Ma assolutamente no.... in Inghilterra il diritto alla presenza di tribunali "islamici" esiste da una dozzina d'anni;"l'allarme" recente è dovuto ad una inchiesta del Daily Mail che rivelava che dal 1999,in cui tali tribunali erano solo 5,si è passati a 2009 in cui questi tribunali avrebbero sfiorato al novantina.Punto.E' probabilmente quello che pensavano anche in Gran Bretagna, eppure quello che sta avvenendo è proprio uno sdoppiamento dello stato di diritto: da una parte le corti islamiche, dall'altro le corti di diritto inglese.
Ma la la legge sovrana in Inghilterra è e rimane quella dello stato inglese:checchè ne dica Giliano Ferrara,che parla di "Regno Islamico di Gran Bretagna"... >_> ... le decisioni di questi tribunali (che generalmente riguardano dispute familiari e finanziarie) diventano valide solo dopo essere state approvate da un tribunale inglese.
Non sapevo ne avesse parlato anche Giuliano Ferrara. Io avevo letto alcuni giornali inglesi (ti dirò che non ricordo esattamente quali. Quando ne ho letto non pensavo che avrei dovuto citarli e mi sono limitata a registrare l'informazione :P), che sottolineavano come spesso gli immigrati ricorrano a queste corti, evitando quelle tradizionali. Erano loro a mettere in evidenza quello che a loro parere iniziava ad essere un problema.
Ma il punto è che l'impermeabilità di queste comunità è una reazione.....come diceva Xaytar,giustamente:"Se gli immigrati li integri, non tendono a formare un gruppo separato. Quando un gruppo sociale non è attaccato, non ha bisogno di difendersi: tende a fondersi con il gruppo a cui aspira"Il mio voleva solo essere un esempio pratico (se vuoi un po' superficiale, ma l'ho scelto di proposito sperando di non aprire discussioni parallele che finissero OT) di quello che è un problema reale e piuttosto grosso, quello dell'integrazione e delle comunità di immigrati chiuse e impermeabili al resto della società accogliente (io abito a 2 km dalla casa dove fu uccisa e sepolta Hina, quindi non venirmi a dire che il problema non sussiste).
La tua è un'analisi semplicistica.
Prima di tutto, come fai a dire che gli immigrati aspirano a fondersi con la società italiana?
Il fatto che abitino e lavorino qui non significa affatto automaticamente che vogliano anche essere italiani. Sicuramente significa che aspirano a condizioni di vita migliori di quelle del loro Paese di provenienza, ma tra questo e il volersi fondere con la società italiana c'è una bella differenza.
Quella che descrivi è una dinamica reale e sicuramente in atto.
Ma è altrettanto vero che un gruppo può mantenersi separato perché semplicemente non vuole avere a che fare con la società che lo circonda. Un esempio ben lontano da noi (sperando ancora di non andare OT) sono le comunità Amish in USA: quasi sempre riducono al minimo indispensabile i contatti con l'esterno, perché ne rifiutano (per scelta loro) determinati elementi, e non per difesa.
Come prima, il mio vuole essere un invito alla riflessione, prendendo in esame tutti gli elementi e confrontandoci con le realtà che ci circondano.
Potrò essermi sbagliato ma "almeno in questo modo si ottiene il risultato di sapere che chi ne fa richiesta lo vuole davvero, ci tiene profondamente" mi sembra una valutazione positiva di questo aspetto della legge.....da qui la mia critica.Anche qui, distorci il mio pensiero e leggi quello che vuoi tu. Dove avrei scritto che 10 anni di attesa significano avere cittadini migliori?
Motivazione alquanto bizzarra visto che,una volta diventati cittadini,il "rischio di essere espulsi" diventa il "rischio di finire in galera",poichè si è sottoposti a tutti gli effetti alla legge italiana.La motivazione potrebbe anche essere delinquere senza rischio di poter essere espulsi!
Ehehehe...certamente è bizzarra, volutamente estrema (ma neanche troppo, se quello che lo aspetta nel Paese di origine è peggio che finire in carcere in Italia).
Comunque sì, c'è una connotazione positiva. Perché mi piace essere ottimista e positiva. Ma avevo volutamente scelto termini neutri perché mi rendo conto che è assurdo aspettarsi che la semplice attesa significhi miglioramento! Per questo ho anche aggiunto che "tenerci fortemente" non è garanzia di nulla. Solo un primo paletto da superare.
Posso anche portare elementi positivi alla riflessione (un esempio per tutti, l'ingresso di così tanti nuovi cittadini potrebbe auspicabilmente portare aria nuova nell'agone politico... e Dio sa se non ne abbiamo bisogno). Ho preferito portarne di negativi, al momento, perché mi sembra che il discorso del Capo dello Stato abbia innescato un entusiasmo che rischia di far tacere la doverosa (IMHO) riflessione su questo punto.
Una volta scelto lo "ius soli" sarebbe difficilissimo tornare indietro!
Una volta che un diritto è acquisito è molto difficile toglierlo (nel bene e nel male. E' un'osservazione che non vuole avere alcuna connotazione, solo dichiarare un dato di fatto). Perciò è bene rifletterci molto attentamente ed essere ben sicuri della propria scelta, senza farsi trasportare da facili entusiasmi.
In secondo luogo, il Governo attualmente in carica non è eletto da nessuno. Di più, nessuno dei suoi componenti è passato per le elezioni. Preferirei che a occuparsi della questione fosse un governo eletto dal popolo, quale che sia il suo colore politico.
Capisco e posso accettare (anche se non condivido fino in fondo) le ragioni per cui abbiamo evitato le elezioni, ma preferirei che un Governo tecnico, i cui membri sono stati scelti espressamente tra non politici ed estranei, per quanto possibile, all'agone politico, si astenesse da argomenti così squisitamente politici e delicati e, soprattutto, non urgenti. Tra l'altro, sul tema mi piacerebbe che si potesse esprimere direttamente il popolo.
Solo un appunto su questo passaggio.
In Italia non si elegge il Governo. Punto.
Se qualcuno vi ha detto diversamente, se qualcuno vi ha spinto a credere che votando per un partito avreste in realtà votato per un governo, vi ha mentito. Tutto il gioco previsto Porcellum, con le coalizioni dichiarate prima del voto, è tutta fuffa.
Riguardo al tema della cittadinanza e in particolare dello ius soli, provo a fare un raffronto con la legge attuale.
Oggi un bambino nato da genitori senza cittadinanza italiana non è italiano. Arrivato al 18° compleanno ha a disposizione un anno di tempo per fare domanda di cittadinanza italiana, anno in cui deve dimostrare di essere perennemente su suolo italiano, di avere i genitori in regola e altre storie. Se non fa domanda in quell'anno o la domanda viene respinto, deve andare avanti con la tiritera dei 10 anni. Se fa domanda, a 19 anni acquisisce tutti i diritti dei cittadini italiani, compreso quello di voto.
Con lo ius soli ogni persona nata in Italia ha diritto alla cittadinanza italiana, oneri e onori.
Ora, visto che stiamo parlando di bambini, mi chiedo quali possano essere i motivi per tenere delle persone tra 0 e 18 anni prive del diritto di cittadinanza, visto che dopo, quando poi conta davvero, ce lo possono avere lo stesso.
Piuttosto, e anche per evitare l'effetto collaterale segnalato da Amberlith, sarebbe opportuno concedere lo ius soli ai figli degli immigrati regolari, ovvero persone anche prive di cittadinanza italiana ma provviste di regolare permesso di soggiorno.
Mi sento un pò parte in causa in questa discussione, perché io e mia moglie studiamo entrambi i temi legati alla cittadinanza e abbiamo visioni opposte su questo punto, sicché in questi giorni passiamo le nostre giornate a litigare....
Allora:
Fino all'altro ieri, il Presidente della Camera suggeriva di dare il diritto di voto agli stranieri. Oggi, il Presidente della Repubblica suggerisce di dare la cittadinanza (e quindi il diritto di voto) ai bimbi nati in Italia. Sembrano due posizioni contigue ma non lo sono affatto: in un caso (Fini) si prescinde dalla cittadinanza per esercitare un diritto politico, in un altro (Napolitano) no, si parla solo di estendere i requisiti già previsti per esercitare questo diritto (appunto, la cittadinanza).
La posizione di napolitano mi pare più in linea con i limiti fissati dalla Costituzione per l'esercizio di questo tipo di diritti. Questo dal punto di vista strettamente giuridico.
Nel merito: il problema non è secondo me a chi dare la cittadinanza, ma cosa vogliamo che sia un cittadino italiano, cosa distingue un cittadino italiano da uno francese, russo, giapponese, ecc. Qual'è l'elemento comune a tutti coloro che si definiscono "italiani"? Spostata su questo piano, la discussione, secondo me, prescinde da una questione etnica: è un problema di delimitazione dei confini culturali dell'italianità. Da questo punto di vista, vi assicuro che il marocchino che vende fazzoletti di carta al semaforo vicino casa mia (non me lo sono inventato, esiste davvero!)può essere considerato molto più "italiano" di tanti nati in questo paese che non si definiscono tali, e che affermano pubblicamente di voler usare la nostra bandiera come carta igienica (e purtroppo neanche questo non me lo sono inventato, è successo davvero)....
Qual'è l'elemento comune a tutti coloro che si definiscono "italiani"? Spostata su questo piano, la discussione, secondo me, prescinde da una questione etnica: è un problema di delimitazione dei confini culturali dell'italianità. Da questo punto di vista, vi assicuro che il marocchino che vende fazzoletti di carta al semaforo vicino casa mia (non me lo sono inventato, esiste davvero!)può essere considerato molto più "italiano" di tanti nati in questo paese che non si definiscono tali, e che affermano pubblicamente di voler usare la nostra bandiera come carta igienica (e purtroppo neanche questo non me lo sono inventato, è successo davvero)
effettivamente, senza voler fare invettiva politica, ci troviamo di fronte all'ironica situazione di una parte di cittadini italiani che non vorrebbero esserlo più ma non possono, e una parte di cittadini che vorrebbero essere italiani ma non possono :P
Comunque si, la base ormai acclarata della cittadinanza è culturale, stiamo attendendo che le varie giurisprudenze si aggiornino alle scienze sociali, per dirla in parole povere. Se la cittadinanza non è data dal sangue (o dai geni) ma dalla cultura, un bambino di qualsiasi origine che studia lo sbarco dei mille di mattina a scuola, guarda uomini e donne il pomeriggio in tv e la sera va a tifare napoli allo stadio è molto più "italiano" di un bambino nato da genitori italiani ma nato e vissuto per tutta la vita in giappone. Se nascessimo italiani, ci dovremmo portare tratti culturali distintivi nel DNA anche abbandonati alla nascita in un isola deserta (e quali sono questi tratti? Sapersi arrangiare? Amare la pizza e il c**o a mandolino? Amare il Papa e la mamma? Qualche altro luogo comune?). Alla fine si torna sempre alla cultura, si impara a diventare italiani tanto quanto si impara a diventare marocchini o russi. Lo ius soli è sacrosanto, se non per interessi politici/economici.
Poi, certo, accanto a questo si sviluppano due "casi particolari" ma non troppo: i bambini nati da due genitori di diversa nazionalità, e i bambini figli di immigrati perfettamente italiani (alla Balotelli, per capirci) ma a cui i genitori tentano di "imporre" anche la loro cultura originaria creando dei "meticci culturali".
La ragazzina del caso citato in precedenza, oltre a studiare garibaldi, guardare la De Filippi e tifare Milan potrebbe pure decidere di mantenere la religione islamica dei genitori, ma non per questo sarebbe meno italiana. Il problema, imho, è che con questo abuso dello ius sanguinis si è caricata la nazionalità italiana di aspetti che sembrano escludenti ma che in realtà non lo sono. Un nero può essere italiano, un islamico può essere italiano, un tifoso del real madrid può essere italiano (e viceversa)