%d/%m/%Y %i:%s, senza volto dice:Io ho detto che se danno la responsabilità a loro il calcio è messo male.
L'ultimo dei motivi per cui il calcio italiano è messo male è il fatto di aver affidato una commissioncina esplorativa del ca**o a Lotito, Marotta, Cairo e Fassone.
%d/%m/%Y %i:%s, senza volto dice:Difatti ho anche specificato che Tommasi non credo abbia il loro appoggio.
Se è cosi bravo che convergano su di lui le altre componenti della FIGC. Ne hanno piena facoltà.
%d/%m/%Y %i:%s, senza volto dice:E sembra ora che si candidi anche Lotito.
Che non lo votino, se fa cosi schifo. Ne hanno piena facoltà.
%d/%m/%Y %i:%s, senza volto dice:Perché tu capisci sempre quello che ti pare e mi attribuisci cose che non ho detto o le modifichi?
Prima ancora che si sapesse esattamente cosa avrebbe fatto il terribile quadriumvirato, sei partito a sciorinare la fedina penale e l'elenco delle "malefatte". Al paese mio si chiama essere prevenuti.
PS.
I Fantastici quattro erano talmente coesi nell'indirizzare l'elezione del prossimo presidente FIGC che tra gli 11 club che si sarebbero schierati con Lotito non ci sarebbero nè la Juve di Marotta nè il Toro di Cairo (che invece starebbero spingendo per il commissariamento).
Ci rinuncio
E' di ieri questo articolo : Guida al caos del calcio italiano. Un punto sulle elezioni della FIGC e sulle altre situazioni intrecciate della politica del calcio italiano .
Cita
Forse dovremmo rigiocare la partita contro la Svezia un’altra volta, visto che la lezione che ci è stata data qualche mese fa non è stata capita. Sembrava dovesse essere il punto di inizio di un profondo rinnovamento del nostro movimento, prendendo spunto da paesi come Germania e Inghilterra, che avevano usato i loro fallimenti come perno per rinascere, invece nella partita politica del nostro calcio – che si gioca su tutti i campi: FIGC, Lega, diritti tv – si vedono sempre le stesse facce.
Chi sono i candidati per la presidenza della FIGC?
Mandato via Tavecchio – perché le dimissioni sono state indotte: era venuto meno il sostegno – i candidati per la successione sono tre, e ciascuno di loro ha sufficienti motivi per non convincere. Come spesso succede in Italia, non è tanto una questione di programmi quanto di facce e di presentabilità.
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Cosa propongono?
Le facce e le alleanze contano più dei programmi, si sa. Cioè, conta chi li fa, perché quello che scrive è funzionale a un’elezione o a ingolosire una delle componenti per farsi votare. A leggere i due programmi di Tavecchio stavamo diventando una potenza mondiale e misteriose forze poi hanno impedito che la rivoluzione si compiesse. Dunque, i programmi vanno maneggiati con cautela, ma qualcosa la possono dire.
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Come funzionerà il voto?
Il caos intorno all’elezione del nuovo presidente della Figc è anche generato (come nelle precedenti votazioni) dal sistema elettorale stesso. Vale la pena ricordare che quando si sceglie il presidente federale il voto è ponderato: quindi i voti non si contano, ma si pesano.
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Per essere eletto presidente serve al primo scrutinio i tre quarti dei voti, al secondo i due terzi, mentre al terzo basta la maggioranza assoluta.
Un sistema complesso (che comincia a mostrare le sue crepe e ad avere i suoi oppositori) che in linea teorica (ma non sarà il caso di questa elezione) rende possibile un presidente votato soltanto da Lega Dilettanti e Lega Pro (che insieme fanno il 51 per cento) e che relega la capofila del movimento come la serie A a un peso irrisorio. La frammentazione di questo turno elettorale potrebbe portare al disordine.
Cosa c’entra Lotito?
Quando arriva il momento di votare, ecco che si fa largo Claudio Lotito. Negli ultimi anni del pallone, lui c’entra sempre: nell’elezione di Berretta alla Lega prima del vuoto, nello sbarco prepotente della Infront a guida Bogarelli nel calcio italiano, nella prima elezione di Tavecchio e anche un po’ nella seconda. Ha sempre lo stesso metodo: mette insieme società medio-piccole e fa rete, promette di fermare le grandi e fa pesare il consenso che riesce ad aggregare intorno a sé e al suo progetto di potere alle piccole. Quando fu rieletto nel 2013 Berretta a capo della Lega di A fu eletto tenendo fuori dalla maggioranza società che rappresentavano il 70 per cento dei tifosi italiani. Ora Lotito ha preso la confusione al balzo per riprovarci.
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Perché sta tornando Tavecchio?
Carlo Tavecchio aveva fatto capire che non avrebbe mollato già nella conferenza stampa di dimissioni, e nel lungo periodo di traghettamento verso le elezioni ha fatto tutte le sue mosse. Ricordando a molti il potere che aveva garantito, i posti che aveva assegnato negli organi di governo e di sotto governo. Facendo capire, insomma, che cambiare il meno possibile sia conveniente per chi da una rivoluzione potrebbe uscire con le ossa rotte. Funziona così: se stai guadagnando potere con un sistema e tutto cambia, devi ricominciare da zero.
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A questo punto si è creato l’asse Lotito-Cairo. Lotito ha sempre metà delle società di Serie A pronte a seguirlo, Cairo la sua, forse altre, e un progetto. Il progetto è quello di dare a Tavecchio la poltrona di presidente e mettere le chiavi della Lega in mano allo spagnolo Javier Tebas (con contratto di quattro anni a 1,2 milioni di euro all’anno, più un direttore generale di sua fiducia), presidente della Liga. Non è detto che l’operazione vada in porto, ma basta averla avuta per darci l’idea di chi sono le persone che devono gestire il nostro pallone: Tebas porterebbe con sé i soldi di Mediapro, il gruppo spagnolo che gestisce i diritti della Liga di cui è capo Jaume Roures, con il quale lo stesso Tabes ha fondato una società di marketing calcistico. È il piano B della Lega, quello di incassare 990 milioni spagnoli qualora non dovesse esserci un accordo nella trattativa privata con Sky e Mediaset per la vendita dei diritti tv del prossimo triennio. (...) Tebas, quindi, sarebbe l’uomo che porta il pallone per farci giocare, un po’ come era Bogarelli quando era a capo di Infront. In pratica questa operazione porterebbe il calcio da Tavecchio in Figc e la dipendenza quasi esclusiva del nostro calcio dai proventi di Infront, a Tavecchio in Lega e la dipendenza dai proventi di Mediapro, con Tebas a garanzia.
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Come è messo il calcio italiano?
Il calcio italiano, in verità, è quanto di più aderente alla metafora dell’orchestra del Titanic, che suonò fino all’ultimo minuto per non far piombare nel panico i passeggeri, mentre il transatlantico finiva contro l’iceberg. Qui si giocano piccole partite politiche, che rendono a sua volta piccolo il pallone, mentre nessun dato dice che si sta creando un modello funzionale. Nell’ultimo Club Licensing Benchmarking Report dell’Uefa, i numeri, messi a confronto con quelli delle altre leghe, sono tristi: tutto il calcio europeo cresce, e molto, quello italiano è tra quelli che crescono meno.
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La fotografia generale del calcio italiano è quella di un modello di sviluppo vecchio, sbagliato. Di cui tutti sono al corrente, ma che nessuno riesce a cambiare. Anzi, sembra che il pallone non abbia proprio intenzione di smarcarsi dal business che si è costruito per consegnarsi nelle mani dei broadcaster, sedersi ad ascoltare l’orchestra e ignorare l’iceberg. Che è vicino.
Come rischia di finire?
Il calcio italiano ha bisogno di un cambio di passo vero, senza tentennamenti. Di una cura energica che passi dalla riduzione delle squadre in serie A, B e LegaPro, dall’introduzione delle seconde squadre, da un reale funzionamento dei centri federali, dall’obbligo graduale di investimenti in percentuale sul fatturato da fare per il settore giovanile. Un progetto organico che in qualche anno porti a ripensare completamente il nostro pallone, rendendolo aggrappato al talento, ma soprattutto svincolato dai soli soldi delle tv. Ma un ripensamento tale è possibile dopo queste elezioni?
Le facce, le alleanze, le manovre dicono di no. E anche i numeri probabilmente lo diranno, perché il rischio delle elezioni del 29 gennaio è il caos. Non per niente Malagò ha parlato con i tre candidati insieme, ha chiesto di rinviare le elezioni, ottenendo un “no”. Ma l’altra possibilità è che il presidente del Coni cerchi il pretesto per un commissario, che con questi schieramenti in campo (e con il rischio di maggioranze risicatissime), non sarebbe nemmeno male. A patto che poi si compia la rivoluzione.
Perché non possiamo davvero chiedere alla Svezia di sbatterci di nuovo fuori e nemmeno all’orchestra di continuare a suonare. Quello lì vicino, cari signori, è un iceberg.
"It may be a reflection on human nature, that such devices should be necessary to control the abuses of government. But what is government itself, but the greatest of all reflections on human nature? If men were angels, no government would be necessary. If angels were to govern men, neither external nor internal controls on government would be necessary. In framing a government which is to be administered by men over men, the great difficulty lies in this: you must first enable the government to control the governed; and in the next place oblige it to control itself".
Federalist No. 51, The Structure of the Government Must Furnish the Proper Checks and Balances Between the Different Departments, in The Federalist Papers, a collection of essays written in favour of the new Constitution as agreed upon by the Federal Convention, September 17, 1787
Alexander Hamilton, James Madison, John Jay