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Barelliere a Lourdes
V di Vainamoinen
creato il 25 maggio 2006

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Vainamoinen
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Inviato il 25 maggio 2006 11:54 Autore

Raga, sono tornat a pochi giorni da Lourdes, non come pellegrino, bensì barelliere dell'OFTAL, addetto al trasporto degli ammalati. E' stata un'esperienza stupenda, inenarrabile!

 

Non vi stò a raccontare tutto, non ne sarei capace e vi annoierei, ma se vi capita l'ccasione, fatelo a vostra volta. E' bellisiimo sotto tutti punti, da quello spirituale a quello dell'amicizia. Per chi è stato alle GMG, sappia che un'esperenza da barellire è ancora meglio.

 

Morale: se potete, fate quest'esperienza! Merita davvero

 

Ciao!


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shrike
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Inviato il 25 maggio 2006 13:04

Raga, sono tornat a pochi giorni da Lourdes, non come pellegrino, bensì barelliere dell'OFTAL, addetto al trasporto degli ammalati. E' stata un'esperienza stupenda, inenarrabile!

 

Non vi stò a raccontare tutto, non ne sarei capace e vi annoierei, ma se vi capita l'ccasione, fatelo a vostra volta. E' bellisiimo sotto tutti punti, da quello spirituale a quello dell'amicizia. Per chi è stato alle GMG, sappia che un'esperenza da barellire è ancora meglio.

 

Morale: se potete, fate quest'esperienza! Merita davvero

 

Ciao!

 

Grande!!!! anche io alcuni anni fa ho fatto il barelliere per l'UNITALSI a Lourdes e la ricordo come una esperienza estremamente utile ed emozionante .... pur non essendo un cattolico praticante (nè adesso, nè allora) appena me lo proposero partii con entusiasmo ed ancora oggi conservo quei giorni tra i ricordi più belli della mia vita ....


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Val
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Inviato il 25 maggio 2006 14:39

Mai dai, grandissimo!!!!!!!!! :D sarebbe bella da fare come esperienza!


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Ser Loras Tyrell
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Ser Loras Tyrell
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Inviato il 26 maggio 2006 18:31

Grandi ragazzi :D


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Vainamoinen
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Vainamoinen
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Inviato il 03 settembre 2006 17:13 Autore

Raga, Ferrovie.it (il principale sito di ferroamatori italiani), ha pubblicato il mio articolo sul viaggio a LOurdes!

Lo trovate qui.

 

A dire il vero me l'hammo letteralmente falciato, ma l'originale effettivamente era lunghissimo e credo anche assai pesante.

Per vostra gioia cmq, ve lo allego qui sotto... :D

 

Ciao!

 

 

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Ero già stato a Lourdes, circa quindici anni fa, partendo in treno da Torino: una bellissima esperienza, per quanto non tutto mi era comprensibile a quell’età. Rifare il pellegrinaggio, a ventisei anni, ha un sapore del tutto diverso, a cominciare dal fatto che non sono andato nella città francese come semplice pellegrino, ma come barelliere dell’OFTAL.

 

Quest'anno il pellegrinaggio diocesano (Diocesi di Vigevano) è caduto a maggio, dal 7 al 13, per la precisione. Io sono assegnato al "treno azzurro", nome assai evocativo per noi ferroamatori, ed è composto da 11 cuccette e due furgoni. In testa ci sono le cinque cuccette, impropriamente definite "ambulanze", per il trasporto dei malati, al centro ci sono i due furgoni, uno adibito a cucina e segreteria, l'altro a deposito carrozzine e cappella, quindi vengo le sei carrozze cuccette per i pellegrini ordinari. Essendo al primo anno, mi hanno assegnato alla carrozza n°6, quella che ospita la "direzione", il personale medico, la farmacia, nonché il nostro Vescovo. In cuccetta siamo sei barellieri, cinque alla prima esperienza, più colui che a Lourdes sarà il vice-capo del servizio "trasporto ammalati", Alberto C., mentre all'altra estremità c'è il mio capovettura, Maria G., simpaticissima e disponibilissima verso noi "nuovi". Di fatto la maggior parte dei barellieri e delle dame sono nelle prime cinque carrozze, per dare assistenza ai malati, mentre nelle ultime sei vetture la presenza del personale OFTAL è ridotta al minimo, avendo come compito la sola distribuzione del cibo e pulizia delle carrozze. Il mio compito in questa fase è "trasporto bagagli", così che al mio arrivo in stazione a Vigevano ho poco tempo da dedicare ad esaminare i due locomotori, due "Caimani", ma non so se nella versione originale E656 o nella più probabile E655. Secondo mio padre, che era venuto ad assistere alla partenza, almeno una macchina apparteneva alla Cargo. In ogni caso una macchina non è attiva, ma solo di rimando, ed era stata agganciata al mio arrivo in stazione.

 

La partenza del "treno azzurro" è fissata alle 1905, ma alle 1700 ero già di servizio, vestito con la giacca marrone che dovrò tenere come una divisa militare fino al ritorno. Il convoglio, arrivato da Napoli, era stato in mattinata pulito dalle dame, visto che Trenitalia non dava garanzie in tal senso. Io sono incaricato del trasporto dei bagagli degli ammalati, e anche dei pellegrini più anziani. A causa della limitata lunghezza delle banchine della stazione di Vigevano, le carrozze 10 e 11 (di fatto la dodicesima e tredicesima del convoglio: i furgoni non vengono numerati) sono praticamente a "livello del ferro", cioè li si raggiunge passando sui binari. Mi ingegno alla meglio per portare una valigia alla carrozza 11, quindi torno verso la mia vettura. A salutare i pellegrini c'è veramente tutta Vigevano: sindaco, vice-sindaco, qualche consigliere comunale, qualche collega del quartiere (io sono un consigliere di circoscrizione), nonché altri volti noti e meno noti. Essendo Vigevano una cittadina di circa 60000 abitanti, di vista ci si conosce quasi tutti, quindi era un continuo salutarci, nonché, nel mio caso, fare nuove conoscenze o rivedere vecchi amici.

 

La partenza, alle 1905 puntali, è trionfale: la stazione è piena di vigevanesi che ci salutano, siamo tutti accalcati ai finestrini, mentre lentamente ci muoviamo alla volta di Alessandria, prossima tappa. Anche dalle case prospicienti alla ferrovia la gente saluta: come abbia fatto finora a non accorgermi che il treno dei pellegrini riscuotesse un così caloroso saluto da parte della cittadinanza proprio non lo capisco... sul serio. Sembra proprio di vedere partire una transatlantico per l’America.

 

Il percorso sarà Mortara-Alessandria-Genova-Ventimiglia-Tolosa-Lourdes, un classico. Passo buona parte del tempo al finestrino o in corridoio, facendo conoscenza degli altri ospiti della vettura 6. Dopo Mortara c’è la recita del S. Rosario, guidata e cantata dai “don” alloggiati nelle vetture 3 e 5 come assistenti spirituali dei malati. La nostra capovettura passa a distribuire coroncine a chi ne è sprovvisto. La mia, caso ha voluto, invece viene proprio da Lourdes, acquistata durante il m io primo pellegrinaggio. Noi barellieri recitiamo il rosario in corridoio, un po’ perché il sistema di altoparlanti, installato dai “tecnici” dell’OFTAL non si sente nello scompartimento, un po’ per “dare l’esempio” agli altri pellegrini. Sembrerà strano, ma il ruolo quasi istituzionale di barelliere lo sentiamo in ogni nostro atteggiamento!

 

Giungiamo ad Alessandria, dove, credo, uno dei nostri locomotori si stacchi. Non ne sono sicuro, ma mi sembra, d'ora in avanti, in curva, di vedere solo un "caimano" in testa al treno. Ad Alessandria raggiungiamo quindi il convoglio dell'OFTAL di Casale Monferrato: sotto la pensilina scorgiamo il loro vescovo, anche qualche dama o barelliere scesa per fumare una sigaretta (a bordo non si potrebbe fumare). Invece io sono impegnato nel servire il pranzo: insieme ad Alberto C. vado al furgone a prendere la minestra e l'acqua calda (servirà per il caffé) nei termos. Di fatto la cena è in parte preconfezionata in cartoni, nei quali, forando seguendo le apposite indicazioni, si ricava lo spazio per incastrare piatti e bottigliette d’acqua e vino più il bicchiere. All’interno ci troviamo, oltre alle posate in plastica, anche varie salse, formaggio, brioche per dessert, frullato di frutta e una mousse al cioccolato confezionata. Il primo piatto invece è un minestrone passato che viene preparato dai cuochi dell’OFTAL, il secondo piatto è una cotoletta (fredda) che viene passata sempre dalla cucina, ma a parte, confezionata...

Quindi, mentre ripartiamo per Genova, si cena, con piatti quasi pronti, con noi barellieri impegnati però nella distribuzione del cibo, e solo dopo i Giovi potremo sederci a mangiare.

Dopo, il non propriamente esaltante compito della raccolta dei rifiuti, e lo schiacciare le scatole della cena, che però noi giovani barellieri affrontiamo con lo spirito che contraddistingue noi giovani. I cartoni, una volta pressati e legati col nastro adesivo, saranno scaricati alla prima stazione nella quale sosteremo – e sia all’andata che al ritorno è toccato a Ventimiglia raccogliere i nostri rifiuti delle due cene… Quando abbiamo terminato, siamo quasi a Savona, e molti iniziano a stendersi sulle brande. Poiché di turno (abbiamo dei turni di sorveglianza notturna, per evitare nelle soste che qualcuno scenda o salga sul treno) sono dalle 0200 alle 0330, mi tocca la cuccetta in mezzo: in realtà è quella alla quale ambivo, poiché al “terzo piano” nelle scorse esperienze notturne ho sempre faticato a prender sonno a causa della luce notturna, mentre al “primo piano” mi sento troppo in basso. Comunque fino a Ventimiglia siamo quasi tutti alzati, a vedere lo spettacolo della Riviera di notte, e si chiacchiera del più e del meno con le dame e il personale medico. Il vescovo, S.E. Mons. Claudio Baggini, nonostante stia male (ha con se le bombole dell'ossigeno), passa in rivista tutto il treno, salutando ogni malato, pellegrino, dama o barelliere di persona: gesto bellissimo, soprattutto considerando lo sforzo che gli costa visto le sue precarie condizioni di salute. E' sempre riuscito a farsi amare dalla cittadinanza il nostro vescovo.

 

Finalmente Ventimiglia, dove noi barellieri abbiamo una riunione. Apprendiamo che il "treno verde", quello partito da Mortara, ci precede di un paio d'ore, e sarà a Lourdes in mattinata. Nella città di confine non scorgo nulla di particolare, fuorché qualche convoglio Z23500. Un pò deluso, torno in vettura: la tentazione di stare in piedi è forte, ma sapendo le faticacce che mi aspetto, preferisco stendermi in cuccetta.

 

Alle 0200 vengo svegliato per il mio turno. Purtroppo non ho fatto in tempo, prima di partire, a vedere bene il tracciato della ferrovia, così che rimango un pò sbalordito da trovarmi circondato da un paesaggio semicollinare: sapevo che la linea della Costa Azzurra non era prospiciente al mare, ma non credevo così tanto! Mi rassegno al monotono paesaggio, quando all'improvviso appaiono delle case. Marsiglia? No, meglio, Toulon, con tanto di TGV DUPLEX in sosta! Rallegrato dalla visone, aspetto con ansia l'arrivo a Marsiglia. Ma, ahimè, della seconda città francese vedo quasi nulla, poiché passiamo ben lontani dalle stazioni principali. Così, svegliato il mio compare, torno in cuccetta.

 

Sono svegliato che siamo oramai quasi a Tolosa, e già si sta distribuendo la colazione, sempre contenuta nei cartoni preconfezionati, contenenti stavolta brioche, marmellata, crostini. Le bevande calde, cioè the, latte e caffé giungono invece nei termos dalla cucina del furgone, portati dai barellieri. Mangiamo mentre lentamente entriamo a Tolosa. Non ho ancora appurato quale è la macchina trainante, spero di farlo ora, scendendo dal treno in stazione. Speranza vana! Una pellegrina si sente male, e un collega, vedendomi giù dal treno, mi chiede se posso sorreggerla. Nessun problema - anche se non capisco come si possa soffrire il treno - ma nessuna speranza di vedere che macchina abbiamo in testa, anche se dalla distanza mi sembra una delle universali 8500 (ometto le lettere iniziali della divisione di appartenenza, poiché le ignoro) nella classica colorazione bianco-arancio. Comunque alla ripartenza incrociamo un TGV-Atlantique: com'è basso! E via quindi verso i Pirenei (mentre ritiriamo i cartoni della colazione e li pressiamo…), con il tempo che diventa coperto, poi inizia un'insistente pioggerellina, che a Lourdes sarà un acquazzone! Il paesaggio è molto bello, il verde predomina. Passiamo Tarbes, e a noi giovincelli fanno sapere che siamo quasi arrivati a Lourdes: difatti, dopo un'ultima curva, eccomi alla metà!

 

Una volta a Lourdes, noi barellieri siamo i primi a scendere dal treno, dovendo affidare i nostri bagagli al pullmann dell’albergo: li ritroveremo in camera. Il nostro compito di fatto è un altro: scarico e consegna dei bagagli degli ammalati. Per permettere alle carrozzelle di passare sugli attraversamenti a raso dei binari, il nostro convoglio, come tutti gli altri treni dei pellegrini, viene diviso in due parti, lasciando così libero lo spazio centrale. Ovviamente Lourdes è dotata di sottopassi, ma usati solo dall’utenza “classica”.

Così, sotto una pioggia insistente comincia il mio primo compito nella cittadina dei Pirenei. Per trasportare i bagagli dal binario al piazzale dei pullmann, usiamo dei carrelli trainati di norma dai motocarrelli elettrici presenti in quasi tutti le grandi stazioni: solo che noi dobbiamo spingerli a mano! Sbrigato in circa due ore il compito, possiamo finalmente dirigerci all’accueil Notre Dame, dove sono ospitati i nostri malati. Di fatto, fino a venerdì 12 maggio, i treni li vedrò sfrecciare solo da lontano, poiché la ferrovia passa assai vicino all’area sacra del santuario. E devo mettere che sentire il treno che passa mentre si sta recitando un rosario davanti alla grotta, non è proprio piacevole…

 

Tralascio di raccontare i giorni trascorsi a Lourdes, ma vi dico soltanto che sono stati stupendi, sotto tutti i punti di vista. L’andare al santuario come barelliere invece che “solo” come pellegrino equivale ad andare allo stadio per giocare invece che sedersi in tribuna… E’ un’esperienza che consiglio a tutti, e che è aperta a tutti!

 

Quasi all’improvviso giunge venerdì, il giorno della partenza, fissata alle 1605. In stazione noi barellieri giungiamo subito dopo pranzo, coi bagagli degli ammalati da caricare sul treno, ovviamente diviso in due tronconi, fermo sul primo binario. In stazione sul terzo binario c’è invece un convoglio di pellegrini tedeschi, con carrozze EuroExpress, nella livrea molto somigliante a quella rosso fegato delle nostre carrozze tipo “X”. Il compito del caricare i bagagli sul nostro treno è un po’ più pesante rispetto a quello dell’arrivo, poiché stavolta ci sono anche i bottiglioni… d’acqua, quella della Grotta! C’è chi realmente ha riempito più taniche da portarsi a casa, legandole alla valigia. Celiando tra noi, ci riproponiamo di aggiungere un carro cisterna al treno per l’anno prossimo, dotato di rubinetti: lo riempiamo direttamente con un tubo dell’acqua della Grotta, e poi a la smistiamo direttamente a Vigevano. In ogni caso, grazie anche all’affiatamento che si è sviluppato fra di noi in questi giorni a Lourdes, il compito viene portato a termine con efficienza e rapidità, tanto che alle 1400, quando arrivano gli ammalati, quasi tutte le valige sono negli scompartimenti. Mentre tornavo da una consegna, un capo mi vede, e mi chiede di condurre per cortesia i ragazzi dell’AIAS alla loro carrozza, poiché i barellieri e dame appositi sono tutti impegnati. Così accompagno i ragazzi verso la loro vettura, la numero 2: non avevo mai parlato con loro, sono stati simpaticissimi, e al momento di salire, mi hanno tutti abbracciato. Torno verso la mia vettura, stando ben lontano dagli altri barellieri e con lo sguardo rivolto dalla parte opposta del treno: ho gli occhi lucidi per via degli abbracci. Raramente ho sentito tanto trasporto e amore nell’abbraccio che mi hanno regalato: è il dono più bello che ho ricevuto a Lourdes. Dopo essermi imboscato qualche minuto nel mio scompartimento, raggiungo gli altri, ma oramai non c’è più nulla da fare, salvo ritirare i nostri bagagli dal pullmann. Avuto quindi il “rompete le righe”, mi aggiro velocemente per la stazione, cercando qualche treno da immortalare: corro verso un TGV-A che sta partendo. Un ferroviere troppo solerte mi ferma, credendo che volessi salire sul treno in movimento: mostro la macchina fotografica e ripeto più volte la parola “fotò”. Un collega capisce, e gli spiega in francese le mie intenzioni. Posso quindi fare uno scatto al TGV, anche se il risultato non è il massimo.

Quindi, dopo aver aiutato un soldato tedesco (c’era perfino la Bundeswehr a Lourdes) a movimentare un carrello, mi sposto verso un’estremità della stazione, lato Tolosa. Su un binario tronco ci sono allineato le onnipresenti (BB) 8500, le più veloci 9300 e finalmente una 7200. Fra l’altro finalmente vedo quale locomotore ci tirerà per la primissima parte del viaggio: è proprio una 7200! Da piccolo le Arzens erano fra le mie macchine preferite: io avevo come modellino una CC6500, mio fratello invece una BB22200 (entrambe LIMA), la versione politensione della 7200. Qui fino a Tolosa la linea è elettrifica coi 1500V DC, e la bassa tensione la si vede alla partenza dei treni: tutti i locomotori per assorbire l’amperaggio necessario allo spunto, alzano entrambi i pantografi. Un paio di foto, e poi torno dagli amici, coi quali si va a prendere un gelato, mentre gli ultimi preparativi vengono effettuati dal personale anziano. L’immagine di una nave in armamento mi si affaccia più volte nella mente, osservando il caricare delle valige, della farmacia, dei contenitori del cibo. Saluto gli altri barellieri e le poche dame che ho conosciuto: una volta in treno non so se riusciremo a rivederci prima di Vigevano.

 

Ormai è quasi tutto pronto. Il convoglio è stato da tempo riunito, e i minuti che ci separano dalla partenza sembrano volare. Stavolta in stazione c’è solo qualche operatore dell’OFTAL a salutarci, quindi, quasi in sordina, ci muoviamo. Mi affaccio dal finestrino nel lato opposto della stazione, dove posso vedere le loco precedentemente fotografate, nonché altri convogli di pellegrini fermi nei fasci di binari che fanno da deposito. Quindi la fatale curva che nasconde Lourdes alla mia vista. Rimango affacciato ancora un po’, salutando dame e barellieri che si sporgono a loro volta dai finestrini, finché la velocità diventa eccessiva, e ritiro la testa. All’altoparlante iniziano le preghiere di ringraziamento guidate dal nostro Don Carlo, lo stesso che alle 0600 di ogni mattina diceva la S. Messa per noi personale dell’OFTAL. Noi barellieri il rosario lo recitiamo sempre in corridoio. Finita la preghiera, nonostante sia ancora presto, noi barellieri dello scompartimento 270 approntiamo le cuccette, ma senza coperte, per poterci sdraiare: il ritmo dei cinque giorni passati a Lourdes, con sveglia per la S. Messa dell’alba a noi riservata, servizio mattina e pomeriggio al tiro degli charriot con sopra gli ammalati, e infine, dopo il rosario serale davanti alla Grotta (ed eventuali, ma frequenti meditazioni fatte singolarmente) con gli amici, il salto al pub Eden, si fa sentire tutto in un colpo solo. Non riesco a prendere sonno, nonostante sia distrutto, con la testa che ripensa a questi giorni favolosi.

 

Si arriva così a Tolosa, dove rapido scendo dal treno e scatto qualche altra foto. In stazione c’è un misto fra nuovo e antico: Accanto alle recenti 26000 Sybic, trovo le orami classiche 8500, mentre il materiale rotabile leggero automotore è moderno: credo di intravedere una Z21500, nonché delle automotrici diesel moderne, assomiglianti alle X73500. Purtroppo i veicoli francesi non sono il mio forte, quindi il condizionale è d’obbligo. Sempre a Tolosa una ragazza chiede un passaggio per Montpellier: ovviamente le viene rifiutato. Corro in coda al treno, che ora diverrà al testa per via dell’inversione di marcia, e trovo la Sybic che trainerà fino a Marsiglia. La macchina deve per forza essere politensione: in Costa Azzurra, se non ricordo male, ci sono i 25 kV AC, mentre nel nodo di Marsiglia e Ventimiglia vigono i 1,5kV DC. Così si riparte da Tolosa alla volta della Provenza: passo buona parte del tempo che mi separa dalla cena a guardar fuori dal finestrino, rapito dall’ondulato paesaggio francese. Vedo anche Carcassonne, con la sua doppia cinta medievale. Incrociamo pochissimi treni, quasi tutti merci: certamente il traffico pendolare in Francia non esiste quasi, e lo si vede anche nella nostra marcia, veloce e regolare, quasi monotona.

 

Stavolta ad andare a prendere alla minestra tocca ad un altro, quindi mi limito a distribuire i cartoni della cena. Stavolta niente cotoletta gelata, bensì un’abbondante e buono prosciutto cotto, che finisce dentro al pane insieme al formaggio. Mentre mangio e distribuisco il cibo, dal finestrino il paesaggio cambia, lasciando vedere solo rocce e flora mediterranea. Alla fine ecco le prime avvisaglie del mare, le lagune costiere che caratterizzano la Linguadoca. Passiamo Sete, fra la laguna e il mare, teatro del mio primo incontro con un TGV (un PSE nella brutta colorazione arancio) circa quattordici anni fa, passiamo Nimes, famosa per le rovine romane, dove finalmente rivedo il tanto sospirato TGV Duplex, stavolta in servizio. Fa un certo effetto coi due piani illuminati nel crepuscolo della sera. Quindi via verso Marsiglia, che ancora una volta bypassiamo su una stazione secondaria. A quel punto, lentamente la gente va a dormire, tranne i nottambuli incalliti. Fra questi tre pellegrine di media età (e anche assai corpose) che chiacchierano in corridoio, disturbando chi si è coricato: evidentemente non hanno avuto molto da fare a Lourdes, se sono così arzille. Anzi, si lamentano quando noi barellieri, per motivi di servizio, passiamo facendole rientrare nello scompartimento…

Considerando che oramai ho poco da fare, vado a trovare alcune giovani dame in vettura 10, mi intrattengo un po’ con loro, poi passata Tolone a mezzanotte, vado a coricarmi, in vista del mio turno, dalle 0130 alle 0300.

 

Il collega mi sveglia a fatica, ma una volta in piedi, mi rinfranco, pensando allo spettacolo del mare, come all’andata. In corridoio c’è solo il simpatico farmacista, che mi informa che siamo a S. Raphael. Mi avesse detto Frejus mi avrebbe aiutato di più, conoscendo la località di origine romana. Vado al mio posto, in testa alla vettura, ma la dama che devo sostituire preferisce stare sveglia a guardare il mare. C’è la luna piena. Non fosse per la velocità, abbasserei volentieri il finestrino. Sulla spiaggia prospiciente la ferrovia vediamo ragazzi fermarsi per passare il venerdì sera al mare. Passiamo Cannes, la dama, ricevuta una telefonata, si ritira, resto solo, finché il farmacista mi raggiunge, mentre sfrecciamo a Cannes. Scopro così che questo tipo assai simpatico e molto alla mano in realtà ricopre una carica molto importante a Vigevano, e mi racconta del suo lavoro. Intanto siamo a Nice, dove sostiamo per circa un’ora, poiché in anticipo. Siamo fermi esattamente accanto a due vecchi TGV-PSE, collegati in comando multiplo, riconoscibili dal fanale superiore arretrato e dalle vetture alle estremità motorizzate, anche se riverniciate oramai nei colori classici dell’alta velocità francese introdotti dai TGV-Atlantique circa quindici anni fa. Provo a raccontare al mio interlocutore del TGV, lui si mostra molto interessato, apprezza il fatto che faccia ingegneria, e mi racconta del figlio, anch’esso ingegnere che ora si è trasferito a Londra con la famiglia. Il TGV parte, mi sembra con destinazione Parigi (sono quasi le 0300 e fanno servizio regolare?), almeno da quel che leggo sul quadro luminoso accanto alle porte. Quindi anche noi ci muoviamo. Il nostro farmacista si ritira a leggere al Gazzetta – solo i giornali sportivi giravano a Lourdes fra noi italiani, nonostante ci fossero anche alcuni “politici” – e io vado a svegliare la dama che mi deve sostituire. Ma ormai siamo quasi a Ventimiglia, e non voglio perdermi al sosta, quindi non insisto troppo. Passiamo la stazione sotterranea di Monaco (che non avevo mai visto), illuminata a giorno, quasi fastidiosa interruzione del buio che ci avvolge.

 

Ed eccoci finalmente a Ventimiglia: la dama che doveva darmi il cambio finalmente si è svegliata, e io ne approfitto per scendere a sgranchirmi un po’ le gambe. L’unico materiale rotabile visibile è un E444R, mentre la Sybic è già sparita. Del locomotore italiano che ci riporterà a Vigevano nessuna traccia. Saluto un paio di barellieri scesi a fumare una sigaretta, poi torno in cuccetta: oramai sono spossato fisicamente, e domani la sveglia è alle 0500, mentre l’arrivo previsto a Vigevano è alle 0705.

 

In realtà prima delle 0530 non riesco ad alzarmi, sono realmente a pezzi. Il mio capo, Alberto, è messo anche peggio: approfittando del fatto che è sulla cuccetta alta, dormirà fino ad Alessandria. In ogni caso, una volta alzato, rimango sorpreso dai cantieri navali di Sestri Ponente, con una gigantesca nave della Costa Crociere in costruzione: vista dal treno è ancora più imponente che non in acqua, essendoci anche la parte regolarmente sommersa a sovrastarci. Il nome non lo so, ma presumo sia la gemella della Costa Concordia, costruita sui piani leggermente modificati (è più lunga) delle oramai classiche Carnival Destiny e gemelle. Le fusioni delle grandi compagnie crocieristiche ha razionalizzato molto le tipologie di navi immesse in servizio: oramai solo la diversa forma del fumaiolo distingue le navi della Costa, della Carnival, della Holland America, e in maniera minore, della Cunard e della P&O. Peraltro anche in campo ferroviario si sta parzialmente verificando qualcosa di simile, con le stesse macchine acquistate da più compagnie ferroviarie.

 

Passiamo Sampierdarena, mentre iniziamo a distribuire gli ormai consueti pacchi contenente la colazione. A me tocca andare a prende il te caldo nel furgone, ma saranno le dame, passando col carrellino, a distribuire le bevande ai pellegrini. Quindi, a colazione finita, solito lavoro coi cartoni da schiacciare.

Passiamo i Giovi. Passiamo Novi Ligure, passiamo Alessandria, e riappare la mia bella, quanto sempre vagamente monotona Lomellina. La stanchezza non riesce a scacciare la malinconia dell’avventura che sta per giungere a termine, e mi aggrappo ad ogni stazione, contando quante ne mancano all’arrivo. Inevitabilmente ecco Mortara. Oramai siamo arrivati, pochi minuti ancora ed è quasi casa, come diceva De Gregori in una sua famosa canzone, che per tutto il viaggio di ritorno mi ha accompagnato nella testa - la si era cantata noi giovani l’ultima notte nelle strade di Lourdes, insieme a tante altre, finché le proteste dei cittadini ci avevano mandato a dormire…

 

L’arrivo a Vigevano è meno trionfale dell’andata, vuoi per l’ora, circa le 0810, che per il giorno, sabato. Il “caimano” che ci tira finalmente si ferma sul terzo binario, lo stesso dal quale siamo partiti, sempre col marciapiede troppo corto per tener tutto il treno: ancora una volta le vetture 10 e 11 si ritrovano fuori…

Così iniziano gli addii. Noi barellieri giovani siamo lasciati subito liberi, ma ciononostante nessuno ha fretta di andare a casa: troppi sono i legami che si sono creati in questi giorni, e io cerco disperatamente qualcosa d trasportare, pur di ritardare i saluti. Inevitabilmente comunque, arriva mio padre, e, salutate tutte le persone che mi capitano a tiro, mi avvio, col cuore colmo di un misto di gioia e già rimpianto, verso casa.

 

Spero di poter ripetere ovviamente negli anni a venire questa esperienza, che con poche e sicuramente inadeguate parole ho provato a trasmettervi. Il mio consiglio, ma anche la mia speranza, è che chiunque legga queste brevi note, a sua volta provi l’esperienza di barelliere a Lourdes. Non solo per i malati, che necessitano sempre assistenza, ma anche per se stessi.


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