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Gli Italiani ci rubano il lavoro!!!
S di Ser Loras Tyrell
creato il 29 giugno 2006

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Ser Loras Tyrell
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Inviato il 29 giugno 2006 15:23 Autore
Sono idraulici, imbianchini, muratori. Vengono da Piemonte

e Lombardia. E costano la metà dei colleghi svizzeri

 

Nel Canton Ticino la guerra dei "padroncini"

"Gli italiani ci rubano il lavoro"

 

 

LUGANO - Gli "extracomunitari", a questo giro, siamo noi. Siamo noi che cerchiamo fortuna oltre confine. Siamo noi che all'alba, le braccia tornite e scoperte, i furgoni stracarichi di roba, superiamo la dogana di Chiasso, salutati, si fa per dire, dallo sguardo un po' annoiato un po' indulgente dei gendarmi del cantone.

 

Tirare su le case degli svizzeri. Abbellire un giardino. Riparare un boiler. Posare un pavimento. Eccoli i nostri viaggi in Ticino. Altro che shopping di cioccolato e sigarette. Finiti i tempi in cui si andava "di là" solo per fare il pieno di benzina. Oggi la novità è che costiamo meno della metà degli svizzeri. Però dicono che così ammazziamo il mercato, che mandiamo in malora l'impresa locale. Dicono anche che siamo i soliti italiani furbacchioni e un po' maneggioni. Ci chiamano "padroncini", i ticinesi. "Padroncino" vuol dire "lavoratore autonomo", uno che, padrone di se stesso, con pochi mezzi mette in piedi un'azienda e si sposta sul territorio in tempi e modi decisamente concorrenziali. Gli imprenditori e i politici di qui spalmano il concetto; dicono che nella Svizzera italiana ormai la facciamo da padroni. Con la complicità delle leggi, certo. Grazie all'accordo bilaterale sulla libera circolazione della manodopera entrato in vigore l'anno scorso. Risultato: in Ticino è scoppiata la guerra dei padroncini.

 

È un conflitto silenzioso che deflagra ogni giorno a Lugano, Chiasso, Bellinzona, Mendrisio. Il cantone ha da sempre nell'edilizia il suo punto di forza. Assieme alle banche. Così è stato fino a ieri. Fino a quando Italia e Svizzera hanno deciso che muratori, idraulici, falegnami, imbianchini possono girare liberamente da qua a là. E viceversa. Niente più restrizioni e museruole fiscali. Tiepidi i controlli, pochissime le multe. Non chiedevano di meglio gli operosi lavoratori lombardi e piemontesi: e infatti si sono tuffati nel business. In Ticino gli artigiani italiani hanno trovato l'America. L'80% delle "imprese estere" che hanno invaso la Svizzera italiana vengono dal nostro Nord-Ovest. Migliaia di artigiani e muratori italiani che si sono proposti a prezzi stracciati o comunque nettamente inferiori a quelli della concorrenza indigena. Se per tirare su una parete un muratore ticinese chiede 80 franchi all'ora (poco più di 51 euro), un collega bergamasco o bresciano o comasco si accontenta di prenderne 15. Essendo gli svizzeri tutto tranne che fessi, non è difficile indovinare chi si aggiudica l'appalto.

 

"La situazione sta diventando pesante - dice Giuliano Bignasca, presidente della Lega ticinese, il Bossi svizzero, uno che se fosse per lui tirerebbe su un bel muro a Chiasso e "poi voglio vedere" - Io ho votato contro il patto bilaterale. Prevedevo che ci avrebbe danneggiati e infatti eccoci qua. A subire l'invasione massiccia degli italiani". Si sta rivelando un bel pasticcio, per gli svizzeri, la globalizzazione dell'edilizia.

 

Un mese fa nel piazzale di un autogrill di Bellinzona muratori bergamaschi e colleghi del posto se le sono date di santa ragione. Motivo: la concorrenza sleale. Sanno benissimo i lavoratori ticinesi che i loro prezzi non sono paragonabili a quelli dei "magòt". Né possono abbassare le loro richieste: le spese, il materiale, la manodopera, i tetti salariali, hanno costi superiori ai nostri. "Noi dobbiamo rispettare le regole di contratto collettivo, i controlli fiscali e tutto quanto - ragiona Edo Bobbià, direttore della società degli impresari e costruttori ticinesi - Non ho nulla contro la concorrenza estera ma le regole devono essere uguali per tutti. Invece se noi proviamo ad affacciarci sul mercato italiano, ci segano le gambe".

 

Anche i politici del Cantone si sono accorti che l'accordo bilaterale si è rivelato un boomerang. E non ci stanno. Se la situazione non cambierà (non si capisce come e perché dovrebbe cambiare) minacciano di indire un referendum per l'abolizione della libera circolazione della manodopera. "Dal 1 giugno 2007 cadrà anche il filtro della zona di confine - dice preoccupato Renzo Ambrosetti, presidente della commissione tripartita, l'organismo cui spetta la vigilanza sul mercato del lavoro ticinese - E il problema dei padroncini, che per noi è una spina del fianco, avrà conseguenze ancor più devastanti".

 

In Ticino l'edilizia dà lavoro a 2000 imprese e a 20mila persone, con un monte salari (senza tecnici e amministrativi) di 800 milioni di franchi. Da quando le porte si sono aperte agli italiani, c'è stato un calo importante: 30-40% in meno. I più cauti in Ticino dicono che è arrivato il momento di correre ai ripari.

 

Qualcuno si spinge a sostenere che bisognerebbe boicottare le imprese italiane. Già, ma come si fa a chiedere a uno che ha una cucina da piastrellare di sborsare più soldi per difendere l'economia nazionale dalle insidie straniere? Renato Bresciani viene da Treviglio, Bassa bergamasca. Lavora da solo, costruzioni. Quando gli chiediamo se non teme la controffensiva elvetica si mette a ridere: "Noi costiamo molto meno, e poi, non per tirarcela, lavoriamo meglio". Già, vaglielo a dire agli svizzeri. "Lassù di soldi ne girano, da noi ce ne sono pochini - gongola Cornelio Cetti, presidente di Confartigianato e imprese di Como - Credo che se il patto dovessero firmarlo oggi gli svizzeri ci penserebbero bene. Ma mica possiamo sentirci in colpa, noi... Il referendum? Sì, aspettiamo e vediamo".

 

La sera, alla dogana di Chiasso, il copione si ripete identico ogni giorno: il fiume dei 36 mila lavoratori frontalieri italiani risale la corrente e, superato il valico, si scioglie tra Lombardia, Piemonte e Liguria. Braccia cotte dal sole e tasche piene. I gendarmi buttano un'occhiata distratta. Eccoli, i soliti italiani! Furbi e lavoratori. Alla bisogna, persino "extracomunitari".

 

Fonte:Repubblica


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Inviato il 29 giugno 2006 15:35

Sono completamente in disaccordo con questa situazione!!! Secondo me

le regole devono essere uguali per tutti
non ci dovrebbero essere differenze tra il lavoratore Svizzero e quello Italiano altrimenti riterrei giusto per gli amici di Piter ;) :angry: fare il referendum

B
Blackfyre
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Inviato il 29 giugno 2006 17:28

Che dire...se le imprese svizzere comprassero le materie prime in Italia potrebbero lavorare agli stessi prezzi degli italiani, risparmiando però in benzina.


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khal Rakharo
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Inviato il 29 giugno 2006 18:03

Prima di tutto, io non c'entro niente non ho fatto niente di male non c'ero e se c'ero ero ubriaco.

 

 

Beh, sinceramente casco dalle nuvole.

Il problema del dumping salariale (lavoratori esteri che costano meno) era stato evocato prima della recente (mi pare un annetto giusto) votazione per l'adesione all'accordo di Schengen sulla libera circolazione delle persone da parte della destra un po' xenofoba come la Lega di Bignasca, si parlava dell'idraulico polacco e del lattoniere lattone, e anche del muratore tagliàn.

Si temeva proprio questo, che l'arrivo in massa di lavoratori stranieri potesse togliere impiego agli svizzeri grazie a tariffe inferiori. Ma d'altra parte i frontalieri ci sono sempre stati, e da un secolo la maggior parte degli operai edili e di cava (dipendenti) sono di origine italiana, a cui si aggiungono altre provenienze.

 

Ma come detto casco dalle nuvole, per quel che ne sapevo io fino ad ora questo tremendo flagello che sarebbe dovuto essere il dumping non si è affatto verificato, o meglio, si è verificato ma su scala minima. E sono assolutamente convinto che se la situazione fosse quella descritta in questo articolo il citato Bignasca, sia sempre requie al naso suo, avrebbe scatenato tuoni e fulmini contro "quelli là che ci rubano il lavoro". Invece se ne parla pochissimo, a meno che mi sia sfuggita la notizia; ma leggo i giornali tutti i giorni e mi stupirebbe molto se un pandemonio simile non mi avesse colpito.

 

Pertanto il mio giudizio provvisorio sul tema è: la Repubblica, per autorevole che sia, non è famosa per l'esattezza con cui parla della Svizzera (e con essa un po' tutta la stampa italiana). Questo articolo mi sa di sentito dire, di notizia gonfiata, di voci poco oggettive e quant'altro. Cercherò di informarmi sulla questione, ma per ora sono veramente perplesso.

 

 

 

Che dire...se le imprese svizzere comprassero le materie prime in Italia potrebbero lavorare agli stessi prezzi degli italiani, risparmiando però in benzina.

eh... NO. Prima di tutto sono i lavoratori a prendere di meno, e la vita a Bergamo costa un bel po' meno che a Lugano. Poi le imprese svizzere hanno molti costi sociali e tasse varie supplementari che in Italia non ci sono. Non sono affatto i prezzi delle materie prime a determinare la differenza tra svizzeri e frontalieri, sempre che questa differenza ci sia.


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Ser Loras Tyrell
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Inviato il 30 giugno 2006 11:30 Autore

Io so che qualche tempo fa i magutti bergamaschi si son trovati con quelli ticinesi sulla linea di confine e se le son date di bestia ;)

 

Croce e delizia del libero mercato:da un lato hai a disposizione,come consumatore,prezzi più bassi,dall'altro rischi di non poterteli manco permettere perchè hai perso il lavoro a favore di chi quei prezzi è riuscito a farteli.Un'impresa decente oggi dovrebbe aver chiaro che non basta praticare il prezzo minore sul mercato per garantirsi la sopravvivenza:un new competitor su quel fronte può facilmente bruciarti.Medita Italia e datti una mossa..in ticino a noi va bene,i "cinesi"(con le debite proporzioni eh...) siam noi...ma in altri campi stiam piangendo sangue.

 

 

Il discorso a cui accennava Pietro.Italia e Svizzera han due sistemi fiscali e tributari diversi,così come lo sono i loro apparati normativi:a partir già dalla determinazione del redito netto (la dichiarazione dei rediti è a fine anno d loro),successivamente si pagano le tasse in base al guadagno e alle detrazioni di imposta...poi li c'è la cassa malattia,mica la nostra mutua (se non erro la cassa malattia piglia un certo tot al mese stabilito,un importo superiore ai 200 euro oggi)..e gli affitti,più cari di la che di qua (anche se con gli aumenti di sti anni vi abbiam quasi preso :P).La vita al di la del confine è molto più cara...Il problema secondo me non sta tanto nell'attuare dazi o tarife,quanto nell'armonizzare i due sistemi (discorso che potrebbe essere esteso a tutta sta europa,che fa di tutto per NON armonizzarsi):a parità di condizioni,vediam chi se la gioca e chi no.Con la Svizzera fare sto discorso è impossibile:è chiusa a riccio e su sta chiusura ci campa (non è necessariamente una critica eh...ma è uno dei motivi per cui nel breve vedo una revisione dell'accordo bilaterale)....ma per il resto d'Europa...andiamoci con i piedi di piombo in sto allargamento.


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khal Rakharo
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Inviato il 30 giugno 2006 14:38

neanche a farlo apposta, dico che non ne so niente e il giorno dopo trovo due articoli sul giornale... lol.

 

a pagina 5:

I ‘padroncini’ italiani stanno togliendo il sonno agli artigiani ticinesi. Grazie agli accordi bilaterali Svizzera-Ue in materia di libera circolazione delle persone, entrati definitivamente in vigore l’anno scorso, a bordo dei loro furgoncini varcano quotidianamente la frontiera oltre la quale trovano clienti svizzeri dispostissimi a farli lavorare a un terzo della tariffa prevista per i ‘colleghi’ locali. Talvolta in barba alle regole, ai contratti e agli ispettori, muratori, falegnami, elettricisti, idraulici e imbianchini lombardi e piemontesi realizzano e posano a piacimento pareti, tetti, cucine, porte, finestre, piastrelle e impianti di ogni tipo senza badare troppo ai contratti collettivi, agli orari di lavoro e ai giorni di riposo.

Ora però le comunità contrattuali ticinesi – che riuniscono le associazioni padronali e i sindacati firmatari dei contratti collet-tivi dei settori artigianali legati all’edilizia – sono stufe di subire e mercoledì mattina hanno esposto il problema al Consiglio di Stato. Il presidente del governo Luigi Pedrazzini e i colleghi Bor-radori e Gendotti hanno ascoltato il portavoce Saverio Lurati, segretario Unia e granconsigliere Ps: « Il settore non vuole protezionismo ma chiede a tutti i livelli più considerazione e parità d’opportunità ». Sei i punti sottoposti all’Esecutivo: più sostegno ai Ccl e valorizzazione dei loro contenuti invece della loro continua mortificazione; un’applicazione stretta delle normative contenute nella legge sulle commesse pubbliche, con un maggior ingaggio delle istituzioni nel controllo e nella repressione degli abusi; garantire un’informazione puntuale e pressante nei confronti dei Comuni e degli enti parastatali affinché anche nel caso di lavori sussidiati la legge venga correttamente applicata; severa applicazione delle normative in materia di esclusione dagli appalti pubblici delle ditte inadempienti; ridefinizione dei membri del centro di consulenza con un maggiore inserimento della componente artigianale, in considerazione dell’ampia gamma delle professioni rappresentate; valutare la possibilità di affiancare all’ufficio appalti e logistica un esperto per ogni professione designato dalle diverse associazioni, affinché la scelta dei materiali e le soluzioni tecniche possano essere seguite con competenza. Dal canto suo il CdS ha costituito un tavolo tecnico (che si riunirà venerdì 21 luglio alla presenza di Borradori) che dovrà affrontare i quesiti posti e concertare delle soluzioni praticabili a soddisfazione delle parti.

« Nonostante un quadro legisla-tivo e contrattuale di prim’ordine – rileva Lurati – la situazione rischia di degenerare sia per la mortificazione dei Ccl da parte di molti progettisti e direzioni lavori, sia per la mancata applicazione della verifica puntuale sui cantieri e delle normative legate alla legge sulle commesse pubbliche. Uno stato di cose che rischia di vanificare gli sforzi per continuare a mantenere condizioni di lavoro e retributive degne di un paese come il nostro ».

Lurati non la manda a dire: « Con l’entrata in vigore dei Bilaterali l’artigianato edile ticinese – massa salariale annua di 400 milioni di franchi e quasi 7’000 lavoratori impiegati – è il settore più a rischio, vuoi perché la concorrenza ‘corretta’ d’oltre confine è massiccia, vuoi perché il proliferare di indipendenti o pseudo tali sta mettendo a repentaglio il mantenimento occupazionale e di riflesso la capacità dei diversi rami professionali di garantire il necessario ricambio generazionale ». E ciò sia a livello dirigenziale che delle maestranze.

 

Il problema quindi esiste, anche se i toni non sono quelli evocati da Repubblica.

 

Il secondo articolo (pag 9) parla più in generale del lavoro estero in tutta la Svizzera, e si nota che a livello federale non c'è un vero problema. Solo nelle zone di confine come appunto il Ticino si sono notate conseguenze, come un aumento della disoccupazione superiore alla media. Ma in generale l'evoluzione del mercato del lavoro è stata conforme alle aspettative. Per qualche anno ancora resta comunque la possibilità di limitare l'accesso ai lavoratori stranieri.

 

 

Passando a temi più giuridici: un "referendum per abolire la libera circolazione" non può proprio esserci. Prima di tutto, in Svizzera il referendum è una raccolta di firme per sottoporre una legge proposta dal parlamento al voto popolare, e in questo caso sarebbe troppo tardi. Probabilmente si intende quella limitazione della libera circolazione che come detto resta possibile, ancora fino al 2014.

La cassa malati obbligatoria (non malattia; si tratta di un termine bruttissimo preso dal tedesco, come molte locuzioni ticinesi) è in pratica una tassa non proporzionale al reddito che per la maggior parte delle famiglie rappresenta la maggior parte delle uscite mensili... negli ultimi anni è cresciuta pazzescamente. E poi per i datori di lavoro ci sono da pagare tutte le innumerevole assicurazioni sociali AVS, AI... un grosso carico, sicuramente.


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Inviato il 30 giugno 2006 16:14 Autore

neanche a farlo apposta, dico che non ne so niente e il giorno dopo trovo due articoli sul giornale... lol.

 

a pagina 5:

I ‘padroncini’ italiani stanno togliendo il sonno agli artigiani ticinesi. Grazie agli accordi bilaterali Svizzera-Ue in materia di libera circolazione delle persone, entrati definitivamente in vigore l’anno scorso, a bordo dei loro furgoncini varcano quotidianamente la frontiera oltre la quale trovano clienti svizzeri dispostissimi a farli lavorare a un terzo della tariffa prevista per i ‘colleghi’ locali. Talvolta in barba alle regole, ai contratti e agli ispettori, muratori, falegnami, elettricisti, idraulici e imbianchini lombardi e piemontesi realizzano e posano a piacimento pareti, tetti, cucine, porte, finestre, piastrelle e impianti di ogni tipo senza badare troppo ai contratti collettivi, agli orari di lavoro e ai giorni di riposo.

 

Sottolineerei mille volte quel "talvolta",perchè altrimenti pare una generalizzazione stile "La Padania"...anche se il nero nell'edile italiano non è certo una novità per noatri eh.

 

Lurati non la manda a dire: « Con l’entrata in vigore dei Bilaterali l’artigianato edile ticinese – massa salariale annua di 400 milioni di franchi e quasi 7’000 lavoratori impiegati – è il settore più a rischio, vuoi perché la concorrenza ‘corretta’ d’oltre confine è massiccia, vuoi perché il proliferare di indipendenti o pseudo tali sta mettendo a repentaglio il mantenimento occupazionale e di riflesso la capacità dei diversi rami professionali di garantire il necessario ricambio generazionale ». E ciò sia a livello dirigenziale che delle maestranze.

 

Lol qui l'inizio sembra cattivissimo:Lurati NON LA MANDA A DIRE...poi tutto si smorza in un commento anche condivisibile e serio.

 

Passando a temi più giuridici: un "referendum per abolire la libera circolazione" non può proprio esserci. Prima di tutto, in Svizzera il referendum è una raccolta di firme per sottoporre una legge proposta dal parlamento al voto popolare, e in questo caso sarebbe troppo tardi. Probabilmente si intende quella limitazione della libera circolazione che come detto resta possibile, ancora fino al 2014.

La cassa malati obbligatoria (non malattia; si tratta di un termine bruttissimo preso dal tedesco, come molte locuzioni ticinesi) è in pratica una tassa non proporzionale al reddito che per la maggior parte delle famiglie rappresenta la maggior parte delle uscite mensili... negli ultimi anni è cresciuta pazzescamente. E poi per i datori di lavoro ci sono da pagare tutte le innumerevole assicurazioni sociali AVS, AI... un grosso carico, sicuramente.

 

E chi ha parlato di referendum?;) Io credo semplicemente che ci sarà una revisione dei Bilaterali se le cose continueranno ad andare come vanno ora.

 

Edit:ho letto ora l'ultima parte del commento di Spettro :PPPP

 

 

Sulla cassa malati:quel che so lo so dagli svizzeri con i quali ho avuto a che fare per l'uni e per attività varie legate all'economia,ai finanziamenti e alle ferie 35.gif .So che è obbligatoria e dovrebbe stare sui 200/250 euro al mese (il cambio col franco svizzero è 0,64)...e il nome è penoso,come lo è anche "mutua" eh..ho una mia teoria in merito:tutte le cose che son da pagare han nomi del cacchio o sigle 35.gif Come le malattie:HIV,TBC,IRAP,IRPEF,IVA,AVS...35.gif


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Inviato il 30 giugno 2006 19:06

scusa se non sono stato chiaro, referendum era il termine usato nell'articolo da te quotato, Loras:

Se la situazione non cambierà (non si capisce come e perché dovrebbe cambiare) minacciano di indire un referendum per l'abolizione della libera circolazione della manodopera.

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Inviato il 01 luglio 2006 13:05 Autore

Quindi il giornalista ha toppato? 35.gif


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