Riflessione pesante, al limite dell’indigesto: cos’è la realtà.
Una cosa mi sembra certa: la comprensione della realtà straborda dai limiti sensibili (e forse intellettivi) dell’umano.
Ci sono concetti che riusciamo a concepire come negazione di nostre esperienze: l’infinità spaziale e temporale in opposizione al limite; l’idea di altre possibili dimensioni in rapporto a quelle che riusciamo a percepire, ecc.
Eppure, è probabile che la struttura del Tutto sia non soltanto fuori dalla nostra possibilità di percezione, ma anche di concezione. E in questo caso, ci sarebbe ben poco da fare.
Rispetto al conoscibile, negli ultimi cento anni, è stato fatto qualche passo lungo la strada che conduce alla consapevolezza (strada che probabilmente non percorreremo mai per intero – ma il senso è nel viaggio, o no? -): esiste qualcosa di profondamente diverso da come sembra.
La teoria di Einstein ci inserisce in un Universo che funziona secondo regole diverse da quelle sperimentate dall’uomo sensibile: per esempio, il tempo e lo spazio non sono entità assolute, ma sono più flessibili di quanto appaiano ai nostri sensi. In maniera ancora più radicale, la meccanica quantistica mostra una materialità molto più plasmabile rispetto a come la percepiamo: essa sembra “vibrare” incessantemente in infinite virtualità potenziali, e “congelarsi” soltanto quando viene percepita (osservata) da una coscienza che la alterata e la indirizza: in questo senso, sarebbe il percettore cosciente a concretizzare una tra alternative che sono in uno stato di com-presenza. Tutto ciò che noi osserviamo, sarebbe soltanto la schiuma in un oceano di possibilità virtuali, che rimangono tali, oppure si concretizzano tutte, in infiniti universi paralleli al nostro.
Quel che sembra accomunarci alle particelle sub-atomiche è l’incertezza (“sono qui, o son lì? Dimmelo tu!”;“Partecipo in questo o quest’altro?”, si chiederà la particella nel suo stato di onda :-D). Noi però, a differenza di quelle (forse), possiamo porci delle domande.
Domande a cui la scienza non può rispondere, perché essa si muove con il passo sicuro (ma corto) della verificabilità e dell’evidenza. Domande che la filosofia può affrontare, col passo vacillante (seppur lungo) dell’indimostrabile. Domande che l’immaginazione può cavalcare, galoppando alla cieca, ma tenendosi almeno aggrappata alle redini della logica e dell’imparzialità.
Qualche domanda. Ben volute altre domande, e qualsiasi tentativo di risposta a queste.
1 A) Esiste una realtà oggettiva (esterna) o la realtà è necessariamente soggettiva (interna)? 1B) Qual è il rapporto tra coscienza-pensiero e materia? 1 C) E’ la materia che crea la coscienza per tramite del cervello, o esiste un flusso incessante di coscienza-pensiero che si concretizza, tra l’altro, anche nella sostanza materiale che conosciamo? 1 D) Qual è la natura del pensiero, e com’è definibile la sua immaterialità (o forse si dovrebbe parlare di “diversa materialità”)? 1 E) Può la coscienza modificare direttamente o indirettamente la realtà materiale? 1 F) Di che natura è la diversa materialità che gli scienziati individuano in quelle che vengono chiamate “Materia Oscura” ed “Energia Oscura” e che costituirebbero la stragrande parte del nostro Universo?
2 A) L’Universo che osserviamo è unico, o ne esistono altri (o infiniti altri)? 2 B) Se ne esistono altri, essi sono sovrapposti al nostro su piani dimensionale differenti, o esistono nella nostra struttura quadri-dimensionale, ma in altri ambiti spazio-temporali? 2 C) Essi esistono al di là degli osservatori coscienti, o in quanto “prodotti” di osservatori coscienti?
3 A) Qual è il legame che unisce ogni cosa esistente? 3 B) Esiste un “esistente” e un “non esistente” (un nulla), o tutto ciò che può esistere, esiste? 3 C) Se c’è differenza tra nulla ed esistenza, perché esiste qualcosa invece che niente?
4 A) Cos’è la vita rispetto alla materialità non vivente: una delle sue infinite possibilità, o qualcosa di diversamente connaturato e fondamentale? 4 B) Com’è da intendersi l’evoluzione della vita: una tendenza con uno scopo occasionale, o una precisa progettualità verso un fine superiore? 4 C) Esiste un rapporto tra i concetti umani di “senso”, “scopo” e l’intrinseca struttura del Tutto? 4 D) Quest’ultima è qualcosa che rientra nelle nostre limitate capacità di percezione e di concezione, o è qualcosa di non intelligibile?
Vado a bermi un digestivo :-D
Nessuno dice niente?
Se tacete, potrei decidere per appigliarmi alla versione accettata dalla stragrande maggioranza della gente: esiste un Dio, che è insieme mamma buona e papà severo, il quale ci ha "partoriti" a sua immagine e poi si è nascosto per vedere se saremmo stati bimbi buoni o no :unsure:
Io non mi pongo il problema. Sono contento di esistere e basta. Se ci sono altri universi, basta che non mi creino problemi. Ritengo che Dio sia solo l'invenzione di uomini primitivi, incomprensibilmente seguita ancora oggi, ma se dovesse proprio esistere la cosa non mi fregherebbe minimamente, ci sono cose più importanti di lui.
Minimalismo e pragmatismo. E' un'ottima scelta razionale ^_^
Eppure, nel momento in cui dici "Ritengo che Dio sia solo l'invenzione di uomini primitivi", una risposta l'hai pur fatta, e quindi una domanda te la sei posta.
E' strano che ci interessino tanti misteri e rompicapo più "terraterra", e quello più grande, quello che determina tutti gli altri, sembra non interessare quanto dovrebbe. Ci si diverte a spremersi le meningi su chi siano i genitori di Jon Snow, ma non su cosa siamo noi, cosa è la realtà.
Spero sia per una scelta razionale dovuta all'idea di non poter leggere da nessuna parte la soluzione, la risposta giusta, ma non ne sono convinto: la gente non è così razionale :D E poi, per tanti altri appassionanti misteri non esiste una risposta definitiva...
Ovvio che la domanda me la sono posta, è come per il Grande Fratello: finisci per doverci pensare per forza anche se fino a due secondi prima vivevi bello felice senza saperne niente, solo perché c'è gente che si diverte a fartici pensare e non si da pace finché non hai detto la tua (non mi riferisco a te, ovviamente). Delle zanzare in forma umana, praticamente, che andrebbero schiacciate.
Io non mi pongo il problema. Sono contento di esistere e basta. Se ci sono altri universi, basta che non mi creino problemi. Ritengo che Dio sia solo l'invenzione di uomini primitivi, incomprensibilmente seguita ancora oggi, ma se dovesse proprio esistere la cosa non mi fregherebbe minimamente, ci sono cose più importanti di lui.
Ovvio che la domanda me la sono posta, è come per il Grande Fratello: finisci per doverci pensare per forza anche se fino a due secondi prima vivevi bello felice senza saperne niente, solo perché c'è gente che si diverte a fartici pensare e non si da pace finché non hai detto la tua (non mi riferisco a te, ovviamente). Delle zanzare in forma umana, praticamente, che andrebbero schiacciate.
mi sembra un approccio decisamente semplicistico - per non dire sempliciotto - alla realtà.
il fatto che la quasi totalità delle più grandi menti della storia, non solo in ambito filosofico-religioso, ma anche in ambito artistico e scientifico, si siano non solo poste il problema sull'eventuale esistenza di un Dio/Logos e sulla "natura" della Realtà, ma abbiano anche affrontato il problema e cercato delle risposte non banali (che possono essere le più diverse, dall'ateismo alla fede ortodossa al prendere atto dell'inesistenza di una risposta) dovrebbe essere uno dei pochi casi in cui è sufficiente fare richiamo agli endoxa (non tanto per le conclusioni quanto proprio per il "porsi" il problema) per liquidare la tua apologia sulla beata ignoranza come un atteggiamento, questo sì, abbastanza neanderthaliano ;)
per rispondere alla discussione, personalmente ritengo che l'assioma fondamentale (discutibile, ma se cade questo assioma diventa impossibile discutere di alcunché) è che quacosa esista. Che ci sia un Realtà. Già questo non è un dato poi così scontato, e non privo di implicazioni filosofiche... come si chiedeva Leibniz, perchè l'Essere piuttosto che il Nulla?
ma lasciamo perdere questa questione, totalmente metafisica.
1 A) Esiste una realtà oggettiva (esterna) o la realtà è necessariamente soggettiva (interna)? 1B) Qual è il rapporto tra coscienza-pensiero e materia? 1 C) E’ la materia che crea la coscienza per tramite del cervello, o esiste un flusso incessante di coscienza-pensiero che si concretizza, tra l’altro, anche nella sostanza materiale che conosciamo? 1 D) Qual è la natura del pensiero, e com’è definibile la sua immaterialità (o forse si dovrebbe parlare di “diversa materialità”)? 1 E) Può la coscienza modificare direttamente o indirettamente la realtà materiale? 1 F) Di che natura è la diversa materialità che gli scienziati individuano in quelle che vengono chiamate “Materia Oscura” ed “Energia Oscura” e che costituirebbero la stragrande parte del nostro Universo?
domande A e B
secondo me, anche in questo caso occorre porre il (discutibile) assioma che esista perlomeno una minima separazione tra la realtà esterna e quella interna, tra IO cosciente il resto del Tutto.
Ovvero che vi sia un SOGGETTO in grado di conoscere (in modo parziale, distorto, quello che si vuole) l'OGGETTO. Per due motivi:
1. Innanzitutto, per il praticissimo motivo che, anche se forse ci è possibile concepire/esperire l'identità perfetta tra soggetto e oggetto in modo intuitivo/istintivo (chessò, meditazione zen, musica di mozart, uso di droghe pesanti), non è possibile elaborare un discorso logico che lo giustifichi, perché razionalità e dialettica presuppongono l'uso e la distinzione di un soggetto e un oggetto. Quindi diventa una questione meramente fideistica... rispettabile certo, ma non idonea ad essere discussa.
2. In secondo luogo, perché credo che si possa conoscere solo ciò che è diverso. Se c'è perfetta identità tra soggetto e oggetto, tra pensiero/coscienza e realtà esterna, non può ammettersi alcun tipo di conoscenza. E quindi salta, anche in questo caso, la discussione.
Se non c'è nessuna differenza tra l'Io e il Tutto, se tra la le particelle subatomiche che compongono il mio Io cosciente (pensiero) e le particelle che compongono il tavolo davanti a me non c'è la benché minima separazione o differenza, ma solo l'illusione di una separazione e differenza, se è tutto un gran minestrone uniforme e omogeneo.. beh, come posso affermare alcunché sulla Realtà (a parte che esiste)?
che valore ha l'affermazione che una particella si comporta così piuttosto che cosà, se l'osservatore non si limita più "solo" a influenzare (ed essere influenzato) dal comportamento della particella, ma non c'è più nessuna differenza tra osservatore e particella, e strumento d'osservazione e interlocutore e il Tutto in generale?
un annetto fa c'era stato una discussione sul rapporto pensiero-realtà, e era stato detto che, se osservo una distesa di sabbia, le "discontinuità" che dal mio punto di vista caratterizzano la distesa di sabbia (dune, avvallamenti ecc) sono relative, ovvero sono frutto di una mie soggettiva interpretazione, o "tassellizzazione", di tale distesa di sabbia.
Non c'è una differenza ontologica tra la duna e il resto del deserto, in quanto non posso dire veramente dove inizia la duna e finisce l'avvallamento, e neppure dove finisce la "duna" quando il vento spazza la distesa di sabbia. Non ci sono reali "discontinuità", nel deserto.
Alla base infatti ci sono solo un'infinità di granelli di sabbia, identici tra loro, che assumono configurazioni variabili e mutevoli, e la mia "classificazione" di tali granelli in dune, avvallamenti è una mera interpretazione soggettiva. Esiste la "realtà" deserto, esistono i "fenomeni" dovuti alle diverse configurazioni che assumono i granelli, ma non esistono dune e avvallamenti.
Stessa cosa a livello subatomico... dove finisce la mia mano e dove iniziano i tasti del pc che sto digitando? A livello quantistico, non c'è un inzio della mano e una fine dei tasti del pc. Posso dire che la mia mano, il pc sono soggettive classificazione della Realtà, che non hanno alcun valore "ontologico"? Evidentemente sì.
Tutti questi discorsi però cadono se li estendiamo anche all'io pensante, all'osservatore: anche lui cessa di esistere in quanto tale, a livello ontologico.
Emerge una insanabile contraddizione: se l'osservatore stesso diventa una classificazione soggettiva della Realtà (assenza di un soggetto) come può ammettersi che la Realtà possa essere classificata soggettivamente?
e non si può nemmeno cadere nel realismo ingenuo alla massima potenza, della serie "ciò che esperisco è ciò che è", in quanto contrasta sia con le evidenze scientifiche e con la stessa esperienza.
poi, come si "giustifica" questa minima differenza necessaria, questa "discontinuità", tra soggetto e oggetto, tra pensiero e materia, chi crea cosa e come (domande C e D), è un problema minore... ammettendo che ci sia un "salto" tra il mondo microscopico e quello macroscopico e che il secondo non sia totalmente riducibile e spiegabile attraverso il secondo, oppure ipotizzando l'Io cosciente/pensiero sia qualcosa di sostanzialmente diverso (seppur collegato) dal resto della Realtà (una "diversa materialità, appunto")... o altre soluzioni. Chissà dove ci porterà lo studio del cervello.
le domande E ed F mi sembrano molto "tecniche" e molto meno speculative delle prime: tra qualche anno gli specialisti dei rispettivi settori potrebbero essere in grado di dare una risposta pienamente soddisfacente.
2 A) L’Universo che osserviamo è unico, o ne esistono altri (o infiniti altri)? 2 B) Se ne esistono altri, essi sono sovrapposti al nostro su piani dimensionale differenti, o esistono nella nostra struttura quadri-dimensionale, ma in altri ambiti spazio-temporali? 2 C) Essi esistono al di là degli osservatori coscienti, o in quanto “prodotti” di osservatori coscienti?
Esiste una Realtà, un Tutto, e questo potrebbe comprendere infiniti Universi simili al nostro, o di diversa natura e dimensioni e collocazione spazio-temporale e "produzione". Se non sbaglio ci sono teorie scientifiche che li considerano possibili (se non necessari)
Sicuramente la Realtà è più complessa di quanto ci sia dato immaginare, e più la studiamo, più ce ne rendiamo conto, quindi non escludo niente a priori (a parte il viaggio indietro nel tempo come lo si vede in tv :unsure:)
tuttavia il concetto di "unicità" della Realtà non ne verrebbe minimamente intaccato.
3 A) Qual è il legame che unisce ogni cosa esistente? 3 B) Esiste un “esistente” e un “non esistente” (un nulla), o tutto ciò che può esistere, esiste? 3 C) Se c’è differenza tra nulla ed esistenza, perché esiste qualcosa invece che niente?
A) il fatto di esistere? ;)
scherzi a parte non saprei, come dicevo all'inizio sono domande molto metafisiche, per non dire religiose... difficile dare una risposta.
anche perché come si fa a dire cosa può e cosa non può esistere? già la Realtà così come è non è proprio facile da "capire"... difficile parlare del "poter essere" quando non si conosce nemmeno l'essere.
4 A) Cos’è la vita rispetto alla materialità non vivente: una delle sue infinite possibilità, o qualcosa di diversamente connaturato e fondamentale? 4 B) Com’è da intendersi l’evoluzione della vita: una tendenza con uno scopo occasionale, o una precisa progettualità verso un fine superiore? 4 C) Esiste un rapporto tra i concetti umani di “senso”, “scopo” e l’intrinseca struttura del Tutto? 4 D) Quest’ultima è qualcosa che rientra nelle nostre limitate capacità di percezione e di concezione, o è qualcosa di non intelligibile?
la vita organica e vivente fa parte della Realtà così come la materia non vivente... ma come dicevo con delle "discontinuità" con riguardo alla coscienza, sia pur minime, fragili e forse/probabilmente occasionali
non so quale sia lo scopo dell'evoluzione del Tutto (se poi c'è)... con riguardo all'evoluzione, mi ha sempre affascinato l'idea il suo "scopo" sia quello di "annullarsi", il sottrarsi ai suoi stessi meccanismi
Se prendiamo l'uomo come massimo traguardo (per il momento) dell'evoluzione, vediamo come molte delle sue azioni siano volte proprio a "mettere i bastoni tra le ruote" all'evoluzione. Cura delle malattie, regole e incentivi per disinnescare aggressività e scontro, tutela dei deboli e degli inadatti, cercare non di adattarsi all'ambiente ma di adattare l'ambiente alle proprie esigenze...
Ser Balon, se la mia era pesante tipo una macchina, la tua è una casa!
Così ci perdiamo anche qualche benintezionato che si vuole appesantire un pò l'esistenza (soltanto un pò, però :salta: ).
Punti molto sulla parte più speculativo-filosofica, e non è una cosa sbagliata, perchè è quella che può dare risposte più metodiche. Però puoi anche buttarti sull'immaginifico, eh!
Provo a riassumere e semplificare con qualche esempio quella parte (perdendo qualcosa, ovvio):
Dobbiamo partire dal presupposto che esista un soggetto che percepisce/conosce e un oggetto che viene percepito/conosciuto, perché se ci fosse identità, non potrebbe esistere la conoscenza/esperienza come la conosciamo.
Domanda: dunque, se esistesse un’unica identità cosciente, avrebbe necessità di suddividersi in parti di se stessa (soggetti) per potersi conoscere/esperire "a pezzetti"? Sarebbero essi le discontinuità (di coscienza) necessarie o casuali nell’unicità?
Più materialmente parlando: esiste un flusso continuo e unitario di “pixel” (particelle subatomiche, stringhe o altro) che creano un "programma tv" (realtà) diverso, a seconda del “canale” (soggetto) che li osserva (crea). I programmi tv sono delle “soggettivizzazioni” della realtà (interessante sarebbe capire come avviene la “decodificazione”). Il paradosso sarebbe che il soggetto/canale fa parte dello stesso programma tv che ha generato.
Fine riassunto con esempio
Andando più nel particolare del concetto di Pensiero, dei multiuniversi e dell'evoluzione:
Domanda: Quando dici: “tra la le particelle subatomiche che compongono il mio Io cosciente (pensiero) e le particelle che compongono il tavolo davanti a me non c'è la benché minima separazione o differenza” , intendi che il pensiero è composto delle stesse particelle della materia comune? Che sia composto di una diversa materialità?
Riguardo i multiuniversi: La teoria dei multi universi è abbastanza intuitiva, sia basandoci sulla fisica classica (mescolando infinite particelle in uno spazio infinito, si creano infiniti Universi, tra cui Universi gemelli), sia sulla meccanica quantistica (in uno stato di sovrapposizione di possibilità, tendenti al passaggio da potenziale a effettivo, è probabile che tutto ciò che può esistere, esista da qualche parte -in particolare se esistono infiniti osservatori che facciano crollare la funzione d'onda, ovvero che concretizzino la possibilià).
Sia il flusso di pixel che i multi universi, potrebbero dare un bel vantaggio all'Esistente sul Nulla: ogni cosa che può essere, è. Quale sia la qualità del "poter essere", poi, non si sa :tongue:
Riguardo all’evoluzione: sembra che essa tenda alla maggiore possibilità di sopravvivenza, dunque adattamento e conoscenza. L’uomo aumenta la sua conoscenza.
Domanda: Lo fa per la casuale necessità della vita di preservarsi, o tale spinta è data da una finalità differente?
mi sembra un approccio decisamente semplicistico - per non dire sempliciotto - alla realtà.
il fatto che la quasi totalità delle più grandi menti della storia, non solo in ambito filosofico-religioso, ma anche in ambito artistico e scientifico, si siano non solo poste il problema sull'eventuale esistenza di un Dio/Logos e sulla "natura" della Realtà, ma abbiano anche affrontato il problema e cercato delle risposte non banali (che possono essere le più diverse, dall'ateismo alla fede ortodossa al prendere atto dell'inesistenza di una risposta) dovrebbe essere uno dei pochi casi in cui è sufficiente fare richiamo agli endoxa (non tanto per le conclusioni quanto proprio per il "porsi" il problema) per liquidare la tua apologia sulla beata ignoranza come un atteggiamento, questo sì, abbastanza neanderthaliano ;)
Nessuna apologia, ho semplicemente esplicitato il mio pensiero nei termini più sintetici possibili, giusto per mettere qualche risposta sul topic quando ancora non ce n'erano.
Faccio però presente che non ho dato del primitivo a chi ancora oggi segue la credenza in Dio (tant'è che ho usato il termine "incomprensibilmente" proprio per chiarire che non riesco a capire il perché tale idea abbia così tanto seguito), laddove invece tu hai definito il mio atteggiamento neanderthaliano. Ecco, questo è un tipico atteggiamento in cui la civiltà, col suo guanto di velluto, risulta molto più maleducata (e quindi incivile) della primitività, che ha almeno il vantaggio di essere sincera.