È diventato un caso letterario di portata mondiale il “blocco dello scrittore” di cui sta soffrendo George R.R. Martin, fermo alla pubblicazione del quinto libro della saga risalente ormai al 2011, lo stesso a cui era fermo nel momento traumatico per i suoi fan in cui è avvenuto il sorpasso della serie televisiva. La serie televisiva nata dai libri di Martin, a cui lo stesso autore ha collaborato nella sceneggiatura, ha infranto molti record della storia dello spettacolo, ed è sulla bocca di tutti da dieci anni a questa parte; questa grande attenzione mediatica ha fatto sì che il blocco dello scrittore di Martin diventasse il più visibile della storia recente. Le dichiarazioni di Martin, inoltre, soprattutto nei primi anni successivi alla pubblicazione del quinto libro, hanno illuso i lettori per molto tempo che la pubblicazione di The Winds of Winter fosse ormai prossima, contribuendo a creare scandalo attorno a quello che ormai da molto tempo non si può più definire un semplice ritardo. Bisogna precisare, però, come non si tratti di un blocco generale di cui soffre Martin, che sta continuando a pubblicare libri e contribuire a sceneggiature; il blocco si circoscrive alla saga che lo ha reso celebre. (perché? Non è un blocco artistico completo).
Questa analisi sul blocco capitato a Martin esula completamente da tutte le motivazioni che non hanno a che fare con gli aspetti testuali o con questioni puramente letterarie; il ritardo da parte di Martin è in gran parte dovuto all’enorme successo da lui conosciuto solo in tarda età, che lo ha portato a doversi occupare tra le altre cose della sceneggiatura della serie televisiva, il tramite attraverso cui, con tutti i suoi difetti, l’opera di Martin è divenuta di fama mondiale, e allo stesso tempo ha dovuto dedicarsi ad altri progetti, molti legati al mondo della Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, senza però offrire un contributo allo sviluppo della trama originaria.
In questa situazione paradossale, non solo l’autore sa il finale, lo sanno tutti; eppure, l’autore non riesce a decidersi sul procedere della narrazione. Il caso di Martin è un unicum storico non per il suo blocco dello scrittore, ma per un blocco avvenuto quando c’è persino una traccia da seguire, e la storia è stata trasmessa in un’altra forma artistica. Per questo il blocco dello scrittore deve essere imputato, oltre a circostanze esterne, a certe caratteristiche della scrittura di Martin.
Senza entrare in dettagli troppo specifici relativi alla trama e alle tecniche narrative di grande successo dell’autore, Martin si è dimostrato un assoluto maestro nella tecnica dell’entrelacement e uno stile quasi ariostesco. In ACOK e ASOS, i boschi delle Terre dei Fiumi ricordano chiaramente quelli di Ariosto e Boiardo per lo smarrimento spirituale e fisico che vivono i personaggi e l’intrecciarsi spesso inconsapevole delle loro vicende.
Sembra facile attribuire il principale ritardo di produzione di Martin a una semplice perdita di orientamento nel labirinto da lui stesso creato; l’intreccio potrebbe essere impossibile da sciogliere, a questo punto, per diverse ragioni, quali i numerosi impegni che Martin si è preso nei confronti di svariati personaggi (Daenerys che per andare a Ovest deve prima andare a Est, le intricatissime situazioni di Dorne e della Valle di Arryn). Di solito quindi si attribuisce la difficoltà di Martin a una dilatazione e dispersione spaziale della vicenda. A mio parere, se davvero il problema fosse questo, non sarebbe così difficile da risolvere.
Provando ad analizzare la questione letteraria da un punto di vista diverso e meno semplicistico, ho notato che all’interno del filone principale della narrazione martiniana si sviluppano due sotto-narrazioni che emergono costantemente, a cui l’autore evidentemente tiene particolarmente: il passato e gli universi alternativi.
In questi libri come in pochi altri il passato ha una forte influenza sul presente – nonostante ci venga rivelato solo gradualmente - come lo stesso Tyrion ci fa notare (cit.).
It all goes back and back – Tyrion thought – to our mothers and fathers and theirs before them. We are puppets dancing on the strings of those who came before us, and one day our own children will take up our strings and dance in our steads. (ASOS p.969).
Il pensiero di Tyrion sembra riassumere la filosofia martiniana, per cui il passato ha un’incalcolabile influenza nel suo mondo, e di conseguenza grande spazio nella trama principale.
L’ossessione storicistica di Martin è visibile nella produzione massiccia a cui si sta dedicando riguardo agli avvenimenti precedenti cronologicamente alla saga; la sua focalizzazione sul passato ha fatto sì che Martin arrivasse a formulare storie e personaggi molto definiti e a sé stanti, con una loro personalità e un loro background, seppur lontani dal filone originario della storia.
La graduale rivelazione del passato, decisiva per una migliore comprensione del presente, ammalia senza dubbio il lettore; nonostante questo fiorire di sotto-trame e di intrecci antecedenti alla storia complichi ulteriormente l’universo martiniano, aggiungendo carne al fuoco e rendendo difficile mantenere il puzzle coerente, per lo meno l’autore sembra avere le idee chiare su come, quando e perché certi eventi passati siano rilevanti all’interno del filone principale.
L’idea cui sono giunto è dunque quella che il primo tipo di sotto-narrazione sia sicuramente una dissuasione dal perseguire la strada che porta alla conclusione, ma sia una distrazione oltre che completamente funzionale, tutto sommato gestibile.
Il discorso è diverso per le numerose alternative rispetto alla trama che Martin ci presenta all’interno della stessa narrazione.
Leggendo, infatti, ci si confronta con realtà alternative rispetto a quella che è o sarà la storia. Il problema è che queste possibilità sono altrettanto belle e strutturate, dotate di una loro autonoma forza narrativa.
Da qui la mia idea che l’autore non abbia, abbastanza semplicemente, il coraggio di prendere una decisione; Martin sta facendo fanta-politica (non a caso forse come traduttore italiano è stato scelto uno dei grandi maestri di fanta-politica in Italia, il compianto Altieri) con il suo stesso mondo fantastico, e non riesce più ad uscire da questo circolo vizioso, da queste possibilità che si escludono a vicenda ma che lui vuole mettere in scena a tutti i costi. Questa tendenza emerge spessissimo nei libri e rende partecipi i lettori; i libri di Martin si prestano come nessun altro a riflessioni fanta-politiche, ogni volta che lo rileggo (e capita molto spesso) mi capita di chiedermi in varie situazioni: what if?
Ed è sempre un what if diverso; talvolta, sono gli stessi personaggi ad enunciare possibilità diverse.
È su questo nodo che sorgono le enormi difficoltà di Martin.
L’aumento progressivo di personaggi aumenta a sua volta la difficoltà di compiere scelte definitive a livello di trama, quindi la tendenza di Martin diventa sempre più ingestibile man mano che i personaggi si moltiplicano e si spargono sulla mappa, strizzando l’occhio a migliaia di altri universi possibili.
I personaggi da uccidere, per ora, sono finiti. Grazie alla serie televisiva sappiamo che, più o meno, gli ultimi sopravvissuti hanno tutti un ruolo fondamentale nella parte finale della storia. La morte improvvisa dei protagonisti, specialità della narrazione martiniana, era anche il modo in cui lo scrittore troncava sul nascere i mondi possibili; tra gli esempi più emblematici ci sono Robb Stark e Oberyn Martell.
Quasi un intero capitolo di ASOS viene dedicato, con minuzia di dettagli, al piano di Robb per riconquistare il Moat Cailin; la narrazione di questa battaglia è già gloriosa, il piano viene spiegato in tutte le sue sfaccettature, vengono sollevati dubbi e contro-proposte, ma l’evento in sé non succederà mai. Nonostante ciò, questo è uno dei miei capitoli preferiti, e la narrazione di un fatto non avvenuto è comunque parte della storia.
Grazie a queste digressioni il lettore è portato a figurarsi scenari in cui, per esempio, non ci sono state le Nozze Rosse e Robb si lancia alla riconquista del Nord, con probabile successivo conflitto con Bruti ed Estranei. Evidentemente, lo stesso Martin aveva a cuore questa evoluzione della storia messa da parte per esigenze di trama.
Un discorso simile può essere fatto per il dialogo tra Oberyn Martell e Tyrion proprio prima del duello con Gregor Clegane; rileggendo quella parte, infatti, il lettore è portato ad immaginarsi un universo alternativo in cui la Vipera Rossa vince il duello con la Montagna, Tyrion si rifugia a Dorne ed insieme i due fomentano una ribellione incoronando Myrcella, favorendo paradossalmente i diritti di Cersei su Castel Granito. Sono scenari troppo affascinanti e stuzzicanti perché Martin, una volta immaginati, non li scrivesse. L’autore si era immaginato qualcosa che poi non ha fatto succedere, ma a cui era troppo affezionato per rinunciare. Martin fa uscire in questo modo i personaggi dai limiti della loro vicenda, rendendoli non solo narrativamente dinamici, ma immortali.
In queste digressioni tutto sommato inutili, Martin ripone una forza narrativa tale che l’universo parallelo prende corpo; questi universi paralleli e questa capacità di spaziare nella narrazione, di renderla frizzante, hanno fatto la fortuna della saga di Martin, ma arrivati a questo punto gli si stanno ritorcendo contro; ed è chiaro che lo scrittore non ha, per quanto ne dica, una sola storia in mente. Non ha una solo un paio di storie in mente, ne ha migliaia.
La percentuale di queste “storie nelle storia” scema negli ultimi due libri, sia nella quantità che nella qualità, non a caso gli ultimi due libri sono generalmente riconosciuti inferiori per ritmo narrativo e coerenza della trama.
Martin si è forse accorto, dunque, che la tendenza ad indagare il passato e futuri alternativi a quelli che ha veramente intenzione di creare, vanno a discapito dell’avvicinamento alla conclusione. Ma ancora fa troppa fatica staccarsene. Il momento in cui è iniziato il blocco è stato quello in cui Martin ha capito che doveva smettere di dare spazio a tutte queste digressioni, perché lo ha portato ad una cronica indecisione su quale strada prendere, su quale narrazione merita spazio e quale no, oltre a privarlo di una fondamentale risorsa del suo stile.
Proprio nell’epilogo dell’ultimo libro, attraverso i pensieri di Kevan Lannister, che aveva appena finito una di quelle riflessioni fanta-politiche che piacciono tanto a Martin, consistente in un passato parallelo in cui Rhaegar Targaryen si sposava con Cersei Lannister invece che con Elia Martell, leggiamo questa frase: But it did no good to brood on lost battles and roads not taken. That was a vice of old done man.
L'autore sta forse dando un avvertimento a sé stesso qui? Martin è di certo old. Vuole avvisare il lettore che ci sarà un cambio di marcia? Questo continuo ragionare su universi paralleli è stata per molti versi la fortuna del libro, ma potrebbe anche portarlo alla follia.
Per quale scopo Martin lo fa? Gusto narrativo o esibizione di altre storie che aveva in mente? In altre parole, lo fa per sé stesso, perché non vuole rassegnarsi ad abbandonare un’idea, o lo fa per i lettori e per un fine esclusivamente narrativo? La chiave sta nella risposta a questo quesito, e credo che la risposta sia in una vera e propria necessità da parte di Martin. Se non riuscirà ad andare oltre, il libro non finirà mai, ma questo potrebbe aggiungere fascino a questo universo talmente intricato, fluido, che talmente bene si presta a divagazioni e costituzioni di trame parallele, da voler continuamente rimandare l’appuntamento con la fissità che inevitabilmente l’inchiostro sulla carta conferisce.
Bella riflessione.
Una precisazione: il caso di GOT e ASOIAF non è un unicum. In precedenza c'era stato quello del manga Fullmetal Alchemist e del suo primo adattamento televisivo.
Un'aggiunta: a rendere complessa ASOIAF è anche il frequente rimando simbolico a elementi storici e mitologici del mondo reale, oltre a numerose citazioni letterarie.
Vogliamo una società socialista che corrisponda alle condizioni del nostro paese, che rispetti tutte le libertà sancite dalla Costituzione, che sia fondata su una pluralità di partiti, sul concorso di diverse forze sociali. Una società che rispetti tutte le libertà, meno una: quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani, perché questa libertà tutte le altre distrugge e rende vane.
Enrico Berlinguer
What is honor compared to a woman's love? What is duty against the feel of a newborn son in your arms… or the memory of a brother's smile? Wind and words. Wind and words. We are only human, and the gods have fashioned us for love. That is our great glory, and our great tragedy.
George R. R. Martin (A Game of Thrones)
The measure of a life is a measure of love and respect,
So hard to earn, so easily burned
In the fullness of time,
A garden to nurture and protect
It's a measure of a life
The treasure of a life is a measure of love and respect,
The way you live, the gifts that you give
In the fullness of time,
It's the only return that you expect
Neil Peart (The Garden)
Ernest Hemingway once wrote, ‘The world is a fine place, and worth fighting for.’ I agree with the second part.
Andrew Kevin Walker (Seven)
In this game that we’re playing, we can’t win. Some kinds of failure are better than other kinds, that’s all.
George Orwell (Nineteen Eighty-Four)
il ritardo da parte di Martin è in gran parte dovuto all’enorme successo da lui conosciuto solo in tarda età, che lo ha portato a doversi occupare tra le altre cose della sceneggiatura della serie televisiva, il tramite attraverso cui, con tutti i suoi difetti, l’opera di Martin è divenuta di fama mondiale, e allo stesso tempo ha dovuto dedicarsi ad altri progetti, molti legati al mondo della Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, senza però offrire un contributo allo sviluppo della trama originaria.
Questo è incorretto. Martin è diventato autore di fama mondiale (letteralmente il #1 New York Times Best Selling Author, scritta che campeggia in bella mostra sull'edizione americana dei libri) al più tardi all'inizio degli anni duemila, in pieno boom internet ("il Tolkien americano, il Tolkien americano !"), questo stesso forum ne è la banale dimostrazione, con la pubblicazione di AGOT, ACOK e ASOS, tutti tradotti in pressapoco tutte le lingue del mondo (quindi autore di fama non solo nel mondo anglofono). Se un decennio dopo questi fatti è stata girata GOT è proprio per l'enorme successo pre-GOT di ASOIAF, non viceversa (e se GOT, "con tutti i suoi difetti", è stata un successo, in primo luogo è proprio per la qualità di ASOIAF, tant'è che le stagioni post sorpasso sono pacificamente considerate le peggiori).
Al più si può dire che GOT ha contribuito a mantenere ASOIAF sulla cresta dell'onda anche a distanza di tanti anni nonostante i citati tempi biblici ma la generazione di nuovi lettori che si sono avvicinati ad ASOIAF partendo da GOT (e non viceversa) è solo una parte del totale, e soprattutto, ragionando a spanne, non è che la terza generazione di fan di ASOIAF, la prima essendo quella dei contemporanei alla stesura dell'opera durante gli anni novanta&duemila (di cui, ripeto, questo stesso forum è la prova), la seconda essendo quella arrivata in virtù del successo pre-GOT di ASOIAF tra anni duemila&duemiladieci (di cui io stesso faccio parte, per dire), e la terza essendo quella dell'era GOT, ossia anni duemiladieci&duemilaventi.
Sembra facile attribuire il principale ritardo di produzione di Martin a una semplice perdita di orientamento nel labirinto da lui stesso creato; l’intreccio potrebbe essere impossibile da sciogliere, a questo punto, per diverse ragioni, quali i numerosi impegni che Martin si è preso nei confronti di svariati personaggi (Daenerys che per andare a Ovest deve prima andare a Est, le intricatissime situazioni di Dorne e della Valle di Arryn). Di solito quindi si attribuisce la difficoltà di Martin a una dilatazione e dispersione spaziale della vicenda. A mio parere, se davvero il problema fosse questo, non sarebbe così difficile da risolvere.
La percentuale di queste “storie nelle storia” scema negli ultimi due libri, sia nella quantità che nella qualità, non a caso gli ultimi due libri sono generalmente riconosciuti inferiori per ritmo narrativo e coerenza della trama.
Anticipo questa parte per questioni di coerenza sistematica nella mia risposta.
E la mia risposta è .... parla per te oh !
Il fatto che siano inferiori per ritmo e coerenza è una opinione del tutto legittima, ma proprio per questo del tutto opinabile. Io per esempio trovo che molti dei pov di ADWD siano tra le più alte vette artistiche e narrative mai raggiunte da Martin in asoiaf. E a ogni rilettura, cioè man mano che è scemato l'effetto sopresa e aspettativa, ho apprezzato sempre di più il ritmo narrativo e la coerenza della trama.
La graduale rivelazione del passato, decisiva per una migliore comprensione del presente, ammalia senza dubbio il lettore; nonostante questo fiorire di sotto-trame e di intrecci antecedenti alla storia complichi ulteriormente l’universo martiniano, aggiungendo carne al fuoco e rendendo difficile mantenere il puzzle coerente, per lo meno l’autore sembra avere le idee chiare su come, quando e perché certi eventi passati siano rilevanti all’interno del filone principale.
L’idea cui sono giunto è dunque quella che il primo tipo di sotto-narrazione sia sicuramente una dissuasione dal perseguire la strada che porta alla conclusione, ma sia una distrazione oltre che completamente funzionale, tutto sommato gestibile.
La morte improvvisa dei protagonisti, specialità della narrazione martiniana, era anche il modo in cui lo scrittore troncava sul nascere i mondi possibili; tra gli esempi più emblematici ci sono Robb Stark e Oberyn Martell.
Quasi un intero capitolo di ASOS viene dedicato, con minuzia di dettagli, al piano di Robb per riconquistare il Moat Cailin; la narrazione di questa battaglia è già gloriosa, il piano viene spiegato in tutte le sue sfaccettature, vengono sollevati dubbi e contro-proposte, ma l’evento in sé non succederà mai. Nonostante ciò, questo è uno dei miei capitoli preferiti, e la narrazione di un fatto non avvenuto è comunque parte della storia. (...)
Un discorso simile può essere fatto per il dialogo tra Oberyn Martell e Tyrion (...)
In queste digressioni tutto sommato inutili, Martin ripone una forza narrativa tale che l’universo parallelo prende corpo; questi universi paralleli e questa capacità di spaziare nella narrazione, di renderla frizzante, hanno fatto la fortuna della saga di Martin, ma arrivati a questo punto gli si stanno ritorcendo contro; ed è chiaro che lo scrittore non ha, per quanto ne dica, una sola storia in mente. Non ha una solo un paio di storie in mente, ne ha migliaia.
Proprio nell’epilogo dell’ultimo libro, attraverso i pensieri di Kevan Lannister, che aveva appena finito una di quelle riflessioni fanta-politiche che piacciono tanto a Martin, consistente in un passato parallelo in cui Rhaegar Targaryen si sposava con Cersei Lannister invece che con Elia Martell, leggiamo questa frase: But it did no good to brood on lost battles and roads not taken. That was a vice of old done man.
L'autore sta forse dando un avvertimento a sé stesso qui? Martin è di certo old. Vuole avvisare il lettore che ci sarà un cambio di marcia? Questo continuo ragionare su universi paralleli è stata per molti versi la fortuna del libro, ma potrebbe anche portarlo alla follia.
No, no. Martin sta scrivendo il pov di un vecchio. I vecchi non fanno altro che broodare on lost battles and roads not taken. Allora Martin, da bravo scrittore, scrive il pov di un vecchio che pensa continuamente a vecchie strade e battaglie
"It may be a reflection on human nature, that such devices should be necessary to control the abuses of government. But what is government itself, but the greatest of all reflections on human nature? If men were angels, no government would be necessary. If angels were to govern men, neither external nor internal controls on government would be necessary. In framing a government which is to be administered by men over men, the great difficulty lies in this: you must first enable the government to control the governed; and in the next place oblige it to control itself".
Federalist No. 51, The Structure of the Government Must Furnish the Proper Checks and Balances Between the Different Departments, in The Federalist Papers, a collection of essays written in favour of the new Constitution as agreed upon by the Federal Convention, September 17, 1787
Alexander Hamilton, James Madison, John Jay
Grazie mille per le risposte! Il proposito della discussione sarebbe un confronto sulle ragioni "letterarie" e stilistiche - prettamente inerenti alle Cronache - del ritardo di Martin, che per quanto non sia il primo della sua carriera non ha paragoni con il passato (sono ormai 12 anni). Ovviamente Martin è sempre più distratto da altri impegni e progetti, ma mi interessava sapere se secondo voi ci fossero dei problemi strutturali all'interno della storia che gli impediscono di proseguire e quali fossero i nodi narrativi che non riesce a sciogliere. Come detto, la situazione è paradossale rispetto ad altri blocchi, perchè una traccia da seguire la avrebbe (il finale della serie). Il problema starebbe nel decidere quanto e cosa cambiare rispetto al finale già esistente, ma non si tratta di dubbi che giustificano 12 anni di riflessioni.
La risposta che mi sono dato io è che la sua passione per la digressione lo abbia portato all'interno di un groviglio in cui non sa più decidere cosa tenere come semplice digressione e cosa rendere effettivo avanzamento della trama, visto che tempo per digressioni ce ne sarà sempre meno (per quanto io sia perfettamente d'accordo che queste digressioni siano l'essenza della storia e il bello di ASOIAF).
Inoltre, possibile Martin sia riluttante ad utilizzare alcune delle soluzioni drastiche proposte dalla serie per liberarsi di molti personaggi e trame secondarie? VD. Tempio di Baelor e altofuoco.
Il colpo di scena di questo tipo è il marchio di fabbrica martiniano, ma ora che ci penso l'altro episodio-strage che avrebbe potuto aiutarlo a liberarsi di molti personaggi, Le Nozze Rosse, è stata in realtà una finta strage. Alla fine è praticamente il solo Robb Stark a morire, con tutto l'esercito del Nord. Per il resto abbiamo il Grande Jon in prigione, Maege Mormont e Galbart Glover che risalgono l'Incollatura, la moglie di Robb viva e incinta, Catelyn Stark che addirittura resuscita e si mette a capo della confraternita (non a caso trama completamentre scartata dalla serie, in cui c'era necessità di andare avanti). Tutti personaggi di cui dovrà occuparsi più o meno individualmente. Martin ha trasformato un episodio potenzialmente risolutivo in un disseminarsi di sotto-trame, possibile che quella di Martin (nel caso di ASOIAF) sia proprio incpacità di prendere decisioni e abbandonare certe strade? Tralasciando il suo gusto per il colpo di scena come per la morte di Eddard.
Mi rendo conto di essermi un po' ripetuto ma volevo cercare di chiarire il senso della discussione. Grazie ancora!
Oz Stark ha scritto:Ovviamente Martin è sempre più distratto da altri impegni e progetti, ma mi interessava sapere se secondo voi ci fossero dei problemi strutturali all'interno della storia che gli impediscono di proseguire e quali fossero i nodi narrativi che non riesce a sciogliere. Come detto, la situazione è paradossale rispetto ad altri blocchi, perchè una traccia da seguire la avrebbe (il finale della serie). Il problema starebbe nel decidere quanto e cosa cambiare rispetto al finale già esistente, ma non si tratta di dubbi che giustificano 12 anni di riflessioni.
Non credo che la traccia della serie possa essere di aiuto. Se pensiamo al numero di personaggi e casate di Westeros (con tutti i loro complessi equilibri), è impensabile che nei libri ci sia Spoiler Got
Inoltre nei libri ci sono da gestire troppe cose che la serie ha tagliato senza porsi il problema delle conseguenze o della coerenza della storia. Se Martin non ha voluto fare tagli netti come la serie, forse è perché si rende conto che la storia sarebbe di gran lunga peggiore. Secondo me comunque lo mette in crisi la parte magica della trama che ora dovrebbe diventare sempre più importante (e che la serie ha tagliato, quindi non è un problema che D&D hanno dovuto gestire).
Condivido un video sull'argomento.
Vogliamo una società socialista che corrisponda alle condizioni del nostro paese, che rispetti tutte le libertà sancite dalla Costituzione, che sia fondata su una pluralità di partiti, sul concorso di diverse forze sociali. Una società che rispetti tutte le libertà, meno una: quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani, perché questa libertà tutte le altre distrugge e rende vane.
Enrico Berlinguer
What is honor compared to a woman's love? What is duty against the feel of a newborn son in your arms… or the memory of a brother's smile? Wind and words. Wind and words. We are only human, and the gods have fashioned us for love. That is our great glory, and our great tragedy.
George R. R. Martin (A Game of Thrones)
The measure of a life is a measure of love and respect,
So hard to earn, so easily burned
In the fullness of time,
A garden to nurture and protect
It's a measure of a life
The treasure of a life is a measure of love and respect,
The way you live, the gifts that you give
In the fullness of time,
It's the only return that you expect
Neil Peart (The Garden)
Ernest Hemingway once wrote, ‘The world is a fine place, and worth fighting for.’ I agree with the second part.
Andrew Kevin Walker (Seven)
In this game that we’re playing, we can’t win. Some kinds of failure are better than other kinds, that’s all.
George Orwell (Nineteen Eighty-Four)
Tecnicamente Lady Stoneheart non fu scartata per problemi di tempo o di budget, ma perché non volevano spoilerare i libri ai lettori, e pensavano che il suo ritorno avrebbe reso meno tragiche e drammatiche le nozze rosse e più scontata e prevedibile la resurrezione di John Snow. E questa non è una mia opinione, ma una dichiarazione ufficiale. E Martin ha anche dichiarato che il taglio di Lady Stoneheart è stato il cambiamento che ha accettato di meno e che si era battuto per farla inserire, fallendo. Infatti ha anche dichiarato che se non avesse voluto farle fare niente di importante non avrebbe creato affatto quel personaggio.
Il quarto e il quinto libro, essendo stati creati come sostituzione di un salto temporale, vanno bene proprio perché così ci mostrano l'automobile fare pit stop prima di riprendere a correre. Vediamo i pezzi della scacchiera che si riposizionano prima di ricominciare una nuova partita. Questo per me aggrava ulteriormente il ritardo di Martin proprio perché, se all'inizio aveva in mente un salto temporale, allora il meglio lo ha ottenuto per dopo e sopratutto allora lo sa cosa voleva fare. Io credo ancora che stia semplicemente battendo la fiacca e per lui ogni scusa è buona per non scrivere. Lo dico proprio perché se mi sbagliassi allora non avrebbe scritto così tanto durante il lockdown. E il fatto che in quel periodo abbia scritto tanto, ma non sia stato sufficiente, la considero la prova che negli anni precedenti ha battuto la fiacca.
La spiegazione, a questo punto, può essere solo una, e si compone di due aspetti uguali e contrari che determinano questo blocco.
1) ASOIAF gli è venuto - letteralmente - a nausea. Il sono pensiero di scrivere di Tyrion, Daenerys ecc. gli mette ansia, lo repelle, lo fa sentire impotente, incapace ecc. Come un alcolico dopo una sbronza titanica. Un esame universitario al decimo tentativo. Troppo malessere, troppi fallimenti accumulati, troppe pressioni da parte dei fan. Scrivere è diventato un tormento.
2) pur disgustato al'atto pratico dall'interazione con ASOIAF, ne ama l'idea. Il ricordo, forse. Sicuramente ciò che rappresenta. Ne è geloso, oltremodo possessivo. Il suo ego narcista ne è appagato. E' l'opera che gli ha dato fama, gloria, denaro, e nessuno può metterci sopra le mani. E' SUA.
Martin, da appassionato del signor degli anelli, dovrebbe capire che è diventato Gollum, e l'anello del potere è ASOIAF.
Usare l'anello lo fa stare male, lo abbruttisce, lo rende inquieto, inappagato. Eppure non riesce a liberarsene. A cederlo a qualcun altro. O anche solo a getterlo via, ammettere la sconfitta e dire: basta. Perché è il suo tesoro.
Ciclicamente apre il suo computer, abbozza una frase, la riscrive, la cancella, la riscrive, chiude il computer disgustato.
La settimana dopo, ci riprova.
Ser Balon Swann ha scritto:La spiegazione, a questo punto, può essere solo una, e si compone di due aspetti uguali e contrari che determinano questo blocco.
1) ASOIAF gli è venuto - letteralmente - a nausea. Il sono pensiero di scrivere di Tyrion, Daenerys ecc. gli mette ansia, lo repelle, lo fa sentire impotente, incapace ecc. Come un alcolico dopo una sbronza titanica. Un esame universitario al decimo tentativo. Troppo malessere, troppi fallimenti accumulati, troppe pressioni da parte dei fan. Scrivere è diventato un tormento.
2) pur disgustato al'atto pratico dall'interazione con ASOIAF, ne ama l'idea. Il ricordo, forse. Sicuramente ciò che rappresenta. Ne è geloso, oltremodo possessivo. Il suo ego narcista ne è appagato. E' l'opera che gli ha dato fama, gloria, denaro, e nessuno può metterci sopra le mani. E' SUA.
Martin, da appassionato del signor degli anelli, dovrebbe capire che è diventato Gollum, e l'anello del potere è ASOIAF.
Usare l'anello lo fa stare male, lo abbruttisce, lo rende inquieto, inappagato. Eppure non riesce a liberarsene. A cederlo a qualcun altro. O anche solo a getterlo via, ammettere la sconfitta e dire: basta. Perché è il suo tesoro.
Ciclicamente apre il suo computer, abbozza una frase, la riscrive, la cancella, la riscrive, chiude il computer disgustato.
La settimana dopo, ci riprova.
Io però non credo che affidare la conclusione a un altro scrittore sia la soluzione a tutti i mali. La storia potrebbe risultare più interessante delle ultime stagioni di Got, ma potrebbe anche essere peggiore di quello che molti si aspettano dopo un'attesa così lunga.
Il problema è che piùt tempo Martin impiega nel finire quel libro, più le aspettative per esso salgono. E di certo il finale fallimentare della serie ha alimentato ulteriormente quelle aspettative.
l.pallad ha scritto:Il problema è che piùt tempo Martin impiega nel finire quel libro, più le aspettative per esso salgono. E di certo il finale fallimentare della serie ha alimentato ulteriormente quelle aspettative.
Infatti credo che ormai Martin sia in un vicolo cieco (per tanti motivi), anche se spero che riesca a trovare una soluzione. Personalmente preferirei una storia meno perfetta scritta da lui piuttosto che delegata ad altri (perché tanto non è detto che un altro riesca a scrivere un capolavoro o che non abbia delle difficoltà proprio come Martin).
Daemon Targaryen ha scritto:l.pallad ha scritto:Il problema è che piùt tempo Martin impiega nel finire quel libro, più le aspettative per esso salgono. E di certo il finale fallimentare della serie ha alimentato ulteriormente quelle aspettative.
Infatti credo che ormai Martin sia in un vicolo cieco (per tanti motivi), anche se spero che riesca a trovare una soluzione. Personalmente preferirei una storia meno perfetta scritta da lui piuttosto che delegata ad altri (perché tanto non è detto che un altro riesca a scrivere un capolavoro o che non abbia delle difficoltà proprio come Martin).
Già. Io stesso sto provando a scrivere un libro, ma non è facile. Anche se io, a differenza di Martin, posso giustificarmi dicendo semplicemente che sono un dilettante, cosa che lui non può fare.
La teoria del vicolo cieco non funziona, i motivi sono di due tipi, strutturali ed emotivi, i primi sono certi, i secondo teorici anche se potremmo tranquillamente darli per certi alla luce della sua reazione ai cambiamenti di house of the dragon.
Possiamo dire quasi con certezza che se Got non fosse crollata su stessa non avrebbe mai ripreso a scrivere Asoiaf, infatti è probabile abbia abbandonato tutto fra fine 2015 e fine 2019, una volta fallito il tentativo di finire il libro entro la sesta stagione in modo da eliminare e rovinare i cambiamenti di Got ( ricordiamo che Benioff e Weiss non avevano finito il materiale, hanno evitato di trasporre 4 e 5 libro, alienandosi lo scrittore che in caso di trasposizione fedele gli avrebbe spoilerato tutto e aiutati), ha mollato, il backlash verso got e il primo lockdown lo hanno aiutato a riprendere a livello emotivo, ma la struttura era sempre li ad aspettarlo.
Winds è sicuramente il libro più difficile, lo scoglio da superare, intanto non è un libro ma uno e un terzo visto che mancano tutti i finali delle storie cominciate in 4 e 5 e concluse con cliffangers che i definirei riusciti in parte, una parte inferiore al 50%, il cliffanger più famoso è forse il meno riuscito.
La seconda ragione, più importante della prima, noi cominciamo Winds con 20 povs divisi in 10 locations? di più ?
Non sappiamo quando uscirà ma uscirà, se sarà stato bravo a finire winds con una situazione di massimo una dozzina di povs, tutti locati a Westeros, in massimo 3/4 locations c'è speranza persino per il settimo ed ultimo libro.
Dalle ultime dichiarazioni sappiamo che ha scritto 1100 pagine circa e che queste rappresentano tipo l'80% del libro, quindi si ce la faremo.
Onestamente trovo inutile criticarlo, nonostante i motivi ci siano, semplicemente lui è quello che deve scrivere ciò che io aspetto, che egli sia una brava persona o un imbroglione cambia poco, sono io che aspetto il suo lavoro, mandarlo a quel paese o proporre boicottaggi mi sembra come la storia di quello che si taglia il coso per fare un dispetto alla moglie che lo tradisce, semplicemente insensato.
Uscito il sesto libro decideremo se avere o no speranza sul settimo, personalmente io dubito di rimanere deluso dal sesto, ma uomo avvisato mezzo salvato, ci sono cose che non sono negoziabili, soprattutto dopo la sofferenza causata con la serie tv.
un piccolo ps sulla serie tv ( del finale non mi importa nulla, mi riferisco ai cambiamenti avvenuti in quinta e sesta stagione, settima e ottava sono il seguito di un qualcosa che non era più asoiaf, poco importa se il nome di un tizio corrisponde al nome di un tizio nel libro nel suo essere vivo alla fine, primo cavaliere, re, regina ecc.....).
Scusate ma avevo voglia di dire la mia sull'argomento, ho scelto questa discussione per non ingolfare quella sulle news con le mie opinioni.