C'ero anch'io. E' la mia seconda GMG. Giudico questa GMG in modo positivo, ma non come Toronto. L'organizzazione tedesca non è stata negativa, ma DISASTROSA! Non ho altre parole per descriverla! Metro che imboccavano la retromarcia, ponti sul Reno chiusi, tutti i mezzi (protezione civile, tram, autobus, ambulanze e polizei) bloccati! Non ho parole... per non parlare delle volte in cui i pasti non ariivavano. In più mi manca la forza e il carisma di Giovanni Paolo...
Sul cibo non posso giudicare, visto che ho fatto solo il week-end (e mi sono divertito moltissimo!!!), ma sul Giovanni Paolo... beh, Benedetto è diverso. La forza e il carisma del primo derivava dalla sua fortissima personalità, da una verve teatrale, dal fascino istintivo e dall'innata capacità di incantare. Ratzinger invece ha nel suo arco ben altre frecce, non ha puntato ad imitare il suo predecessore. Ha avuto il coraggio di essere se stesso, "col suo volto da fanciullo ottantenne, quella sua serietà diligente, quel sospetto di timidezza" - come lo ha definito Messori - "non da showman, ma da padre che ama sino in fondo". E lo si è visto, o meglio, sentito, nella sua omelia (che bella!), nelle sue esortazioni rivolte a noi giovani. Benedetto si è presentato come se stesso, "Padre accogliente e rispettoso ma, al contempo, consapevole di essere maestro e garante dell'ortodossia della fede".
Bravissimo Benedetto XVI, quindi, a mio parere!
Giusto per curiosità, Albione, in che settore eri? Hai scambiato il cappellino azzurro?
Ciao!
Vaina
Vi invio, giusto per rompervi definitivamente le scatole, il mio resoconto della GMG, che dovrebbe uscire, temo tagliato, sul supllemento giovanile del giornale di Vigevano, l'Araldo, il 8 settembre. Fà un pò da diario, e dà l'idea di quel che si è fatto in questi due giorni.
Buona, paziente, lettura, e spero di vedervi tutti a Sidney 2008...
Ciao!
--------------------------------------------------------------------
Non è stato immediato il sentimento di gioia e serenità avuto alla GMG. Anzi, per quasi tutta la durata del pellegrinaggio nel mio animo ha dominato l’apprensione, dovuta principalmente alle condizioni meteorologiche, al trovarsi accampati come profughi, al trovarsi in così tanti, tutti diversi benché accomunati dallo stesso scopo.
A Koeln/Colonia pioveva, come ci avevano comunicato gli amici già presenti alla GMG, mentre internet prevedeva piogge sparse tutto sabato e acquazzone domenica mattina. Celiando, alla partenza, dicevo agli altri ragazzi che, in caso di pioggia, sceso dal pullmann, mi sarei diretto alla Hauptbanhof (Stazione Centrale) e avrei preso il primo treno per Milano. Potrà sembrare eccessivo, ma dormire su un prato (che diventa fango…) sotto un temporale la considero un’esperienza quasi tragica, specie se, come noi pellegrini del “Week-End”, poi non si ha un posto dove cambiarsi e asciugarsi… Così la serata in pullmann passa fra varie congetture sul tempo che ci attenderà, mentre si cerca di rompere il ghiaccio fra noi ragazzi, provenienti non solo dalla nostra Diocesi, ma anche da Gaggiano. Ad accompagnarci, Don Paolo Scevola (curato della mia parrocchia, la BV Addolorata), Don Claudio Ghidoni (parroco di Remondò), e i seminaristi Luca Girello e Riccardo Campari. Raggiunta Como, riunitici con gli altri pellegrini che formano il Gruppo Adda-Ticino, continuiamo il lungo viaggio che ci porterà a Colonia.
Fra varie tappe nei punti di ristoro autostradali, rovesci di pioggia alternati a tratti di cielo sereno (con una bellissima luna piena a farci da “scorta”), e soprattutto una gran fatica a trovare una posizione che concili il sonno, dopo dodici ore di viaggio accolgo con sollievo l’arrivo a Colonia. O meglio, a Kerpen, visto che la città dei Magi non la vediamo neanche da lontano. Sfiliamo col pullmann nella cittadina festante, con la gente affacciata agli usci e alle finestre che ci saluta amichevolmente: davvero un’accoglienza inaspettata! Altra sorpresa: una lunga camminata di circa quattro chilometri per raggiungere Marienfeld, il luogo del raduno. Scesi velocemente dal pullmann (“avete cinque minuti”, ci ammonisce l’incaricato al servizio d’ordine), ci si avvia verso il grande spazio che ci ospiterà per le prossime trenta ore insieme ad altri pellegrini: davanti a noi, bavaresi con la loro caratteristica bandiera bianco-azzurra, dietro altri italiani provenienti da Verona con tanto di tamburo e bandiera cittadina. Fra campi e boschi, giungiamo infine alla grande spianata, dove prontamente ci dirigiamo verso il nostro settore, il D3. Piazzati i teloni azzurri impermeabili sul terreno, posiamo gli zaini e ci dedichiamo alle più svariate attività. Il sottoscritto viene reclutato per procacciare il cibo: bisogna essere in sei per avere la “gamella” con il pranzo. Formata quindi la squadra, iniziamo a vagare per il campo a caccia del punto di ristoro e, trovatolo, non possiamo nascondere la delusione per la quantità e la qualità del cibo che ci viene consegnato: la bella ragazza tedesca addetta alla distribuzione viveri ci sorride e si scusa. Scopriremo poi, dai nostri amici che hanno intrepidamente affrontato la settimana a Koeln, che la scarsità di cibo è stato un po’ il leitmotiv di tutto il periodo trascorso in Germania. Tornati al “campo base”, integriamo il pasto con viveri che ci eravamo portati da casa. La sensazione è comunque quella di vivere in un campo profughi, con gente accampata per terra ovunque, e i camion che scaricano i viveri (i nostri “aiuti umanitari”?) per noi ragazzi… Nel primo pomeriggio si và a caccia, stavolta in sette, agli zainetti della GMG, recuperabili solo al Gate4, che si trova a circa 2,2 km da D3 (non è uno scherzo: misurate la distanza su una carta, se l’avete!). Così, dopo circa un’oretta e mezza e altri cinque chilometri nelle gambe riusciamo a rientrare al campo con il nostro trofeo… e qui scopriamo che lo spazio della base si è notevolmente ridotto. Una compagnia di malesi e un reggimento di polacchi si è inserito in mezzo al nostro campo. Poco male, si è qui per stare tutti insieme. E se verso gli orientali ci si limita a qualche sorriso e saluto, con le polacche c’è chi si fa subito avanti… Causa il mio vocabolario d’inglese un po’ ridotto, nonché per ragioni di buon gusto, mi limito a parlar con loro di Vigevano e chiedere qualche informazione di Cracovia, la loro città natale. Quindi, appreso dell’arrivo del gruppo di Don Discacciati, vado a salutare gli amici là presenti: li trovo sfiniti dopo una massacrante camminata di oltre quattro ore, dovuta a disguidi coi mezzi pubblici.
Al mio ritorno, trovo una piacevole visita: S.E. mons. Baggini è venuto a salutarci! Il nostro Pastore si intrattiene con noi, indossa una mano gonfiabile gigante con la quale saluta i pellegrini di ogni dove, si fa fotografare anche insieme ai polacchi nostri vicini, mentre i malesi gli fan festa! E’ un po’ una star fra noi accampati in D3, tanto che una polacca ad un certo punto lo paragona a Karol (Wojtyla)!
Da lì, passo poi alla ricerca di un mio amico, che è venuto con il gruppo del Santuario delle Bozzole: rapido consulto via telefono e scopro che si trova nel settore B19… che bello mi mancavano altri 3km a piedi… Perlomeno il cielo và rasserenandosi, e i nuvoloni carichi di pioggia stanno correndo verso Sud (la Svizzera…), lasciando presagire una notte serena. Raggiungo il mio compagno di università che sono le diciannove passate, e dopo qualche chiacchiera e uno scambio di opinioni, decido di ritornare al mio posto, con lui dietro per recuperare una delle mie bottiglie di acqua minerale: lui ne è rimasto senza. Ma ahimé, pochi minuti dopo (19.30 circa), tutte le strade vengono bloccate. Mi trovo in una posizione scomodissima, pressato da delle (belle) canadesi, alte il doppio di me, che non mi permettono di vedere nulla. Il mio amico, parlando francese, riesce a capire che si aspetta il passaggio del Papa! Mi preparo, tiro fuori il cellulare con la fotocamera, faccio delle prove: alzando il braccio ed inclinando leggermente l’apparecchio, riesco a fotografare la strada altrimenti coperta dalle bionde nordamericane (che ridacchiano delle mie contorsioni…). Inizia un’attesa snervante, controbilanciata dall’emozione di poter vedere, o meglio fotografare, papa Benedetto XVI a pochi metri di distanza! Giungono le 20.00: ancora nulla, nonostante le acclamazioni. Eppure dai maxi schermi si vede la papamobile avanzare fra le folle giubilanti di giovani. Giungono le 20.20, mentre il sole scompare dietro le nuvole basse all’orizzonte, lasciando spazio al cielo stellato: ma come, perché non arriva? Che sia tutta una finta? Alla fine capiamo che il papa è passato da un’altra parte, e che tutti i passaggi sono stati chiusi per ragioni di sicurezza… sicurezza peraltro che durante la permanenza di Sua Santità a Koeln è stata violata otto volte. Si arriva alla fine al campo di noi vigevanesi alle 2030, praticamente all’inizio della Veglia, introdotta dalla benedizione di una grande campana dedicata a Giovanni Paolo II. Và detto che comunque, in tutti i due giorni, di riferimenti al “venerato predecessore” Benedetto XVI ne fa pochi: come ha sottolineato giustamente Messori, il papa tedesco è un papa a tutto tondo, non una imitazione del precedente. Mangio velocemente un paio di (piccanti) wurstel, poi attacco la radiolina per sentire la traduzione della preghiera multilingue. Niente da fare, dapprima non riesco a trovare la frequenza giusta, poi non riesco ad ascoltare, a causa dell’alto volume degli altoparlanti. Anche i “Don” davanti a me pasticciano con le radioline, l’unico a suo agio mi sembra Don Claudio. Mi rassegno a cercare di capire quel che il mio amico poliglotta, Andrea Guarino, mi traduce dalle varie lingue. Stoicamente resisto fino alle 2200 seduto sul materassino, poi il freddo ha la meglio sulle mie membra: già la maggior parte dei pellegrini è dentro il proprio sacco a pelo, a causa della bassa temperatura e dell’umidità sempre più elevata. Così, mentre il Papa parla, sistemo il mio materassino gonfiabile e il sacco a pelo, e mi sdraio, tirandomi sopra la plastica impermeabile per difendermi dall’umido. Dall’Andrea arrivano parole vaghe su quello che Benedetto XVI sta dicendo, solo la parte in italiano è comprensibile. Rilette poi a casa, le sue parole sono bellissime. Innanzitutto viene sottolineato il cammino di fede dei Magi, e la loro sorpresa nel trovare la persona che sono venuti ad adorare: non un potente, ma un semplice bambino nato da poveri genitori. Dio è come non ce lo si aspetta! Quindi Benedetto XVI esorta a donare tutto noi stessi a Dio, è questo il regalo più grande che Gli si possa fare. Ancora, bellissima ed adattissima a noi giovani, l’esortazione a “non costruirci un Dio privato, un Gesù privato”, ma a prostrarci di fronte a quel Gesù che ci viene mostrato dalle Sacre Scritture, che si rivela vivente nella Chiesa.
Peccato che la maggior parte delle parole le venga ad apprendere martedì mattina su Avvenire… Si passa quindi all’Adorazione Eucaristica, che nel mio caso avviene stando sì inginocchiato, ma ben dentro il sacco a pelo. E non sono il solo: decisamente fa troppo freddo! A quel punto crollo addormentato, come gli apostoli nell’Orto dei Getsemani. Quando mi risveglio verso Mezzanotte passata, non c’è però il Signore a rimproverarmi della debolezza della mia carne, ma solo l’Andrea Guarino che mi narra quel che è successo (in realtà ben poco) dopo che sono crollato nelle braccia di Morfeo. A mia discolpa, non per apparire migliore dei santi Apostoli (ci mancherebbe altro!), va sottolineato che una notte sveglio in pullmann, la camminata fino a Marienfeld e il freddo possono in parte giustificare la mia debolezza…
Inizia così la mia prima notte all’aperto: non avevo mai dormito sotto la volta stellata. Mi calo il cappello del pellegrino, oggetto del desiderio di molti ragazzi stranieri, sulla testa, mi assicuro di avere il telo di plastica ben posizionato, e riprovo a riaddormentarmi. In lontananza sento suoni di tamburi e canzoni tribali: tribù di Maori o i “crucchi” si sono messi a ballare? La notte passa più velocemente di quel che osavo sperare, anche se circa ogni ora mi sveglio per rigirami, sempre accompagnato dal suono dei tamburi.. “se li piglio!” penso fra me e me…(scoprirò poi che erano i Neocatecumenali a fare le presunte danze tribali…). Alle 0500 vengo svegliato da acclamazioni al papa, mentre il cielo comincia a rischiararsi: torno comunque a riaddormentarmi per svegliarmi definitivamente alle 0630, quando vedo che già qualcuno è in piedi. Lasciando ogni speranza di tornare a riposare, mi alzo anch’io, avvolto dalla bruma mattutina tipica delle terre tedesche. L’umidità notturna è filtrata ovunque, anche il sacco a pelo è bagnato all’esterno: meno male che ho avuto la bella pensata di mettermi il cappello in testa! Vado a lavarmi, e nonostante l’ora c’è già un po’ di coda… nulla rispetto alle file e file che seguiranno nelle ore successive! Recito le Lodi Mattutine da solo, visto che la maggior parte dei miei amici sta ancora sonnecchiando. Quindi decido di tentare di avvicinarmi alla collinetta che fa da altare a Marienfeld. Mentre i “don” si mettono in fila per poter concelebrare la S. Messa, mi avvio di buon passo fra i giovani che si risvegliano, chiedendo sempre, a coloro che sono già in piedi, da dove vengano, additando la bandiera che portano, qualora non la riconosca. Tuttavia, come la sera innanzi, anche domenica mattina le strade vengono bloccate, almeno davanti al palco, così che non mi resta che tornare mestamente indietro. Sono ormai le 0800, e tutti sono più o meno svegli: tornando in D3 supero le file di gente che deve andare a lavarsi. Decisamente l’immagine di “campo profughi” che scherzosamente avevamo affibbiato a Marienfeld il pomeriggio precedente è più che adatta… La stanchezza comunque attanaglia ancora le mie membra, e così, quando tre miei colleghi di pellegrinaggio mi chiedono di guidarli fino al Gate4 a ritirare gli zainetti (gli stessi che provvidenzialmente avevo preso sabato pomeriggio), mi limito a guidarli per un terzo del percorso (circa in chilometro ad andare…), troppo stanco per fare altro. E’ la mia fortuna: quei tre torneranno dopo le 1000, avendo dovuto recarsi dal Gate4 al Gate8, cioè attraversare più volte tutta la spianata, per trovare gli zainetti, esauriti al primo Infopoint… In ogni caso torno a D3 verso le 0930, mentre il papa fa il suo ingresso, in ritardo, a Marienfeld. Solo il giorno dopo scoprii che tale ritardo era dovuto al ritrovamento di un pacco-bomba sulla strada del pontefice…
Comincia la S. Messa, con le letture nelle varie lingue. Rinuncio a priori a seguire con la radiolina. Il Vangelo è quello dell’Adorazione dei Magi. Significativamente viene poi ripetuta la frase “per un’altra strada fecero ritorno verso il loro paese”. Ovvero, anche noi giovani, venuti a Koeln, dobbiamo tornare alle nostre case cambiati, seguendo un’altra via, quella del Signore. L’omelia è ancora multilingue. Dopo un breve ringraziamento ai giovani giunti a Marienfeld, e un benvenuto ai non-credenti comunque giunti a Koeln su invito di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI si lancia nella più squisita e pura teologia, ricordandoci il gesto di amore di Cristo che si offre per noi. Dalla sua morte nasce per noi la speranza di vita eterna. Ancora, Cristo, offrendosi come pane e vino, suo Corpo e suo Sangue, ci permette di diventare una cosa sola con Lui. L’Eucarestia deve quindi diventare il centro della nostra vita, non solo un passatempo domenicale, la si deve cercare e far conoscere. Chi scopre Cristo deve portare altri verso di lui. In un mondo che sempre più dimentica Dio, spetta a noi giovani ricordarci di Lui, di riportarlo “alla ribalta”, per dar senso alla vita. E conclude esortando: “io so che voi giovani aspirate a cose grandi, che volete impegnarvi per un mondo migliore. Dimostratelo agli uomini., dimostratelo al mondo”. Un’omelia quindi incentrata sull’Eucarestia, che non smentisce l’immagine di questo papa teologo e catechista, che ha voluto fare del Catechismo un best-seller in vendita in ogni libreria, oltre che affidato ad ogni pellegrino.
Seguono quindi il Rito Eucaristico, e la Comunione. Per riceverla, ci si deve spostare sulle “strade” che tagliano Marienfeld per trovare i sacerdoti che la distribuiscono, seguiti da un chierichetto con un ombrello giallo: aperto, se ci sono ancora ostie nella pisside, chiuso se “esaurite”. Al seguito degli altri vigevanesi, orfani di Don Paolo Scevola e di Don Claudio, che stanno concelebrando, ci avviamo a “caccia” di un sacerdote, ma l’unico che scorgiamo è assediato da pellegrini. Mi separo dagli altri, e vedo venire verso di me un altro prelato. Indico la pisside, incapace di proferire parola, lui intuisce, si ferma, e mi porge l’Ostia Consacrata.
A proposito, va detto che anche in questa fase della GMG, non tutto è andato bene: mentre alcuni sacerdoti sono riusciti a tornare in Sacrestia (una grande tenda bianca…) solo a messa conclusa, altri invece non hanno potuto fare nulla… è stato il caso del nostro Don Claudio, che si è visto consegnare la pisside, ma, arrivato al luogo prefissato, apertala, ha scoperto che dentro di essa non avevano messo le ostie consacrate…
La S. Messa si avvia alla conclusione. Papa Benedetto XVI nell’Angelus ringrazia tutti i presenti, chiamando i vari gruppi di giovani nella propria lingua (e ogni etnia risponde con grandi applausi quando viene chiamata in causa…), saluta Koeln, e parte, mentre, in varie lingue, viene intonato il bellissimo canto “resta qui con noi”, scritto proprio per la prima GMG. E’ mezzogiorno passato, è tutto finito. La sensazione di vuoto mi prende il cuore, come se un momento irripetibile della mia vita sia giunto alla conclusione.
Lentamente ci si prepara a partire, ad abbandonare Marienfeld. Per quanto riguarda il nostro gruppo, il VG3, decidiamo di mangiare qualcosa prima di partire, onde evitare la ressa dell’uscita. Tramite cellulari apprendiamo nel frattempo che gli altri nostri compagni sono già partiti. Verso le 1400, dopo aver salutato i malesi e i polacchi (e, con maggior dispiacere, le polacche…), anche noi ci avviamo, zaini in spalla. E’ quasi con tristezza che mi allontano dal campo: veramente mi sembra di lasciare qualcosa di me in questa spianata. Ma il cielo plumbeo è quasi da monito: meglio muoversi, prima di prendere l’acqua finora miracolosamente evitata. Gravato di ben tre zaini, i due coi quali ero arrivato, più quello della GMG presa al Gate4 sabato pomeriggio, seguo gli altri: si deve raggiungere il parcheggio K4. E qui cominciano i problemi: dove si trova il parcheggio? Prima veniamo indirizzati alla Gate4, ma qui il personale di sicurezza ci dirotta al Gate5, dal quale peraltro non si può passare, in quanto è l’uscita riservata alle ambulanze. Si riparte allora per il Gate6, dove finalmente troviamo dei cartelli che indicano il K4, che starà probabilmente per “Kerpen4”. Insieme a dei belgi di Bruxelles, riusciamo ad uscire da Marienfeld, inoltrandoci per i sentieri e per i campi. Verso le 1530, passato un boschetto e superata l’autostrada su un cavalcavia, entriamo finalmente nell’abitato di Kerpen, dove gli abitanti ci attendono con bottiglie d’acqua e frutta fresca già tagliata: veramente un bel gesto, tanto più gradito dopo la marcia di un’ora e mezza. Si sfila quindi nelle vie cantando, guidati da Don Claudio, ora cori alpini, ora canzoni popolari, mentre i paesani ci salutano, ci riprendono con le videocamere o si uniscono a noi a cantare “o Sole Mio”. Verso le 1600 finalmente troviamo il nostro pullmann, parcheggiato dietro il municipio di Kerpen. Lasciati gli zaini, per ingannare il tempo in attesa di otto Scout comaschi, ai quali daremo un passaggio per il ritorno, alcuni intrepidi, fra i quali ovviamente il sottoscritto, si dirigono in una birreria, giusto per gustare la bevanda tipica tedesca. Sono le 1700 quando il nostro sparuto gruppo sale sul pullmann cantando a squarciagola “Và Pensiero”. Il sottoscritto, sempre in prima fila insieme a Don Claudio quando c’era da cantare (i cori alpini li intonavo io…), nega comunque fermamente di essersi ubriacato in birreria, in quanto non bastano tre sole birre a farlo uscire di testa…
Si riparte quindi alla volta dell’Italia. Scacciato ormai il clima di apprensione che avevo a Marienfeld, complice anche forse alla birra, il viaggio di ritorno scorre velocemente fra le chiacchiere con Don Claudio e Don Luca, mentre i tromellesi offrono un graditissimo aperitivo a base del classico pane e salamino (bravissimi!). Si scende sulla riva sinistra del Reno, e dal pullmann sfilano le guglie delle cattedrali romaniche di Worms prima, di Spira poi. Alle 2000 ci si ferma a cenare nei pressi del circuito di F1 di Hockenheim: finalmente un BurgerKing, un po’ di mangiare “decente” dopo l’indefinibile cibo che i tedeschi ci hanno rifilato a Marienfeld. Intanto, via SMS, apprendiamo che gli altri vigevanesi alle 1830 erano ancora in giro a camminare per guadagnare il proprio pullmann… decisamente non sono stati fortunati con gli spostamenti per e da Marienfeld!
Desinato insieme a dei pellegrini di Senigallia, si riparte alla volta dell’Italia, sotto una pioggerellina insistente che ci accompagnerà fino al S. Gottardo. Solo il giorno dopo scoprirò che la “pioggerellina” stava allagando e sommergendo Svizzera e Baviera…
Dopo una folle discesa dal S. Gottardo a 100km/h sul bagnato (ma era necessario correre così?) alle 0430 si arriva a Como, dove lasciamo gli scout, quindi alle 0510 siamo a Gaggiano, dove scendono i nostri compagni di pellegrinaggio della Diocesi di Milano, e infine, alle 0540 è il turno di noi vigevanesi lasciare definitivamente il pullmann, e salutarci.
Concludo segnalando quelle che a mio parere sono state le luci e le ombre di questa GMG.
Innanzitutto devo dire che l’esperienza è stata bellissima, forse la più bella della mia vita. E se questa sensazione è venuta in seguito al mio rientro, va anche detto che è tipico delle grandi gioie la lenta presa di coscienza di esse. Non voglio, poiché incapace, dilungarmi a descrivere il perché di questa felicità. Bisogna provarla, non c’è altra via.
Esperienza bellissima, dicevo, ma qui si annida la prima ombra. L’essere a Marienfeld è stata più un esperienza sul piano sociale che spirituale. Le omelie di papa Benedetto le ho apprese in pieno solo a casa, da Avvenire, mentre alla veglia sono crollato addormentato nel finale. Un po’ per i vincoli della lingua, un po’ per la grande stanchezza accumulata in questo “tuor-de-force”. Bellissimo vedere tanti giovani miei coetanei uniti a me nelle stesse convinzioni, ma è proprio questo il punto di forza della GMG. Purtroppo il lato spirituale finisce per essere messo in ombra. Ed è un peccato, perché l’omelia del nostro Papa meritava una profonda riflessione, impossibile da fare nel contesto nel quale si svolgono queste giornate.
Ancora, tralasciando la disastrosa organizzazione tedesca, già tanto (giustamente) criticata su tutte le testate nazionali ed internazionali, vorrei anche puntare il dito sull’irragionevole scelta della data. Ero stato a Koeln/Colonia nella caldissimo luglio del 2003, e già all’epoca, nonostante di giorno si superassero i trenta gradi, la sera si usciva in felpa. Non credo ci volesse tanto ad intuire che fare la GMG a fine agosto si era, se non a rischio di pioggia, quantomeno di freddo e broncopolmoniti. Le ambulanze sono andate in giro per il campo tutto il tempo a portar via gente colpita da malore… Speriamo solo che a Sidney pensino bene di farlo nel periodo invernale, che nell’emisfero australe corrisponde all’estivo: decisamente fare la GMG 2008 in agosto non mi sembra proprio il periodo più indicato…
In ultimo, noi siamo stati fortunati all’uscita dalla spianata, ma a Marienfeld ancora lunedì mattina c’erano oltre duemila ragazzi accampati… e non si erano fermati certo per nostalgia della notte di veglia!
Positiva invece la scenografia, bellissimi i canti, menzione d’onore al bravissimo pianista che introduceva gl’inni sacri. Per tutta il tempo trascorso a Marienfeld c’era sempre un intrattenimento audiovisivo, nei momenti in cui non si pregava.
In generale comunque l’esperienza è stata fantastica, e ahimè, come tutte le cose stupende, irripetibile nella sua singolare bellezza. La coscienza di tutto ciò che ho vissuto l’ho appunto appresa appieno solo arrivato a casa.
Non voglio scadere nella retorica, che sminuirebbe solo il messaggio del Sommo Pontefice. Ma veramente come i Magi siamo partiti col nostro cuore verso l’ignoto. Abbiamo incontrato il Signore. E il nostro cuore è tornato per un’altra via.
Gabriele AV B. (cioè io...)
Beh che dire, Vaina, mi hai tenuto incollato dalla prima all'ultima riga... Bellissimo resoconto. ^_^
Certo che mi stai facendo venir voglia di Sidney...