il tramonto toccava i prati,

Musiche della terra, sottilmente magiche che quelle canne sole potevano tessere

Fu nella Terra dei Salici, che una volta al crepuscolo Ulmo venne.

Nel crepuscolo presso il fiume su una conchiglia scavata

Egli produsse musica immortale, finché il mio cuore sotto il suo incanto

Fu spezzato al tramonto; e i prati divenivano scuri

Verso le grandi grigie acque sollevantesi attorno alle rocce dove gli uccelli marini nuotano.

Li udivo lamentarsi attorno a me dove gli scogli neri torreggiavano alti

E l'antica, primeva luce delle stelle risplendeva pallida nel cielo.

In quella regione scura e pericolosa nelle cui vie tempestose

Non udii suono di voci umane, in quelli, i più antichi dei giorni,

Io sedevo sul margine rovinato del mare dalla profonda voce,

La cui musica rombante e spumeggiante erompeva in cadenza infinita

Sulla terra assediata per sempre in un'infinità di assalti

E consunta in torri e pinnacoli e scavata in grandi volte;

E i suoi archi si scossero al tuono e i suoi piedi ricoperti di forme

Svelte nell'antica guerriglia del mare in quei picchi e capi foschi.

Oh! Udii la tempesta schierata per la battaglia rombare alle spalle della marea

Quando la tromba dei primi venti risuonò, e il grigio mare cantò e gridò

Mentre una nuova bianca ira si risvegliava in lui, e i suoi eserciti si levarono alla guerra

E dilagarono in una cavalleria di onde verso la costa immota ed erta di mura.

Là la fortezza con bandiere di vento di quelle alte e vergini coste

Respinse le prime scarne avanguardie delle più antiche schiere marine;

Respinse gli inquieti incursori che come braccia di una creatura tentacolare

Serpeggiavano e si insinuavano in avanti frusciando, gorgogliando e aggrappandosi.

Allora un sospiro si alzò ed un mormorio in quella avanguardia furtiva e mormorante,

Mentre, indietro, i torrenti si radunarono e le onde balzando correvano,

Finché gli acquei cavalli dalle criniere di spuma avanzarono rollando in verdi grandezze -

Una folle marea marciante verso terra - e il loro canto di guerra avvampò in fiamme.

Grandi teste erano scosse dalla rabbia e le loro creste erano torri di spuma,

E la canzone che i grandi mari stavano cantando era un canto di rabbia insondata;

Perché attraverso quel grande tramestio le trombe di Ossë fieramente suonavano,

E le voci della corrente diventarono ancor più fonde e l'alto Vento più assordante;

Profonde cavità mormorarono e risuonarono mentre risucchiavano i venti marini;

Spume e grandi bianchi spruzzi gridavano acutamente al di sopra del fragore;

Tempeste soffiarono le aspre trecce del mare verso l'oscuro viso della terra

E venti selvaggi colmi di spruzzi delle onde volavano in una corsa turbinante

Di battaglia in battaglia, finché le potenze dei mari

Si radunarono come una montagna attorno alle terribili ginocchia di Ossë,

Ed una cupola di acque urlanti percosse quelle facciate nere e grondanti

E le sue fontane catastrofiche si rompevano in fragorose cascate.

Allor l'immensurabile inno dell'Oceano io udii mentre si levava e ricadeva

Al suo organo, i cui registri erano le voci dei gabbiani e i tonanti crescendo;

Sentii il motivo delle acque e il canto delle onde

Le cui voci venivano in continuo e andavano rollando verso le cave,

Dove un'infinita fuga di echi si tuffava contro la pietra bagnata

E si alzava e mescolava all'unisono in un suono mormorante di cornamuse -

Fu una musica di massima intensità che muoveva nel profondo,

E tutte le voci dell'oceano furono raccolte a quel suono;

Era Ylmir, Signore delle Acque, con la mano che tutto placa, che creava

Armonie inconquistabili, a cui il mare rombante obbediva;

A cui le sue acque riversò e la Terra sollevò di nuovo le sue spalle

Nude all'aria, alle nuvole e alla pioggia che andava verso il mare,

Fino a che il gorgoglio di verdi vortici e lo schiocco delle

increspature fu tutto

Quello che raggiungeva la mia roccia isolata, salvo l'antico ultraterreno richiamo

Degli uccelli marini a lungo dimenticati e lo stridere di antiche ali.

Così un sonno mormorante mi prese tra quelle lontane e primeve cose

(In una regione solitaria illuminata dal crepuscolo lungo le cui vecchie e caotiche vie

Non udii suono di voci umane, in quelli, i più antichi dei giorni

Quando il mondo turbinava nel tumulto mentre i Grandi Dèi mutavano la Terra

Nell'oscurità, nella tempesta dei cicli prima della nostra nascita),

Fino a quando le maree si placarono, e il Vento morì, e tutta la musica del mare cessò

E mi risvegliai in caverne silenti, in vuote spiagge e pace.

Quindi la magia si ritirò da me e quella musica sciolse i propri lacci -

Lontano, lontano chiamando le conchiglie - Oh! Io restai nelle dolci terre,

E i prati erano attorno a me dove crescevano i salici piangenti,

Dove le lunghe erbe si muovevano attorno a me, e i miei piedi erano bagnati di rugiada.

Solo le canne frusciavano, ma una nebbia era distesa sui torrenti

Come un pioggerella marina trascinata lontano nell'entroterra, come un frammento di sogni

marini che sanno di sale.

Fu nella Terra dei Salici che udii chiamare il misterioso respiro

Dei Corni di Ylmir - e li sentirò fino alla mia morte.

 

*(Tratto da The Shaping of Midlle-earth IV Volume della HOM)

 

The Lay of Leithian *(frammenti dei primi canti)

 

 

 

I, I

 

V’era un Re nei giorni antichi:

prima che gli Uomini della Teraa vedessero i siti

il suo potere era sulla caverna scura,

la sua mano sopra valle e radura.

Come Luna i suoi scudi splendevano,

d’accuminato acciaio le sue lance fendevano,

lavorata era la sua corona di grigio argento,

i suoi stendardi catturavano le Stelle del Firmamento;

ed argentee le sue trombe trillavano,

sotto le Stelle ogni cosa sfidavano;

abbracciava il suo regno, l’icanto

dove gloria e potere, indicibile quanto,

dall’ivoreo trono esercitava, solenne,

in aule di pietra dalle mille colonne.

Lì berillio, perla e pallide opalie,

e metallo lavorato come dei pesci le maglie,

scudo e corsaletta, ascia e spada,

e barluginanti alabarde ammontavano nella sala.

Tutto questo Egli aveva, e meno l’amava

d’un’Elfica Fanciulla che una volta danzava;

per più bella del Crepuscolo che vien,

una figlia Egli ebbe, Lúthien.

 

 

 

I, II

 

Volteggiar non potrebbero gambe di agilità pari

sulla verde Terra, sotto gli Astri dai volti chiari;

di più gentil bellezza una fanciulla la Vita non potrebbe abbracciar,

dall’Alba al Tramonto, dal Sole fino al Mar.

Eran blu come i cieli d’Estate le sue vesti,

ma grigi come la Sera erano i suoi occhi desti;

ornate, erano, con fiori d’oro senza nome,

ma come Obra nella Notte erano le sue chiome.

Come ali d’uccello volavano i suoi piedi,

il suo ridere più liminoso dei Giorni lievi;

l’esile Salice, la Canna al Vento cantante,

un prato fiorito fragrante,

la splendente Luce su degli Alberi le Foglie,

la voce dell’Acqua, più di queste meraviglie

eran la sua Beatitudine e Bellezza,

la sua Gloria e la sua gentil Grazia;

e Lei il Re più cara avrebbe data

di Mano o Cuore o Luce degli Occhi incantata.

 

 

I, III

 

Nel mezzo del Beleriand vivevano,

mentre gli Elfi col loro Potere la Terra vegliavano,

nei folti boschi del Doriath e la vegetazione:

di quella Via pochi avevan trovato la direzione,

le mura di foresta pochi avevan osato passare,

o le danzanti ed attente foglie far vibrare

con naso di segugi, abili nel cacciare,

con cavallo, o corno, o piede Mortale.

Al Nord v’era la Terra del Terrore,

ove conducevano solo sentieri d’Orrore,

su colline d’ombra fredde e desolate,

che la Taur-na-Fuin a lungo avea tormentate,

là dove si celava la Notte Oscura,

che mai vide Giorno, Stella o Luna;

al Sud la grande Terra che inesplorata restava;

all’Ovest l’antico Oceano che imponente mugghiava,

ampio e selvaggio, innavigato e dalle sponde mai trovate;

all’Est in cime blu erano innalzate,

nel Silenzio avvolte, in un velo fermo,

le Montagne del Mondo Esterno,

al di là della fitta Foresta scura,

Biancospino e boschetto, Salice e radura,

i cui rami sospesi col nido giocondo,

erano Antichi quando era Giovane il Mondo.

 

 

 

I, IV

 

Là Thingol nelle Mille Caverne,

le cui pallide porte il Fiume bagna, ferme,

Esgalduin, come dalle Fate vien chiamato;

in tanti un’alto salone, da torce illuminato,

abitava un’oscuro e nascosto Re,

Signore delle foreste e delle brughiere;

accuminata la sua spada, alto il suo elmo,

il Re del Faggio, Quercia ed Olmo.

 

 

 

I, V

 

Là Lúthien, l’esile Fanciulla aggraziata,

danzava nella valletta e nella radura erbata,

e Musica allegramente, chiara e sottile,

volteggiava pe’i sentieri, la più gentile

che Uomo Mortale avesse mai udito,

più dolce del cantar dell’uccello invaghito.

Lunghe eran le foglie e l’erba era verde,

quando Daeron con le sue dita scarne,

come Luce del Giorno sciolta nell’Oscurità,

una musica raminga dolcemente suonò,

fluteggiando d’Incanto, cantando d’Amore

per l’Elfica Figlia di Thingol del Doriath Signore.

 

 

 

I, VI

 

Là l’arco era curvo ed il dardo ratto,

il Daino come illusione si dileguava lesto,

ed orgogliosi destrieri dalle criniere intrecciate,

con rilucenti morsi e redini argentate,

fuggevoli andavan nella Notte dalla Luna rischiarata,

rondini rapide come un freccia in volo scoccata;

un soffiar ed un suono di campane,

una caccia nascosta in valli mai piane.

Là canzoni eran composte ed oggetti dorati,

e coppe d’argento e gioielli impensati,

le Epoche infinite delle Lande Fatate

sul Beleriand volavano, pacate,

fino a quel mite Giorno lontano,

quando, sotto il Sole, molti Prodigi iniziarono.


Gil Galad - Stella di radianza





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Inviato il 14 ottobre 2003 23:22

wow!

leggo ed il fiato rimane sospeso :D

leggo e l'animo arde come fuoco acceso :lol:

leggo e l'occhio scivola via :lol:

leggo e mi domando... Luthien non era mia? :lol:

 

 

ihihih...vabbè! complimenti a sire Gil-Galad!

 

una curiosità...ma non si scrive LAI?? perchè scrivi LAY? O_o


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Inviato il 15 ottobre 2003 0:45

Se avessi letto questo non avrei scritto quello che ho scritto tre secondi fa....e bravo Gil! dove lo hai pescato (magari ce l'ho ma ancora lo devo leggere!)


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Inviato il 15 ottobre 2003 15:02 Autore

Per L'Estraneo... guarda che si scrive LAY te l'assicuro dato che ho il libro The Lays of Beleriand III Volume della HOM. Per Davos: caro amico questi sono solo frammenti.... tradotti da miei amici Tolkieniani, ma i canti sono molto piu' lunghi. Io ho messo quasi tutto quello che si trova su carta su file Word, magari se ne hai voglia, quando hai tempo, visto che sei gia' impegnato con le traduzioni dello Zio si potrebbe tradurre qualche canto per intero. Molto belli sono i Canti 13° e 14° quando Beren e Luthien penetrano in Angband.

Estraneo tu l'inglese lo mastichi bene?

Perche' in caso affermativo potresti tradurre delle cose molto belle.

Fammi sapere.

Ciao Gil. :lol::lol::lol:


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Inviato il 15 ottobre 2003 16:35

..masticare lo mastico, però sono un campio a sputarlo più lontano :lol: (ehm sorry)

..il mio unico problema è sempre il tempo :(

 

 

PS: hai mica qualcosuccia su “Aldudenië” Elemmirë ?????????? :lol::lol::wub:


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GIL GALAD
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Inviato il 15 ottobre 2003 18:24 Autore

Allora Estraneo, purtroppo da quello che sò questo è uno dei lavori che Tolkien non ha mai portato a termine.

Infatti da una nota nel X volume della HOM il figlio Cristhoper dice: (te lo riporto in inglese)

 

$114 There is no trace of the work Aldudenie among my father's

papers. With the passage concerning the Darkness that came

with the extinction of the Light of the Trees cf. the Ainulindale'

$19: 'and it seemed to [the Ainur] that in that moment they

perceived a new thing, Darkness, which they had not known

before, except in thought.'

 

 

Se capisco bene non c'è traccia di questo scritto tra le carte lasciate da Tolkien.

Peccato mi sarebbe piaciuto anche a me leggerlo. :lol::lol:

 

 

 

 

:lol::wub:


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