Salve lettori!
Introduco questo topic perché mi ritrovo spesso a discutere con amici che considerano poco elegante lo stile di Martin, dato il suo (relativamente) frequente impiego di termini scurrili anche fuori del discorso diretto, quando si potrebbe benissimo farne a meno. Poiché non condivido affatto un pensiero simile, eccomi ad esprimere la mia opinione, ansiosa di conoscere la vostra.
Francamente, ritengo che una delle peculiarità di Asoiaf sia proprio la preziosa, ambiziosa ed elegante combinazione di focalizzazione interna e narrazione in terza persona mediante discorso indiretto libero. Dato il punto di vista interno, il discorso indiretto libero potrebbe apparire superfluo ai fini della caratterizzazione psicologica di un personaggio, ma in realtà aggiunge davvero tanto al valore dell'opera, facendo sparire ogni traccia del narratore e catapultandoci (in)direttamente nella mente dei nostri amati Tyrion, Jon e Daenerys. In questo modo, abbiamo una narrazione "genuina", in quanto filtrata attraverso l'oggetto della narrazione medesima, cioè il personaggio POV: ne risulta uno stile pseudo verista.
E, a questo punto, il "problema" del discorso indiretto libero risiederebbe nel fatto che esso consente, per forza di cose, l'uso di tutte quelle espressioni volgari rientranti nel registro linguistico del POV di turno (ESEMPIO: In ASOS leggiamo che Tyrion non desiderava altro che andarsene da "quel fottuto matrimonio" ) e alcuni lettori ne sono infastiditi. Per lo stesso principio, però, un POV come quello di Brienne può trasfomare un tramonto in un insieme di "fendenti di luce dorata" che "sciabolano" tra i rami degli alberi (AFFC), mentre il malizioso occhio di Cersei Lannister vede una Margaery, accorsa preoccupata a ricevere notizie del fratello, arrossata "come se fosse appena uscita dall'abbraccio di un amante" (ibidem).
Apprezzo la scelta stilistica di Martin e tutto ciò che comporta, scurrilità incluse.
Passo e chiudo ;)
Sono molto d'accordo con quello che hai detto.
Da qualche parte ho letto che Martin scrive i POV di ogni libro a gruppi. Ossia, non scrive un capitolo di Tyrion, poi uno di Jon, uno di Melisandre e così via. Ne scrive quattro o cinque di Tyrion, quattro o cinque di Jon, poi uno di Mel. E solo alla fine li mescola. Tutto questo perché lui necessita di tantissimo tempo per passare dalla testa di un personaggio all'altro, e quindi allo stile corrispondente. Chissà quanti giorni perde solo per questo, solo per qualcosa a cui pochissimi prestano attenzione. Anzi, forse se ne accorgerebbero se non ci perdesse tutto questo tempo...
Dare un'altra voce alla narrazione, diversa da quella del personaggio, ostacolerebbe la grandiosa impersonificazione che ci regala Martin. Oltre alla caratterizzazione dei personaggi, all'ambientazione e alla trama, la gestione dei punti di vista e della voce è di sicuro uno dei punti forti di tutta l'opera.
Ho modificato il titolo con la corretta indicazione spoiler e ho spostato il topic nella sezione adatta (Castello Nero).
Posto anche il link con il regolamento del Castello Nero: http://www.labarriera.net/forum/index.php?showtopic=13679
Se avete dubbi di interpretazione scrivete in pvt, non rispondete a questo messaggio.
Buona continuazione :)
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
La narrazione secondo POV di Martin è una delle cose più belle in letteratura, secondo me. E' uno dei motivi per cui mi sono innamorato perdutamente di ASOIAF. Il suo stile è elegante, reale e mai forzato (o quasi). Quello che più mi colpisce è il modo con cui questo stile permette il proliferare di una grande pluralità di punti di vista, tutti con le loro motivazioni e idee, e certe volte diventa non facile capire dove sta il giusto.
E', in un certo senso, un esempio di relativismo
Sono d'accordo con te, ovvio.
Addirittura io preferisco stili in terza persona anche più "personalizzati" di quello di Martin, vado matta per i flussi di coscienza non troppo da mal di testa (non Joyce, ecco) e amo quando ogni personaggio ha la sua voce al di fuori di discorso diretto e pensieri senza che lo stile risulti goffo o infantile, lo considero un grande pregio autoriale.
Ricordo che amavo gli stili formali giusto da piccola, avrò avuto sedici anni e leggevo pochissima narrativa contemporanea... gli stili formali ormai sono da secolo scorso, così come gli autori che si studiano in licei e università, poi uno si abitua a quello e si sorprende quando incontra un McCarthy, figuriamoci quando incontra un Kerouac. Oltre che un po' antiquati, questi stili fermi agli Anni Venti li trovo stili che non osano abbastanza, con tutte le potenzialità che una scrittura più personalizzata può dare. (Non m'illudo, neh, so che parlo pure per preferenze personali).
Per chiunque trovi scurrili certe espressioni in letteratura, forse nutro dei pregiudizi io stessa ma, al di là dei gusti personali, mi viene da pensare che siano eccessivamente pudici e/o che non leggano molto e non leggano "vario". Se incontrassero gli autori della beat generation, un Palahniuk, ma anche un Pasolini, anche una Ferrante che ci piazza espressioni gergali (come "fo***re") allo scopo di tratteggiare un rione napoletano malfamato? La scurrilità negli scrittori è sempre misurata e serve tantissimo a caratterizzare il personaggio e anche a dipingere il contesto. Mi fanno proprio cadere le braccia.
Poi ehi, nel celeberrimo Fifty Shades of Grey volgarità apparente non ce n'è, si usano tante buffe perifrasi per parlare di comunissimo sesso... forse preferiscono, ad ognuno il suo. XD
You may dress an ironman in silks and velvets, teach him to read and write and give him books, instruct him in chivalry and courtesy and the mysteries of the Faith, but when you look into his eyes, the Sea will still be there, cold and grey and cruel.