Intorno a metà mese, una troupe della BBC, guidata dal famoso Sir David Attenborough e impegnata nella realizzazione di delle riprese di una delle puntata della serie Dynasties, ha salvato da morte certa una colonia di pinguini.
In pratica, gli operatori hanno realizzato una sorta di "rampa di neve" per permettere ai pinguini, tra l'altro ulteriormente in difficoltà per il fatto di doversi muovere con i cuccioli tenuti al caldo tra le zampe, di uscire da un tunnel di ghiaccio. Un intervento insomma cruciale.
Riporto il link a The Post Internazionale, è curioso come diversi tra i maggiori quotidiani abbiano messo la notizia nella sezione a pagamento.
La notizia fa abbastanza scalpore nel mondo documentaristico e scientifico, dove vige in massima parte la regola dell'osservatore esterno che non interferisce con il corso degli eventi naturali (come dire, è "lecito" salvare un pinguino se sta soffocando per un sacchetto di plastica intorno al collo, ma non se vien travolto da una valanga). E tra l'altro Attenborough si è sempre contraddistinto in passato per un approccio integralista verso questa linea.
Al di là del discorso empatico, e ragionando piuttosto astraendo il caso e portandolo in generale sul piano dell'approccio scientifico, o anche solo all'approccio divulgativo, condividete questa scelta?
L'avevo letta anch'io questa notizia.
A prescindere dall'empatia, non ho problemi ad ammettere che condivido appieno questa scelta, per un motivo molto semplice; visto come stiamo riducendo il pianeta, visto come molte specie siano ridotte al limite estremo dell'estinzione a causa del nostro intervento (nel bene e nel male eh, non è che tutto ciò che facciamo come razza umana sia un danno per la flora e la fauna del pianeta; diciamo che però ce la mettiamo tutta per creare pericolosi scompensi ecco....), per una volta abbiamo abbiamo "corretto il tiro".
Non ho seguito la vicenda se non di striscio e non conosco i dettagli di questa "regola" del mondo documentaristico (anche se posso immaginarne i motivi).
Per quanto possa dire io su 2 piedi, credo che la natura se la caverá anche con una colonia di pinguini in piú rispetto a quella che "era destino" che ci dovesse essere. A meno che queste azioni non intralcino il lavoro del documentarista/ricercatore (vanificandone quindi lo scopo stesso) non vedo perché un essere umano non debba aiutare degli animali in difficoltá visto che poco distante, probabilmente, animali simili sono in difficoltá proprio a causa delle attivitá umane.
Poi, chiaro, ogni caso suppongo faccia storia a se stante...
Beh, diciamo che il concetto di fondo dovrebbe essere quello della separazione tra "studiante" e "studiato", un principio di non-interferenza che nel mondo macroscopico (in meccanica quantistica è un po' diverso) funziona.
Il primo principio dovrebbe essere più che altro quello di non introdurre perturbative che possano rendere "non naturale" il comportamento degli animali studiati.
Ad esempio, durante l'inverno in montagna gli ungulati soffrono per la mancanza di sale, che solitamente ottengono leccando le rocce. Far trovare del sale agli animali in zone prestabilite potrebbe sì salvare loro la vita, ma potrebbe condurre ad una specie di "domesticazione", tale per cui abitudini insite nel comportamento dell'animale vengono sostituite da altre, generando magari un rapporto di dipendenza dall'uomo.
Il secondo principio riguarda l'impossibilità di comprendere le conseguenze dell'azione fatta.
Ad esempio, salvare una marmotta caduta in un dirupo e con una zampa spezzata potrebbe significare che quel giorno un'aquila tornerà al nido senza una preda.
D'altra parte, come avete già detto, questi parametri non sono tenuti molto in conto quando si tratta di devastare degli habitat naturali, quindi questo zelo nel "tenere le distanze", che pure ha una innegabile valenza scientifica, può sembrare eccessivo in molte occasioni.