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persona e il paradosso del sorite
S di Ser Balon Swann
creato il 21 ottobre 2010

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Ser Balon Swann
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Inviato il 21 ottobre 2010 14:41 Autore

il famoso e antico paradosso logico del sorite, in una delle sue varianti, recita:

 

supponiamo che Tizio abbia una testa piena di capelli (100.000).

se se ne strappa uno, diventa calvo? no, 999.999 capelli corrispondono ancora ad una bella chioma.

strappiamo un altro, e un altro ancora... prima o poi si arriverà al punto in cui Tizio potrà essere considerato calvo.

Il problema è: quando esattamente è avvenuto il passaggio da non-calvo a calvo?

 

le soluzione date al paradosso sono fondamentelmente due:

1. ammettere che ci sia un momento preciso in cui si verifica il cambiamento: forse noi non riusciremo a individuarlo, ma c'è un numero preciso di capelli che "fa la differenza"

2. sottolineare come concetti come "il calvo" (o il grasso, il ricco ecc.) siano vaghi: dire che "Tizio è calvo" non necessariamente è vero o falso, ma possono esservi più gradi di verità, diversi gradi di calvizie.

 

 

ok. adesso prendiamo in considerazione le più condivise conclusioni della fisica quantistica, la quale afferma (semplificando) che i vari "oggetti" che noi osserviamo (tavoli, libri, macchine, la Luna), pur sembrandoci oggetti dai confini ben definiti(ci sembra di poter dire con certezza dove finisce la macchina e inizia l'asfalto, no? dove finisce la mano e inizia la penna?) in realtà non lo sono.

A livello subatomico, non c'è discontinuità tra i vari oggetti. Noi abbiamo un immagine netta, definita, di tali oggetti, ma tale immagine non corrisponde alla realtà.

 

 

bene. Adesso applichiamo il parodosso del sorite e le conclusioni della meccanica quantistica alla persona, all'individuo.

 

dove inizia una persona? dove finisce una persona?

se a Tizio tolgo i piedi? le mani? le orecchie, gli occhi, la lingua? è ancora una persona?

siamo portati a ritenere di sì, visto che è quasi indiscutibilmente il cervello la sede dei pensieri, dell'autocoscienza, ciò che ci rende una persona, un individuo.

Pensiamo ad alcuni malati terminali, il cui corpo è totalmente inerte, ma in cui vi è ancora un'autocoscienza, o perlomeno dei pensieri, dei sogni, una minima attività cerebrale. Difficile non ritenerli degli individui, sia pur menomati.

Ma allora procediamo a livello subatomico, nel cervello, secondo il paradosso del sorite.

se ti tolgo un elettrone, sei ancora autocosciente?

eliminiamo un altro elettrone del cervello, e un altro ancora... prima o poi si arriverà al punto in cui (detto rozzamente) l'elettroencefalogramma di Tizio è diventato piatto.

Il problema è: quando esattamente è avvenuto il passaggio da essere pensante a essere non pensante?

quando, detto nel modo più materialistico possibile, da una configurazione di particelle da cui "emerge" un'attività pensante, si passa a una configurazione da cui non emerge più nulla?

 

Le risposte anche in questo caso sono le stesse al paradosso dell'uomo calvo

1. ammettere che ci sia un momento preciso in cui si verifica il cambiamento: forse noi non riusciremo a individuarlo, ma c'è un numero (e una configurazione) precisa di elettroni che "fa la differenza".

Tuttavia il fatto che sia un ben definito elettrone, in una ben definita posizione a fare differenza, è stranamente simile alla teoria dell'homunculus... possiamo ben dire che infondo noi siamo quell'elettrone. Se lui c'è, ci siamo anche noi come persona. Se non c'è, non ci siamo più nemmeno noi.

2. rispondere che anche il concetto di persona, individuo, è un concetto vago, relativo. Si può essere più o meno una persona, a seconda dei casi e delle situazioni.

Questa ultima risposta trova forse conferme nelle conclusioni della meccanica quantistica di cui sopra, dove la nostra immagine di individuo come soggetto diverso e separato dall'oggetto (la Realtà esterna) tende a dissolversi.

 

entrambe le conclusioni imho si portano dietro alcuni problemi:

la prima è abbastanza inaccettabile se generalizzata. Se può essere accettabile che sia la presenza e la posizione di un elettrone a definire una persona, in contesti diversi questo approcio va contro il senso comune e le intuizioni empiriche più condivise... 1000 granelli di sabbia formano un mucchio mentre 999 no? Se Tizio misura 185 cm è alto mentre se ne misura 184 non lo è?

senza contare il discutibile valore ontologico che si attribuisce a concetti (effettivamente vaghi) come mucchio, altezza eccetera.

la seconda invece, se accettata, avrebbe inimmaginabili conseguenze in campo etico, sociale, giuridico, politico... tutto ciò che è stato elaborato in base a una visione individualista, cesserebbe di avere senso.

 

 

dunque vi pongo due domande:

1. trovate accettabile una delle due conclusioni? altre idee/soluzioni per affrontare questo paradosso?

2. piccola provocazione: non vi sembra che, a questo punto, l'approcio idealista che separa nettamente la res cogitans dalla res extensa (il mondo delle idee, dei pensieri, dal resto della Realtà materiale) acquisti una nuova... appetibilità, se non altro per salvare l'approcio individualista che caratterizza la nostra società democratica?



AryaSnow
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AryaSnow
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Inviato il 21 ottobre 2010 22:02

Risposta veloce-veloce.

 

supponiamo che Tizio abbia una testa piena di capelli (100.000).

se se ne strappa uno, diventa calvo? no, 999.999 capelli corrispondono ancora ad una bella chioma.

strappiamo un altro, e un altro ancora... prima o poi si arriverà al punto in cui Tizio potrà essere considerato calvo.

Il problema è: quando esattamente è avvenuto il passaggio da non-calvo a calvo?

 

le soluzione date al paradosso sono fondamentelmente due:

1. ammettere che ci sia un momento preciso in cui si verifica il cambiamento: forse noi non riusciremo a individuarlo, ma c'è un numero preciso di capelli che "fa la differenza"

2. sottolineare come concetti come "il calvo" (o il grasso, il ricco ecc.) siano vaghi: dire che "Tizio è calvo" non necessariamente è vero o falso, ma possono esservi più gradi di verità, diversi gradi di calvizie.

Non mi interessa nessuna delle due opzioni, perchè nessuna delle due serve a niente. Non vedo che utilità ci sia a stabilire convenzionalmente una precisa quantità di capelli (così come accade per la questione di 18 anni-->più responsabilità, solo che in questo caso l'utilità c'è) o a inventare milioni di nomi diversi per gli stadi della calvizia. Le definizioni sono strumenti, che hanno senso quando sono utili.

 

dove inizia una persona? dove finisce una persona?

se a Tizio tolgo i piedi? le mani? le orecchie, gli occhi, la lingua? è ancora una persona?

siamo portati a ritenere di sì, visto che è quasi indiscutibilmente il cervello la sede dei pensieri, dell'autocoscienza, ciò che ci rende una persona, un individuo.

Pensiamo ad alcuni malati terminali, il cui corpo è totalmente inerte, ma in cui vi è ancora un'autocoscienza, o perlomeno dei pensieri, dei sogni, una minima attività cerebrale. Difficile non ritenerli degli individui, sia pur menomati.

Ma allora procediamo a livello subatomico, nel cervello, secondo il paradosso del sorite.

se ti tolgo un elettrone, sei ancora autocosciente?

eliminiamo un altro elettrone del cervello, e un altro ancora... prima o poi si arriverà al punto in cui (detto rozzamente) l'elettroencefalogramma di Tizio è diventato piatto.

Il problema è: quando esattamente è avvenuto il passaggio da essere pensante a essere non pensante?

quando, detto nel modo più materialistico possibile, da una configurazione di particelle da cui "emerge" un'attività pensante, si passa a una configurazione da cui non emerge più nulla?

Stesso discorso di prima: non mi sembra che sia molto in voga l'attività di smontare le persone particella microscopica per particella miscoscopica. Quindi... chissenefrega :-P

 

2. piccola provocazione: non vi sembra che, a questo punto, l'approcio idealista che separa nettamente la res cogitans dalla res extensa (il mondo delle idee, dei pensieri, dal resto della Realtà materiale) acquisti una nuova... appetibilità, se non altro per salvare l'approcio individualista che caratterizza la nostra società democratica?

No, non è appetibile perchè non serve.

 

La mia visione etica tende a basarsi, più che sul concetto in sè del "valore della persona", su un discorso di danni/benefici/sofferenza/felicità.


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Ser Balon Swann
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Inviato il 21 ottobre 2010 23:52 Autore
n mi interessa nessuna delle due opzioni, perchè nessuna delle due serve a niente. Non vedo che utilità ci sia a stabilire convenzionalmente una precisa quantità di capelli (così come accade per la questione di 18 anni-->più responsabilità, solo che in questo caso l'utilità c'è) o a inventare milioni di nomi diversi per gli stadi della calvizia. Le definizioni sono strumenti, che hanno senso quando sono utili.

 

come nessuna? sei in piena numero 2.

le definizioni non hanno valore ontologico, sono convenzionali.

 

o sostieni che "mucchio di sabbia" non abbia valore ontologico mentre "persona" sì?

 

Stesso discorso di prima: non mi sembra che sia molto in voga l'attività di smontare le persone particella microscopica per particella miscoscopica.

 

è in voghissima... l'analisi fisicalista dell'attività cerebrale fa più o meno questo... cercare di ricondurre fenomeni come pensiero e autocoscienza a modelli quantistici.

 

ovvio che non smontano il cervello elettrone per elettrone, però cercano di capire quali configurazioni di elettroni ecc. siano "rilevanti", facciano la differenza

 

mia visione etica tende a basarsi, più che sul concetto in sè del "valore della persona", su un discorso di danni/benefici/sofferenza/felicità.

 

ma se persona è solo una definizione non ha valore ontologico, il discorso su danni/benefici ecc. cambia notevolmente.



AryaSnow
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Inviato il 22 ottobre 2010 9:32

come nessuna? sei in piena numero 2.

le definizioni non hanno valore ontologico, sono convenzionali.

 

o sostieni che "mucchio di sabbia" non abbia valore ontologico mentre "persona" sì?

Numero 2? Ah ok, avevo capito un'altra cosa.

Le parole sono applicate a qualcosa che ha valore ontologico, anche se non ce l'hanno in sè. Il modo in cui applicarle è solo questione di utilità del momento. Mentre mi può servire parlare di diversi gradi di calvizie, parlare di diversi gradi di "personosità" in base all'estensione del corpo umano non mi sembra che possa portare a qualcosa di positivo.

 

è in voghissima... l'analisi fisicalista dell'attività cerebrale fa più o meno questo... cercare di ricondurre fenomeni come pensiero e autocoscienza a modelli quantistici.

 

ovvio che non smontano il cervello elettrone per elettrone, però cercano di capire quali configurazioni di elettroni ecc. siano "rilevanti", facciano la differenza

Mi riferivo proprio al prendere persone viventi e smontarle particella per particella :-P

Comunque sì, è ovvio che si cerchi di capire la "formula" dell'autocoscienza.

 

ma se persona è solo una definizione non ha valore ontologico, il discorso su danni/benefici ecc. cambia notevolmente.

Dietro alla parola "persona" ovviamente c'è qualcosa, ma non so quanto possa essere rilevante definirne il confine precisissimissimo per le questioni etiche attuali.



Lord Beric
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Inviato il 22 ottobre 2010 9:41

Non mi interessa nessuna delle due opzioni, perchè nessuna delle due serve a niente. Non vedo che utilità ci sia a stabilire convenzionalmente una precisa quantità di capelli (così come accade per la questione di 18 anni-->più responsabilità, solo che in questo caso l'utilità c'è) o a inventare milioni di nomi diversi per gli stadi della calvizia. Le definizioni sono strumenti, che hanno senso quando sono utili.

 

In realtà il paradosso del sorita è attualissimo, anche se ovviamente in accezioni differenti da quelle presentate da Balon. ;)

 

Se la mia libertà è composta da N piccoli fattori, il fatto che uno di questi venga vietato mi rende ancora una persona libera? Sono libero se posso fare N-1 cose? E se ne posso fare N-2?

Quanta libertà devo perdere affinché io non sia più considerabile come libero? Smetto di essere libero alla prima limitazione dei miei diritti oppure quando non ne ho più?

 

 

 

PS: evitiamo di trascinare il topic, per dire, in una valutazione dello stato della libertà in Italia e restiamo IT. :shock:


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Lord dei Pan di Stelle - Lord Comandante dei Peluche

The best fantasy is written in the language of dreams. It is alive as dreams are alive, more real than real... for a moment at least... that long magic moment before we wake.
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Reality is the strip malls of Burbank, the smokestacks of Cleveland, a parking garage in Newark. Fantasy is the towers of Minas Tirith, the ancient stones of Gormenghast, the halls of Camelot.
Fantasy flies on the wings of Icarus, reality on Southwest Airlines.
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We read fantasy to find the colors again, I think. To taste strong spices and hear the songs the sirens sang. There is something old and true in fantasy that speaks to something deep within us, to the child who dreamt that one day he would hunt the forests of the night, and feast beneath the hollow hills, and find a love to last forever somewhere south of Oz and north of Shangri-La.
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[George R. R. Martin]

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Inviato il 22 ottobre 2010 16:35 Autore
Le parole sono applicate a qualcosa che ha valore ontologico, anche se non ce l'hanno in sè. Il modo in cui applicarle è solo questione di utilità del momento. Mentre mi può servire parlare di diversi gradi di calvizie, parlare di diversi gradi di "personosità" in base all'estensione del corpo umano non mi sembra che possa portare a qualcosa di positivo.

 

ho citato il paradosso perchè mi sembrava un esempio semplice e immediato... ma non è quello il punto

 

 

la questione mi pare filosoficamente e fisicamente interessante: alla luce della natura corpuscolare/particellare della materia, diventa difficile (impossibile?) stabilire dove finisce un oggetto e ne inizia un altro.

tale discorso può essere fatto anche con riguardo a dove finisce il soggetto (persona/individuo) e inizia l'oggetto (realtà esterna)

 

questa "indifferenza" del soggetto rispetto alla realtà esterna non vale solo con riguardo al "corpo" (pelle, organi, ossa ecc.), ma anche con riguardo ai pensieri e all'autocoscienza, qualora si accetti un approcio fisicalista che ri(con)duce il pensiero a stati quantici e all'interazione tra particelle subatomiche.

 

a me pare che, se accettiamo queste premesse (a livello subatomico non c'è distinzione tra oggetti-fenomeni + l'attività pensante è totalmente riconducibile all'azione di particelle subatomiche), dovremmo concludere che non c'è distinzione ontologica tra soggetto (persona) e oggetto (realtà esterna).

 

 

tale conclusione vi lascia indifferenti? cioè, pensate sia accettabile, anche se va contro la (forse)più fondamentale delle nostre credenze intuitive/percettive (ovvero che, nonostante un innegabile interazione tra soggetto e oggetto, tra essi c'è un certo grado di separazione)?

se è accettabile, dovremmo rivedere tutto il nostro approcio alla Realtà, mi sembra di poter concludere.

se non è accettabile, invece, dovremmo concludere che c'è qualcosa di sbagliato nelle premesse, ovvero nell'approcio totalmente materialista-fisicalista-riduzionista.

 

o no? magari c'è una terza via che non ho considerato... ;)

 

 

Se la mia libertà è composta da N piccoli fattori, il fatto che uno di questi venga vietato mi rende ancora una persona libera? Sono libero se posso fare N-1 cose? E se ne posso fare N-2?

Quanta libertà devo perdere affinché io non sia più considerabile come libero? Smetto di essere libero alla prima limitazione dei miei diritti oppure quando non ne ho più?

 

la tua è libertà da... si potrebbe dire che è una falsa libertà.

la vera libertà è la libertà di, e "consiste nel sapersi dominare in tutte le cose".

 

comunque con AryaSnow caschi male, è una degli ultimi deterministi ottocenteschi, quindi parlare di libertà ha poco senso... :shock:



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Inviato il 22 ottobre 2010 17:15

a me pare che, se accettiamo queste premesse (a livello subatomico non c'è distinzione tra oggetti-fenomeni + l'attività pensante è totalmente riconducibile all'azione di particelle subatomiche), dovremmo concludere che non c'è distinzione ontologica tra soggetto (persona) e oggetto (realtà esterna).

C'è, solo che la separazione non è netta e c'è una zona intermedia di "indecisione".

 

colorcircle.png

 

Dove finisce il blu e dove comincia il verde? Ci sono sicuramente dei punti intermedi che possono essere intesi sia come verdi sia come blu. Questo significa che il verde e il blu sono la stessa cosa? Ovviamente no.

Se qualcuno mi chiede di fargli la grafica di un sito con uno sfondo per forza blu e io nel mio programma ho questa tavolozza, non andrò a mettergli un colore che forse per lui sarà verde. Ne sceglierò uno che sia inequivocalmente blu per tutti. Non me ne frega niente di trovare una risposta universale sul confine preciso tra il verde e il blu.

Non per questo il verde e il blu sono la stessa cosa, perchè se per lo sfondo gli prendo il colore che si trova a 240° lui giustamente si inc***a, e dunque una scelta non vale l'altra.

 

Stesso discorso per l'uomo. Se la legge prescrive ad esempio di non accoltellare la gente, non è che serva determinare il confine precisissimo tra "persona" e "realtà esterna vicino alla persona" per evitare di piantare un coltello in qualcuno.

 

Non dico che la questione non possa essere in qualche modo interessante, ma al momento non vedo in che modo ciò che hai esposto sia "un problema".

L'approccio materialista mi sembra il migliore perchè mi sembra il più utile, non perchè credo che dia una risposta certa, univoca e chiara a tutto.

 

comunque con AryaSnow caschi male, è una degli ultimi deterministi ottocenteschi, quindi parlare di libertà ha poco senso... ;)

Spero sia solo una battuta :-P

 

Comunque, ci sono ovviamente gradi diversi di libertà, non una distinzione netta.


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Inviato il 22 ottobre 2010 18:25 Autore

ma a livello subatomico non è che ci sia verde e blu e gradazioni di verde e blu... c'è solo blu.

i "mattoncini" della materia sono sempre gli stessi... elettroni, quark, forse stringhe, ecc.

 

ecco, il pensiero umano (nell'ottica materialista e riduzionista) dovrebbe essere una... "parte" di questo blu.

 

 

non so, per fare un esempio... la Realtà è l'oceano, e il pensiero umano è un onda.

diventa proprio impossibile una distinzione tra il blu dell'onda e il blu dell'oceano, non è solo una questione di "zone intermedie di indecisione"

 

ribadisco, si parla sempre a livello microscopico.

ovvio che a livello macroscopico la differenza tra persona e realtà c'è (nonostante le zone intermedie di decisione)

 

ma visto che si parte dal'ipotesi che il pensiero sia riconducibile a una dimensione microscopica... la distinzione non c'è mica.



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Inviato il 22 ottobre 2010 19:13

Cosa intendi per "microscopico"? Io di solito mi riferisco a qualcosa di non visibile ad occhio nudo, ma che richiede almeno un microscopio. Ci sono quindi vari livelli di "microscopico". Il pensiero sarà microscopico, ma comunque emergente rispetto a qualcosa di ancora più piccolo. Evidentemente sotto un qualche aspetto l'onda qualcosa di diverso dal resto dell'oceano ce l'ha, altrimenti non la individueresti e non ne parleresti.


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Inviato il 22 ottobre 2010 19:54 Autore
Cosa intendi per "microscopico"? Io di solito mi riferisco a qualcosa di non visibile ad occhio nudo, ma che richiede almeno un microscopio.

 

microscopico nel senso di particelle sottoposte alle regole della meccanica quantistica

 

pensiero come processo quantistico.

e visto che ogni cosa, a livello subatomico, è un proceso quantistico, non c'è separazione né distinzione tra il processo quantistico che noi chiamiamo pensiero e il resto della realtà.

 

 

se soggetto e oggetto coincidono perfettamente (e le differenze che notiamo nella vita di tutti i giorni sono solo un immagine mutevole e illusoria della vera Realtà, quella microscopica), concetti come osservazione, soggettività, percezione... che senso avrebbero mai?

forse un senso lo avrebbero, ma completamente diverso da quello che gli attribuiamo.

 

Evidentemente sotto un qualche aspetto l'onda qualcosa di diverso dal resto dell'oceano ce l'ha, altrimenti non la individueresti e non ne parleresti.

 

cosa ha di realmente diverso? se parti dal presupposto che, nell'oceano, tutto è riconducibile alle molecole di H2O, c'è differenza tra l'onda e il resto dell'oceano?

 

no, la differenza c'è solo se guardi l'oceano in un ottica diverso, macroscopica.



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Inviato il 23 ottobre 2010 3:22

microscopico nel senso di particelle sottoposte alle regole della meccanica quantistica

 

pensiero come processo quantistico.

e visto che ogni cosa, a livello subatomico, è un proceso quantistico, non c'è separazione né distinzione tra il processo quantistico che noi chiamiamo pensiero e il resto della realtà.

Il pensiero è qualcosa di puramente quantistico, privo di una natura "di livello superiore"? A me non è mai sembrato, visto che ad esempio ci rintraccio anche parecchio determinismo (un pensiero si lega a un altro e io capisco la "logica" del collegamento, ecc ecc).

 

se soggetto e oggetto coincidono perfettamente (e le differenze che notiamo nella vita di tutti i giorni sono solo un immagine mutevole e illusoria della vera Realtà, quella microscopica), concetti come osservazione, soggettività, percezione... che senso avrebbero mai?

forse un senso lo avrebbero, ma completamente diverso da quello che gli attribuiamo.

Ma per me macroscopico non significa illusorio, è vera realtà anche questo.

 

cosa ha di realmente diverso? se parti dal presupposto che, nell'oceano, tutto è riconducibile alle molecole di H2O, c'è differenza tra l'onda e il resto dell'oceano?

 

no, la differenza c'è solo se guardi l'oceano in un ottica diverso, macroscopica.

Le molecole in quella zona del mare sono disposte in modo particolare e formano un'onda.


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Inviato il 23 ottobre 2010 10:51

La molecola d'acqua di un'onda è, oltre a essere una molecola d'acqua, dotata di una certa energia data da un campo. Si può vedere questo campo come un'attributo dinamico. Per cui continua ad essere una molecola d'acqua ma ha anche una determinata proprietà che magari una molecola posta in fondo al mare non avverte e non ne risente.

 

Per cui tra le due molecole c'è differenza.


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Inviato il 23 ottobre 2010 11:02 Autore
Le molecole in quella zona del mare sono disposte in modo particolare e formano un'onda.

 

ok, per un paio di secondi assumono la "forma" mutevolissima di un onda... ma è dura sostenere che l'onda ontologicamente sia qualcosa di diverso, separato, diverso dal resto dell'oceano, no?

 

non c'è nessuna zona incerta di indeterminazione tra oceano e onda, l'onda è semplicemente una "forma" che assume l'oceano.

 

Per cui tra le due molecole c'è differenza.

 

l'oceano è una metafora per la Realtà... è dalla dimensione microscopica (quantistica, subatomica, insomma) che derivano campo, energia e tutte le varie "proprietà" che può avere una molecola d'acqua

 

 

Il pensiero è qualcosa di puramente quantistico, privo di una natura "di livello superiore"? A me non è mai sembrato, visto che ad esempio ci rintraccio anche parecchio determinismo (un pensiero si lega a un altro e io capisco la "logica" del collegamento, ecc ecc).

 

Ma per me macroscopico non significa illusorio, è vera realtà anche questo.

 

ok, quindi non condividi l'approcio del fisicalismo riduzionista ;)



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Inviato il 26 ottobre 2010 3:02

ok, per un paio di secondi assumono la "forma" mutevolissima di un onda... ma è dura sostenere che l'onda ontologicamente sia qualcosa di diverso, separato, diverso dal resto dell'oceano, no?

In un certo senso lo è, in un altro senso no.

 

quindi non condividi l'approcio del fisicalismo riduzionista >_>

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