Non è però scontato che un leader "sappia", soprattutto quando si parla di organizzazioni molto grandi e diffuse a livello mondiale (es. Chiesa Cattolica). D'altro canto, essere leader comporta oneri ed onori tra cui quello di doversi far carico di responsabilità che non sono direttamente sue.
Credo che un leader riesca ad avere più presa laddove ci sono menti più propense ad accogliere il suo messaggio. Non si tratta necessariamente di "menti deboli", ma magari semplicemente segnate da contesti e momenti storici particolari.
Mi viene come esempio Hitler ed il nazismo: ad aderire non furono solo le masse "ignoranti" (passatemi il termine), ci sono profonde ragioni sociali che hanno favorito in quel particolare momento storico, in quel Paese, che quel particolare leader e la sua idea prendessero piede. Magari in altri momenti sarebbe stato un fenomeno marginale.
Altro esempio potrebbe essere Martin Luther King: era senz'altro un leader naturale ed anche in altri momenti storici avrebbe avuto la capacità ed il carisma di attrarre le persone sensibili al suo messaggio, e forse non solo. In quel preciso momento storico la sua leadership è però stata fondamentale ed il suo impatto universale.
Un leader, per definizione, quindi conta, conta tanto e, a dirla tutta, ha sempre contato tanto. Il punto è che certi momenti storici favoriscono più di altri la diffusione su larga scala di taluni messaggi, piuttosto che di altri, mettendo maggiormente in luce un leader piuttosto che un altro. Questo vale sicuramente per alcuni leader del momento.
Ponendo la domanda mi ero posto in un ambito leggermente diverso, che non riguarda tanto né il messaggio né l'ideologia, quanto la reale fattibilità di azioni di indirizzamento e modifica.
Faccio un esempio: il politico di turno dice "riduciamo gli sprechi". Ammettiamo che lo voglia veramente fare, che sia per davvero un angelo in terra che nel nome della giustizia vuole davvero punire i corrotti e disinnescare meccanismi di potere e malaffare.
Quando un leader ha veramente il potere di cambiare le cose? Quanto la sua spinta propulsiva può veramente tradursi in azioni concrete, che necessitano dell'impegno e della volontà di miriadi di persone, ciascuna con le proprie idee e i propri interessi?
Ammettiamo che questo leader miracoloso venga eletto in una posizione di potere "esecutivo". Proporrà delle leggi, che dovranno essere votate da altri, messe in pratica da altri ancora e tutelate da persone ancora diverse.
Certo, il "leader carismatico" ha anche il dono di convincere gli altri della propria visione, ma all'atto pratico, se poi le intenzioni del suddetto leader restano lettera morta, quanto è veramente imputabile a lui?
Soprattutto nelle organizzazioni più complesse e strutturate, e in particolare in quelle dove esiste un bilanciamento dei poteri, credo che ci sia una forza di inerzia tale da limitare pesantamente qualsiasi effetto di deviazione dalla linea corrente (quale che sia)... e credo che questo possa tradursi in una limitazione delle responsabilità.
I leader che solo (o quasi solo) grazie alla forza della persuasione e all'esempio riescono ad avere un impatto rilevante su intere società si contano davvero sulle dita di una mano. Si va su titani sui Gandhi e affini.
Normalmente l'arma principale del leader/uomo forte standard è la coercizione. Non deve convincere, ma costringere. Il cambiamento non arriva, il cambiamento si impone, si cala dall'alto ***
Il carisma e la forza di persuasione va usato per portare dalla propria parte e rendere fedele una piccola categoria della società: coloro che hanno il monopolio della forza (esercito, polizia, servizi segreti). Tutto il resto poi è abbastanza facile.
In sistemi come la democrazie attuali il potere de leader è veramente bassissimo, per la maggior parte sono polli d'allevamento o comunque espressione di partiti, e in via ulteriore sono espressione della maggioranza elettorale, e in buona parte hanno un vincolo di mandato.
In questo contesto (salvo miracoli a la Gandhi) "l'uomo in grado di cambiare le cose" non emergerà mai. Il massimo a cui si può ambire è un onesto e capace amministratore che tenga diritta la barra del timone.
*** si parla di cambiamenti del tipo "da domani/anno prossimo in avanti si fa così perché è giusto così". Della serie: hai la febbre, beccati sta suppostona. I cambiamenti lenti, di costume o di sentire comune (es. essere gay è ok), maturano lentamente e per vie difficilmente prevedibili. Sono più: il tuo corpo sta cambiando, ecco spunta la barba, la voce cambia ecc.... pillole e supposte servono poco.
Ponendo la domanda mi ero posto in un ambito leggermente diverso, che non riguarda tanto né il messaggio né l'ideologia, quanto la reale fattibilità di azioni di indirizzamento e modifica.
Faccio un esempio: il politico di turno dice "riduciamo gli sprechi". Ammettiamo che lo voglia veramente fare, che sia per davvero un angelo in terra che nel nome della giustizia vuole davvero punire i corrotti e disinnescare meccanismi di potere e malaffare.
Quando un leader ha veramente il potere di cambiare le cose? Quanto la sua spinta propulsiva può veramente tradursi in azioni concrete, che necessitano dell'impegno e della volontà di miriadi di persone, ciascuna con le proprie idee e i propri interessi?
Ammettiamo che questo leader miracoloso venga eletto in una posizione di potere "esecutivo". Proporrà delle leggi, che dovranno essere votate da altri, messe in pratica da altri ancora e tutelate da persone ancora diverse.
Certo, il "leader carismatico" ha anche il dono di convincere gli altri della propria visione, ma all'atto pratico, se poi le intenzioni del suddetto leader restano lettera morta, quanto è veramente imputabile a lui?
Soprattutto nelle organizzazioni più complesse e strutturate, e in particolare in quelle dove esiste un bilanciamento dei poteri, credo che ci sia una forza di inerzia tale da limitare pesantamente qualsiasi effetto di deviazione dalla linea corrente (quale che sia)... e credo che questo possa tradursi in una limitazione delle responsabilità.
Nei governi democratici con separazione dei poteri un leader ha responsabilità morali variabili, giuridiche limitate e politiche alte. Per fare un esempio pensiamo a Nixon e al Watergate, oppure alle dimissioni del presidente Leone... in entrambi i casi hanno prevalso le volontà politiche.
Se andiamo indietro nel tempo, o se parliamo di dittature, le valutazioni cambiano.
se invece parliamo di sette, tipo Manson o Koresh, credo che responsabilità siano addirittura maggiori che per i dittatori o i leader di organizzazioni terroristiche.