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CANTI E POESIE DI J.R.R. TOLKIEN
G di GIL GALAD
creato il 14 ottobre 2003

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GIL GALAD
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Inviato il 14 ottobre 2003 17:30 Autore

CANTI E POESIE DI JOHN RONALD REUL TOLKIEN

 

 

 

tolkien-logo.jpg

 

 

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Il Signore degli Anelli

 

Tre Anelli ai re degli Elfi sotto il cielo che risplende,

Sette ai Principi dei Nani nelle loro rocche di pietra

Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,

Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra

Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.

Un Anello per domarli,

Un anello per trovarli,

Un Anello per ghermirli

e nel buio incatenarli,

Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende

 

 

 

 

Il canto della Strada (tre strofe)

 

 

La Via prosegue senza fine

Lungi dall'uscio dal quale parte.

Ora la Via è fuggita avanti,

Devo inseguirla ad ogni costo

Rincorrendola con piedi alati

Sin all'incrocio con una più larga

Dove si uniscono piste e sentieri.

E poi dove andrò? Nessuno lo sa.

La Via prosegue senza fine

Lungi dall'uscio dal quale parte.

Ora la Via è fuggita avanti,

Presto, la segua colui che parte!

Cominci pure un nuovo viaggio,

Ma io che sono assonnato e stanco

Mi recherò all'osteria del villaggio

E dormirò un sonno lungo e franco

Voltato l'angolo forse si trova

Un ignoto portale o una strada nuova;

Spesso ho tirato oltre, ma chissà,

Finalmente il giorno giungerà,

E sarò condotto dalla fortuna

A est del Sole, ad ovest della Luna

 

 

 

Il Canto dell'Esploratore

 

 

Rosso è il fuoco nel camino,

Sotto al tetto un letto aspetta;

Ma non son stanchi i nostri piedi,

Voltato l'angolo incontrar potremmo

D'improvviso un albero o un grosso sasso,

Che nessuno oltre noi ha visto.

Alberi e fiori, foglie e fuscelli,

Fateli passare! Fateli passare!

Sotto al nostro cielo colli e ruscelli

Passeranno oltre! Passeranno oltre!

 

 

Voltato l'angolo forse ci aspetta

Un ignoto portale o una strada stretta;

Se purtroppo oggi tirar oltre dobbiamo,

Può darsi che domani questa strada facciamo,

Prendendo sentieri nascosti

Che portano alla Luna o al Sole.

Mela, spina, noce, prugna,

Fateli passare! Fateli passare!

Sabbia, pietra, stagno, dirupo,

In bocca al lupo! In bocca al lupo!

 

Dietro è la casa, davanti a noi il mondo,

E mille son le vie che attendon, sullo sfondo

Di ombre, vespri e notti, il brillar delle stelle.

Davanti allor la casa, e dietro a noi il mondo,

Tornar potremo a casa con passo infin giocondo.

Ombre e crepuscolo, nuvole e foschia

Sbiadiranno via! Sbiadiranno via!

Fuoco e luce, da bere e da mangiare,

Così tutti a letto poi potremo andare!

 

 

Inno elfico a Elbereth Gilthoniel

 

 

 

Candida-neve! Candida-neve! Limpida dama!

Regina al di là dei Mari Occidentali!

Luce per noi che qui girovaghiamo

Ove gli alberi tessono un'oscura trama!

Gilthoniel! O Elbereth!

Limpidi i tuoi occhi e terso il tuo respiro!

Candida-neve! Candaida-neve! Noi te decantiamo

In un ermo paese dal Mar molto lontano.

 

O stelle che durante l'Anno Cupo

Le sue brillanti mani hanno tessuto,

In campi ove l'aria è limpida e lucente

Vi vediamo fiorire pari a boccioli d'argento!

 

O Elbereth! Gilthoniel!

Ricordiamo ancora noi che viviamo

In un luogo boscoso da te tanto lontano,

Il tuo chiaror stellare sui Mari Occidentali

 

 

Oh! Oh! Oh! Ho bisogno del nettare dal bel colore

Per guarire il mio cuore e ed annegare il mio dolore.

La pioggia può cadere ed il vento soffiare,

E' lunghissima la strada che mi resta da fare,

Ma sotto un grande albero io mi riposerò

E le nuvole veloci passare guarderò.

 

Canzone del bagno

 

Canta! Perchè il bagno sul finir del giorno

Sai che laverà via il fango più immondo!

Pazzo è colui che si rifiuta di cantare;

Dell'Acqua Calda non vi è piacer più salutare!

 

Dolce è della pioggia che cade intorno il suono,

E del ruscel che scorre dal colle al pianoro;

Ma meglio della pioggia e dell'impetuoso torrente,

E' l'Acqua Calda di un fango fumante e bollente.

 

D'acqua fredda il bisogno noi risentiamo a volte

Per cavare la sete e procurar sollievo;

Ma in questi casi è meglio di Birra una botte

E giù per la tua schiena Acqua Calda a dirotto.

 

Bello è veder l'acqua zampillare

E da una fonte limpida al sole scintillare,

Ma suono di fontana non sarà mai sì piacevole

Come dello sguazzar nell'Acqua Calda il rumor allettevole!

 

 

 

Canto di Addio di Marry e Pipino

 

 

 

Addio a voi, mio atrio e mio braciere,

Il vento può soffiare e la pioggia cadere

Ma prima della rugiada, che l'alba fresca bagna,

Noi marcerem pei boschi e sull'alta montagna.

 

 

A Gran Burrone, ove sono gli Elfi intenti all'opre,

In radure che un fine velo di nebbia ricopre,

Arriverem attraverso lande deserte e brughiere,

E da lì poi dove andrem, nessuno può sapere.

 

Davanti a noi i nemici e dietro lo spavento,

Il nostro letto sarà sotto il cielo e nel vento,

Fino al giorno in cui con la stanchezza in volto,

Il viaggio sarà finito, ed il compito svolto.

 

Dobbiamo andare Dobbiamo andare!

Prima che l'alba incominci a spuntare!

 

 

 

Canto nella Foresta

 

 

 

O voi che errate nel paese oscuro,

Non disperate! Benchè d'aspetto cupo e duro,

Ogni bosco finisce

Ed il sole apparisce:

Il sole dell'alba, il sole del vespro,

Il giorno che nasce o che muore grandioso,

Poichè il bosco svanisce ad ovest o ad est....

 

 

 

Il canto di Tom Bombadil

 

 

 

Ehi dol! Bel dol! Suona un dong dillo!

Suona un dong! Salta ancor! Salice bal dillo!

Tom Bom, bel Tom, Tom Bombadillo!

 

 

Ehi doll! Vieni bel doll! Cara dol! Mio tesoro!

Il vento soffia leggero e la stella spunta d'oro

Laggiù ai piedi della Collina che brilla alla luce solare,

Sulla soglia aspetta il debole chiarore stellare,

La mia graziosa dama, figlia della Regina del Fiume,

Esile più di un salice, più limpida dell'acqua, più brillante di un lume,

Il vecchio Tom Bombadil ha colto dei gigli d'acqua,

E saltellando torna, e mai nel giorno tacque.

Ehi! Vieni bel doll! Cara dol! Mio tesoro!

Boccador, Boccador, un'allegra bocca d'or!

Povero Vecchio Uomo Salice, hai nascosto le radici,

Ma Tom ha fretta adesso. La sera giungerà tosto.

Il vecchio Tom Bombadillo ha colto dei gigli d'acqua

E saltellando torna, e mai nel giorno tacque.

 

 

Veloci, piccoli miei che il Sinusalice risalite!

Tom va già avanti e le candele accende.

Ad ovest cala il sole e la notte vi attende.

Giunta l'oscurità, la nostra porta aprite,

Dai vetri e le finestre la luce s'intravede,

Non temete i neri ontani ed i salici canuti!

Non temete rami e radici, ché Tom vi precede.

Veloci, venite, vi aspetterem seduti.

 

 

Ehi! Vieni, bella dol! Giunti son gli amici!

Hobbit! Cavallini! Siam tutti ora felici!

Viva i divertimento! Cantiamo tutti assieme!

 

 

Viva il divertimento! Cantiamo tutti assieme

Di sole, stelle, luna, nebbia, pioggia e speme,

Luce sul bocciolo, rugiada sulle piume,

Rovi sullo stagno ombroso, gigli sull'acqua che freme.

Vecchio Tom Bombadill, e la Figlia del Fiume!

 

 

Esile più di un salice! Più limpida dell'acqua! Più brillante di un lume!

O giunco chinato sul lago! O dolce Figlia del Fiume!

Tu sei estate e primavera, e poi nuovamente estate!

Tu delle fronde le risa, e brezza sulle cascate!

 

 

Vecchio Tom Bombadil è un tipo allegro;

Ha gli stivali gialli e la giacca blu cielo.

 

 

Avevo un compito da svolgere: coglier tanti gigli,

Verdi foglie e gigli candidi per la mia dolce dama,

Per conservare gli ultimi, prima della fine dell'anno,

Al riparo dalla neve, a fiorire ai suoi piedi.

Ogn'anno sul finir dell'estate li vado a cercare per lei,

In un limpido stagno profondo, lontano dal Sinusalice;

Lì, in primavera, solo i primi a sbocciare, e lì i più lunghi a durare,

E lì, tanto tanto tempo addietro, trovai la Figlia del Fiume,

Dolce Boccador seduta in mezzo ai giunchi.

 

 

Ed è stato un bene per voi, perché ormai non tornerò più

Lì in fondo lungo le acque del fiume,

Ora che l'anno muore. E nemmeno passerò più

La casa del Vecchio Uomo Salice Grigio

Fino alla primavera, quando allegra la Figlia del Fiume

Va ballando nel sinuoso sentiero e si tuffa nell'acqua.

 

 

 

L'incantesimo di Tumulilande

 

 

Fredda la mano ed il cuore e le ossa,

Freddo anche il sonno è nella fossa:

Mai vi sarà risveglio sul letto di pietra,

Mai prima che muoia il Sole e la Luna tetra.

Nel vento nero le stelle anch'esse moriranno,

Ed essi qui sull'oro ancora giaceranno,

Finchè l'oscuro signore non alzerà la mano Sulla terra avvizzita e sul mare inumano.

 

 

 

 

La canzone della locanda

 

 

 

C'è una locanda, un'allegra locanda,

Sotto un vecchio colle grigio,

Ove la birra è così scura,

Che anche l'Uomo della Luna

E' sceso un giorno a berne un sorso.

 

 

Lo stalliere ha un gatto brillo,

Che suona un violino a tre corde;

Su e giù scorre l'archetto,

Stridulo a volte, a volte cheto,

Ed a volte solo un trillo.

 

L'oste invece ha un cagnolino

A cui piacciono gli scherzi;

Se gli altri ridono, davanti al camino,

Rizza l'orecchio ad ogni battuta,

Sghignazzando come un mattaccino.

 

Tengono anche una signora mucca,

Più orgogliosa di una regina,

Ma la musica le fa girar la testa,

Ed agitar la coda in segno di protesta,

E ballare allegra sull'erba verdina.

 

Se solo vedeste i piatti d'argento,

Ed i cassetti pieni di posateria!

Per la Domenica un servizio speciale

Si lucida sempre in lavanderia,

Il Sabato quando il sole cala lento.

 

L'Uomo della Luna beveva in abbondanza,

Ed il gatto brillo si mise a miagolare,

Un piatto ed un cucchiaio iniziaron la danza,

E la mucca in giardino saltava con baldanza,

E il cagnolin la coda cercava d'afferrare.

 

L'Uomo della Luna bevve un altro sorso

E poi rotolò giù dalla sedia sul dorso;

Lì si addormentò, sognando la birra scura,

Finchè le stelle in cielo sbiadiron nell'aria pura,

E l'alba s'alzò rosa senz'ombra di paura.

 

Disse lo stalliere al suo gatto brillo:

"I cavalli bianchi della Luna

Nitriscono e mordono il morso,

Ma il loro padrone è disteso sul dorso,

E fra poco il Sole inizia il suo percorso".

 

Allora il gatto suonò sul suo violino

Una musica da far rizzare i morti lì vicino,

Squillava, grattava e strimpellava,

Mentre l'oste, scuotendo l'Uomo della Luna,

"Sveglia, son passate le tre!", gli gridava.

 

Trasportarono l'Uomo su per il colle,

E l'infilarono svelti nella Luna,

I cavall partirono a galoppo folle,

La mucca arrivò saltando come sulle molle,

Piatto e cucchiaio andarono in cerca di fortuna.

 

Sempre più svelto suonava il violino,

Incominciò a ruggire il cagnolino,

Mucca e cavalli camminavan sulla testa,

Gli ospiti saltarono dal letto per far festa,

E tutti danzarono al suono dell'orchestra.

 

Ma la corda del violino si ruppe ad un tratto,

E la mucca saltò al di là della Luna,

Il cagnolino rise; divertente era il fatto,

Ed il piatto del Sabato andò a cercar fortuna

Col cucchiaio d'argento di Domenica ventura.

 

La luna tonda rotolò dietro il colle,

Ed il Sole rizzò la bionda e fiera testa,

Ma subito si disse: "Sogno o son desta?".

Malgrado la sua luce illuminasse a festa,

Tutti tornarono a letto dopo la notte folle!

 

 

L'enigma di Grampasso

 

Non tutto quel ch'è oro brilla,

Né gli erranti sono perduti;

Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza

E le radici profonde non gelano.

Dalle ceneri rinascerà un fuoco,

L'ombra sprigionerà una scintilla,

Nuova la lama ora rotta,

E re quei ch'è senza corona.

 

 

 

La Caduta di Gil-Galad

 

 

 

Gil-galad sugli Elfi soleva regnare:

Tristi cantano ora i menestrelli

I giorni ancor liberi e belli

Del suo regno tra i Monti ed il Mare.

 

 

La sua lancia era aguzza, la sua spada tagliente,

E da lungi il suo elmo splendeva possente.

Migliaia di stelle che in cielo raggiavano

Nel suo elmo d'argento si rispecchiavano.

 

Ma mille anni fa egli cavalcò via,

E nessuno oggi sa dov'egli adesso sia;

E la sua stella cadde nelle tenbre profonde,

A Mordor dove la cupa ombra si diffonde.

 

 

 

Canto di Beren e Luthien

 

 

 

Lunghe eran le foglie e l'erba era fresca,

E le cicute ondeggiavano fiorite e belle.

Una luce brillava nella foresta,

Era tra le tenebre un luccicar di stelle.

Tinúviel ballava nella radura,

Di un flauto nascosto alla musica pura;

Una luce di stelle le inondava i capelli

E la splendida veste, oh Tinúviel!

 

Lì giunse Beren dal monte imponente

E tra le fronde e gli alberi vagabondò disperso,

E dove il fiume elfico scorre turbolento

Camminò solitario ed in pensieri immerso.

Guardando tra le verdi foglie delle foreste,

Vide con meraviglia dalie dorate

Ricoprir il manto e la lunga veste

E la capigliatura bionda come cascate.

 

Per incanto i piedi guariti e riposati,

Che condannati erano ad errare lontano,

Ripresero il cammino, senza paura né rimpianto,

E tra i raggi di luna ei giocava con la mano.

Tinúviel tra i boschi elfici

Fuggiva con piedi alati

Lasciandolo senza amici

Nelle foreste e sui prati.

 

Beren sentì un suono puro, sublime e celeste,

Come di passi e danze pari a petali leggeri;

E musica vibrava sotto le foreste,

Cullando il suo cuore triste ed i suoi pensieri.

Giunse l'inverno e cupi gli alberi e le piante,

Sospiravano tristi, per il tormento

Cadevan le foglie con la luna calante,

La campagna era fredda e gelido tirava il vento.

 

La cercò sempre, lei ch'era bella,

Tra i rami e le foglie e le fronde delle piante,

Al lume della luna, al raggio della stella,

Sotto un cielo pallido, ghiacciato e tremante.

La sua veste fulgeva al bagliore lunare

Mentre in lontananza sul colle danzava

Ed ai suoi piedi agili si vedeva brillare

Una nebbia d'argento ch'ella emanava.

 

Passato l'inverno ella tornò a ballare

E col suo canto giunse la primavera,

Come una felice allodola o una rondine leggera,

Ed un fiume che scorre dolce verso il mare;

E quando ai suoi piedi spunteranno i fiori,

Ei non desiderò altro che starle accanto,

Poterla accompagnare nel ballo e nel canto

Sull'erba fresca dai mille colori.

 

Inseguita, di nuovo ella fuggì via.

Tinúviel! Tinúviel!

Il suo nome elfico era poesia,

Ed ella si fermò un attimo ad ascoltare

Come incantata la voce di Beren

Che svelto la raggiunse e come per magia

La vide fra le sue braccia splendere e brillare

Fanciulla elfica ed immortale.

 

Ma dal destino amaro furono separati,

E vagarono a lungo per monti e pendici

Tra cancelli di ferro e castelli spietati

E boschi cupi e tetri e luoghi abbandonati,

Mentre fra loro erano i Mari Nemici.

Ma un giorno luminoso si ritrovaron felici,

Ed assieme partiron, amati e infine uniti,

Attraverso boschi e campagne fiorite.

 

 

 

 

Poesia di Sam sul Vagabondo

 

 

 

Seduto solo sul suo sedile in pietra il Vagabondo

Sgranocchiava e rosicchiava un vecchio osso liso e rotondo,

Da molti anni lo rosicava

Poichè carne non se ne trovava.

Bruca, rosica, morde!

In una grotta solitario abitava,

E di carne non se ne trovava.

 

 

Arriva Tom coi suoi stivali gialli,

Dice al Vagabondo: «Toh! Che fai lì!

Di mio padre Tim quello lo stinco pare tanto,

Che dovrebbe invece stare al camposanto.

Caverna, grotta e cimitero!

Da anni se n'è andato il nostro Tim compianto,

Ed io credevo proprio che fosse al camposanto».

 

«Amico», disse il Vagabondo, «quest'osso qui io l'ho rubato.

Ma ossa in un buco non han significato.

Tuo padre era ormai scheletro e stecchito

Quando del suo stinco mi sono impadronito!

Morto, defunto e seppellito!

Lui può dare lo stinco a un Vagabondo

Perchè non ha bisogno del suo osso rotondo».

 

Tom disse: «Non vedo perchè

Può far quel che gli pare un tipo come te,

Con lo stinco o la gamba del mio papà,

Perciò quell'osso dammi qua.

Pirata, ladro e farabutto!

Anche se morto gli appartiene ancor tutto,

Perciò dai qua quell'osso, o mi faccio brutto!».

 

«Ho una buona idea», disse il viandante sghignazzando,

«Ora mangio anche te, ed il tuo stinco masticando

Infine un po' di carne fresca potrò assaporare!

Anzi è meglio seduta stante incominciare!

Vedrai, morirai, pregherai!

Son stufo ossa vecchie di dover sgranocchiare,

Ho voglia la mia fame con te di saziare».

 

Ma credeva ormai di aver il pranzo pronto,

Che con un pugno di mosche rimase come un tonto,

In quattro e quattr'otto Tom gli fu dietro,

E gli diede un possente calcio nel retro.

Così impari, soffri e sconti!

Tom pensò che un calcio nel posteriore

Sarebbe stata la cosa migliore.

 

Ma dura come pietra è la carne di un Vagabondo,

Seduto su di un colle da anni ed anni, solo al mondo,

Dargli un calcio è come darlo a un monte imponente,

Perchè egli non lo sente minimamente.

Scalcia, scalpita, sbuffa!

Rise il Viandante sentendo di Tom il lamento,

Sapendo che per i suoi piedi il calcio era stato un tormento.

 

La gamba di Tom è mezza paralizzata,

Ed il suo piede ancor tutto azzoppato,

Ma il Viandante non ci fa caso, e solitario

Continua a rodere l'osso rubato al proprietario.

Pirata, ladro e farabutto!

Intanto ancor seduto sul suo sedile il Vagabondo,

Rosica e sgranocchia l'osso suo rotondo.

 

 

 

 

Canto di Eärendil

 

 

Eärendil era uomo di mare,

Eppur si attardava ad Arvernien;

Costruì una barca di legno

Per recarsi sino a Nimbrethil;

D'argento tessute le vele;

D'argento eran pure le lanterne,

E la prua in forma di cigno,

E la luce sulle bandiere.

 

 

Un'armatura dei re antichi,

In maglia di anelli intrecciati;

Sullo scudo intagliate le rune

Contro tutti i pericoli e i mali;

Un arco di corno di drago,

Le frecce di ebano duro,

D'argento splendente la cinta,

E il fodero di crisopazio;

Valorosa la spada d'acciaio,

Inflessibile l'elmo orgoglioso

Sormontato da una piuma d'aquila;

Uno smeraldo gli splendea sul petto.

 

Sotto la Luna e sotto le stelle

dai nordici lidi andò vagabondando,

Per meravigliosi sentieri incantati,

Sino ad un mondo al di là dei mortali.

Dal gelido tormento dello Stretto Ghiaccio

Ove l'ombra ricopre le colline glaciali,

Dalle fiamme ed il fuoco di antri arroventati,

Egli fuggì via e ancor vagando

Su acque cupe e su laghi fatali

Giunse infine un giorno alla Notte del Nulla,

E vi s'inoltrò e non vide mai tracce

Di rive, di spiagge, di luci di rocce.

 

I venti incolleriti, furibondi lo travolsero,

E tra schiuma e schiuma fuggì ciecamente

Senza più sapere dove est ed ovest fossero

Cercando la via di casa disperatamente.

 

In quel momento Elwing gli apparve davanti,

E brillò una fiamma nell'oscurità;

Più fulgida e splendente di luce di diamanti

Era la favilla sulla sua fronte.

Donò a lui il Silmaril,

Incoronandolo di luce e di vitalità,

Così intrepido e forte e prode Eärendil

Riprese il comando della sua nave.

Nella buia notte di questo mondo oltre il mare

Si levò d'improvviso una tempesta violenta,

Un vento di potere e potenza a Termenel.

Trascinò veloce la sua barca la tormenta

Per sentieri che i mortali non percorrono mai.

Attraverso mari remoti e abbandonati,

Attraverso grigi flutti incantati

Da oriente ad occidente senza tornare mai.

 

Condotto da onde nere e ruggenti

Per leghe infinite, su abissi profondi,

Ove prima che iniziassero i giorni vi erano terre,

Nelle Notte del Nulla, nelle ombre frementi,

Udì su rive di perle

Ove frangono i flutti, ove muoiono i mondi,

Una musica eterna vibrare

Tra l'oro e le gemme trasportate dal mare.

Silente e pensosa la Montagna si ergeva,

E nel suo grembo Valinor il vespro teneva;

Eärendil scorse al di là del mar

Splendente, lontano, remoto, Eldamar.

Sfuggito era infine alla notte,

Giunto in un limpido porto,

Nella Casa di Elfi ove tutto è verde e conforto,

Ove l'aria è fragrante ed il cileo cristallin,

Ove ai piedi del Colle di Ilmarin

Splendide e fulgenti nelle vallate

Di Tirion le alte torri illuminate

Si riflettono sul Lago Ombroso.

 

Lì placò la stanchezza del viaggio,

Imparando melodie soavi,

Ascoltando come in miraggio,

I racconti e le storie degli avi.

Lo vestirono di elfico bianco,

Ed ei partì per contrade nascoste,

Sette luci sul suo cammino stanco,

Come se attraversasse il Calacirian.

Giunse nei luoghi ove il tempo non scorre,

Ove gli anni risplendono eterni,

Ed il Remoto Re governa perenne

Ad Ilmarin sulla Montagna solenne;

Gli svelarono segreti e misteri

Sul conto degli Elfi e degli Uomini veri.

Del mondo gli mostraron visioni

Proibite ai comuni mortali.

 

Poi un nuovo vascello costruirono per lui

In cristallo elfico intagliato;

Non aveva bisogno di remi,

E sull'albero d'argento sbalzato

Nessuna vela avevano issato:

Il Silmaril era allo stesso tempo

Lanterna brillante e bandiera al vento

Posta sulla nave dalla mano di Elbereth;

Ella diede ad Eärendil delle ali immortali,

E dei perenni incantesimi fatali,

Per poter giungere navigando nei cieli

Dalla Luna e dal Sole al di là dei veli.

 

Dalle alte colline di Sempresera

Ove l'acqua delle fontane scorre leggera,

Le ali lo portarono, pari a luce vagante,

Oltre l'imponente Muro di Montagne.

Ma un giorno dalla Fine del Mondo andò via,

Per la sua amata casa piena di nostalgia,

E si rimise in viaggio ondo ritrovarla

Sfavillante come un'isola di stelle;

Giunse così in alto oltre nubi e nebbie,

Una scintilla al cospetto del Sole,

Un prodigio di fronte all'alba nascente

Ove delle Terre Nordiche scorre il grigio torrente.

 

Sulla Terra di Mezzo passò volando

E udì i lamenti, la tristezza ed il pianto

Di molte elfiche voci femminili

Nei Tempi Remoti, negli anni lontani.

Ma egli sapeva di essere condannato

A vagare come un astro infocato

Finchè la Luna non fosse sbiadita,

Prima di poter posare le dita

Sulle Sponde di Qui ove vivono i mortali;

Mai il messaggero si potrà riposare

E nemmeno il suo compito abbandonare

Che è di cercar lungi il suo lume senza ingiuria,

Il Flammifer dell'Ovesturia.

 

 

 

 

L'enigma di Boromir

 

 

 

Cerca la Spada che fu rotta,

A Imaldris la troverai;

I consigli della gente dotta

Più forti di Morgul avrai.

Lì un segno verrà mostrato,

Indice che il Giudizio è vicino,

Il Flagello d'Isildur s'è svegliato,

Ed il Mezzuomo è in cammino.

 

 

 

Inverno nelle Terre Selvagge

 

 

 

Quando incomincia a mordere l'inverno

E nella notte gelida scricchiano i sassi,

Quando gli stagni son neri, e gli alberi tutti spogli,

E' nefasto per le Terre Selvagge avviare i propri passi.

 

"Il vento faceva il gallo segnavento turbinare

al punto che la coda non riusciva a tener su;

e il tordo che la brina faceva sì gelare

lumache e chioccioline non riusciva a beccar più.

"E' duro assai il mio caso!" il tordo lamentò,

e "Tutto quanto è vano" il gallo replicò;

da allora il loro gemito non si fermò mai più."

 

 

 

 

 

 

Piatti! (La Canzone di Bilbo)

 

 

 

Seduto accanto al fuoco, rifletto

Su tutto quel che ho visto

Sulle farfalle ed i fiori dei campi

In estati ormai da me distanti

 

 

Penso a foglie giale e a tele di ragno

In autunni che più non torneranno

Alle nebbiose mattine, e al sole d'argento,

E ai miei capelli agitati dal vento.

 

Seduto accanto al fuoco, rifletto

Al mondo che sarà,

Quando l'inverno un giorno giungerà,

Ma della primavera io non vedrò l'aspetto.

 

Vi sono infatti tante e tante cose

Che io purtroppo ancora non conosco:

Diversi in ogni prato ed in ogni bosco

Il verde ed il profumo delle rose.

 

Seduto accanto al fuoco, rifletto

Ai popoli vissuti tanto tempo fa,

Ed a coloro che vedranno un mondo

Che a me per sempre ignoto resterà

 

Ma mentre lì seduto rifletto

Sui tempi che fuggiron veloci

Ascolto in ansia ed aspetto

Il ritorno di passi e di voci.

 

 

 

 

Il Canto di Durin

 

 

 

Giovane era il mondo, e le montagne verdi

Ancora sulla Luna macchia non era da vedervi,

Nessuna parola su fiume o rupe eretta in aria,

Quando Durin destatosi camminò in terra solitaria.

Diede nome ad anonimi colli e vallate,

Bevette da sorgive ancor mai assagiate;

Egli si chinò per guardare nel Mirolago,

E di una corona di stelle vide il contorno vago;

Parean gemme incastonate in argento,

Sulle ombre del suo bel capo intento.

 

Bello era il mondo, ed alti i monti ignoti,

Prima della caduta, nei Tempi Remoti,

Dei potenti re che son fuggiti via

Da Nargothrond o Gondolin che sia

Dai Mari Occidentali sull'altra sponda:

Ai tempi di Durin la terra era gioconda.

 

Era re su si un trono intarsiato

Fra saloni dal gran colonnato;

Sul capo i soffitti d'argento,

Su porte le rune del potere, e d'oro il pavimento.

Di sole, luna e stelle il bagliore infocato

Nei lampadari lucidi di cristallo molato,

Che sempre splendidi e imponenti brillavano,

E che mai nubi ed ombre di notte offuscavano.

 

Ivi colpiva l'incudine il martello,

Ivi l'incisor scriveva, ed oprava lo scalpello;

Ivi forgiata la lame ed all'elsa unita,

Ivi minator scavava e murator costruiva con fatica.

Ivi gemme perle ed opale iridescente,

E metallo lavorato come maglie di rete incandescente.

Ivi scudi e corazze, acse, spade e pugnali,

E le trombe squillavano ai cancelli.

 

Il popolo di Durin mai non si stancava;

Sotto le montagne la musica suonava:

Fremevano le arpe, cantavano i menestrelli,

E le trombe squillavano ai cancelli.

 

Il mondo è grigio e le montagne anziane,

Nelle fucine, le fredde ceneri sono del fuoco un ricordo lontano.

Nessun'arpa vibrante, nessun ritmo di martelli.

Regna l'oscurità su miniere e castelli;

Sulla tomba di Durin incombe fosca l'ombra,

A Moria, a Khazad-dûm.

Ma ancora appaiono le stelle morenti

Nel Mirolago oscuro e senza venti.

Là giace in abissi d'acque di Durin la corona,

Lì si risveglierà, quando sarà giunta l'ora.

 

 

 

 

La storia di Nimrodel

 

 

 

Elfica fanciulla d'un tempo passato,

Stella che brilla al vento,

Bianco il suo mantello e d'oro bordato

E le scaroe grigio argento.

 

 

Una stella sulla sua fronte,

Una luce nei suoi capelli,

Il sole brilla tra le fronde

A Lórien dei giorni belli.

 

Lunghi i capelli, bianca la pelle, chiara la voce

Della libera fanciulla volante

Nell'aria e nel vento come luce veloce,

Come sul tiglio foglia vibrante.

 

Nel Nimrodel fra le cascate

Dalle acque chiare e spumeggianti

La sua voce come gocce argentate

Squillava tra i flutti scintillanti.

 

Nessuno sa per quali alti valichi

Se all'ombra o al sole ella errando vada,

Perchè Nimrodel smarrita in tempi antichi

E persa fu nei monti e nella rugiada.

 

Nei rifugi oscuri la elfica nave,

Sotto il riparo del monte,

Da giorni e giorni l'aspettava

Nelle rugenti acque profonde.

 

Un canto al Nord si levò di notte,

Ululava e gemea,

E trascinò via dai porti le navi a frotte

Nella potente marea.

 

Pallida venne l'alba e le terre fuggivano.

Grigio svaniva il monte

Oltre le grandi onde che violente muggivano

E spumeggiavano sino all'orizzonte.

 

Amroth le spiagge ed i lidi mirava

Oltre l'onda sollevata,

Odiando la nave infida che l'allontanava

Da Nimrodel la sua adorata

 

Egli Re Elfico anticamente era,

Signore d'albero e di radura,

Quando d'oro brillavano i rami in primavera

A Lothlórien la pura.

 

Lo videro balzare dal timone nel mare

Come la freccia dalla corda tesa,

E nelle acque profonde nuotare

Come il gabbiano sull'onda protesa.

 

Il vento impetuoso nel fluente capello,

La schiuma lo avvolgeva tutto,

Lungi lo videro possente e bello

Attraversare il flutto.

 

Ma da ovest non è giunto messaggio

E sul vicino lido incantato

Gli Elfi nulla sanno del viaggio

Di Amroth loro re adorato.

 

 

 

 

 

Canto funebre per Gandalf (Frodo)

 

 

 

Grigia era la sera nella Contea,

Il suo passo si udì sulla Collina;

Ma prima che brillasse l'alba argentea,

Già era partito per la sua via.

 

 

Dalle Terre Selvagge agli occidentali lidi,

Dai deserti del Nord ai colli verdeggianti,

Nel covo del drago e nei nascosti nidi

Egli camminò a lungo nei boschi ombreggianti.

 

Con Hobbit e con Elfi, con Uomini e con Nani,

Con coloro che non muoiono e con i mortali,

Con la bestia nel covo e l'uccello sui rami,

Egli sapea parlare le lingue locali.

 

Voce squillante, mano che guarisce,

Una schiena curva sotto il grave peso,

Bastone che guida, spada che ferisce,

Un pellegrino stanco sul sentiero scosceso.

 

In sapienza ed in saggezza egli era signore,

Un vecchio dal cappello antico e corroso,

Alla collera e al riso pronto a tutt'ore,

Appoggiato sul suo fedele bastone nodoso.

 

Solo si ergea sul ponte,

Sfidando sia il fuoco che l'ombra;

Rotto il bastone nel monte,

Khazad-dûm fu la sua tomba.

 

E Sam aggiunge:

 

I razzi ed i fuochi più belli del mondo,

Le stelle dal verde e dal blu più giocondo,

Il rombo d'un tuono e le scintille infocate

Cadono come pioggia di gocce dorate.

 

 

 

 

 

L'addio di Galadriel

 

 

 

 

Cantavo di foglie, di foglie dorate, e sulle foglie l'oro brillava,

 

Cantavo del vento, ed il vento incatato tra le fronde e le foglie giocava.

Al lume del sole, al raggio di luna, sul mare brillava la schiuma.

Un albero d'oro, ad Ilmarin ermo, su lidi e su spiagge profuma.

 

 

Al lume di stelle di Sempre-vespro esso si veda brillar,

Ai piedi delle mura di Elven Tirion, rifulgeva ad Eldamar.

Ivi da anni ed anni crescono le foglie d'oro,

 

 

Qui sui Mari Nemici gli Elfi piangono in coro.

 

Oh Lorien! Giunge l'inverno, l'Ora nuda e spoglia,

Il Fiume fugge via e trascina con sé la foglia.

Oh Lorien! Sulla Riva Citeriore troppo tempo ho passato,

Sbiadita è la mia corona d'elanor dorato.

Ma se adesso di navi dovessi cantare, qual nave vedrei arrivare,

Qual mare potrebbe ormai portare Galadriel al di là del mare?

 

 

 

 

 

Canto funebre di Boromir

 

 

 

Su Rohan, su campi e stagni, tra l'erba verde e alta,

Soffia il Vento dell'Ovest, e il muro e il vallo assalta.

«Che nuove stanotte per me, o Vento dell'Ovest vagante?

Boromir l'Alto vedesti, al chiaro di luna o al sole avvampante?».

 

 

«Sette torrenti passò cavalcando, grigi e ruggenti;

L'ho visto in terre deserte, solo, inseguire i venti

E l'ombre del Nord, per sempre. Ha udito il Vento del Nord,

Forse, suonare il corno del figlio di Denethor».

«O Boromir!, dalle mura gurdo a ovest, cercandoti invano,

Ma tu più non sei tornato dal buio deserto lontano».

 

 

Soffia il Vento del Sud, da dune e scogliere, dal Mare,

Con voce tremante, e porta fin qui del gabbiano il gridare.

«Che nuove dal Sud per me, o vento che spiri fremendo?

Dov'è Boromir il Bello? Tarda, ansioso lo attendo».

«Non chiedermi dove egli sia...Le ossa son molte

Sui neri scogli e sulla bianca rena, nelle cupe notti sconvolte;

Tanti, in cerca del Mare, dell'Anduin solcan la via.

Chiedi al Vento del Nord che ne è di quelli che m'invia!».

«O Boromir! Là dove geme il Vento, la via porta a sud verso il Mare,

Ma tu non giungi al grido dei gabbiani, dalle grige sponde del Mare».

 

Dalla Porta dei Re soffia il Vento del Nord, sopra rapide e forre;

Freddo e limpido il suo richiamo scroscia e tuona intorno alla torre.

«Che notizie dal Nord, o vento possente, rechi oggi per me?

Che ne fu di Boromir l'Intrepido, che da tempo qui più non è?».

«Sotto Amon Hen gridava, oppresso da molti nemici.

L'elmo rotto, la spada in frantumi, alle acque l'affidaron gli amici.

Il capo fiero e il bel volto alla morte han consegnato.

E Rauros, le rapide d'oro, lontano con sé l'ha portato».

«Boromir! La Torre di Guardia sempre a nord rivolta sarà,

Verso Rauros, le rapide d'oro, sino all'ultimo dì che verrà».

 

 

 

 

Inno per Gondor

 

 

 

Gondor! Gondor! Terra fra i Monti e il Mare!

Dove soffiava il Vento d'Ovest, e sull'Albero d'Argento la luce pare

Brillante pioggia nei parchi dei Re che più fra noi non sono.

Oh prodi mura! Oh torri bianche! Corona alata e dorato trono!

Oh Gondor! Gondor! Vedran più gli Uomini l'Albero d'Argento,

E tra i Monti e il Mare soffierà più il Vento?

 

 

 

La lunga lista degli Ent

 

 

 

Impara ora la storia degli Esseri Viventi,

Ricorda che son quattro le libere genti.

Elfi vengono quelli più antichi chiamati,

Nani gli scavatori delle buie dimore,

Ent i vecchi come i monti e dalla terra nati,

Uomo infine il mortale, dei cavalli il signore.

 

 

Castoro il costruttore, daino il saltatore,

Orso il cacciator d'api, cinghiale il lottatore,

Cane affamato, coniglio spaventato...

 

Aquila rapace, bue nei campi,

Cervo di corna incoronato, falco veloce ed alato;

Cigno il più bianco, serpente il più freddo...

 

Aggiunto da Barbalbero:

 

Ent vecchi come monti e dalla terra nati,

grandi camminatori e bevitori d'acqua;

Hobbit bimbi allegri e sempre affamati,

popolo ridente, di piccola gente.

 

 

 

 

 

I ricordi di Barbalbero

 

 

Fra salici e prati a Tasarinan passeggiavo in Primavera.

Ah! la vista e il profumo di Primavera a Nan-tasarion!

Dicevo: "E' bello!".

Nei boschi di olmi d'Ossiriand erravo d'Estate.

Ah! le luci ed i suoni d'Estate

fra i Sette Fiumi di Ossir!

Pensavo ch'era ancor meglio.

Ai faggi di Neldoreth giungevo infine in Autunno.

Ah! il rosso e l'oro ed il fremer di foglie d'Autunno a Taur-na-neldor!

Colmava ogni mio desiderio.

Sino ai pini degli altipiani di Dorthonion salivo d'Inverno.

Ah! il vento e il bianco e il nero dei rami d'Inverno a Orod-na-Thôn!

S'innalzava il mio canto nei cieli.

Ed ora sommerse dall'onda son quelle terre.

E io cammino attraverso Ambarona, Tauremorna, Aldalómë,

Attraverso il mio territorio, il paese di Fangorn,

Ove lunghe son le radici,

E più fitti che foglie gl'innumerevoli anni

A Tauremornalómë.

 

 

L'Ent e l'Entessa

 

 

ENT. Quando Primavera apre le foglie di faggio, e la linfa scorre nei rami;

Quando luce scintilla sul rapido torrente, e vento soffia sui colli lontani;

Quando è lungo il passo e profondo il respiro, e pura l'aria di montagna,

Ritorna a me! Ritorna a me, e di' ch'è bella la mia compagna!

 

ENTESSA. Quando Primavera è nei campi e nei giardini, e sullo stelo di grano;

Quando candidi fiori come neve splendente coprono il frutteto nel piano;

Quando sole e nembo empion di fragranza terra e aria,

Io resto qui, non torno a te, perchè amo la mia campagna varia.

 

ENT. Quando l'Estate avvolge la terra in un meriggio d'oro;

Quando sotto le fronde di foglie dormienti gli alberi sognano e sussurrano in coro;

Quando nei boschi son verdi e fresche le radure, e vento soffia da occidente,

Ritorna a me! Ritorna a me, di' che la mia terra è più attraente!

 

ENTESSA. Quando Estate riscalda la bacca matura e il dolce frutto ormai pronto;

Quando d'oro è la paglia e bianca la spiga, ed assaporiamo il raccolto;

Quando trabocca di miele e si gonfia la mela, pur se vento soffia da occidente,

Io resto qui, non torno a te, perchè la mia terra è più attraente!

 

ENT. Quando verrà l'Inverno, dilaniando colline e boschi;

Quando cadranno gli alberi e giorni e notti saran foschi;

Quando soffiar da est il vento micidiale sentirò,

Nella bufera ti cercherò, nella bufera t'invocherò, e da te di nuovo tornerò!

 

ENTESSA. Quando verrà l'Inverno e finiranno i canti, e dovunque regnerà l'oscurità;

Quando il ramo nudo vedrò rotto, ed ogni opera distrutta sarà;

Ti cercherò, ti attenderò, e un dì ci ritroveremo:

Insieme allora nella bufera a fianco a fianco cammineremo!

 

INSIEME. Insieme allora nella bufera a fianco a fianco ad ovest ce ne andremo,

Ed una terra ove ambedue i nostri cuori riposar potranno troveremo.

 

 

Canto della marcia degli Ent

 

 

Veniam, veniam, con con rombo di tamburo: ta-runda runda runda rom!

Veniam, veniam, con corno e con tamburo: ta-runa runa rom!

 

 

Isengard! Anche se sei protetto da un maledetto, da monti e da ponti, noi faremo i conti!

Isengard! Anche se sei forte e violento, freddo come vento, duro e cruento, è giunto il momento,

E' giunta la guerra e trema la terra, sfonderem la pietra e la porta tetra!

Bruciano il tronco ed il ramo, e noi andiamo,e noi marciamo

Con passo più duro di sasso, più grave di masso, con tono cavernoso e basso.

A Isengard portiamo sconquasso e fracasso,

Sterminio e distruzione, scompiglio e perdizione!

 

 

 

Il canto di Bregalad

 

 

Oh Orofarnë, Lassemista, Carnimírië!

Oh dolce sorbo, come splendeva bianco sul tuo capo il fiore!

Oh sorbo mio, in un giorno d'estate io scorsi il tuo bagliore!

Corteccia lucente, voce limpida e dolce, fogliame fresco e leggero;

 

Era rosso-oro la grande corona che in capo portavi altero!

Oh sorbo mio addio! La tua chioma morta grigia e secca è ormai;

La corona è caduta, la tua voce è perduta e per noi più non canterai.

Oh Orofarnë, Lassemista, Carnimírië!

 

 

 

Messaggio di Galadriel

 

 

 

Elessar, Elessar, dove sono adesso i Dunedani?

Perchè sogliono i tuoi errar così lontani?

E' ora che i Perduti si facciano avanti,

Che arrivino i Grigi Compagni dal Nord su cavalli fumanti.

Ma buio è il sentiero ove dovrai camminare,

I Morti guardan la strada che porta sino al Mare.

 

Legolas Verdefoglia, a lungo nella foresta

Hai vissuto con gioia. Guardati dall'Onda!

Se il gabbiano odi gridar sulla sponda,

Il tuo cuor più non riposerà nella foresta

 

 

 

 

Il canto di Lorien (Gandalf)

 

 

A Lorien, a Dwimordene

Gli Uomini han camminato raramente,

Pochi mortali han veduto splendente

La luce che vi brilla sempre.

Galadriel! Galadriel!

Limpida l'acqua del tuo pozzo lontano;

Bianca la stella nella tua bianca mano;

Candaidi e puri son foglia, terra e grano

A Lorien, a Dwimordene,

Più belli dei pensieri degli Uomini Mortali.

 

 

 

Lamento dei Rohirrim

 

 

Dove sono cavallo e cavaliere? Dov'è il corno dal suono violento?

Dove sono l'elmo e lo scudiere, e la fulgida capigliatura al vento?

Dov'è la mano sull'arpa, e il rosso fuoco ardente?

Dov'è la primavera e la messe, ed il biondo grano crescente?

Son passti come pioggia sulla montagna, come raffiche di vento in campagna;

I giorni scompaiono ad ovest, dietro i colli che un mare d'ombra bagna.

Chi riunirà il fumo del legno morto incandescente?

Chi tornerà dal Mare e potrà mirare il tempo lungo e fuggente?

 

 

 

Il mistero degli Ent (Gandalf)

 

Prima che si scoprisse il ferro e s'abbeattesse il tronco fosco,

Quando giovane il monte era sotto la luna,

Non forgiato l'anello né scoperta sfortuna,

Lui camminava nel bosco

 

 

 

Una rima di sapienza

 

 

Alte navi ed alti re

Tre volte tre,

Che portaron da terre sommerse

Oltre il mare in tempesta?

Sette stelle e sette pietre

E un albero bianco.

 

 

 

La canzone di Gollum

 

 

 

Terra fredda e dura

Che morde e tortura

Che rode le dita.

Rocce, sassi e macigni

Come vecchi ossi arcigni

Senza carne né vita.

Ma stagni e ruscelli

Son freschi, son belli;

La fatica è finita!

Vediam se ci riesce....

 

 

 

 

 

 

 

L'indovinello di Gollum

 

 

Vive senza respirare;

E' freddo come il mare;

Non beve e non ha mai sete;

Veste di maglia ma mai lo udirete.

Annega sui terreni asciutti

E prende per un monte

L'isola tra i flutti

E crede che una fonte

Sia l'aria che sbuffi

Sì lisci, sì buffi!

Che gioia fra le dita!

Vediam se ci riesce

Di prendere un pesce,

polpa saporita!

 

 

 

 

 

L'Olifante

 

 

Come un topo son grigio

E grande come un edificio,

Il mio naso è un serpente

E il mio passo irruente

Fa tremare la terra

Molto più di una guerra.

Con due corna in bocca

Camminare mi tocca,

Sventolando l'orecchio.

M anon sono mai vecchio

Pur marciando parecchio,

Pur se supino mai,

Neanche per morire mi vedrai.

Io sono Olifante,

Il più importante,

Il più grosso e il più grande.

Se un giorno t'incontro

Non scorderai lo scontro;

Ma se non mi vedi,

So che non ci credi.

Eppur sono Olifante,

Il vecchietto ben portante.

 

 

 

 

La profezia di Malbeth

 

Vedo già sulla terra una lunga ombra,

Mutarsi ad occidente in buia tenebra.

Trema la Torre; e vicino è il destino

Alle tombe dei re. Sorgono i Morti,

E giunta è l'ora per i traditori:

Di nuovo, in piedi sulla Roccia d'Erech,

Udran sui colli lo squillar di un corno.

Chi suonerà? Chi, dalle grigie tenebre,

Quella perduta gente chiamerà?

L'erede di colui che allor tradirono

Verrà dal Nord, sospinto dal bisogno,

E varcherà il Cancello che separa

Le nostre vie dai Sentieri dei Morti.

 

 

 

La carica degli Eorlingas

 

Desti ora, desti, Cavalieri di Théoden!

Terribili eventi nell'oscuro Oriente.

Sellate i cavalli, suonate le trombe!

Avanti Eorlingas!

 

 

 

 

Canto funebre per Théoden

 

 

Dal buio Dunclivo nel cupo mattino

il figlio di Thengel partì col suo scudiero;

giunse ad Edoras, l'antico palazzo

del trono del Mark, velato da brume;

avvolte in tenebre le volte dorate.

Disse addio al suo libero popolo,

al focolare, al trono ed agli amati luoghi,

felici dimore prima dell'oscurità.

Avanzò il Re. Innanzi alui il destino.

Dietro la paura. Tutti fedeli furono,

e le promesse fatte anch'esse mantenute.

Avanzò Théoden. Cinque dì e cinque notti

sempre più ad est galopparono gli Eorlingas,

attraverso Falda e Fenmarch e Firien,

seimila lance per il Sunlending.

Ecco Mundburg si erge ai piedi del Mindolluin,

città dei re del Mare nel regno del Sud,

assediata dai nemici, cinta dal fuoco.

Il fato li spinse avanti. Le tenebre inghiottirono

uomini e cavalli; il rumore degli zoccoli svanì

nel lontano silenzio; questo narrano i menestrelli.

Dal dubbio, dal buio, al sorger del giorno

galoppò al sole, spada sguainata.

Speranza destò, in speranza partì;

oltre la morte, la paura ed il fato,

verso la pace, la speranza e la gloria.

 

 

 

Alla morte di Theoden

 

 

Non piangete troppo! Nobile colui che cadde,

Degna la sua morte. Davanti alla sua tomba

Donne singhiozzeranno. La guerra ora ci chiama!

 

 

Canto di Eomer

 

 

Dal dubbio e dalle tenebre verso il giorno galoppai,

E cantando al sole la spada sguainai

Svanita ogni speme, lacero è il cuore:

Ci attende la collera, la rovina ed il notturno bagliore!

 

 

 

 

La Battaglia dei Tumuli

 

Udimmo squillare i corni nei colli,

Brillavan le spade nel regno del Sud.

Al galoppo i cavalli verso pietralanda

Come vento al mattino. Scoppiava la guerra.

 

Lì cadde Théoden, possente figlio di Thengel,

E palazzi dorati e verdi pianure

Del reame del Nord non lo rividero,

Grande e nobile sire. Harding e Guthláf,

Dúnhere e Déorwine, il valoroso Grimbold,

Horn e Fastred, Herefara e Harebrand, Combattendo caddero in terra lontana:

Nei Tumuli di Mundburg giaccion sotto l'erba,

Accanto ai compagni, signori di Gondor.

 

Né Hirluin il Bello ai colli sul mare,

Né Forlong il Vecchio alle valli fiorite

In gloria e trionfo tornarono.

E mai più rividero gli altri arcieri

Derufin e Duilin, del Morthond le scure acque,

All'ombra delle montagne.

 

Morte al mattino ed al calar del giorno

Colse gli eroi. Dormiranno a lungo

Sotto l'erba presso il Grande Fiume.

Ora scorre grigio e splende come l'argento,

Allora scrosciava come acque ruggenti:

Ardeva di sangue la schiuma al tramonto,

Come roghi avvampavano i monti nella sera;

Rossa la rugiada nel Rammas Echor.

 

 

Athelas

 

Udimmo squillare i corni nei colli,

BQuando qui soffierà l'alito nero

E dell'ombra mortal verrà l'impero

E svanirà la luce ed il sereno,

Allora Athelas imploreranno!

Vita ad ogni morente

In mano al re sapiente

 

 

 

I prati di Lebennin

 

Scorron d'argento i ruscelli da Celos ad Erui

A Lebennin nei prati verdi!

Alta è l'erba che cresce, e nel vento del Mare

Dondolano candidi gigli

E campanelli d'oro di mallos ed alfirin

A Lebennin nei prati verdi,

Nel vento del Mare!

 

 

 

Sam nella torre degli orchi

 

Nelle terre d'Ovest ove il sole brilla

Nascono i boccioli in primavera,

fioriscono gli alberi, l'acqua zampilla,

gli uccelli cantan nella sera.

Son senza nubi le notti e son belle,

e portan dolcemente le betulle

come gemme bianche le elfiche Stelle

fra i loro capelli di fanciulle.

Del mio viaggio la fine è arrivata,

delle tenebre orribile è il peso,

ma oltre torre alta e alata,

oltre monte e pendio scosceso,

sulle ombre il Sole si è alzato

e le Stelle brillano in cielo.

Non dirò che il Giorno è passato,

che le Stelle portano un velo.

 

 

Canto del Mare (Legolas)

 

Al Mare, al Mare! I bianchi gabbiani chiamano,

Il vento soffia, e le bianche schiume danzano.

Ad ovest, ad ovest, il sole sta tramontando.

Nave, nave grigia, stanno chiamando

Le voci di quelli già arrivati?

Lascerò, lascerò i boschi ove siam nati;

Stan finendo i nostri giorni quasi tutti,

Ed io traverserò da solo i flutti.

Lunghe son le onde sull'Ultima Spiaggia,

E dolce l'Isola Perduta che a partire incoraggia,

Ad Eressëa, Elfica Dimora che mai alcuno scoprire potrà,

Ove non cadon le foglie: terra della mia gente per sempre sarà!

 

 

 

 

Il canto delle Aquile

 

Cantate ora, gente della Torre di Anor,

perchè il Regno di Sauron è finito per sempre,

e la Torre Oscura è crollata.

 

 

Cantate e gioite, gente della Torre di Guardia,

perchè non fu vana l'attesa,

e il Cancello Nero è spezzato,

e il vostro Re l'ha varcato,

ed egli è vittorioso.

 

Cantate e godete, tutti voi figli dell'Ovest,

perchè il vostro Re tornerà,

e in futuro in mezzo a voi vivrà

tutti i giorni della vita.

 

E l'Albero appassito rifiorirà,

ed egli nei luoghi alti lo pianterà,

e benedetta sarà la Città.

 

Cantate quindi, o gente!


Gil Galad - Stella di radianza





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