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Intervista a Erikson sul ciclo Malazan
S di stormbringer
creato il 12 gennaio 2006

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stormbringer
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Inviato il 12 gennaio 2006 2:10 Autore

Vi inserisco qui la prima parte della traduzione dell'intervista pubblicata qualche settimana fa da Steven Erikson , autore del ciclo Malazan. Scusate , nel caso, la non perfetta traduzione. A breve inseriro' la seconda parte.

A presto,

Stormbringer

 

 

 

1) C’e’ un personaggio per il quale ti diverti o ti sei divertito particolarmente a scrivere? E perche’? Sulla stesso piano, c’e’ un personaggio del quale non ti piace proprio scrivere ? Per quale ragione ?

 

Per me e’ importante gustarmi i personaggi di cui scrivo, o piuttosto, quelli di cui sto usando i punti di vista. Ho bisogno che ci sia qualcosa di intrinsecamente interessante in loro. Spesso e’ qualcosa per nulla palese. Nella vita reale, le persone non ti dicono quale sia il loro personaggio --- ma viene rivelato poco alla volta da quel che dicono e da quel che fanno. Sotto questo punto di vista la persona e’ ineffabile, ed io nello stesso modo cerco di renderla nella mia finzione. Cosi’, io avro’ o una storia completa del personaggio che sto utilizzando, o solo le sue ossa se quella persona e’ “nuova” nella serie. Per ossa intendo dire che esiste un significato per la loro storia, ma non tutti i dettagli vengono alla luce --- e questo e’ proprio il modo in cui io ne scrivo nella prima stesura --- cosi’ io cerco di iniziare con lo stessa sensazione di mistero che si prova con ogni nuova persona che si incontra nella vita reale. Comunque, non mi dispiace scrivere di nessun personaggio, anche dei piu’ spregevoli. Per quel che riguarda quelli che prediligo, anche qui, e’ una cosa intangibile, perche’ ogni personaggio trasmette qualcosa di diverso. Per Karsa Orlong, ad esempio, e’ il suo barcamenarsi attraverso le cose, sia verbalmente che fisicamente, e spesso con modalita’ che minano alla base i cliche’ relativi ai “barbari” o, anche piu’ piacevole per me, le convenzioni proprie del genere. Da un lato piu’ calmo, mi son divertito a scrivere di Apsalar e Scillara nei “Bonehunters”: che rappresentino degli opposti tematici con legami romantici verso un personaggio particolare , non fa che rendere il tutto piu’ affascinante .

Comunque io non mi spingero’ mai ad una estrema caratterizzazione dei personaggi --- va a finire che ci sara’ qualcuno tra i miei lettori che preferirebbe che lo facessi. Beh, pazienza.

 

 

2) Quale pensi sia la tua forza come scrittore/narratore ?

 

Beh, suppongo il preparare le cose e poi far capitare l’inaspettato.. Con motivazioni ben nascoste in molti dei personaggi principali della serie, penso io possa continuare a sorprendere i lettori. L’ho fatto alcune volte anche nei “Bonehunters” , incluso quel che chiamo un inverted double-bind stick-the-knife-in reversal thing (non ben traducibile, ma che rende ben chiaro il concetto)…

ma non voglio raccontarvi di piu’.

Anni fa, quando stavo imparando l’arte della fiction a degli workshops universitari in Iowa e a Victoria, notai una peculiare avversione verso certi elementi della fiction narrativa; principalmente , la trama e il dramma. Nessuno dei due, sembrava, fosse consono alla letteratura seria. La trama andava bene per la letteratura di genere; meglio i personaggi che non facevano nulla e chiacchieravano molto, ma che nel farlo chiacchieravano di niente, con l’idea che il tutto dovesse condurre ad una qualche profonda epifania ma che in realta’ portava a sguardi vacui tra i presenti nella classe. Per quel che riguarda il dramma, il dramma era out. Questo era il tempo dell’ascesa della Scuola Cinica della Fiction. Nel frattempo ci veniva insegnato che il vero dramma non esiste, e che qualsiasi tentativo di inserirlo nella fiction era in realta’ melodramma. In altre parole, poiche’ il mondo era quel che era , e la fiction il suo riflesso piu’ fedele, non esisteva una cosa come un’emozione procurata – niente di duro e forte nella fiction poteva essere realmente genuino. Perche’? Perche’ era duro e forte, naturalmente. Ed io ero li’, tranquillamente imprecando contro tali idee, a scrivere della fiction “seria” su persone che facevano effettivamente qualcosa e su cose che effettivamente capitavano, spesso dure e forti e con i risultati che vi potreste aspettare. La sola gloria venne quando scrissi della pura commedia, probabilmente siccome la mia commedia era di natura cinica, sarcastica. Solo che le cose per le quali io ridevo, non sempre erano le cose per le quali ridevano gli altri. Si potrebbe dire che son finito nella scrittura di genere per poter usare sia la trama che il dramma, e ci potrebbe essere del vero in questo. E’ difficile essere analitici su cose simili. Dopo tutto, io amo leggere Omero e Omero e’ carico di dramma. Sgradevole dramma , brutale. Puo’ essere anche un caso di posto sbagliato e momento sbagliato. Che probabilmente e’ la cosa piu’ verosimile, cosi’ mi fermero’ qui.

 

 

3) Che autore ammiri ?

 

Ce ne sono a mucchi. John Gardner, Gustav Hasford, Mark Helprin, Atwood (no, scherzavo per quest’ultimo. Non l’ammiro proprio), qualcosa di Doris Lessino. Nel genere fantasy, penso che Robin Hobb sia una scrittrice molto intelligente e sottile. Ahime’, in questi giorni non leggo molta fantasy, sebbene mi sia gustato l’ultima uscita di Tim Lebbon e sia molto interessato a vedere quali riscontri otterra’ il primo racconto di David Keck…

 

 

4) Prima della pubblicazione della sua edizione americana, la casa editrice Tor Books ti ha permesso di metter mano a un certo numero di incongruenze trovate in GARDENS OF THE MOON. E’ previsto che tu faccia lo stesso con la versione inglese?

 

No che io sappia. Non ce n’erano molte – una importante correzione sul sesso di un personaggio – ma per il resto erano di poco conto.

 

 

5) Ora che molti puristi ed ammiratori ti considerano uno dei migliori autori fantasy al mondo, senti una maggiore pressione nel momento in cui ti accingi a scrivere un nuovo capitolo della serie?

 

Se c’e’ pressione, ha a che fare con la gestione del tempo – la stesura di THE BONEHUNTERS ha soprattutto implicato un mucchio di riscritture, data la sua lunghezza – e quindi il dover trascurare qualsiasi altra cosa in quel periodo. Nello stesso tempo ho dovuto rivedere alcuni altri miei scritti, poi la TOR mi ha mandato in un tour di incontri con ammiratori (per sessioni di lettura ed autografi) sulla West Coast che , pur essendo divertente, mi ha sottratto sempre 5 giorni dall’attivita’ schedulata di scrittura. Sicuramente, questo tipo di pressione esiste.

Per quel che riguarda invece la pressione dovuta alle aspettative dei lettori, la risposta e’ no, assolutamente. La vicenda e’ gia’ ben delineata per me, quindi io so cosa sto facendo (spero che questo tranquillizzi i lettori, piuttosto che esser presa come semplice mia vanagloria – davvero, so quel che sto facendo!) e posso vedere la luce alla fine del tunnel. Come menzionato precedentemente, sono abbastanza sicuro che sorprendero’ i lettori con gli eventi futuri, con un numero sufficienti di intrecci e capovolgimenti da convincerli a continuare a leggere.

 

 

6) Quale pensi sia stato il momento piu’ difficile dell’intero processo di scrittura delle Tales of the Malazan Book of the Fallen ? Ogni nuova aggiunta, svela ancora ulteriore profondita’ per una serie che ha mostrato gia’ quanto sia ricca e complessa realmente. Qual e’ stata la scintilla che ha generato l’idea che ti ha spinto a scrivere la serie?

 

Per la prima domanda su quale sia stata la parte piu’ difficile, la risposta e’ duplice : primo , trovare un editore; secondo, convincermi che scrivere la serie era stato davvero cosi’ facile come era sembrato e continua a sembrare – voglio dire, dovrebbe essere difficile, giusto ? Le vicende della trama sono cosi’ ripiegate ed intrecciate che sembrerebbe difficile uscirne. Tuttavia arrivo al termine, nei tempi giusti e soddisfatto. Sembra impossibile. Per esempio, non mi sono mai trovato bloccato una sola volta nell’intera scrittura di MIDNIGHT TIDES. Neanche una pausa di mezzora. A volte mi sono sentito come uno spettatore davanti all’intero processo creativo. Piu’ o meno lo stesso e’ capitato per THE BONEHUNTERS ed ora per REAPER’S GALE.

Semplicemente il flusso di parole scorre via. Spaventa a pensarci.

Per la seconda domanda: beh, le scintille sono state tutte cose negative, frustrazioni di fronte alla sconcertante predicibilita’ del genere fantasy. Il voler scrivere qualcosa di fantasy che mi sarebbe piaciuto leggere come lettore (e non solo a me, ma anche a Cam (NOTA DEL TRADUTTORE: Cam Esslemont, cocreatore del mondo Malazan) --- l’unico lettore che io considero nella mia testa mentre scrivo).Il voler liberarmi di quell’inesauribile spazzatura a sangue blu quasi medievale con coscienza di classe. Il volere un mondo fantasy multiculturale come il nostro (la preponderanza di eroi dalla pelle bianca e principesse bionde … gente, in che secolo siamo?). Il volere un mondo fantasy con una storia che vada al di la’ del Signore Oscuro di trecento anni prima che ha trovato una roccia che lo aiutera’ a sorgere ancora e fare, oh, cose malvagie; un mondo con geografia e geologia , ecc.

Sicuro, ci sono anche delle cose buone la’ fuori, ma non era abbastanza. Forse non lo e’ ancora.

 

 

7) Se andassi indietro nel tempo, che consiglio daresti al giovane Steven Erikson riguardo alla sua carriera di scrittore ?

 

Trovare la pozione magica che semplifichi GARDENS OF THE MOON. Deve esistere. Il problema era/e’ che io non ci vedo niente di confondente. Mi piacerebbe poterlo vedere o averlo visto cosi’, ma non e’ cosi’. Inoltre non ho ancora una risposta su come scrivere la storia che volevo scrivere allora. Povero giovane Steven Erikson – mi dispiace, amico, te la devi cavare da solo.

 

8) E’ il World Fantasy Award , un premio cui miri ?

 

No davvero. Sarebbe bello, nel caso, ma non mi ci rivolto nel letto la notte rimuginandoci. Essendo stato un giudice --- beh , non importa --- il regolamento non permette la partecipazione a libri di un ciclo (escluso il primo naturalmente). Tuttavia, sarebbe bello avere una categoria speciale per i cicli.


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